ODORICO BERGAMASCHI

LIRICHE INDIANE

SECONDA PARTE

ULTIME LIRICHE INDIANE


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ODORICO BERGAMASCHI

LIRICHE INDIANE

SECONDA PARTE

ULTIME LIRICHE INDIANE

Khajuraho- Mantova 2017-2019


 


 

A Mohammad Anas, Poorti, Ajay, Chandu, Vimala e Kailash, mie anime care


 


 

Sommario

 

 

 

Sommario

 

DRAMATIS PERSONAE. 10

Elegia indiana. 12

Ultima Elegia indiana. 17

Ora che non ha più luce il cielo e più acqua la fonte. 21

How lovely, Chandu, 24

Sacra giovenca  I 27

Giovenca sacra II 30

Quando ti adoravo. 32

Nella notte le luci della stazione quelle di un camposanto 34

Per voi, anime care, 36

Sulla via del ritorno, con i versi di Anna Achmatova. 38

Può un’oncia di bellezza, di amore puro. 40

Non ha amici il tuo cuore. 42

Ci fosse mai qualcuno che vuol sapere. 44

Se non è per scherno e umiliazione. 45

Battuto sotto il tuo calpestio. 46

Il tempo si è fatto breve. 47

Più non conti e non  contano gli anni 49

Non scomporti nel foro delle polemiche. 50

Godi, se puoi, con ardore. 51

Così tu ubriaco, ed ispirato, 54

Prove ulteriori di poesia 55

Strani tempi 57

Traduzioni da Mir Taqi Mir e Mirza Ghalib. 59

Traduzioni da Mir Taqi Mir  ( 1722-1810). 60

Non è che  una bolla d’aria 63

I tempi sono difficili, caro Mir, stai dunque in guardia. 64

La testa che così fieramente è oggi coronata. 65

Il fiore mi ha implorato di non andarmene 66

Che dire di tale umore, o Mir, 67

C’è amore e solo amore. 68

Quale primavera? Per noi prigionieri è proibito. 69

I miei versi piacciono all’élite. 70

Se non parlo, il mio cuore brucia, se lo faccio. 71

Tutti i miei  intenti i sono stati ribaltati 72

Con la complicità di Shaik. 73

La mia precipua religione è amore, in cui il cuore. 74

E’ la Sua bellezza che illumina tutto. 75

La benevolenza come usanza. 76

Mir, Egli  verrà alla mia tomba solo dopo la mia morte . 77

Le macerie del mio cuore sono davvero, a vedersi 78

Ora ricorda le mie parole, se non vuoi 79

Non  considerarmi ordinario. 80

Tu lo vedi? Esala. 81

Ritraduzione di una ghazal precedente. 82

Sono divenuto come un fachiro,  e così gridando me ne vado: 83

Ogni foglia ed ogni albero sa della mia condizione. 84

Voi non considererete  più. 85

Vari sher di Mirza Ghalib su Delhi 86

Essendo venuto a Delhi di questi tempi 87

Il mio cuore e la mia Delhi siano pure. 88

I miei occhi in lacrime sono ora un canale. 89

Le strade di Delhi erano come pagine dipinte, 92

Tu chiedi delle mie origini,  o  popolo dell’Est, 94

La desolazione di Delhi  era di gran lunga migliore. 95

Come dirti che cos’è l’amore?. 96

Traduzioni da Mirza Ghalib. 98

Che ti è successo, ingenuo cuore?(162). 100

E’un cuore, dopo tutto, non pietra o mattone (115). 102

In verità, ci sono molti altri validi poeti 104

Non  c’è chi non chieda perché il persiano. 105

Se Ghalib seguita a singhiozzare tanto, vedrai 106

Un  sospiro richiede una vita intera per sortire effetto (78). 107

Sono tali e tante le migliaia di desideri, che l’ulteriore anelito ne incalza il disciogliersi (219). 109

Lasciatemi andare a vivere dove non c’è nessuno,(127). 111

La bellezza non avrà più ragione di essere dispettosa  quand’io non ci sarò più (57). 112

Versione ulteriore della stessa ghazal (57. 113

Non era il mio destino di unirmi con il mio amore (20). 114

Il mondo non è che un campo da gioco di  ragazzi, al mio cospetto (208). 115

SULL’AUTORE. 117

Copyright. 118

 

 


 

 

DRAMATIS PERSONAE

 

L’amico indiano Kailash, Kallu

La moglie, Vimala

Il figlio maggiore Ajay ( 2000), allora ancora un ragazzino

La figlia Poorti, ( 2005), allora ancora una bambina

Il figlio Chandu ( 2009), un bambino

Il figlio Sumit ( 2007-2009), deceduto a due anni di età

Ashesh, il nipote, figlio di una sorella dell’amico, ora un giovane uomo.

Mohammad, allora  un giovinetto amico dell’Io poetante


 

2017


 

 

Elegia indiana [1]



Che dolce languore ora assonna i miei giorni

 qui ove mi riconduce servitù d’amore,

leniti gli attriti e gli screzi,

sopita l’inanità di intenti,

nel sole che intorpidisce con la lena gli affanni,

qui ora  al largo dell’esistenza, dei flutti di morte del ventre degli inferi,

di ogni  angoscia  soggiacente  di cui era folle la mente,

 

dove  tra gli ultimi e ai piccoli dare vita ai grandi pensieri,

nel godervi di ogni cosa mentre tu la stai vivendo,

degli occhi stellari di Chandu che tornano a cercarti di nuovo solo per altre dieci rupie,

“ one plus zero zero “, la sua mente indiana dopo avere invano tentato di chiederti,

 

 

la tua mente, come la sua,

che ora non sa che incantarsi di una luce perpetua,

pur dove caduto ogni mormorio di auree brezze

con la ruota che nel  mela ground  ricompie il suo giro

la distesa della pianura ove già il grano rifulge

tace gli stupri di bimbi aggallanti nei pozzi.

 

Né cessarono uomini e animali di berne alle acque

o le adombrarono di rami e di foglie,
non altro oltre le nubi e gli astri, o nei  casolari e tra i campi,

che al fuoco nel freddo o all’ombra nella calura il ridursi memore,

 

e tra il viavai per Amavasya sui passi di danza,

anche se cantiamo per sordi, e non risponde la giungla,

intanto raccogliamo la residua voce a che

pur in pochi versi, soltanto,

diciamo della fine degli infelici amori di Mohammad,

il cui eccesso di cui rabbrividisci ai tuoi trascorsi

per un nulla non fu la stessa sua fine,

appesosi ad un gancio, nei farmaci cercando un veleno letale.

.

 

Come profetica fu l’ansia dei versi

quando per lui, mio piccolo principe,

fra ogni altro ragazzo il più bello di tutti,

paventavano il dipartirsi per la sua rosa

nel più lontanante dei viaggi possibili.

“Ora  è la morte che mi è amica “

sospira egli superstite tra il lucore lacustre

Nello specchio rotto ch’ora è la sua vita

sullo smartphone un Lakshmana rekha. insuperabile

separando  a sua dall’imago di lei,

 

 

finché  in lacrime s’infrange anche la sua estrema illusione

all’averla vista con un altro, che con lui si baciava,

“A torto le ripetei io ti lascio,

io che non posso vivere senza di lei,

di lei nei suoi ok senza più amore,

di lei che come  Allah si fa gioco di me, della mia povera vita,

 

 

 

ed ora me ne andrò lontano da qui in Kanpur, senza più fare ritorno,

dal mio amico gemello di me di un’ora più giovane,

da lui e dai suoi che mi amano tanto,

o con il mio amore di lei io distruggerò la mia vita,

avranno fine tra poco i miei giorni”,

 

 

 

 

 

 

Dei suoi giorni sono un appiglio ora gli esami,

al cui esito perché abbia un futuro, con la virtù lo addestri all’inganno,

nel tacito assenso nel dissenso a che copi le prove

dopo avergli invano corrisposto gli studi,

 

fu per il troppo suo patimento degli affanni di amore e miseria

la sua scusante tra le tue braccia,

 

 

e  invano richiamandolo, sedatone il tormento,

nell’ipnosi a una tepida calura di ogni furia del sangue

con gli armenti fai ritorno ch’è il tramonto sulle selve di grano,

tra i bufali e le capre camuse saziate dai pascoli,

 

 

ricolmi dello scorrere d’acque i rivi tralucenti

del declino del sole che si fa più abbagliante,

 

e voi o Divini celesti,

Cerere e Bacco, Parvati o Shiva,

Padre dei nostri ritrovati giorni,

tramati di viridi chiome i fondali e i declivi,

siate luce nella sua luce morente ai voti umani,

al nostro ritorno dalle fiere e dai campi

di nuovo sperando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ultima Elegia indiana [2]

 

Nel sereno diurno di un sole implacabile,

le ossa si temprano della loro fine,

in ceneri e ciotole per l’offerta e lo sputo,

quando, delle  messi raccolte, già le stoppie

si calcinano nei campi,

 

 

ed oltre l’amore  di odiare tanto

 in erte scale di luce l’ascesa all’azzurro

nei suoi infranti gradini è la tua vita che si fa lastrico

per insegnare l’adempiersi alle vite più  care,

 

nel lavoro in cui ha fine la fanciullezza di Mohammad,

di sbocco anzi che il  cricket alla scuola di Ajay,

in cui Kailash ritrova chi per una manciata di rupie

notte e giorno è  già il padrone della sua intera esistenza,

“In India there aren’ t rules in private hotels”,[3]

 

tu li volesti lavoratori capaci,

stanno  traendone già degli schiavi insonni e famelici,

più ancora affidati alla tua  rotta  vecchiaia.

 

 

“Prima dormivamo noi tutti,

Solo ora ci ritroviamo svegli, “

le parventi resipiscenti parole dell’amico,

in una luce a cui ancora attingiamo e che non ci lascia intendere

quanto avanziamo o siamo per gli dei solo come mosche in mano ai monelli

nel nostro sperare e credere ancora

che più ancora per spasso tormentino e uccidano,

 

“Mio  Dio, gridando io nello spezzarmi,

non so essere e dare più che questo”,

 

 

 

Dii non dederunt eidem homini omnia nimirum”,

e nessuno è capace  più di tanto,

Perficient Superi,

 

“La notte scorsa feci  il sogno che tu ci lasciavi,

e la testa or ora mi girava più debole

alle tue parole  che svuotavano dei tuoi libri la tua stanza,

la stanza di babbà che se ne va via per sempre”,

le parole che dissi per sincerarmi

se fosse per non vedermi soffrire che mi congedavano,

 

 

come se non dicessero già tutto

l’ incanto mattutino che mi  ritrova insieme

a Vimala e Chandu,

il ritorno di Ajay per cucinarmi

l’omelette  di nuovo,

la stessa delicatezza con cui in stanza mi rinnova la madre l’acqua fresca,

ad ogni occorrenza mi serve il the con il limone e la menta,

il sensore del pappagallo che rinnova il suo canto ad ogni acciottolio di stoviglie,

le incursioni di Porti per riprendersi e leggersi i Panchatantras.

 

 

“ Sei tu più un fiorellino o un uccellino?” chiedo allora a Chandu,

“ Un uccellino” mi dice il bambino,

imperterrito videogiocando a sterminare polli,

i chicken invaders,

la stanza tutta ora  la fragranza di tutta la sua tenerezza.

 

 

“ Ma  non lascio già per questo,  io resto qui  al lavoro, ora è questo il nuovo capitolo della mia vita”,

 

più forti già di ogni resa 

le parole di  Mohammad che tutto riavvivano,

 

quanto e più di Kailash

già ben sapendo Mohammad come giocare d'astuzia,



Mohammad,  Kailash ed Ajay ricordandomi nel restare senza salario a servizio

" that the work isn’t only for making money,

 

 

ed ora l'autorickshaw di Kailash è affidato alla guida del padre di Mohammad

con il concorso di clienti dagli hotel in cui sono di stanza,

 

e se per me c'è ancora vita prima della morte

è qui, è qui, è qui, che la ritrovo,

per quanto io resto fedele al mio piccolo destino,

 

 

 

nel farsi sera, di un altro giorno sereno volto al suo tramonto,

di ogni luce e strepito a spegnersi prima di riaccendersi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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2018


 

 

Ora che non ha più luce il cielo e più acqua la fonte

 

 

Ora che non ha più luce il cielo e più acqua la fonte

Più respiro d’aria la distesa  dei campi,

che non c’e più ombra di riparo al dolore

se amore non è che un vano inganno,

che un giocare con gli altrui sentimenti,

To play with the feeling  of another person,

con lui come con altri lei giocando,

alla stregua di come lui seguita a giocare con chi l'ha preceduta,

infliggendosi schiaffi vuole darsi la morte il mio Mohammad,

allo svaporarsi con l’alcool del vuoto di fondo,

non fosse per la mia amicizia a cui s’avvinghia nell’algore dei baci,

svelandomi d’un tratto tutto quanto ha commesso,

nell’ufficio, in stanza,  al caffè dei nostri ritrovi

strette ed abbracci  per levarmi di tasca  le rifiutate/ rupie

"Sapevo che tu accettavi tutto per salvare la nostra amicizia".


Così tu dicendomi,

quando nella tua animalità si ammusa la mia.

 

 

 

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How lovely, Chandu,

 

“How lovely, Chandu,

Between the sun and the moon,

The kites in the blue sky.

Like fishes swimming in the water,”

Cosi dico al bimbo mio,

amore mio,

intanto che dalla sua corda, da altri rocchi,

svariano aquiloni nel più terso dei cieli, nei suoi occhi,

tra il dardeggiare del sole, la falce di luna,

guizzanti, al tratto della mano,

quali pesci di un acquario celestiale,

e il bimbo assente, in sé irraggiungibile,

come gli aquiloni inebriati nell’azzurro

del più puro infinito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Sacra giovenca  I[4]

 

 

Nel tuo ruvido biancore

Stazioni immota sull’uscio di casa.

Nei tuoi occhi chini socchiusi

La tua muta richiesta  di cibo.

La chappati, come l’avverto,

Che Vimala si toglie di bocca.

Sul quartiere silente

Alta la luna nel chiarore dovunque.

 

 

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Giovenca sacra II

 

Nel meriggio ti scruta, tese le orecchie,

al cancello che non si apre.

 

Ma la casa e’vuota, la dispensa chiusa,

per la nonna morta, di cui crepita il fuoco,

nel fervore di eredità.

E lei si affaccia alla porta accanto.

Mite alla percossa che la discaccia.

 

 

 

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Quando ti adoravo

 

Quando ti adoravo,

al disvelarsi della luna,

nel roteante sole,

il tuo arrivo era il sorvolo di  un angelo.

Ora che ci amiamo

nel perdonarci e’ il sopraggiungere

della tua umida carne.

In giorni di continuo sole,

al freddo che demorde.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Nella notte le luci della stazione quelle di un camposanto [5]

 

Nella notte le luci della stazione quelle di un camposanto.

Non solo i loro i capi rasi

Di chi bivacca per Varanasi.

In una sacca bianca due denti inferiori,

Un frammento di femore

Quel che dell’avola destinato è al Gange.

Tu il primo, è il rintocco,

Cui ora tocca  per anzianità.

Sempre che la sua mano

Come fu per Sumit

Non ghermisca il più  tenero infante.

In disparte distogliendoti assente,

                              Tra i loro discorsi tu già la tua morta cenere.

 

 

 

 

 

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Per voi, anime care, [6]

 

Per voi, anime care,

che mi monetate ogni vostro favore,

ho perso il gusto

di  tutto ciò che costa,

sfasciatosi ogni acumine mentale

alle latitudini morte di quel che sognavo,

 

inultimate  le tue pagine, Heinrich,

su un’India cui non potesti  mai giungere

giorno dopo giorno dove non posso  che esserci,

per poco che io ancora mi regga,

.

Angkor, Borobodur,

Bagan, dalle mille pagode,

inarrivabili

nelle brume dell’albe

desolandomi

solo che ne senta la magia dei nomi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Sulla via del ritorno, con i versi di Anna Achmatova

 

"Alto potere

di un suono purissimo,

come fosse il distacco

sazio di divertirsi.

Familiari edifici

guardano dalla morte,

e sarà l’incontrarsi

cento volte più  triste

di tutto ciò che un tempo

mi e' capitato...

Per una nuova perdita

me ne ritorno a casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Può un’oncia di bellezza, di amore puro

 

Può un’oncia di bellezza, di amore puro,

Scongiurare  che  tutto ciò che l’uomo è ancora

Sia bene si estingua?

Quanto può detergere  ancora

Il velo lunare il sangue della lama ?

Smacchiare i nostri sudici sudari ?

Nell’innocente loro dissolutezza

gridano vendetta i profanati angeli,

Intanto che torna, Sumit, il tuo esanime corpo

nei bimbi raccolti dal mare,

E resta senza musica la vita

In ciò che ne dice e pensa l’uomo comune,

 

A che le anime insaziate di morte risorgano a vita

Nei migranti Egli venne alla sua gente

Ma i suoi non l'hanno accolto,

 

Così al passaggio estremo

Volgi erranti i tuoi stessi passi,

Nella Sodoma ti volgi agli indimenticabili cuori,

Ne accudisci i giorni futuri,

Togliendoti di bocca ogni estremo conforto,

Om, così sia, dicendo a un dio senz’altro lume di volto.

 


 

 

2019


 

 

Non ha amici il tuo cuore

 

 

Non ha amici il tuo cuore

Di cui tu non sia il servo in amore.

 

Non ha parole la tua lingua

Che non siano vani servigi.

 

Non chiede di te il tuo tempo, amico mio,

per quanto tu perfezioni per esso l’accento.

 

Ma  più che mai ti spendi, vuoi sapere

e sapere ancora, non ti spegni nella Sua luce.

 

 

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Ci fosse mai qualcuno che vuol sapere[7]

 

Ci fosse mai qualcuno che vuol sapere

Della mia fede e religione

Dirò che Dio è l’identico palpito

Per cui le foglie verdeggiano, noi respiriamo.

E siamo sessuati né più né meno che i batteri,

traendo Egli lo spirito da un pugno di polvere,

dalla nostra morte la rinascita di feti

 a un’inimmaginabile vita,

l’ amore anche dall'orrore per chi ci sta accanto.

In Lui di Lui viviamo, vibriamo, desideriamo,

dicono  bene gli Atti e le credenze dei Tantra,

peccato per la nostra presunzione

sia Egli infinitamente infinito,

al punto che noi tutti  non siamo neanche una sua cellula,

appena barlumi ciechi della sua mente.

Basta anche solo avere occhi per le amiche piante,

per  intendere che siamo solo uno dei modi della sua intelligenza,

Oramai a poca distanza dalla mia morte,

Oltre la quale non vedo,

Con il poeta dei poeti affranti è come a dire,

che la mia precipua religione è amore , in cui il cuore

E’ il profeta, il cuore la direzione di preghiera,

il cuore è Dio.

 


 

Se non è per scherno e umiliazione

 

I

Se non è per scherno e umiliazione

Egli ti cerca solo per soldi.

E tu non cercarlo per niente al mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Battuto sotto il tuo calpestio

II

 

Battuto sotto il tuo calpestio

Lascio che sia se tu mi dici

Che è il tuo cuore distrutto che mi distrugge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Il tempo si è fatto breve.[8]

 

Il tempo si è fatto breve.

Come la rondine presso il tuo altare pongo i miei piccoli,

La mia fiaccola come la servente levo dal moggio.

Dal mattino alla sera

Ardo la luce dei giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Più non conti e non  contano gli anni

 

Più non conti e non contano gli anni

Quando nella voce del tuo bambino

Sei il suo amico.

 


 

 

 

 

Non scomporti nel foro delle polemiche.

 

Non scomporti nel foro delle polemiche,

Che  il destino ti arrida od irrida,

Quando ti villaneggia il suo amore

Tu sei il raja[9] di ogni contrada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Godi, se puoi, con ardore

 

 

Godi, se puoi, con ardore

E fa godere il tuo Amore.

Sii la puttana  del Signore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Figura 1 L’acquerello è opera  del mio amico iraniano Farhang Atefi


 

 


 

 

Così tu ubriaco, ed ispirato,

 

Così tu ubriaco, ed ispirato

come avrei voluto che tu mi facessi.

 

Abbiano le leggi il loro corso,

ch’io seguo il mio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Prove ulteriori di poesia [10]

 

 

O acqua, che sgorghi ancora alla mia bocca,

tu non sei ancora acqua di Lete 

che questo mio io in sé svanisca 

per un’altr’anima che preme,

per l’estrema morte, di cui piango,

che non ricordi più ch’io amo,

alla cui cara immagine ricorro, che riappaia,

sospiro in linea parole,

e i miei giorni si gremiscono di voi,

ora che più nulla può più dirmi

lo stesso respiro del mare, ovunque  io salpi.

Mentre  tutto di voi mi ravviva

come il giorno non ha più battiti

e si fa muro davanti la vita che resta,

Che importa, se in voi mi fa eco la stessa vita,

la pace  dei vostri giorni che sfamo e disseto

mi è di conforto per resistere nel tempo,

ora che non è l’ora nostra, e il potere è delle tenebre,

e nel tempo mi è di viatico per volgere al suo guado,

di cui si fa luce di un crepitare perenne,

Lichtung, radura di che al varco ci attende.

 

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Strani tempi [11]

 

Strani tempi

Di strana gente,

qui, o in India, come altrove,

che i figli dei corrotti

salgono al governo degli onesti e sono peggiori che i padri

ed in nome di Dio

fare il bene è fuorilegge,

strani tempi

di strana gente,

che svuota la vita di ogni trascendenza in un boccone,

manda baci a chi vuole morto,

ti uccide in un sorriso,

e sono giocolieri di piazza

il montanaro del Cremlino,

l’ imbianchino austriaco,

nell’ora loro della nostra passione.

 

 

 

 


 

 


 

Traduzioni da Mir Taqi Mir e Mirza Ghalib


 

Traduzioni da Mir Taqi Mir  ( 1722-1810)

 

 

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Accanto a ogni ghazal di Mir Taqi Mir  non ho potuto indicare il numero ordinale di successione nel suo Diwan perché non ho avuto accesso alla  magnifica edizione in rete della raccolta delle ghazals come A garden of Kashmir  curata da Frances  W. Pritchett della Columbia University all’ indirizzo: http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00garden/index.html che fa capo a http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/index.html#index



 

 

Non è che  una bolla d’aria [12]

 

Non è che  una bolla d’aria

La nostra vita, nient’altro,

Le quinte del mondo sono solo

La vastità di un miraggio.

 

Ah, la squisita tenerezza del suo labbro,

La  cui grazia evoca un petalo di rosa.

 

Ancora  una volta batto alla sua porta

La mia mente del tutto stravolta.

 

Basta ch’io parli, che ella dice

Che tale voce è proprio quella

Di  quell’uomo sventurato.

 

Mir, questi tuoi  svanimenti

Sono dei tossici respiri alcolici.

 


 

I tempi sono difficili, caro Mir, stai dunque in guardia

 

 

I Tempi sono difficili, caro Mir, stai dunque in guardia

Preserva il rispetto di te medesimo con la massima cura.

 

 

La vita può risolversi in una semplice faccenda,

Non complicarla con seccature indebite e vani affanni.

 

La vita ha breve durata

Sii retto con ciascuno, uomo mio.

 

Fai pure tutto quello che ti piace, mio caro,

Ma cura che sia tersa la tua coscienza,

 

 

Va di per se quel che dici e come lo dici,

Sempre che tu sia libero di dire quel che ti è dato di dire.

 


 

 

La testa che così fieramente è oggi coronata

 

La testa che così fieramente è oggi coronata

Domani sarà interrata nelle lamentazioni di grida.

 

Nessuno ha lasciato questo mondo integro e sano,

Ogni viaggiatore che vi è sopraggiunto ha perso tutto

Nell’agguato finale.

 

Pur se imprigionata

Non si è data per vinta la mia maniacale passione,

A questa mia farneticazione mentale il solo rimedio

E’l’impietramento.

 

E’ così delicata la vetreria del mondo

Che anche il tuo respiro qui deve essere lieve.


 

 

 

 

Il fiore mi ha implorato di non andarmene [13]

 

Il fiore mi ha implorato di non andarmene

“Se tu sei venuto per un breve tratto nel giardino,

Sii il mio valente ospite.”

Io incurante lo ignorai e me ne andai via.

 Quando, invero, è il tempo di indulgere

Verso qualcuno?

 


 

 

 

Che dire di tale umore, o Mir,

 

 

 

Che dire di tale umore, o Mir,

Egli camminava nel giardino,

I fiori salutavano chinandosi dai loro steli,

Ma ad egli non importava nulla.

 


 

C’è amore e solo amore

 

C’è amore e solo amore

Ovunque tu volga lo sguardo,

 

Tutta la creazione trabocca d’amore

Amore è l’amata, amore è l’amante, e lo è fino a tal punto, così tanto,

Che è come se l’amore fosse in amore con se stesso.[14]

 

Quando chiesi come trascorressero gli erranti in amore

La brezza del mattino sollevò una manciata di polvere

E la soffiò via.

 


 

Quale primavera? Per noi prigionieri è proibito

 

Quale primavera? Per noi prigionieri è proibito

Anche solo vedere il muro del giardino

Traverso una crepa nella nostra cella.

 


 

 

I miei versi piacciono all’élite

 

 

I miei versi piacciono all’élite.

Ma io scrivo per il largo pubblico.


 

 

Se non parlo, il mio cuore brucia, se lo faccio

 

Se non parlo, il mio cuore brucia, se lo faccio

La mia lingua è scottata.

La mia amata può avvampare

Se sente le parole

Che voglio dirle.


 

 

Tutti i miei  intenti i sono stati ribaltati

 

Tutti i miei intenti sono stati ribaltati

Non c’è più medicina che possa servire …

 

Non hai visto come questa malattia del cuore

Mi ha finalmente ucciso?

 

Noi di fatto impotenti siamo accusati

Di avere autorità senza una investitura precisa

Voi fate tutto quello che vi piace

E noi siamo ingiustamente diffamati.

 

 Nel bianco e nero del mondo

 La parte che posso recitare non è che questa:

Piangere di notte fino al mattino e in qualche modo

Far decorrere il giorno nella sera.

 

Lo Shaik che se ne sta nudo

Nella moschea, era nella taverna

La notte scorsa.

Manto, toga, camicia e berretta, tutto si è bevuto

Completamente pazzo, tutto ha dato via.

 

Quale Kaaba, quale direzione di preghiera,

Quale moschea santa, ora quale veste di pellegrino?

 

Noi, abitanti il breve cammino che a lei conduce,

Da tutto ciò prendiamo congedo a distanza.

 

Che vuoi tu dunque sapere

Della religione e della fede di Mir?

Con un tilak[15] sulla fronte siede in un tempio,

E’ da lungo tempo che ha rinunciato all’islam.

 


 

Con la complicità di Shaik

 

Con la complicità di Shaik

E Brahmini[16], Mir perderà la Kaaba[17]

Ed il Mandir.[18]

Egli farà per se stesso una separata

Minuscola moschea, in un cantuccio

Che sia appartato.


 

La mia precipua religione è amore, in cui il cuore

 

 

La mia precipua religione è amore, in cui il cuore

E’ il profeta, il cuore la direzione di preghiera,

Il cuore è Dio.

 


 

 

E’ la Sua bellezza che illumina tutto[19]

 

E’ la Sua bellezza che illumina tutto,

Sia la candela della moschea

O la lampada di Somnath.


 

La benevolenza come usanza

 

 

La benevolenza come usanza

È scomparsa dal mondo,

Uno strano popolo abita ora la terra,

Strani sono ora i tempi.

 

Mir, sono tempi delicati,

Reggiti il turbante con entrambe le mani!

 


 

 

Mir, Egli  verrà alla mia tomba solo dopo la mia morte .

 

Mir, Egli verrà alla mia tomba solo  dopo la mia morte,

Il mio Messia  di me si prenderà cura solo dopo che me ne sia andato.

 


 

Le macerie del mio cuore sono davvero, a vedersi

 

Le macerie del mio cuore sono davvero, a vedersi

 Una cittadella che il dolore abbia raso al suolo.


 

Ora ricorda le mie parole, se non vuoi

 

Ora ricorda le mie parole, se non vuoi

Udirle troppo tardi.

Se udrai qualcuno riportarle,

Il tuo cuore scoppierà nel rimpianto.

 

 

 

 


 

 

 

 

Non  considerarmi ordinario

 

Non  considerarmi ordinario,

Dopo un vagabondaggio del cielo per anni

Solo allora, tratto da un velo di polvere, un uomo

Può dirsi nato.

 


 

Tu lo vedi? Esala

 

Tu lo vedi? Esala

Dal mio cuore o dalla mia anima,

Da dove esala, quanto sembra solo fumo?

 

O cielo, quale cuore infranto

Giace in questo sepolcro?

Una fiamma ne esala ogni mattino.

 

Quando grida di lamento cominciano a ferire la mia mente,

Un urlo esala  al cielo.

 

Ovunque di lei vada a posarsi lo sguardo gioioso

Un patimento agitato ne esala.

 

O voce ardente, stai attenta

Alla tua stessa dimora,

Una nuvola di fumo esala dal tuo riparo.

 

Chi non s’inquieterà nel sedersi ancora dovunque

Chi, che si levi anche solo una volta dalla tua soglia?

 

Oh, come noi  ci rimettemmo in piedi nel lasciare quella via

Quasi  nel risollevarci da questo mondo ci levassimo da morte.

 

Mir, l’amore è un macigno pesante,

Quale creatura non è troppo gracile

Per sostenerne e levarne il peso?[20]


 

 

Ritraduzione di una ghazal precedente

 

La mia esistenza non è che una bolla

Qualsiasi vista non è che un miraggio.

 

Ah, la tenerezza delle sue labbra,

È come il petalo di una rosa.

 

Apri ora il tuo occhio del cuore

Vedrai che tutto il mondo è solo un sogno.

 

Eccomi alla sua porta ancora una volta

Sono ora in uno stato tale di agitazione

Che basta che parli, e loro dicono

Questa è la voce di quello sventurato.

 

Mir, in quegli occhi schiusi in sogno

C’è il tossico di un vino stagionato.


 

Sono divenuto come un fachiro,  e così gridando me ne vado:

 

Sono divenuto come un fachiro, e così gridando me ne vado:

  Serbati felice, anima cara, io te ne prego .

 

Un tuo solo baleno è stata una tale estasi

Che mi ha estirpato da me stesso.

 

Come desideravo frequentare il tuo sentiero,

Ed ora vi ritorno,  madido di sangue.

 

Ho consunto la mia fronte nel prostrami,

Pagando l’intero mio debito di obbedienza.

 

Ti ho adorato sino a tal punto, Idolo mio,

Che di te ho fatto il mio Dio agli occhi di tutti.

 

Che posso replicare, se qualcuno mi chiede:

Mir, sei venuto in questo mondo, che cosa hai concluso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Ogni foglia ed ogni albero sa della mia condizione

 

Ogni foglia ed ogni albero sa della mia condizione,

Solo quel fiore non lo sa, a differenza dell’intero giardino.

 

Attendere ai cuori afflitti non costuma nella città della bellezza.

Anche se il più inaccorto amato sa bene

Quale sia cura di tale  pena..

 

Rendimento di grazie, fedeltà leale, gentilezza e cordialità- nessuna

Qui ne tiene più conto.

 Scherno e affettazioni, segni ed allusioni

È tutto quello che tutte sanno ed usano,

 

Nessuno in questo mondo vorrebbe essere autentico

Come un amante.

Perdendo il suo cuore in amore egli pensa di guadagnarci,

Mir, il sempliciotto amaro, egli è troppo assetato

Del suo stesso sangue,

Egli pensa che di lei la pesante spada affilata sia  l’elisir di vita.


 

 

.

Voi non considererete  più

 

Voi non considererete  più

Alcun giro di perle

Una volta considerato  lo stile della mia espressione.


 

Vari sher di Mirza Ghalib su Delhi[21]


 

Essendo venuto a Delhi di questi tempi

 

Essendo venuto a Delhi di questi tempi

                                                Non ho rivisto quei miei amici,

                                                Se ne sono andati un po’ troppo presto

Son io sopraggiunto un po’ troppo tardi.


 

Il mio cuore e la mia Delhi siano pure

 

 

Il mio cuore e la mia Delhi siano pure

                                                Ambedue in rovina,

                                                C’è ancora del diletto

                                                In questa loro casa straziata.


 

I miei occhi in lacrime sono ora un canale

 

I miei occhi in lacrime sono ora un canale

Il mio cuore straziato è come la città di  Delhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I dintorni della Figura 2Old Delhi  in cui visse Mir Taqi Mir  da A desertful of roses , il web site creato da Frances Pritchett per la Columbia University che raccoglie tutti gli urdu Ghazals di Mirza Ghalib, mentre A garden of Khasmir, cui non ho avuto accesso,  raccoglie gli urdu Ghazal di Mir Taqi Mir http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/index.html#index

 



 

Le strade di Delhi erano come pagine dipinte,

 

Le strade di Delhi erano come pagine dipinte,

Ogni vista che vi vidi sembrava una pittura.

 


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Figura 3 Chandni Chowk, la via principale dI Shahjahanabad, l’Old Delhi  in cui visse Mir Taqi Mir  da A desertful of roses , il web site creato da Frances Pritchett per la Columbia University che raccoglie tutti gli urdu Ghazals di Mirza Ghalib, mentre A garden of Khasmir, cui non ho avuto accesso,  raccoglie gli urdu Ghazal di Mir Taqi Mir http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/index.html#index

 


 

 

Tu chiedi delle mie origini,  o  popolo dell’Est,[22]

 

Tu chiedi delle mie origini, o popolo dell’Est,

Schernendo la mia povertà e di me ridendo?

E’ di  Delhi, che del mondo era la città privilegiata,

Dove non si raccoglievano che gli eletti

Di ogni genere di vita,

Ora predata dal Fato e ridotta a deserto,

Ch’io sono un residente del sito in rovina.

 


 

La desolazione di Delhi  era di gran lunga migliore

 

La desolazione di Delhi era di gran lunga migliore

Che non Lucknow.

Vorrei esservi morto

Anziché essere qui scampato.

 

 


 

Come dirti che cos’è l’amore?

 

Come dirti che cos’è l’amore?

E’ una malattia dell’anima, una sventura, questo fatidico amore.

Mir, ti vedo farti pallido,

Dimmi, anche tu sei ora preda d’amore?


 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Traduzioni da Mirza Ghalib[23]

 

 

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Accanto a ogni ghazal è indicato il numero ordinale della loro successione nel Diwan di Mirza Ghalib edito in rete magnificamente da Frances  W. Pritchett della Columbia University come A desertfull of roses all’ indirizzo http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/index.html#index


 

 

Che ti è successo, ingenuo cuore?(162) 

 

Che ti è successo, ingenuo cuore?

Ed ora quale è la cura di questa pena?

 

Io sono consumato dal desiderio, e lei è indifferente.

O Dio, in che stato mi ritrovo !

 

Anch’io ho una lingua nella mia bocca

Solo che tu voglia chiedere a me dei miei aneliti.

 

Se non esiste niente senza di te,

O Dio, da che nasce  tutto questo turbamento?

 

Se ci sei solo Tu, come mai queste incantevoli bellezze Parie.[24]

A che, questi occhieggiamenti, e pose galanti, e svenevolezze?

 

E le spire di ambrati, profumati riccioli- a che furono create?

A che la fissità di sguardo del collirio di adombrati occhi?

 

Verzieri e rose da dove provengono?

Che cos’è una nuvola?  E che cosa il vento?

 

Noi confidiamo nella fedeltà di colei stessa

Che non sa nemmeno la fedeltà che sia.

 

Invero “ fai il bene, e il bene ti accadrà”

Quale altro è il grido del Derviscio?

 

Non mi resta che offrirTi la mia vita,

Della preghiera io ignoro i termini.

 

Lo ammette, Ghalib, che vale ben poco

Ma se lo lasci uscir di pena, che male c’è?[25]

 



 

E’un cuore, dopo tutto, non pietra o mattone (115)

 

E’un cuore, dopo tutto, non pietra o mattone

Perché non può erompere di dolore?

Più di mille volte leverò il mio grido, perché mai torturarci?

 

Non è qui un tempio, o una moschea, una porta, od una soglia,

Se siedo ai bordi della strada, perché  mi si dovrebbe scacciare ?

 

Quando a quella bellezza che illumina il cuore come un sole meridiano

Egli vorrebbe struggersi alla vista, perché in un velo ci nasconde il suo sembiante ?

 

Di voi la stilettata di uno sguardo toglie la vita, la freccia della civetteria non si può schivare,

 Come lo stesso specchio del vostro volto potrebbe rimirarvi, a voi di fronte?

 

La prigione della vita, la schiavitù

Del dolore,  n verità sono la stessa cosa.

Finché non sopraggiunge la morte, come un uomo

Potrebbe trovare scampo dal dolore?

 

Che ritrovi in lei beltà del corpo, o del pensiero, l’onore resole dal libertino è salvo .

In sé stessa lei confida, a che mai un’altrui riprova?

 

Qui, questo vanto di splendore e grazia,  colà, quell’ammanto di modestia di sguardo,

E così dove mai potremmo incontrarci per strada, come potrebbe lei farci salire?

 

Certo, lei non crede a Dio, sicuro, lei è un’infedele

Costui che tiene tanto a  religione e cuore, perché si ostina ad andare da lei?

 

Quali affari del mondo

Si sono forse fermati in  assenza di Ghalib, l’affranto, l’ingiuriato?

Perché pianger(lo) così amaramente, poi, lamentarsi

E  gemere così?

 


 


 

In verità, ci sono molti altri validi poeti

 

In verità, ci sono molti altri validi poeti

A questo mondo,

Ma dicono loro stessi

Che lo stile d’espressione di Ghalib

E’ un caso unico.

 


 

Non  c’è chi non chieda perché il persiano

 

Non  c’è chi non chieda perché il persiano

Debba essere  invidioso del Rekta[26]

Recitagli anche solo una volta una poesia di Ghalib

Ed egli ti dirà, Ecco il perché.

 

Tu non sei il solo Signore

Del Rekta Ghalib

Essi dicono che in tempi trascorsi

C’era anche un certo  Mir.

 


 

Se Ghalib seguita a singhiozzare tanto, vedrai

 

 

Se Ghalib seguita a singhiozzare tanto, vedrai

O popolo di tutto il mondo

Che non c’è contrada

Che non ne cadrà presto desolata.

 


 

 

Un  sospiro richiede una vita intera per sortire effetto (78)

 

Un  sospiro richiede una vita intera per sortire effetto

Chi può vivere fino a che i tuoi riccioli ribelli siano domi?

 

Nell’incedere di onda in onda si circonvolvono cento bocche di dragoni

Vedi quali siano le traversie di una goccia per farsi perla.

 

L’amore richiede sopportazione, lo spasimare non conosce tregua[27]

Come trascolorerò nel mio cuore, fin che la bile travasi in sangue.

 

D’accordo, verrà un tempo che mi considererai,[28]

Ma nel frattempo mi sarò consunto in cenere.

 

Dai raggi del sole la rugiada viene a sapere la sua distruzione

Anch’io avrò vita fin che non mi baleni il tuo sguardo.

 

Il godimento dell’esistenza non dura

Più di un singolo sguardo, siine avvertito,

Quanto la danza di una favilla è il calore di quell’avvivarsi.

 

Della pena di vivere, quale il rimedio, se non la morte?

La candela avvampa di ogni colore fin che non sia l’alba.

 

Versi non pubblicati della stessa ghazal

 

Fino al Giorno del Giudizio vivremo nelle tenebre della separazione

I sette giorni graveranno anche su di noi, fino a quel sorgere dell’alba.


 


 

Sono tali e tante le migliaia di desideri, che l’ulteriore anelito ne incalza il disciogliersi (219)

 

Sono tali e tante le migliaia di desideri, che l’ulteriore anelito ne incalza il disciogliersi

Fossero anche esauditi innumerevoli desideri, quanti pochi sono disciolti.

 

Che ha da temere colei che mi uccida? Il mio sangue sul suo collo?

Quel sangue che dai miei umidi occhi, per un’intera vita, e senza un perché, ad ogni sospiro vorrebbe disciogliersi.

 

E ‘ da sempre che udiamo dell’esilio di Adamo dall’Eden,

Ma dalle tue  contrade con più grande sventura siamo stati disciolti.

 

O crudele, l’infingimento dell’altezza della tua vera statura sarà  disvelato

Se gli intorcimenti e le arricciolature dei tuoi capelli saranno disciolte.

 

Se qualcuno ha una lettera da scriverle,  che ci contatti perché le sia scritta da noi.

Si fa l’alba, e dall’uscio di casa, è con una penna infilata dietro l’orecchio che ci disciogliamo.

 

In  questo girare in tondo, quante bevute furono a me ricondotte,

Al ritorno dei tempi la mia è la coppa di Jamshid[29], in cui il mondo rispecchiandosi ha da disciogliersi.

 

Coloro da cui attendevamo giustizia all’udire della ferita infertaci

Coloro, ancora più di noi feriti dalla spada del tiranno, ben presto si disciolsero.

 

In amore, non c’è differenza tra vivere e morire,

Solo che rimiri l’ infedele per la quale il respiro vuole disciogliersi.

 

La porta dell’osteria può essere la stessa che il predicatore valica, Ghalib,

Come ieri  la nostra truppa ha ben visto nel suo disciogliersi[30].



 

 

Lasciatemi andare a vivere dove non c’è nessuno,(127)

 

Lasciatemi andare a vivere dove non c’è nessuno,

Nessuno con cui parlare, nessuno con il linguaggio in comune,

Lasciatemi edificare una casa che sia speciale, senza porte né muri,

Nessuno che sia vicino di casa, nessuno che sia  custode,

Se ci ammaliamo, nessuno che ci curi,

Se moriamo, nessuno che intoni lamenti.

 


 

 

La bellezza non avrà più ragione di essere dispettosa  quand’io non ci sarò più (57)

 

La bellezza non avrà più ragione di essere dispettosa  quand’io non ci sarò più

Chi tiranneggia i cuori se ne starà in pace, quand’io non ci sarò più.

 

Nessuno sarà rimasto degno del ministero della Follia d’amore

Decadrà la vana civetteria più crudele, quand’io non ci sarò più.

 

Quando la candela si consuma, il suo fuoco è per essa che si affumica.

La fiamma della passione si vestirà di nero quando io non ci sarò più.

 

Il cuore è sangue, della polvere, cui attingono gli idoli.

Le loro unghie non si tingeranno che di henné, quand’io non ci sarò più.

 

Non troverà più degno consesso, per mettersi in mostra, la gemma della crudeltà,

E la grazia della civetteria che se ne farà del collirio, quand’io non ci sarò più.

 

La follia, per la gente folle in amore, è l’amplesso che afferra e lascia,

Non ci sarà più strappo di collare, quand’io non ci sarò più.

 

Chi sarà ancora, come chi sia vittima del vino-veleno della passione?[31]

Sulle labbra del coppiere si moltiplicheranno a vuoto i richiami, quand’io non ci sarò più.[32]

 

Io muoio nel dolore che non ci sarà nessuno al mondo

Che consoli e compianga amore e fedeltà, quando non ci sarò più.

 

La caduta in  rovina  dell’amore mi fa piangere, Ghalib,

Di chi la casa sommersa dal riversarsi della disgrazia,  quand’io non ci sarò più?

 

Verso non pubblicati della ghazal 57

 

Il mio sguardo era un escavatore

Nella camera intima del cuore .

Scampato  il pericolo, per i Signori dell’ Ipocrisia,

Quand’io non ci sarò più.

 

Io ero le foglie dell’amicizia raccolta in un bouquet

I miei sodali di vita si sparpaglieranno,

Quand’io non ci sarò più.


 

 

 

Versione ulteriore della stessa ghazal (57)

 

La beltà non avrà più bisogno di essere dispettosa

Quand’io me ne sarò andato.

 

Questi tiranni si ritroveranno finalmente a loro agio

Quand’io o me ne sarò andato.

 

Sale il fumo da una candela

Quando sia spenta

La passione annerirà

Quand’io me ne sarò andato.

 

Io muoio dal dolore se penso che non ci sarà nessuno a questo mondo.

Che piangerà la fine della lealtà e dell’amore

Quand’io me ne sarò andato.

 

La  caduta in rovina dell’amore mi fa piangere,

Ghalib,

Quale casa sommergerà il flutto della sofferenza

Quand’ io me  ne sarò andato?

 

Chi accetterà la sfida di bere

Il veleno del vino d’amore?

Il coppiere seguiterà a  lanciare  invano il suo grido di sfida

Quand’ io me ne sarò andato.

 

Egli condivide la mia vocazione, le mie bevute

E i miei secreti.

Non condannare Ghalib,

Per me è buono a sufficienza.


 

 

 

Non era il mio destino di unirmi con il mio amore (20)

 

Non era il mio destino di unirmi con il mio amore

Avessi vissuto più a lungo, sarebbe stata la stessa lunga attesa.

 

Ho vissuto delle tue promesse,  ben sapendo  quanto siano  menzognere,

Sarei forse morto di felicità, avessi confidato in esse?

 

 

Per la vostra finezza è da credere che le vostre promesse siano state a cuor leggero

Mai le avresti infrante, se fossero state formulate con fermezza.

 

Si chieda al mio cuore della tua freccia che l’ha scalfito

Mi avrebbe così disfatto, se fosse andata fino in fondo?

 

Che genere di amicizia é mai questa, che i consiglieri si fanno amici,

Quando se solo si fosse corso in aiuto, qualcuno avesse fatto proprio il mio dolore.

 

Dalla vena della roccia gocciola un sangue che non finirebbe mai di scorrere

Ciò che credesti pena, è folgore.

 

Benché il dolore sia micidiale, chi può scamparne, finché c’è un cuore?

Non ci fosse il dolore della passione, si accamperebbe quella della sussistenza.

 

A chi si può  dire come sia, la notte del dolore una tale sventura,

Chi può dire che è dolente la morte, se lo ha provato anche solo una volta?

 

Se dopo morti, di noi si diffonde una cattiva fama, perché non finire sommersi dal mare,

Non avrebbe luogo alcun funerale, non sorgerebbe una nostra tomba in alcun luogo.

 

Chi lo ha mai visto, giacché Egli è unico, l’Unicità.

Ci fosse in Egli anche solo un soffio di dualità, l’avremmo pur incontrato dappertutto.[33] 

 

 


 

Il mondo non è che un campo da gioco di  ragazzi, al mio cospetto (208)

 

Il mondo non è che un campo da gioco di  ragazzi, al mio cospetto

Il giorno e la notte sono il consueto spettacolo,  al mio cospetto.

 

Il trono di Salomone è per me un gioco perditempo,

Idem il miracolo del Messia, al mio cospetto.

 

Per me tutto il mondo è un vano accento,

Non c’è sostanza che non sia l’illusione di un’idea, al mio cospetto.

 

L’intero deserto del mondo per me si cela nella polvere

Anche il fiume struscia la fronte sulla  sabbia, al mio cospetto.

 

Non chiedermi quale sia il mio stato, al tuo apparire,

Considera quale sia il tuo, al mio cospetto.

 

Dici il vero- mi riguardo e mi  do lustro- e perché  mai altrimenti

Se un idolo con il sembiante di uno specchio siede al mio cospetto.

 

Attieniti allo stile di rosa fluente dal mio dire

E lascia che qualcuno ponga il boccale di vino al mio cospetto.

 

Trascorre l’insidiarsi del disgusto, in me è trascorsa ogni sorta di gelosia,

Perché io dovrei dire:” Non fare il suo nome al mio cospetto?”

 

La fede mi  trattiene,  l’incredulità mi  sprona,

La Kaba è retrostante, la Chiesa al mio cospetto.

 

Sono un amante, ma  che fatalmente si disinganna su chi ama,

Laila stessa diffama Majnun al mio cospetto.

 

Siamo felici, ma non si muore felicemente nell’unione,

Della brama della notte della separazione giunta al mio cospetto.

 

Un unico mare Rosso di sangue si va intorbidando, appena  uno abbia qualche pretensione

Vedi che cosa di buono ora giunge al mio cospetto!

 

Benché la mano non possa  più muoversi, eppure, hanno ancora umore di vita questi miei occhi,

Lascia la brocca e  il bicchiere di vino al mo cospetto.

 

Egli condivide la mia vocazione, il mio bere

E i miei segreti,

Non condannare  Ghalib, per me egli vale quanto basta

Al mio cospetto.

 

 

 

 

 

 


 

SULL’AUTORE

 

Odorico Bergamaschi nasce nel 1952 a San Giacomo delle Segnate in provincia di Mantova. Si è laureato in Filosofia morale con Cesare Luporini, sostenendo una tesi su Superstizione Etica e Politica nel Pensiero di Spinoza.

Dal 2005 i suoi itinerari di viaggio, esistenziali e spirituali, letterari e di storico dell’arte  si sono concentrati in India, dove dal 2012  vive la maggior parte del suo tempo residuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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2019

 



[1] L’Ecloga è letteralmente intessuta di reminiscenze delle Ecloghe Virgiliane, in particolare delle Ecloghe V, IX, X,  che lascio al lettore ritrovare.

Il  mela ground” è in India  il campo di fiere e mercati.

Amavasya  è la ricorrenza della fase della luna nuova, che dà origine a grandi festeggiamenti in onore di Lord Shiva se cade di lunedi,  giorno sacro al dio.

Il Lakskmana reka è originariamente la barriera tracciata intorno a Sita, la sposa di  Lord  Rama , dal  cognato Lakshmana, fratello di Rama, per proteggerla dal demone Ravana, che avrebbe dovuto restare invalicabile, come non fu, sicchè il demone la rapì con se nel suo regno nello Sri Lanka, Nel  linguaggio popolare indiano designa un limite, una frontiera di separazione costituita da regole, convenzioni, norme etiche, che dovrebbero restare insuperabili.

 

[2] Da Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXII, 51,1-4” "Gli Dei non diedero certamente tutto allo stesso uomo “

Perficient Superi”: “ Completino l’opera gli Dei”, motto di invocazione della grazia divina, a integrazione di un altro motto “ Non omnes”  “ Non tutti”, che riprende il detto virgiliano, già rinvenibile in Lucilio, “ Non omnia possumus omnes “ “ Non tutti siamo capaci di tutto”, o meglio “ noi tutti non siamo capaci di tutto, del verso 63 dell’Egloga VII.

 

 

[3] “In India non ci sono regole negli hotels privati”.

 

[4]  La chappati è il pane indiano più comune, di farina integrale e senza lievito

 

[5] La poesia commemora o rievoca l’incontro alla stazione di Khajuraho con i familiari di Kailash, il padre e gli zii, in partenza per  Allahabad-PrayagRaji, come altri per Varanasi ( Benares), per trasportarvi  le ceneri e i resti di ossa  della nonna di Kailash. Il lutto degli astanti è attestato dal loro capo raso in segno di lutto. La poesia è dimessa nel tono, quanto intessuta di allitterazioni continue ( rasi Varanasi, bivacca sacca , denti , frammento, infante assente,  e via dicendo).

 

[6] Heinrich è il grande indologo Heinrich Zimmer ( 1890-1943).

[7] Il poeta dei poeti affranti è il grande poeta in urdu Mir Taqi Mir, (1722-1810), di cui seguono  varie traduzioni

[8] Il tempo si è fatto breve: la citazione è tratta da Paolo,  1Cor 7,29

[9] Raja, il re

[10] L’acqua del Lete è quella del fiume dell’ai di là che per gli orfici, per Platone nel libro X della Repubblica, ove narra il mito di Er, come per Virgilio nel VI libro dell’Eneide, al berne l’acqua cancella ogni memoria della vita antecedente, compresa quella delle persone amate, nell’anima che trasmigra in altre forme di esistenza

Lichtung, la radura, è un motivo ricorrente del pensiero di  Martin Heidegger,  per indicare ciò che apre e schiarisce d’improvviso  gli orizzonti delle differenti forme di comprensione

[11] Il montanaro del Cremlino è Stalin secondo il grande poeta russo Osip Mendel’stam, l’imbianchino austriaco è Hitler secondo lo stesso  Mussolini, che lo definì tale, nel 1934,  quando seppe ch’era responsabile della morte dell’amico Engelbert  Dolfuss,  il cancelliere austriaco

Il passo “L’ora loro della nostra passione “ è una ripresa di un passaggio capitale della Passione di Cristo secondo Luca:Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di Lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».

[12]  Una ghazal è una serie di distici non inferiori a cinque di numero, il cui primo verso rima con il secondo, che rima con tutti i successivi  secondi versi  di ogni distico, spesso in forma di  refrain,  dentro predeterminati parametri metrici. Le  traduzioni delle tre ghazal iniziali “ Non  è che una bolla d’aria”,“ I tempi sono difficili, caro Mir, stai dunque in guardia “ , “La testa che così fieramente è oggi coronata” risalgono la prima al novembre 2017, le altre al  2018.

[13] Tutte le seguenti traduzioni da opere poetiche di Mir Taqi Mir risalgono al 2018-19.

[14] Variante: “Che è come se l’amore si intrattenesse in un gioco con se stesso”

 

[15] Tilak è il caratteristico segno frontale che nel suo specifico colore designa una particolare affiliazione religiosa di chi è hindu. Se è rosso può altresì designare lo stato coniugale di una donna, o altrimenti può attestare la visita di un determinato luogo di culto

[16] Tali uomini di culto sono i religiosi d’alta casta, il shaik islamico, il brahmino hindu, spesso accusati di ipocrisia.

[17]  Il massimo edificio di culto dell’Islam, situato a La Mecca. Esso contiene la Pietra Nera, l’ultimo residuo meteoritico della Antica Casa che Allah avrebbe fatto discendere in terra dall’Eden, e che sarebbe stata per il resto  distrutta dal Diluvio Universale.

[18] Mandir è il nome in hindi del tempio hindu.

[19] Somnath è il sito di un  famoso tempio shivaita, lungo la costa occidentale del Gujarat, nel  Saurahstra,  per la sua importanza devozionale ripetutamente distrutto dai musulmani e riedificato nel tempo, al punto da essere considerato l”terno tempio hindu”, per eccellenza.  In esso Lord Shiva si sarebbe manifestato per la prima volta in uno dei suoi dodici lingam di fuoco o yotirlingas.

[20] ( Variante” Quale creatura può non soccombere sotto il suo peso ?”)

 

[21]Mir Taqi Mir, nato ad Agra, amò intensamente Delhi e le sue forme di vita, ma vi visse in tempi calamitosi, per la calata rovinosa in Delhi di Nadir Shah ( 1739) e di altri sovrani o capi avventurieri, e per  l’inettitudine corrotta dei Moghul che la governarono allora. Trovò riparo presso i nawab di Lucknow, ma seguitando a rimpiangere in un  sogno di vita la sua trascorsa esistenza in  Delhi, nei suoi aspetti magnifici. Cfr.Saif Mahmood,  Beloved Delhi , New Delhi 2018.

 [22] Il poeta si riferisce agli abitanti di Lucknow presso i cui sovrani nawabs trovò relativa protezione. Cfr sempre .Saif Mahmood,  Beloved Delhi , New Delhi 2018.

 

[23] Accanto a ogni ghazal è indicato il numero ordinale della loro successione nel Diwan di Mirza Ghalib edito in rete magnificamente da Frances  W. Pritchett della Columbia University come A desertfull of roses all’ indirizzo http://www.columbia.edu/itc/mealac/pritchett/00ghalib/index.html#index

[24] I Pari erano un’etnia della Persia, di rara bellezza.

[25] Variante, più letterale:Ma se a te si consegna perché lo liberi, che male c’è?”.

 

[26] Rekta designa il vernacolo Khariboli di Delhi che è la forma originaria dell’urdu e dell’ hindi. Successivamente  mescolatosi con il persiano della corte  Moghul,  fu preservato come   lingua principale della poesia in urdu, distinta dal persiano o ad esso in contrapposizione, come in tali sher , o distici, di Mirza Ghalib.

[27] Variante: “ Lo spasimare non conosce riposo”.

[28] Variante:  D’accordo, allora mi considererai,

[29] Jamshid  è un famoso re persiano dello Shah-namah, L’ epica dei Re di Firdausi ( 1010). Jamshid  possedeva una magica Coppa, l ajām-e jam or jām-e jamshīd,  che gli disvelava il mondo intero.

[30] Variante: “Come ieri abbiamo ben visto nel nostro discioglierci”

 

[31] Variante: “Chi sarà ancora, come chi sia ucciso dal vino -veleno della passione?.”

 

[32] Variante: “A chi volgerà il suo richiamo il coppiere quand’io non ci sarò più?”.

 

[33]  Variante:  Dappertutto ( Dio) sarebbe stato due o quattro.