(Scritto il 16 luglio 2002 in Dyarbakir)

In Urfa

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Solo per l' insistenza con la quale alcuni artigiani e negozianti locali hanno finanche battuto a quella porta d'accesso,  ho avuto accesso alla microcomunità cattolica della casa d'Abramo, al tempo stesso in cui sono venuto a conoscenza della sua esistenza in Urfa.

Li ho indotti a guidarmici quando ho  detto loro di che nazionalità ero,  allorché mi hanno interpellato  per aver visto che intendevo addentrarmi nella vicina moschea.

Un prete romano, il  diacono rumeno che avevo già incontrato in Trebisonda, l'anno scorso, ne compongono il cenacolo,  nella casa dismessa che stavano riscialbando, perché divenga una sede d'incontro con gli altri credenti in Abramo che intendono accedervi.

E così che si rigenera in Urfa l'antica Edessa, crogiuolo di fedi nella loro ibridazione  ereticale, in cui l'aramaico tanto fu la lingua delle iscrizioni ei culti lunari, quanto della prima trascrizione lapidea della adesione fuori di Palestina alla fede in Cristo.

Pullulava di ghiotte carpe la piscina tra le moschee di Rizvanii e di Abdurrahman,  ma a rendere iperarduo credere, secondo la leggenda, che in esse si perpetuasse la trasmutazione  guizzante dei tizzoni  ardenti in cui avrebbero dovuto consumarsi le carni di Abramo, per volontà di Nimrod, giocava la sua parte che esse, in tutta ovvietà turistica, defluissero con le acque in specchi ameni in cui intrattenersi in barca, nel folto verde ristoratore dei giardini delle case del te.turchiaest-02.jpg (30626 byte)

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 Stormi di colombe popolavano invece il sito d'accesso alla grotta natale di Abramo, sotto le colonne della Kale che costituivano le presunte rovine superstiti della malvagità di Nimrod.

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Spossato dal lungo viaggio da Izmir, è ai bordi della piscina delle carpe che mi ha ravvisato Yusuf Usul, il giovane curdo che è studioso della cultura archeologica locale e fa la guida turistica.

Pochi minuti di tergiversazione, nello studiarci a vicenda, e non gli sarebbe più importato gran che della mia riluttanza a farmi suo cliente, già era prodigo di indicazioni sulle mosche e di Urfa nelle quali avrei potuto ritrovare le vestigia delle chiese armene o siriache ortodosse che costituivano i precedenza.

Che intanto, tornava a suggerirmi, con un sorriso amichevole, mi andassi a rinfrescare il volto nell' atrio delle abluzioni di una delle vicine moschee.

L' indomani, ossia l'altro ieri,  giorno d i domenica, avrei visitato la siriaco ortodossa Reji cami e l' armena Firfirli cami, mentre mi sono aggirato invano , per ritrovare la casa d' Abramo, nel dedalo di vicoli in cui ci si addentra come si lasciano le arterie moderne della città.

Tenevo in una mano, cui restava aggrappato, un poverino uccellino che si ra avventurato troppo precocemente nei voli, e che avevo sottratto ai tormenti che alcuni bambini gli venivano infliggendo come ricadeva al suolo.

Un giovane ha voluto che glielo affidassi in mano, un gesto energico, e via, lo ha librato in volo, tra i piani alti e il verde delle case intorno.

E' poi rientrato nella sua abitazione e mi ha offerto dell' acqua perché mi dissetassi, perché con essa mi ripulissi della cacca che l'uccellino aveva rilasciato sulle mie dita.

Si era fatto troppo tardi, oramai, per la Messa a cui mi aveva esortato a partecipare il prete di Roma,  che si stava ancora celebrando o che già era terminata nella chiesa sotterranea i cui era stato trasformato lo scantinato della casa di Abramo, trasmutando in altare una rientranza nel muro.

Era dunque Volontà dei cieli che non potessi partecipare al compiersi del rito, nello scantinato, ove la sera avanti,  quel prete mi aveva affidato a Dio perché vigilasse ed ispirasse il mio viaggio,  fosse la mia ombra diurna, la mia luce nella notte. 

La mia trepida fede tremava e vacillava come una menzogna, di fronte all' intensità fervente che ne ispirava le parole.

Sono invece così pervenuto alla Regii cami , la chiesa siriaco ortodossa tramutata in moschea e riconvertita in centro culturale,  nel pomeriggio ho fatto ritorno alla Firfirli cami, che avevo trovato chiusa nel primo mattino.

Era un gattino fradicio, uscito da poco tempo dal grembo materno,  l'animale inerme che atroci bambini facevano lì penare.

E' bastato che mi sia allontanato per andargli a prendere del latte, perché non vi ritrovassi più con i bambini anche il gatto.

Se l'interno della Kilisi mi era precluso, potevo pur sempre ammirarne il meraviglioso esterno , di matrice crociata, camiurfa.jpg (46430 byte)  uniformato a quello della Regii cami da una fronte rettangolare di cui una balaustra delimitava ogni verticalità ascendente.

Ma l'animava una ricca ornamentazione di fasci colonnati, che sorreggevano il succedersi di cuspidi a loggette e minicolonne, raccordati da arcature con rilievi pensili.

La Regi cami è invece di una solidità compatta che le cavità profonde delle arcate nei fianchi e nello esonartece alleviano senza sforzi della sua grevità muraria, a preludio della prefigurando la diffusa luminosità interiore della sua rivelazione e dell' eterno senza storicità di tensione

 

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L'immagine dello sfondo è stata reperita nel sito:

http://jnul.huji.ac.il/dl/ketubbot/html/k0478.htm

 

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Per la terza immagine di Urfa desunta dal WEb

http://www.taccuinodiviaggio.it/mete/turchiaest01-3-sylvie.htm