Note poetiche degli anni ottanta del secolo scorso

 

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cerebralmente sanguigno
la rinuncia

"Cerebralmente sanguigno "

alias

" Passionalità apatica"

 

"Cerebralmente sanguigno": ho riscoperto questa mia autodefinizione nel foglietto cadutomi dal libro di Segre; mi individua, indubbiamente, come l'altra,  che è di Gino Baratta, della  "passionalità apatica" della mia natura.

Altrimenti figurandomi, mi sono sublimato nella virtù del rigore austero, così mortificandomi nella moralità algida delle mie privazioni, una maschera che mi fa pressocché inappuntabile nella mia severità equanime, da che  si è stilizzata credibilmente nell'esercizio di un insegnamento.

E' l' istanza che repelle il richiamo del sensibile, ad attuare così a norma di legge le sue patologie, chiarificatasi nella normativa disciplinatrice di metodologie e sanzioni e delibere...

Ma la mia ascesi professionale non è affatto, al fondo, reale sacrificio e dolorosa rinuncia.

Rispetto alla consumazione degli atti, la mia eticità è lo stesso godimento nell'astinenza, se l'adiacenza senza contatti vi si fa aspro piacere inebriante, la gioia amara di una forza sovristintuale, in cui si è invulnerabili e carnali.

 

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La rinuncia

 

Il sogno di morchia nel sudore di braccia,

una morsa tra carne e suolo;

erba stenta e polvere e stallatico;

un grido, la soffocazione che inestingue dal vuoto,

da questa bocca per fuoriuscirne

l'essere che si leva in ombra sul mio cadavere.  

 

Sui giornali leggo quanto la gente sempre più si frequenti e si diverta, mentr'io, da da quanto tempo, sento insostenibile qualsiasi rapporto che non sia obbligatorio.

Eppure non sono anacoreta, e mi piace l'ebbrezza della moltitudine per le vie, o negli stadi, incarnarvi l'ossessione di apparire di un'eleganza perfetta, in cui mi compiace l'irretire sguardi affascinati; se non il mirare - nel terrore di essere scoperto nella mia natura,- l'essere mirato senza riserve apparenti, e così vivere nel disaccordo costante tra il vuoto spirituale della trascendenza sublime, ed il plenum insulso della banalità felice.

Ciò di cui ho orrore incessante è l'incarnazione piuttosto di qualsiasi rapporto, l'entrare in una storia comunque di possessioni e di attese, di agguati al telefono e rapine negli atti; per cui persisto nella rinuncia, anziché avere di che ripugnarmi nella consumazione, pur di serbarmi a me stesso così soltanto compatibile sostenibile.    

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Interminabile

 

La giornata appare ancora lunga, interminabile; rughe non smagliano ancora la carnagione, e speranze senza senso non sono ancora perdute; eppure è niente ciò che resta, mentre ma (e) la dissipazione procede ugualmente ad una mortificazione perpetua.

Come fosse il vero, che altrimenti io mi deturpi.

  

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La sola nobiltà possibile

E' forse  la mia sola nobiltà possibile, tale perpetuazione della rinuncia carnale?Da quanto tempo preferisco il distacco che il patirne; e viltà e ragionevolezza sono i due volti di uno stesso esito.

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Il futile 

Il futile mi divora, oramai io sono una (la) preda continua dell'esteriore.

La febbre dei corpi ora una passione di oggetti.

Ogni giorno protraendomi nel funambolismo vitale di oscillare, saltimbanchi, sull'asse tra il metafisico e il vano,- non appena l'incanto si spezza, errandone divelti nel vuoto; se nella prostrazione incessante è un'evacuata crisalide  la forma, e si fa assillante, di nuovo,  il senso di non essere  ancora nessuno.    

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Il ridicolo 

Il ridicolo di pretendere di non essere uomini ridicoli.

 

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La verità comune 

La sessualità è la verità comune; ma il viverla importa a noi l'inganno di una menzogna continua.

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Ben vana cosa

 

Sono io ben vana cosa, se la mia verità umana consiste in ciò che mi innerva! Oramai il mio cervello non è che una successione di scomparti di capi di vestiario. Attese, sollecitazioni, ansie, speranze, disincanti, riguardando, innanzitutto, nuove proposte di collezioni di moda.

Tanto si è vanificata la mia sessualità, questa mia morta forza oramai incapace di indurmi. Sicché l'importante, ora che la cura di sé è divenuta ascesi indefinita, è rinunciarvi comunque, pure se il prezzo è ancora accessibile.

Ma pur sempre quanto è meno conveniente, tu lo credi, delle tue sublimazioni lussuose nell'eleganza e nel gusto.

 

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Egoismo 

Io respiro di un egoismo moralistico, non tollero menomamente la mistica dell'Altro, secondo la quale io avrei a sacrificare me stesso e la mia dignità, piuttosto che offendere l'altrui interesse od imbecillità; ma al contempo esigo risolutamente la reciprocità; che chi chiede aiuto ne presti, che chi si disinteressa non piatisca a vittima.

   

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In differita

 Anche oggi, quante nuove scadenze e congiunture incombenti,  quant'è la vita, ancor oggi, una partita in differita, -o meglio, rinviata sine die. E quand'anche si vinca, già non conta che l'esito del gioco seguente.

 

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La mia stanza

 Nella mia stanza sono l'essere e il divenire del mio microcosmo; la biblioteca dei libri perenni e l'armadio dell'effimero.  

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Paul Klee, Composizione Cosmica, 1919, olio su legno, 48x41 cm

Dusseldorf, Kunstammalung Nordrhein-Westfalen

A ogni Natale ulteriore

 Il solo pensiero, ad ogni Natale ulteriore, che non è che un caso se si è ancora qui.

 

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Inattesi auguri

 Inattesi auguri di un felice Anno Nuovo

giungono a te da Tunisi e da Anaco.

E tanto ora ti basta.

Anche se la neve rimasta

é il freddo intorno

del suo vuoto è nell'aria.

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Astinenze       -1987

 

 

Asintotico

 

Sono purtroppo asintotico con il riuso poetico delle parole comuni, per il tramite di cascami, frasi fatte o detriti; sono cioè incapace della significazione del vuoto nel banale del plenum.

E' la tradizione che in me si tramanda, che devia l'orbita al contatto, nell'impotenza finta di un'estraneità sempre più fittizia.

Vengo così fallendo l'esperienza poetica per me più significativa della contemporaneità, la scaturigine della connotazione più alta dal riutilizzo degli stessi termini del mondo amministrato; ossia l'infimo sublime quale residuo vero poetico.

 

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Abstineas 

La mia astinenza l'assilla la paura di rivelare le squame, che di me si senta l'alito fetido se ne sfioro i capelli, la certezza che inorridirebbero, se mi mostrassi un umano come uno qualsiasi di loro,; la consapevolezza che io medesimo mi perseguiterei sino allo spregio totale, se inoltrassi una supplica o tendessi una mano.

 

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La scuola 

La scuola è per me ciò che per un uomo normale è una famiglia. Ove l'astinenza, anziché il coito, è la mia condizione per avere dei figli.

 

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Il dispendio scolastico

 

Ancor oggi, sono  a dolermi che il meglio di me si consumi nell'oscuro dispendio scolastico, radicato in loro dal senso inesorabile della responsabilità che ho  contratta, lo sguardo, in me ancora infisso, dell'allievo che mi ha contestato stamattina il torto di un voto, e che di continuo così mi tormenta ancora, pur io sapendovi ben insito un ricatto; nel mentre, mi chiedo come potrò riattingere, oggi di nuovo, la sollecitazione ad una così oscura perdita continua; intanto benedicendo la narcisistica ferita infertami dal tormento di apparire ingiusto, od arrendevole, se ne promana inesausta negli "officia" una tensione continua.

 

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Tetre vecchie

 

Ieri sera avevo di nuovo in casa quelle tetre vecchie lavoranti.

E mi ha ammorbato di nuovo la miseria della loro chiacchiera; non già il vuoto della loro esistenza, in cui  ritrovavo la mia medesima spettralità larvale, la mia stessa nudità ossessionata di un degrado (fisico) continuo, quanto lo schifume di cui riempivano quel vuoto di fondo, quale con il pettegolezzo su quanti chili è cresciuto o diminuito costui o colui, o su chi rientra, o è fuori del giro, nella "vita moderna" di questa o di quella, mi ha ammorbato quel rovistare ed il frugare senza ribrezzo nelle tribolazioni lubriche degli altri, in  quel loro bisogno di sudiciume in cui attuffare l'angoscia, dello scolo dello scialo della mondanità radiotelevisiva sciorinata; e ne ho contratto il senso di stomacazione che ancora mi nausea.

 

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Nel tourbillon

 

Nel tourbillon di Venezia, tra le maschere che esagitavano il mio artificio costante, mentre ansimavo per la rinuncia a cose eleganti, ho riafferrato come ciò che più ci agita, e smania, sia di noi così spesso la parte più vana, come ciò che più ci assilla sia spesso ciò appunto che più fa epoca e più passa;- che pure tuttora avverto quanto sia importante, nel sostentarci vitale, ma come un impellere del quale occorre ben essere necessariamente più forti, per significare ancora alcunchè. 

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Contro la morte  

 Quanta mia continua tensione contro la morte, risoltasi di fatto nella mortificazione continua di un ( ch'è l')anelito formale, costantemente ad annichilirmi per riesprimermi, cosicché è il vuoto di una vita che la morte ha in scacco e stringe alla gola, il vuoto che della morte è un'anticipazione costante quotidiana, il solo esito della mia intormentita lotta per esistere. 

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Riemerso il capo 

Riemerso il capo dalla correzione dei compiti, da loro per lo più svolti nell'indifferenza distratta, quando poi ritornano le forze, ne è lo scialo nella loro medesima dissipazione, allorché ricado ulteriormente avvinto nella trance dell'ulteriore incontro calcistico teletrasmesso, o come essi medesimi esco ad  occhieggiare di nuovo le consuete vetrine, sprofondando poi nell'indifferenza tra il riaccingersi o il dismettere  questa o quella lettura, che da quanti anni, si protraggono  in una mistione confusa. 

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Prole spirituale

 I miei figli sono la prole spirituale di un sacerdozio ateo. Si invecchia insieme anche con loro. Anche con loro ogni giorno di nuovo accade un risveglio. Od ogni giorno, di nuovo, ci si intorbida in pene distanti.

 

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Inettitudine e il trascendere

 Come la mia ascesi sia la mia inettitudine alla secolarizzazione della sessualità; e il modo stesso di custodire una trascendenza a perpetuarsi / che si perpetua nel vano.

 

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Putrefatio

 Non intendo forse anche così riesprimere una mortificazione gioiosa, se la mortificazione è il solo viatico al rinvenimento interiore?

Prostrazion,e e putrefazione, quali immemoriali accessi della melancolia al solo aurum vitale.

( I990, Apollo e Dioniso in sinergia di smembramewnto e ricomposizione, sizigia di luce nell'intenebramento, l'orfismo come la volontà del puro apollineo che si fa secessione...)

Ma che è mai, allora, questa voglia di morsa di braccia, quanto mio desiderio del sudore in corpo di carni fraterne.

 

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Epitaffio

 

Per un mio epitaffio

 

Fu comunista e neroazzurro.

Solo nell'arte trovò un senso nel tutto.

Scrittore soltanto per la posterità

l'insegnamento ne fu l'operare tra i vivi.

Poté, o seppe amare solo loro.

Gli furono più cari al mondo le anime miti ed i suoi familiari.

Sia ora luce il ricordo che ne resta.

Sia ora luce il suo ricordo che resta.  

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Dispietatezza

 Quale dispietatezza, nei riguardi dei miei familiari, mi costa il ripudio di ogni qualsiasi emergere al successo, nella superstizione prudenziale di preservare così casta la mia sterile Musa; quando, di un mio affermarmi, il loro continuo tormento per una implacabile miseria economica ne potrebbe trarre sollievo e conforto. Invece ancora, rieccoli lì, a strascinarsi in una vecchiaia occlusa da un indebitamento senza scampo, mentr'io mi dibatto, qui di sopra in stanza, nell'angoscia di inevadere per sempre da questo fondo anonimo e vuoto di estrema provincia, disperando di ogni mia qualsiasi residua risorsa di iniziativa capace. 

 

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Al fluire del varco

 Ove ritorno, di pomeriggio, il fiume forma un'ansa dolce e rorida d'acqua, che il curvarsi dei filari dei pioppi, flessibile,asseconda nel loro distendersi lungo le prode dei tenui declivi, appena sovrastante, ove frana nell'acqua la scarpata scoscesa.

Ivi è vera pace ed armonia d'intorno; l'umidore fangoso della riva, così molle e sensuale, vi si attenua risalendo nel tenero verde delle prode e dei campi, sfuma quindi nel delicato trepidare tremulo delle gemme dei pioppi, sino al quietarsi del tutto nel purissimo azzurro soave del cielo, tra lo svolio di farfalle e moscerini, alto il gridio canoro dintorno di batraci e uccelli.

Lento il sole intanto cala e filtra di rosa i campi, quasi a soffondere e smorzare ogni agitazione residua, l'anima che pure trepida nel sentirsi felice, e quanto desidera ancora internarsi, al respiro dell'intima vita di ogni fibra ed insetto.

 

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Anziché al fluire del varco

 Se entro l'aperto non vi è un aderire al fluire nel varco, sia l'astinenza, che la consumazione, divengono l'adito all'identica desolazione del vuoto, anziché al sereno tremendo dell'inesorabile, e l'astinenza si sconvolge in mortificata rinuncia, come la consumazione nel tormento di una dissipazione evacuante. 

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A deiescenza 

L'insistenza della sua domanda ha maturato a deiescenza il mio amore sopito, e l'austerità cordiale ora lotta a frenare il traboccarne dell'empito.

Caro quel mio figlioletto...

E quanto mi è duro sfebbrare i miei giorni...

Quanta delicatezza mi occorre ove abbrucia l'incendio...

La mia cura è ora il sublimarmi ad indicargli, con cautela, gli autori che meglio affinino la sua delicatezza sensibile, o che più ne esaltino la visionarietà eccitata.

You, My dear little writer, Yet...

 

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L'insidia

 

E' stata la famiglia di quell'allievo, se non già lui di sua iniziativa, a ispirarlo ad inviarmi quel ritaglio di giornale?

 "Il giovane Holden", del quale avevo consigliato al mio allievo la lettura, vi appariva, in un'intervista ,come l'opera che aveva istigato a delinquere l'assassino di J. Lennon.

A me è parsa chiara l' effettiva istigazione a delinquere del libro: vi è ad ogni pagina così intensa la delicatezza sensibile, vi è così emozionante il rinvenire nell'infanzia ogni grazia possibile, che colui ne è stato esaltato ad un omicidio simbolico, pur di conclamarne la preservazione incontaminata.

In classe ho risposto all'allievo che anche il più puro, degli intenti artistici di un autore, non può scongiurarne il destino criminale dell'opera, se chi ne fruisce già è predisposto al sangue, e come la stessa pornografia può istigare la violenza sessuale, quanto l'immaginazione inerme più solitudinaria.

Alla fine era stato veramente tacitato dalla risposta, o scornato, il piccolo Torquemada, non aveva che ritirato l'insidia della sua offesa?

L'incidente che quindi si è  verificato lungo la circonvallazione, ch'è adiacente alla scuola, ha istantaneamente eccitato la loro ebbrezza del sangue.

Ritirandosi essi ad uno ad uno, delusi dalla finestra, alla constatazione che non v'erano nemmeno dei feriti.

 

 

E poi si è parlato in classe di Platone e di giochi linguistici, di Imperialismo e di tattiche calcistiche.

 

 

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Quotidiano delirio

 

L'effervescenza del mondano è il mio quotidiano delirio di imbecillità.

Così anche oggi sono nessuno.

 

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Pathos 

Così vivamente avverto il pathos della distanza, da poter vivere solo tra coloro medesimi che vanificano, mondani e conformisti, qualsiasi senso della mia mortificazione ad esprimermi, mentre non posso reggere che la separazione assoluta da coloro stessi, in virtù dei quali soltanto, la mia parola può presumere ancora un destinatario.

 

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Ermeneutica

 Forse che tiene in considerazione l'ermeneutica delle Accademie,  per quanti la tradizione è il tramando della repulsione della propria natura, qualora si sia inesorabilmente internati nel senso comune?

 

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Sacrario

 

Non già puritanesimo, ma sacrario dell'Eros è il mio ascetismo.

(Ove occhi e bocche, lucenti, incarnano la mia intimità nel solo immaginare delle sue consunzioni.)

 

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Terrore e rinuncia

 

E nel prosieguo ancora si spezza l'anima, se dai corpi la distolgono terrore e rinuncia; alla luce che infervida il denso, la pietà ed il decoro alleviando ( sgravando) nel trepido desiderio ed orrore.

Nell'animazione mondana vado estasiandomi intanto dello splendore nel sole del fogliame e di pietre, finché nell'ingorgo l'anima è risommersa: così nell'ansia di acquisire di nuovo, nell'anelito di saturare il reliquiario domestico di libri e di dischi, come nella sollecitudine che di nuovo l'assilla di arredi ed attrezzi, e di vestiario, precariamente si quieta nell'ordine e nei nuovi beni acquisiti, nelle ulteriori accessioni di cultura ed eleganza e conforto.

 Ma quando l'anelito alla totalità della propria vita è solo questo, e non esistono più i trampoli per un Io più alto, What the difference ancora tra comesi e estetica?  

                                settembre 89.

 

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Domenica di novembre

 

29 novembre 87 

Che tormento, mi è di nuovo, l'ulteriore domenica di pioggia in attesa delle cronache sportive, il versare nella miseria e nell'impotenza più sconsolanti, e non poterne fuori emergere, poiché il mio talento aborrisce il suo porsi in vendita, il prodursi per le aspettative convenienti, in luogo di un perfezionarsi che èinterminabile, intanto sugli schermi, ed i rotocalchi, assistendo al successo crescente delle nullerie più volgari, in virtù proprio della stessa loro improntitudine dilettante, il gradimento a loro essendo  tanto più assicurato, quanto più si fanno beffe di ogni scrupolo e tormento di chi ha altezza di ingegno.

 

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Il sangue dalla lama

 

Oramai, il sangue che assaporo dalla mia ferita mi è voluttà più viva di ogni  presagito godimento.

E il tormento che lo fiotta mi è assicurato in qualsiasi rapporto.

Poiché per quanto tu ti rannicchi ad escluderti loro ti smembrano.

 

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Sfogliando i miei diari scolastici

 

Ho ancora da ultimare una silhouette, evocando la mia degustazione al bar dell'avvizzimento degli accoppiati che già un tempo invidiai,  inflacciditi di fottere più rosei e lustri.

  Ed ho da scrivere dell'emozione provata nello sfogliare i miei diari scolastici, rileggendo la nota, esattissima, sulla mia dispersione vulcanica del mio insegnante di allora; e quanti miei presentimenti e precorrimenti vi ho ritrovato, nel rimodellamento, ad esempio, dei miei incubi nella prosa manzoniana del sogno di don Rodrigo appestato, o nei novellamenti di lutti muliebri nella imitatissima prosa- tanto era da me copiata!- di brani di Grazia Deledda, per non tacere degli stenterellismi papiniani all' ombra del " muro dei gelsomini"..

E quanto Carducci e Pascoli e loro cascami nella mia cultura scolastica, come nelle forme agricole e di vita in cui crescevo che mi crescevano, nelle tante veglie e funerali di prozii e prozie e di morticini infanti cui partecipavo, e novene e Viae Crucis e processioni liliali e commemorazioni ricorrenti dei caduti e  di tutti i morti che vi testimoniavo, ciò che vi narro essendo tutta realtà e nient'affatto invenzione, come attesta la sincerità nelle cronache con le quali vi parlo del mio spremervi invano gli occhi, senza cavarne  lacrime di dolore o sentire per gli estinti alcunché di commosso.

 

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E in voi si celebra la magnificenza dei giorni

 

E in voi si celebra la magnificenza dei giorni,

petali e boccioli il fulgore fiammanti,

la luce del dolore in voi trabocca e risplende,

per voi  reincantando  il verde

i cieli dintorno,

in voi tramutato è l'urlo nel silenzio di quiete,

l'azzurro più puro riaperto nei voli,

nell'adombrarsi più denso

i lembi più intensi vibranti,

e nell'estasi il cuore si sgrava

quando nel seguitare già si spezzava l'anima,

se la stornano in voi splendidi 

 terrore e rinuncia nell' incenerire nei giorni.

(se la stornano in voi splendidi  terrore e  rinuncia

non altrimenti incenerendo nei giorni.)

   

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Memento mori

 

Il memento della morte, a un domani ulteriore, perpetuo conforto dà ai miei giorni .

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Suite di un angelo

 

 

                                   I

Da che il sangue illividisce nell'alba

insonni, vigilanti,

pattugliano incubi demoni

le allucinazioni del sangue,

finché nel balenio, tra terminali e sterpi,

disfuggito è un angelo che luccica.

 

                                  II

Tra le foglie che sfangano intorno

la sua pelle corrosa

è dalla lebbra dei giorni,

allorché avido e trepido egli traluce.

C'è un richiamo nella sua voce mucosa...

Confidente, teso lo sguardo,

in un ultimo impulso d'essergli demone.

 

                                  III

Nelle ciglia dischiuse in un sogno dei sensi

il microangelo ignora i battiti d'ali,

né le intermittenze sono ricordi celesti,

nel Tempo egli del tutto perduto fra gli altri ,

che lo usano e abbandonano come uno di noi,

la sua luce nitente nello scolo dei giorni

dallo sfacelo dell'Angelo a chi recede l'intento.

 

                                  IV

Solo soletto

egli mira le stelle in conche lacustri.

il richiamo dismemora di una vita anteriore.

L'ardore dell'Uno che tutto sommuove

la sua ricerca del quieto calore.

Ma trema al vuoto di ogni cielo,

ne rabbrividisce lo schianto d'ali.

Mentre trepida lo sguardo che ne adombra l'incanto

al brulicare di ogni terreno.

Nell'infinito dei loro cammini

lo sterminarsi così a perdersi dell'uomo e dell'angelo.

 

                                  V

"Prima o poi (in) un giorno come un altro

in una Colombina perduta la sua vita divina..."

 

                                  VI

Quale l'Angelo, le ali fugaci,

a infracidarsi nella putredine che liquefa il miele?

Eppure il suo polverio d'oro brilla negli occhi,

l'onda del sangue ne soffolce le membra,

le labbra baciano, incantate,

incantate pupille in ogni parola.

Oh, Angelo, sacro è il tuo volto impossibile!

 

 

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Proust

 

Come in Proust, la narcosi dell'Habitude costituisca la superficie, in apparenti amenità piacevoli, della necrosi irreversibile del tempo, la cosmesi illusoria della sua consumazione nella ripetizione.

 

Proust-Flaubert

 

Proust sta al decadentesimo così come Flaubert sta al romanticismo, la loro arte essendone l'autonegazione intellettuale di ogni mitologia sentimentale e mondana, nella (formazione rappresentativa) rappresentazione di ciò che il tempo, nello sfacimento e nella corrosione del proprio stesso decorrere, fatalmente rivela allo spirito, nel suo medesimo succedere che ci rende indifferenti a ciò senza di cui credevamo di non poter vivere, cosicché nel relativismo di ogni affetto e valore sociale, si rivela la sola universalità della intelligenza critica  dell'arte.

Nota critica: Sotto l'aspetto narrativo, è da rimarcare come permangano irrisolte nella Recherche, le incongruenze dello statuto dell'IO narrante, ora eterodiegetico,( Un amore di Swann), ora omodiegetico, sempre tuttavia virtualmente onnisciente.

                                                 

 

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E' il vuoto a perdere

ora il tuo tempo.

Che c'è ancora

tra te e la fine. ?

Che importa, mai.

Saresti, lui lo sapesse,

(ciò ch'è un vecchio disgustoso.)

lo sgomento dell'orrore.      

marzo '91  

 

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Che stanchezza, sempre più spesso

 

Che stanchezza, sempre più spesso. Anche ogni lettura, sempre più spesso, s'interrompe in deflussi del sonno, e non fosse per i caffè energetici, il mio tempo disponibile  sarebbe l'incessante tracollo di una tensione sfinita.

E' solo nelle attività necessarie cui sono coatto,  nella sola reattività risentita e orgogliosa, ch'io trovo ancora vigore a resistere.

E quando, cessato il lavoro e le attività domestiche, potrei attendere liberamente a me stesso, la negatività interiore attiva le arti di perdere quanto più tempo è possibile.

Così ritardo interi pomeriggi il rientro a casa, per indugiare, in Laboratorio ,in interminabili attività didattiche benchè minimali; pur di guadagnare i minuti di tempo della dettatura degli Esercizi, perdendo ore e ore per trascriverne e stampare al computer la formulazione; ed al rientro, ogni scrupolo di igiene intima, e di economia domestica, è rigidamente anteposto alla mia formazione ulteriore.

Così come concretamente non faccio più nulla di nulla, per affermarmi e far valere ragioni.

E il campanello all'ingresso, ( così come)e la cassetta della posta, ancora non recano la targa del mio nome, e non ho provveduto a che sia riparato il guasto al teleriscaldamento, o a farmi radiografare l'arto che mi fu investito in un incidente a Monaco, e che mi dà fitte ogni giorno sempre più frequenti.

Mi dico spesso, a consolazione umbratile, che con l'incuria di queste misure meglio manifesto il mio isolamento ed il mio distacco, che rifiutando anche il telefono meglio esprimo l'orrore che ho di ogni relazione, il mio divergere nel disagio dalla sollecitudine comune.

Quando la verità, invece, è che il tempo che perdo è il perdurare di una vita che non voglio, cui mi confinano assennatezza prudente e sconsolato sconforto, debolezza e ragionevolezza congiunte, sotto le mentite spoglie così infelicitando senza piacere e rovina.

 

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Apolide (Per "Singolo e solo"-Single)

 

Non basta, per poter disporre ancora di un appartamento in affitto, che egli debba seguitare a rinunciare a ottenere la residenza dove lavora già da dieci anni, la condizione richiesta da ogni locatario (suo conterraneo) per concederglielo solo ammobiliato.

Deve patire ogni perdita del caso. E dunque, in quanto non é residente dove lavora, ogni volta deve pagare la visita al medico ed ogni prestazione sanitaria se ve ha bisogno,- egli non figura infatti della medesima Unitarà Sanitaria Locale- benchè comunque, come lavoratore, gli siano regolarmente detratte le ritenute assistenziali dall'Autorità centrale.

E sempre perché non figura risiedere dove eppure  è domiciliato e vive e lavora da anni, deve pagare in sovrappiù un tributo fisso ad ogni bimestre per l'energia elettrica.

E come domiciliato benché non residente, nei mesi alterni deve pagare invece le tasse sui rifiuti urbani.

Perché meravigliarsi, dunque, se si stranisce eppure di viverci, da anni, in quella città che non riesce a definire "la mia città", smemorandone i nome di edifici e di vie, disdegnandone ogni pretesa e protesta, o non sapendo ancora che espressione usare, quando gli si chiede dove mai abiti, se non che "vi alloggia" in una certa via...

Perchè meravigliarsi, mai, se vi è più straniero che in Midan el Tahir al Cairo?

Ma non basta  tutto (neanche) questo, non basta, nel paese di evasione e erosione e elusione fiscale, che paghi regolarmente più tasse del dovuto, regolarmente versando ogni contributo.

Ora i malgovernanti, forti del consenso che assicura lo stesso loro malgoverno corrotto, per rabberciare lo sfascio che impuniti così hanno arrecato, impuniti al pari della stessa criminalità dilagante ch'é il loro liquame, (di cui sono i diavoli nefandi che fanno i coperchi) ( cui sono conniventi), vanno assicurando che a colui che ha molto evaso molto sarà condonato, e che a chi ha pagato da sempre sarà ancora più tolto...

Sono loro, dicono a soccorso superne (emerite) le autorità della Chiesa, coloro che meglio incarnano il messaggio evangelico...

(Quando quel loro eterno potere per lui è già negazione più che bastante, benché non necessaria,( come si torce e lamenta), di ogni qualsiasi esistenza di Dio .)

E il suo stipendio, pensa intanto in anima e corpo, sarà ancora più stremato nel( di ogni) potere d'acquisto di beni della cultura.

Per foraggiare ai loro servi la mangiatoia e le troie... e i gioielli...  un tempo avrebbe gridato... e chissà che altro, contro i più forti al millesimo di tergo ai più deboli, secondo il rapporto di forze che esprime sempre lo Stato di classe...

Ora invece, esausto, sospira ad un cielo grigio autunnale, ricorregge le sue ultime carte senza destinatari esistenti, prepara l'ulteriore lezione, per i suoi allievi, sui miti e i feticci (le collezioni) della loro cultura (dei suoi allievi),, confinata dall'autorità scolastica in un'ultima ora impossibile... e si consola dicendosi che la sua condizione è comunque migliore di quella di chi, benché lui abbia insistito, in risposta, di vivere nel suo alloggio come un uccello su una frasca, non se ne capacita e lo scongiura, dalla Tunisia, di assicurargli nel suo appartamento in affitto precario, l'"hebergement che gli occorre per potersi trasferire e lavorare in Italia.

E lo conforta che ora che anche l'ultima traccia di questo ultimo suo scritto è stata memorizzata su un disco ulteriore, l'animo è pronto a lasciare già l'indomani ogni cosa di questo tutto per sempre. 

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