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Lettera alla Gazzetta Andando anche oltre le aspettative
di mero lucro che gli avranno pur fatto da levatrice, nella sua
gestazione organizzativa di cui sono all' oscuro, Con l'esito fatale, e calamitoso,
che anziché approssimare il pubblico a ciò per cui la letteratura è o
dovrebbe essere altro, in forma e sostanza,- nella esperienza di verità
e nella sua rappresentazione del mondo, nei tempi di levitazione e di
crescita dell' opera, come e quanto nell' etica di vita che sottende nei
suoi artefici e devoti,- da ciò che è opinionistica Sintesi delle parti seguenti -
(Traendo ora le somme e le conclusioni, forse che l' esito del
festivaletteratura è stato fausto) Se l'esito del festivaletteratura
fosse stato fausto perchè si è evitato per lo più tale sconcio , Ne sortisce pertanto al postutto
la mia modesta proposta, solo riformistica, di una riproposizione del
festival non più per soli eventi, ma insieme per atti ed eventi, gli
uni presupposti agli altri, onde garantire, con la continuità della
manifestazione, un minimo
di riuscita e di rimanenza attestata e che sia di tramando; in virtù di
20/9/97 Ho cercato, in questi giorni, di
divagarmi nella bellezza di un mio nuovo allievo o nel trasporto
d'affetto per un altro che ho lasciato[1],
ma l' insistenza della mente torna 23 settembre Per due volte lo sguardo è
intercorso fra noi, quando dopo due settimane ch'era assente ho
intravisto alla cassa quel giovane e lui mi ha fissato. "Arrivederci...", nel
consegnarmi i soldi mi ha detto d'intesa guatandomi E' davvero molto bello, nella sua
capigliatura bionda, in quei suoi occhi verdi azzurri, nella tenebrosità
seria e riguardosa dei suoi lineamenti. Con lui è tutto diversamente,
altrimenti difficile che con il giovane pittore: l' altro mi è
irraggiungibile, non so dove trovarlo nel suo pur piccolo paese, quando
invece questi posso rivederlo Ma siamo sotto gli occhi di un
pubblico quando ci rivediamo alla cassa, è allora impossibile ogni
nostra esplicitazione A casa, di rientro, ero stordito
dal fantasticare, dalla anticipazione immaginativa dell' avventarci
reciproco, dei suoi genitali e della sua inseminazione in bocca... dalla
consumazione di tutto ciò che di lubrico potessi sollecitare da lui,
traendone un piacere che avvertivo che sarebbe venuto meno del tutto,
insipidendosi, qualora il godimento fosse stato Quando oggi l' ho rivisto, e il
nostro sguardo si è cercato e si è incrociato, ho creduto di avvertire
Paralisi Mia madre, ieri sera al telefono,
al pensiero di mio padre si è commossa di una Io intanto non avevo, e non ho più
la testa, che per la mia irrimediabile impotenza nel tentare di
rapportarmi al giovane del supermarket, per il mio terrore inerme di
volgarizzare ogni cosa, di rovinare tutto con la minima intrapredenza, -
per cui la sua accessibilità mi è una ragione per differire, per
rinviare il contatto, intanto che E mi intimidisce e mi toglie ogni
espansività cordiale la sua serietà indeffettibile, raffreddandomi nei
suoi riguardi al tempo
stesso che E' la ragione della mia mia
disperazione attuale La domenica, più che ogni altro
giorno E quand' anche Anche domenica, in quella sagra
del paese lungo i cui litorali fluviali Il vino, con i maccheroni, che mi
conferiva un pò di ebbrezza, e mi incantava a indugiare nella via
adiacente , ove nel succedersi sull' uno e l'altro lato del municipo
garibaldiniano e mazziniano nell' impronta delle lapidi, della caserma
modernista e fascista e delle case ove ebbero i natali la prosopea e la
lotta di capipolo socialisti, i Ferri e i Dugoni di residua fama, l'
intera storia dell' Italia unita sembrava civilmente allineata e
fronteggiarsi, quietatisi i tumulti, in sobrietà stagionata di timpani
e di marcapiani e di torri della milizia, di insegne di locande e di
aperture sotto i portici di sportelli di banche tra le marmoree lapidi. Il flirt con il commesso, che
frattanto, si è freddato Almeno il mio bel canarino diletto
ha ripreso anche a cantare, più incantevole che mai, nel suo scrutarsi
intorno alla nicchia della mangiatoia. Oggi in classe, tenevo tra le mani
il foglio mortuario ov' era l' annuncio del decesso di mio padre, due
mesi fa, a esemplificare agli allievi di seconda che cosa sia un
eufemismo, nell' annuncio che il defunto era immancabilmente "
mancato all' affetto dei suoi cari". Ma ho avvertito ripulsa, e mi sono
astenuto dal farlo, quando mi sono detto che avrei potuto dire a loro
che così stereotipato come gli altri, su quel foglio figurava l'
annuncio del decesso di mio padre. in quell' aula Ma quando quell' allievo così
bello e partecipe, e a me caro, mi ha detto che era del paese stesso
dove mio padre e mia madre si erano divertiti tanto quando ci siamo
andati insieme, a visitare in una magnifica giornata di maggio la corte
rurale di Baldassarre Castiglioni, io ho colto l' occasione ed ho
profittato del fatto che ne tengo sempre con me le fotografie, per
mostrargli come vi sono stato felice con mio padre e mia madre,
tacendogli ( del)la morte di mio padre. Avrei voluto, e vorrei uno di
questi giorni, invitarlo a raggiungermi in sala insegnanti, e mostrargli
la ragione per cui ho un affetto familiare così intenso per la sua
località di origine: vedrebbe, allora, ad un riscontro delle pareti di
fondo dietro il volto di mio padre, che la fotografia in cui ve lo colsi
estasiato di gioia riunito a mia madre, è la stessa che Interminabile Anche questa domenica d' ottobre
ho svasato in bicicletta in mancanza di lui, muovendomi troppo tardi e
con troppo scoramento per raggiugere le contrade dove lui abita, prima
che il maltempo che s'annuncia in arrivo dall' Europa centro orientale
raffreddi il clima e ponga termine all' estate residua. Così ho divagato verso le vie di
campagna alla periferia della mia
città, tra i sobborghi di un incivilito benessere che non abbisogna più
di cultura, Per quegli ignoti percorsi
d'antiche ville, tra nobili piante, bastava il minimo sopraelevarsi del
terreno agricolo sugli avallamenti fluviali, perchè la distesa dei
campi verdeggiasse sottostante a perdita d'occhio, confermando le
antiche carte che parlavano di divallamenti in Ero così, di nuovo, restituito
alla folla ed alla mia solitudine libraria. Ai canarini al rivedermi che
si ravvivavano in gabbia.
L' insostenibile giorno 16 0ttobre 1997: oggi è avvenuto
e sono qui a esprimere il mio sopravviverne allo schianto, Ora il suo corpicino Quando sono rientrato dalla casa
dell' allevatore in cui mi è spirato nella mano, chiudendo gli occhi e
reclinando il capino in un altro suo sonno ch'era per lui l' ultimo e
definitivo, accorsovi con l'autobus quando dopo lo scuola l' ho
ritrovato al fondo della gabbia senza più forze ed alcuna voglia di
alcun cibo, io oltremodo disgustato, lungo il rientro, di ogni mia
teatralità scenica che intendesse confidarsi nel mio dolore ai miei
simili, Come infinite volte avevo
anticipato con angoscia e voluttà che non fosse vero... Poi lo strazio del risolversi di
ogni mio interrogarmi sulle ragioni della sua morte, nella Oh, nelle tue piume, e nel tuo
piccolo cadavere, mio principino brinato " Buonanotte, / dolce
uccellino, e possa un volo d'angeli/ condurti altrove al tuo
riposo!" Ahimè, a inconsolabile seguito
dei O forse l' atrocità maggiore è
che non mi sono spezzato, che ho sostenuto, che sono state (fin)anche
troppo capace di resistere e di rendere conto.
Dopo che Se il sentire, l'amare e l'adorare
ha un senso, se ha un senso cui serbarmi fedele che
Non resta Ora. Versione ultima Venerdì 17 ottobre Quali e quante offese e
privazioni, ho potuto reggere in virtù soltanto del suo canto e della
sua grazia. Tre soli anni, tre soli anni di
vita, gli hanno concesso le mie cure. Poverino l'amorino mio. Il velo di tulle che riponevo
stamane intorno alla sua gabbia, il velo di nozze tra me e lui, caro il
mio sposino segreto. Che felicità oramai non ho più
che da rimpiangere, perduta per sempre senza più lui, in un
interminabile rovinio davanti. Oh, potessero essere insieme
ancora viventi, mi sconfortavo in classe,
quei luminosi occhi di allievo che in classe mi guardavano
confidenti Sabato 18 ottobre. Eppure è come se fosse ancora
presso di me, nella cella frigorifera dove la sua piccola salma giace
remota nel gelo, dentro il cestellino di plastica involtato di
alluminio, in cui l'ho riposto ben preservato dal sacchettino di
cellophane, cercando di supporvelo, impettito nelle sue alucce serrate,
da due giorni soltanto immerso in un sonno che non conosce risveglio. Da oggi smaltirò in settimana
tutti i surgelati che ancora vi tengo riposti, perchè il freezer al più
presto divenga per sempre la sua sola bara incontaminata. E terrò la sua gabbia, accanto al
letto, come lui l'ha lasciata in agonia, coperta dal telo e dal velo
abituale sino alle mangiatoie, per preservarmi illuso che il mio
angiolino " Adesso, basta che io apra
il frigo per andare in cimitero..." dicendomelo, stasera sono
scoppiato a ridere e a piangere al rientro con la spesa. Poi l' ho riguardato, nel
congelatore, il suo cadaverino sempre più rigido, sempre più inoltrato
nel gelo e nella morte. Eccola la mia nuova linea di
resistenza, mi sono detto, il
nuovo attestarsi e l' appiglio di disperazione e speranza, nel timore
che si rassicura di avvertire odori di decomposizione. Martedì 21 ottobre. " Non vi è niente per cui
valga la pena di morire". Yehoshua, Ritorno dall' India,
pagina 428. Io sono rimasto vedovo del mio
uccellino, come mia madre lo è rimasta di mio padre. Le mani ed il grembo morti, che
disperano di non potere più assicurare ad altri suoi simili che la
morte precoce. E la mia casa mi è divenuta come
a lei la sua, un vuoto inconsolabile dove si è impietrito anche il
silenzio. Perdurando il dovere un
affaticamento stanco. In classe, ( in quanto che) perchè
la mia reazione sarebbe pervenuta da un sentimento opposto troppo
distante, o per dispetto oramai di ogni sorta di vita animale che
sopravviva e che non sia la sua, ieri non ho mosso parola contro
l'allieva che esibiva le mosche catturate in un tubetto di plastica, od
ho lasciato che un allievo
nel liberare la cimice dal suo astuccio in cui era finita, potesse forse
farne uno scempio fuori dell' aula. Non vi è più per me altro essere
che un individuo umano ch'è impossibile, che possa mai
succedersi al mio uccellino. Con la pena, senza più lacrime Talmente mi incrudeliva il
risentimento dell'abbandono a me stesso, nella mia rifiutata sofferenza,
da parte tutti quanti di loro congiunti. Con questo supplemento di
tormento, " Se ne è andata con suo
marito nella terra dei
morti". ( Ritorno dall' India, pagina
444).
Ancora. versione ultima fine ottobre - primi di novembre
97 Oh, l'intima essenza che vuole
sopravvivere a ciò che le era più caro e non è più niente, - e
accomiatarsene nell' impulso di vivere ancora,
perpetrando il torto di fare ritorno da essi alla felicità
vitale. Mio uccellino, che il rimpianto
della tua perduta meraviglia, sia
(il guasto) l'infelicitazione dolente
di ogni mia pretesa di felicità futura. Il relitto, che non voglio
suffragare, del conforto dell' integrità superstite della mie
condizioni di esistenza, che voglio piuttosto smentire, infelicitandomi,
al pensiero di entrambi che non sono più niente della vita generale. La malinconia e l' angoscia,
perenni, nell' amarli ch' erano ancor vivi in presenza della morte che
si è avverata, e di cui la mia vita è l'avveramento che sopravvive, in
forza di un' anestesia che è la necrosi del loro vivo ricordo, la
recisione che la mia vitalità perpetra per seguitare avanti. (" Nostalgia? Come poteva
provare nostalgia dal momento che lui era lì, di fronte a lei? Come si
può soffrire per l'assenza di chi è presente? ( Jean- Marc saprebbe
come rispondere: si può soffrire di nostalgia in presenza dell' amato
se si intravede un futuro in cui l'amato non c'è più- se la morte
dell' amato è, per quanto invisibile, già presente? Milan Kundera,
L'identità, pag. 48) ( " Solo lei, e nessun altro,
riesce a scuoterlo dalla sua indifferenza. E solo attraverso di lei è
capace di provare compassione. ... : e se gli capitasse di perdere
quell' unico essere che lo lega al resto dell' umanità?... Se Chantal è un simulacro,
l'intera esistenza di Jean marc è un simulacro." ibidem, pagg.98,
113). Con mia madre Quando seguito a dolermi con mia
madre che manchi di venirmi a trovare, non è affatto che lei
sopraggiunga E lei, nella sua resistenza
insuperabile, mi offre ( Come se non sapessi che sta già
speculando che io debba fare ritorno da lei per ritirare la semente
speciale che mi ha acquistato per l'uccellino superstite, onde eludere
ancora una volta di venirmi a trovare nella mia casa deserta). Anche questo per parte sua
congiura, come il rifiuto di scrivere ancora, al pari dell' Inappellabilmente incapace di
attrarre, di unirmi a chi voglia/o, - di emergere chissà mai quando in
futuro a valere alcunchè.
Il mio uccellino, dove mai Ogni volta che riapro il frigo e
ho l'anino di osservarlo, ciò che vi è del mio uccellino mi appare
sempre più sigillato nella morte, sotto sempre più invisibili cigli,
il suo cadaverino contratto in un' immobilità rigida sempre
più impenetrabile. 10 novembre 97 Ho capito 13 novembre Alla voce "muta", nel
consultare dopopranzo in sala insegnanti il fascicolo ultimo di quel
dizionario a dispense, ho avvertito la desolazione di intendere , con più
ancora sconforto, forse perchè era morto il mio adorato uccellino,
quando vi ho letto che la muta dipende dalla tiroide. Non è forse la disfunzione della
tiroide, mi sono ricordato, che può essere responsabile nell' uomo di
una famelicità vorace? E il mio esserino amatissimo non
entrava più in muta ed era affetto da una fame canina... Ma è tardi oramai per tutto, è
tardi, per tutto quanto sia altro che chiudere i conti e lasciare al più
presto. Quando tenendolo nella mano Quando tenendolo nella mano, lui
mi guardava solo per distogliersi e richiudere gli occhi stremati sotto
le ali, al mio uccellino oramai urgeva
solo di finire. E la mia disperazione, quando ho
avvertito l' irrimediabile sfinimento della sua incapacità al volo in
fondo alla gabbia, l'inesorabilità del suo dimagrimento nell' ossatura
a fior di pelle ridotta a carcassa, era nel serrare fra le sue piume una
sua già perduta vita. Nezami IL LIBRO DELLA FORTUNA DI
ALESSANDRO pg 253 16 novembre 97
Nihil Il vuoto- l'assenza di senso del
pieno. L'altezza- l' ergersi ad ottusità
del piano. L' illusione la profondità di
campo, l' enigma la sua nullità assoluta
( totale). Variante Per le mani discioltesi, rabbrividenti, ora svena ogni tuo spasimo fra le ritorte foglie che ti laminò
un artefice, la ferrea trama riforgiandoti di cancelli invano a schiudersi, ora che le stagioni si susseguono,
pur sempre, e delirio è ancora accoglierne il richiamo, tra i freddi palmiti verso dimore
d'ombra affetti e palpiti stillanti, a corpi e mani, se ripulluliamo, quale vano tormento a noi morti l'intrecciarci. 1992-1997 lettera a Magris Mantova, li 20 novembre 1997 Caro Magris, per la stima e l'affetto
intellettuale che Le porto, prima di consentirmi di inviarle qualche mia
pagina su dei miei eventi tragici, o traumatici, per i quali le sono
dolorosamente solidale nella perdita degli affetti più cari, credo sia
salutare che le comunichi quanto mi ha esacerbato il suo articolo che il
Corriere della Sera sventuratamente ha potuto titolare quale
un "elogio della copiatura", vulnerandomi nella
professione di insegnante cui devo di che vivo e la mia considerazione
sociale, visto che come scrittore sono e permango soltanto un' entità
virtuale post mortem. Lei vi asserisce, così come
purtroppo spira il vento odierno dello Spirito in circolazione sui
media, " che anzitutto copiare ( in primo luogo far copiare) è un
dovere, un' espressione di quella lealtà e di quella fraterna
solidarietà con chi condivide il nostro destino ( poco importa se per
un' ora o per una vita) che costituiscono un fondamento dell' etica
....". Il che mi sconcerta, detto da lei,
come se potesse essersi smemorato, per un abbuiamento incredibile, che
ciò che avvalora o degrada ogni rapporto di solidarietà e di amicizia
ne è la finalità, sicchè si è per lei tramutato in un bene, nell'
atto di copiare, anche aiutare un altro a mancare di crescere e di
verificare che vale eppure a farcela, eccome, per quell' appunto che non
vale e che non è per niente, a rischio e discapito degli altri di cui
si profitta, - a meno, così argomentando, di non fare epicamente
propria la visione filmica pur somma della vita di Sam Peckinpah o di
John Voo, per i quali l' amore e l'amicizia sono la sola differenza tra
la vita e la morte, e dunque in nome di amore ed amicizia tutto diventa
lecito contro gli altri, quegli stronzi figli di puttana, anche di
sterminarli tutti, pur in nome del branco o del mucchio selvaggio...
E come se non fosse anche in virtù
della copiatura come di ogni ssvaccamento scolastico cui l' ignavia
imperante tra tanti miei
colleghi è talmente acquiescente, che la scuola seguita a fungere da
palestra formativa dei futuri rapporti solidali di evasione e di
elusione di obblighi ed adempimenti, normativi o fiscali, tra
imprenditori ed assessori e commercialisti e truffaldini vari, a
promozione della ascesa sociale della categoria dei copiatori ai danni
ulteriori della categoria di coloro che ingenui lasciano copiare, nell'
impunità senza soluzione di continuità di tutti quanti hanno così
appreso a scuola, ed in famiglia, come poi nella vita seguitare ad
esercitare la parte anziché l' arte.
Ciò espettorato, quel che mi è
altresì spiaciuto di rinvenire nella rappresentazione in cui lei si è
attardato di che cosa sarebbero ancora la vita e le relazioni
scolastiche negli Istituti medi, è la presupposizione che come nella
scuola d' un tempo noi insegnanti possiamo ancora entrarvi in classe
come degli arbitri sul terreno di gioco, il cui parere sarebbe
insindacabile e costituirebbe verdetto con un solo colpo di fischietto,
o mediante l' estrazione inappellabile di un cartellino giallo o rosso. Per magnifica e giusta sorte degli
allievi piuttosto che di si attarda ancora ad essere retrogrado e
insegnante, nella correzione puntuale degli elaborati che ne sono
divenuti il telelavoro in nero, impagabile e impagato, che finisce per
vampirizzarne il tempo libero disponibile da settembre fino a giugno o
luglio inoltrato,- checchè ne dicano ed ottengano dalle nostre Camere
gli ordini professionisti che conservano l'abbinamento ancillare dell'
insegnamento a un secondo lavoro, poichè risulta sempre più
impossibile conseguire o accertare altrimenti il profitto scritto e
anche orale di classi sempre più numerose e tra un
Consiglio e un corso e l'altro, - nell' attendere nelle ore più
peregrine anche dei di di festa a tale rovinio cerebrale su cumuli di
compiti e conmpiti, non solo occorre che motiviamo o giustifichiamo per
iscritto ogni nostra correzione e reprensione, ma in caso di copiatura,
che dimostriamo l' inautenticità dell' elaborato che ci è pervenuto,
evidenziandone la fonte originaria e le trafile e i trapassi di mano in mano, in quanto, almeno qui in
Italia, anche il sorprendere un allievo intento nell' atto di copiare
non basta più ad invalidarne l' esito, perché ci si può venire a
chiedere come si possa dimostrare per parte nostra - lo ribadiscono
sentenze di appello- che l'
allievo in causa non poteva altrimenti senza quel concorso o soccorso
svolgere la prova, se non lasciandogli attingervi e suggere ben benino
fino in fondo. E dunque oltreché richiederci,
quali insegnanti, di dispensare le nostre energie migliori o residue per
districare negli inferni correttori domenicali e festivi matasse di
imbrogli, la copiatura rischia di aggiungere a noi miserabili insegnanti
il danno alle beffe se i genitori fanno ricorso, che pressocché
inesorabilmente , è mia viva esperienza, sono quelli degli alunni che
hanno copiato anziché di quelli che invischiandosi han dato invece da
copiare, coloro sapendo di averla comunque giuridicamente vinta. E non basta, se i figli persistono
e i genitori impugnano, chè allora per l'insegnante diventa un
ulteriore obbligo in perdita, e gratuito, doversi giustificare del
giudizio negativo inflitto anche a più di due svolgimenti negativi per
mano di diversi alunni e pressocché identici, di quanto magari dovrebbe
rappresentare una personale rielaborazione critica od analitica, data la
convenienza che hanno colleghi e presidi, di spontanea intesa, ad
attribuire il torto alla dabbenaggine dell' insegnante in causa
piuttosto che alla diseducazione sociale, già radicata negli allievi, ad affermarsi
civilmente per quel che si è dimostrato innanzitutto a se stessi di
valere, dato che tale remissione consente ai superiori di evitare
accertamenti noiosi, e riprove di riscontri, od ai colleghi la messa in
discussione degli esiti assodati nelle proprie materie. E' dunque (è) per le ragioni
stesse per le quali ho altamente apprezzato successivamente il suo
articolo "Leggi razziali, il tradimento dell' Accademia", in
cui in assenza di valori condivisi, lei denuncia il venir meno della sua
resistenza morale, di
fronte all' eventualità di essere chiamato a concorrere a un sopruso
quale quello dei professori che sedettero sulla cattedra degli
insegnanti ebrei discriminati dal regime fascista, non ho potuto tacerle
il vulnus che il suo articolo mi ha inflitto nella mia fatica sofferta
di insegnante. A quanto mi costa, di
disperazione, differire ancora l' intervallo tra me e la lettura e la
scrittura, quando poco è il tempo che sento che mi resta da vivere e
manco di nuovo di salvaguadarmi salvaguardando l' inedito, di nuovo mi
espongo a ogni rischio e catastrofe della mia precarietà sociale, per
destinarmi all' assillo di un' attività di correzione e accertamento e
revisione dei compiti, di cui anche lei mi ha accreditato la persuasione
che non sia altro che imbecillità da fottere e fottuta.
E il richiamo antecedente alla
barbarie delle leggi razziali non mi risulta solo occasionato, perché a mio giudizio è secondo solo a tali
discriminazioni lo scempio che si viene ora facendo della dignità della
funzione degli insegnanti e della trasmissione del sapere oramai
cosiddetto "cartaceo" nella scuola, nel delegare ad essa per
cortezza di ingegno, o di interessamento reale, l' incombenza di tutto
ciò che di umano e sociale fa repulsione affrontare,- che si tratti di
intolleranza o di tossicomania o di pedofilia, - intanto che si concorre
a disconoscere per legge all' insegnamento, mortificandolo, anche la
dignità usurante del lavoro operaio o ad esso equivalente, il che va
detto pur con tutta la simpatia e lo spirito di collaborazione che ho
con le commesse ed i commessi così salvaguardati previdenzialmente,
come possono attestare le tante e i tanti commessi cui predispongo
puntualmente gli spiccioli per aiutarle/i ad arrotondare i resti. Putroppo, sotto la coltrice, solo
nel nonuagenario Garin ho inteso una voce culturale autorevole e
consapevole di che si sta perpetrando.
In
tutta sincerità con cordialità d'affetti
O. Bergamaschi lettera a Magris. revisione Mantova, li 20 novembre 1997 Caro Magris, per la stima e l'affetto
intellettuale che Le porto, prima di consentirmi di inviarle qualche mia
pagina su dei miei eventi tragici, o comunque traumatici, per i quali le
sono dolorosamente solidale nella perdita degli affetti più cari, credo
sia salutare che le comunichi quanto mi ha esacerbato il suo articolo
che il Corriere della Sera sventuratamente ha potuto titolare quale
un "elogio della copiatura", vulnerandomi nella
professione di insegnante cui devo di che vivo e la mia considerazione
sociale, visto che come scrittore sono e permango soltanto un' entità
virtuale post mortem. Lei vi asserisce, così come
purtroppo spira il vento odierno dello Spirito in circolazione sui
media, " che anzitutto copiare ( in primo luogo far copiare) è un
dovere, un' espressione di quella lealtà e di quella fraterna
solidarietà con chi condivide il nostro destino ( poco importa se per
un' ora o per una vita) che costituiscono un fondamento dell' etica
....". Il che mi sconcerta, detto da lei,
come se lei potesse essersi smemorato, per un abbuiamento incredibile,
che ciò che avvalora o degrada ogni rapporto di solidarietà e di
amicizia ne è la finalità, sicchè si è per lei tramutato in un bene,
nell' atto di copiare, anche
aiutare un altro a mancare di crescere, e di verificare che vale, eppure
a farcela, eccome, a pervenire a diplomarsi per quell' appunto che non
vale e che non è per niente, in questo a rischio e discapito degli
altri di cui si profitta, - a meno, così argomentando, di non fare
epicamente propria la visione filmica pur somma della vita di Sam
Peckinpah o di John Voo, per i quali l' amore e l'amicizia sono la sola
differenza tra la vita e la morte, e dunque in nome di amore ed amicizia
tutto diventa lecito contro gli altri, quegli stronzi figli di puttana,
anche di sterminarli tutti, pur in nome del branco o del mucchio
selvaggio... E come se non fosse anche in virtù
della copiatura ( come di quanto svaccamento scolastico cui l' ignavia
imperante tra tanti miei
colleghi è talmente acquiescente), che la scuola seguita a fungere da
palestra formativa dei futuri rapporti solidali di evasione e di
elusione di obblighi ed adempimenti, normativi o fiscali, tra
imprenditori ed assessori e commercialisti e truffaldini vari,
promuovendo, ove uno mano non lavi l' altra e la solidarietà nel
sottrarsi all' accertamento non sia organizzata,
l'ascesa sociale della categoria dei copiatori ai danni ulteriori
della categoria di coloro che ingenui lasciano copiare, nell' impunità
senza soluzione di continuità di tutti quanti hanno così appreso a
scuola, ed in famiglia, come poi nella vita seguitare ad esercitare la
parte anziché l' arte. E' dunque (è) per le ragioni
stesse per le quali ho altamente apprezzato successivamente il suo
articolo "Leggi razziali, il tradimento dell' Accademia", in
cui in assenza di valori condivisi, lei denuncia il dubbio del venir
meno della sua resistenza morale,
di fronte all' eventualità di essere chiamato a concorrere ad un
sopruso quale quello dei professori che sedettero sulla cattedra degli
insegnanti ebrei discriminati dal regime fascista, non ho potuto tacerle
il vulnus che il suo articolo mi ha inflitto nella mia fatica sofferta
di insegnante. A quanto mi costa, di
disperazione, differire ancora l' intervallo tra me e la lettura e la
scrittura, quando così manco di nuovo di salvaguadarmi salvaguardando
l' inedito, di nuovo mi espongo a ogni rischio e catastrofe della mia
precarietà sociale, per destinarmi all' assillo di un' attività di
correzione e accertamento e revisione dei compiti, di cui anche lei mi
ha accreditato la persuasione che non sia altro che imbecillità da
fottere e fottuta. E il richiamo antecedente alla
barbarie delle leggi razziali non mi risulta solo occasionato, perché a mio giudizio è secondo solo a tali
discriminazioni lo scempio che si viene ora facendo della dignità della
funzione degli insegnanti e della trasmissione del sapere oramai
cosiddetto "cartaceo" nella scuola, nel delegare ad essa per
cortezza di ingegno, o di interessamento reale, l' incombenza di tutto
ciò che di umano e sociale fa repulsione affrontare,- che si tratti di
intolleranza o di tossicomania o di pedofilia, - intanto che si concorre
a disconoscere per legge all' insegnamento, mortificandolo, anche la
dignità usurante del lavoro operaio o ad esso equivalente, il che va
detto pur con tutta la simpatia e lo spirito di collaborazione che ho
con le commesse ed i commessi così salvaguardati previdenzialmente,
come possono attestare le tante e i tanti commessi cui predispongo
puntualmente gli spiccioli per aiutarle/i ad arrotondare i resti. Putroppo, sotto la coltrice, solo
nel nonuagenario Garin ho inteso una voce culturale autorevole e
consapevole di che si sta perpetrando.
In
tutta sincerità con cordialità d'affetti
O. Bergamaschi La scrittura E' quando la scrittura è il
relitto dell'aver tentato di essere assolutamente altro che la sola
scrittura, che si fa
espressione vitale. Nei turbini Leggendo "Il codice dell'
anima". Nei turbini che allentano la mente odi l'altro, allo schiarirsi, che ti sventa e canta dal ramo: " Sopporta, ancora, in questo
mondo che non vuoi più vivere, accudendo(vi) morti di cui non hai
più sentore,
tra le fitte di una resistenza nel divincolarti che ad/ muovi ancora, anche se l'uccellino che vi canta
non è più la sua anima, ed oltre la porta, ove il via vai
si affaccenda
non vi è più chi in lui padre e
cane fedele ti riappaia, a venirti a prendere per un pò di sollievo tra pareti
inospiti, più avventate a rischio, ove ti dà la desolazione attonita di doveri
e compiti, rimani ancora fin tanto, non perderti, non devi, (lasciare) che nella sordità
banale, nell' incapacità a protenderti, in te quel che preme ed urge, e si
dispera sia vanificato nella vanità di
tutto. Alla giace ancora in te disfatto
da seguitare e compiersi il tuo
lascito.
23- 25 novembre 1997 All' arrivo di mia madre Quando, come siamo usciti dalla
stazione ferroviaria, mia madre mi
ha chiesto di indicarle dove fosse nelle vicinanze una fioreria, per
acquistarvi un vaso di fiori da regalare alla signora che ha messo a
disposizione di entrambi il suo telefono durante l' agonia di mio padre,
vi ho colto l'occasione per rimediare a quanto poteva lasciarle
desumere, sconcertandola, il fatto di ritrovare un rametto fresco di
ginepro/ Me ne ero reso conto quando era
oramai troppo tardi per provvedervi, mentre in ritardo per essere
risalito a mettermi un giubbino che mi proteggesse dal freddo più di
quello che avevo indosso, stavo già avviandomi verso di lei alla
stazione ferroviaria. E lei, ora, all' uscita dalla
stazione e lungo il tratto di strada che percorrevamo per giungere alla
fermata dell'autobus, non faceva che trasmettermi i complimenti ed i
ringraziamenti che le avevano detto di rivolgermi, al telefono, i
parenti ai quali ho inviato la audiocassetta
dell' intervista a mio padre sulla storia di mio zio vincitore
del giro d' Italia, e sulla sua di ciclista e di partigiano. Di suo fratello, appassionato di
ciclismo, mi diceva ch' era sceso ad ascoltarla emozionato in auto nel
garage, non disponendo che del frontalino come radioregistratore/
sintolettore. E che andassi uno di questi giorni
a trovarla, mia zia che si era talmente commossa nel sentire parlare,
con tanta ammirazione, di mio zio Vasco ai suoi esordi e nei suoi
successi di campione, per la Eppure poco prima avrei potuto
acquistare l'uno o l'altra di quelle talee di conifera, a guisa di
cipressetto, ch' erano esposti in vendita presso il pullman di un
fiorista ambulante, ove avevo
indugiato a lungo senza decidermi, di rientro dal mio Istituto
scolastico dove avevo ordinato in mensa le pietanze da portare poi a
casa per il pranzo con mia madre. Ma nel negozio che è presso la
fermata dell' autobus poco oltre il mio condominio, non v'era alcuna
pianticina o ghirlandetta con la quale potessi onorare mio padre in
effigie. A mia madre ho dunque detto di
attendermi nel bar di fronte che fa angolo, ed in bicicletta ho fatto
ritorno al pullmann di quel fioraio ambulante. Non v'era nessuno, ora, ma
ugualmente ho atteso a lungo che l' uomo ritornasse da un caffè di
fronte, per acquistarne un rametto radicato che potessi tenere all'
interno a guisa di pianticina funeraria. Tuttavia non ho voluto, anche se
mi era possibile, ricorrere al sotterfugio di rientrare in appartamento
dal retro del condominio senza che mia madre se ne accorgesse, per
deporvi davanti all' immagine di mio padre la pianticina funeraria prima
che vi entrassi con lei, e lasciarle così credere che già da tempo ve
l'avessi posta a commemorarlo. L' ho invece raggiunta in quel
bar, senza dirle che cosa fosse ciò che avvolto in incartamenti avevo
appena comprato, * per disvelarglielo solo quando siamo stati in
soggiorno, e la pianticina l' ho sistemata di fronte alla fotografia di
mio padre. Ma ogni mio accorgimento è stato
un'inutile cautela, non occorreva in alcun modo che tentassi di celarle
che la perdita del mio uccellino, nella sua desolazione, ancora a distanza di un
mese era l'eclisse Dopo il nostro pranzo in economia,
è stato infatti solo poco prima che uscissimo per andare a spasso nella
mia bella città, quando non avremmo più fatto rientro insieme in
appartamento, che ho dovuto chiederle se volesse vedere la salma dell'
uccellino nel freezer, dato che fino ad allora non me ne aveva fatto
alcun cenno. Io ho profittato intanto della
necessità di scendere a riversare i rifiuti nel cassonetto, per non
assistere alle sue reazioni e non avere altro da dirle.
" Oh, poverino..." ha
detto con tanta dolcezza, " che belle che ha Per varie ore, nel pomeriggio
divenuto solatio, , ci eravamo protratti a passeggio nella città
antica, non più come un figlio e sua madre, ma come due amici che si
ritrovano attempati, inoltrandola per vicoli e recessi medievali che lei
ignorava, all' interno della basilica rinascimentale ad ammirarne E' avvenuto Nel frattempo l'uccellino
rimastomi mi si è fatto più caro, da che ha preso il coraggio ed il
piacere di accostarmisi sul posatoio quando mi siedo appresso alle
sbarre, accorrendovi felice di celebrare, in voli e voletti, la
confidenza e il bisogno che ripone ora in me. Ed è divenuto Bibì Ronaldinho,
da che il giocatore fenomeno, un minuto fa, ha assicurato la vittoria su
un campo difficile alla mia squadra beneamata. Di fuori, nella pioggia, se ne è
appena andata via una decina di passerottini, che ho richiamato in
frotta sul balcone con la semente sparsa, della quale a lungo si sono Ma che l' uno e l'altro degli
esseri che a me erano più cari non siano più, che altri uccellini che
lui stamane nel centro planassero in volo, che la portiera che s'apriva
davanti al cancelletto d'ingresso lasciasse scendere dalla vettura un
anziano che non poteva essere più mio padre, e della vittoria della
nostra squadra non possa più dividere con lui la contentezza, che
rimpianto che torna a scontentarmi di tutto, a insipidire 30 novembre 1997 In me è il disumano che abbisogna
dell' umano che è impossibile, a piangere/ che piange più la morte nel
mio uccellino di un angelo, che in mio padre quella di un uomo vero. 30 novembre 1997 Cfr. per questo J. Hillman "
Il codice dell' anima", pagine 76-77 E il mio angioletto defunto E il mio angioletto defunto/
morto, là in frigo, chè è più altro di diverso da ciò che mangio
ogni giorno?. L' antivigilia Domani andrò a Milano, presso mio
fratello, per riunirmi da lui con gli altri miei familiari rimasti per
il Per la prima volta senza Per non dimenticarmene all' atto
di partire, ho già irrorato la talea di pino che è di fronte all'
immagine di mio padre. Ho allora fissato Poverino, papà, non è passato
nemmeno (che) un anno da che eri ancor vivo, quando lo scorso Natale
reclinavi nel sonno all' ascolto delRigoletto sul radioregistratore che
ti avevamo regalato, e non
sopravvivi più nemmeno nell' affetto di tuo figlio ( e stenti a
sopravvivere anche nel solo affetto di tuo figlio). Mio padre la cui esistenza, tanto Ma da che Bibò ha cessato di
essere, Nè so più concludere E' bastato che la dinamo del
fanale si allentasse, per ritrovarmi in impasse anche ad uscire di sera
con la bicicletta. Senza più mio padre alle spalle,-
che per quanto gli voglia ancora bene non posso dimenticarmi che mi ha
improntato Ed è costernante la mia
definitiva impotenza Quanto a imprese librarie o
editoriali... Anche queste vacanze le ho
ipotecate piuttosto nei compiti che mi rimangono da correggere, E' gia tanto, che prima della fine
dell' anno riesca a inviare le copie di un mio racconto per il concorso
al quale sono stato invitato E intanto che così cerco e mi
illudo di mettermi in salvo, riacutizzo di schianto.
La mia salvezza da assicurarmi...
Natale 97 Natale 97 A Milano, presso mio fratello,
riunitomi da lui con gli altri miei familiari rimasti per il Abbiamo rinserrato i posti a
tavola, e non c' è stato più alcun vuoto da colmare. Ognuno di noi aveva la sua
espressione ridente, assumendo la benevolenza che non vuole contrariare
e contrariarsi, l' allegria che non intende riesumare infelicità e
rimpianti. Dopo che mi era stato perdonato il
ritardo che avevo fatto nel recarmi a vedere l'arca dei Magi in
Sant'Eustorgio, mi sono guardato allora accanto, ho volto gli occhi allo
spazio e agli scaffali Povero angelo, confinato in vita a
sorreggere in disparte, di cui seguitava la morte l' esclusione dai
vivi. Derelitto, dev'essersene svanito
via, com' era suo solito, appena s' è accostato a noi sulla soglia
senz'essere visto, ed ha capito che non era il caso di entrare a
scomodarci. Non c'era più niente al posto di
lui, in quegli istanti, nemmeno il vuoto che credeva di avere lasciato. Era come se riuniti insieme,
ricompostici, finalmente riuscissimo
e potessimo fare a meno anche di ricordarlo con pena, e così egli fosse
definitivamente morto, con i sensi di colpa ch' erano stati discacciati
dall' allegria, fra l'ilarità che non vuol saperne di che si deve ai
vivi ed ai morti. Era spontaneamente convenuto per
noi tutti di comportarci così, di non farne alcuna parola. Nè alcuno, come paventavo e
speravo, si è riferito o ha fatto cenno al mio canarino defunto, per
quanto l'insinuarsi dei gatti di mio fratello e del suo amico finanche
sulla tavola a pranzo e insieme con noi che conversavamo su divani e
poltrone, riesumassero la mia mancanza di lui. ( " Ha adesso cinque anni la
mia micia- serrandola a sé, ha detto di lei ieri sera mio fratello dopo
la cena della vigilia, - ed è come se fossero trentacinque dei nostri.
Possiamo restare insieme ancora un decennio...- così soggiungendo per
conciliarsi con l'angoscia di perderla. Anch'io - ho solo pensato-, mi
confortavo che Bibò avrebbe raggiunto almeno sette anni di vita. Ed ora
me ne attende al rientro solo quello che ne resta congelato nel
freezer." All' atto di partire, con sollievo
di mio fratello e del suo amico, mia sorella si è portata via
volentieri la pianta della stella di natale che tenevano in casa, perchè
i due gatti ne avevano mangiato le foglie e si erano già sentiti male
vomitando.
Solo quando già si profilava la
Stazione centrale, mio fratello che mi ci ha condotto E' stato nel chiedermi come
provvedere al Capodanno di mia madre. " Del resto, ha detto, era
abituata a Avrei potuto andarla io a trovare.
Ma come fare, mi sono tenuto di
dentro, la mattina del primo gennaio c'erano da videoregistrare "
Close up", "Bashu, il piccolo straniero", il Concerto da Vienna diretto da Zubin Metha ... Come all' altro Capodanno, e all'
altro ancora,... (e) allora i compiti ancora da correggere, e il
maltempo, e la neve, Intanto mio padre è morto, mia
madre è più sola che mai, ed io non ho cambiato determinazione e
atteggiamento. E non ho capito, di nuovo, perchè
mia madre mi ha chiesto di risalire da lei, se volevo che mi rovesciasse
il collo liso della camicia che per questo ho portato appresso a Milano. Avrebbe potuto venire lei da me,
allora, ho proposto a mio fratello,( pur) sapendo, così esponendomi,
quanto sia difficile che si dia la cosa.
Intanto all' avviarmi al treno,
nello scompartimento, al
prendervi posto e sistemarmicisi, già mi viene turbando Nel porgergli Potevo almeno dirgli che mi
dispiace, è l'ulteriore
mio rimpianto nel rimpianto, per avergli solo chiesto quando sarebbe
partito. " Posdomani", mi ha Molto più presto di quanto si
creda, (compiendosi) accadendo la perdita dei vivi come dei morti. Ma è bastato che egli così mi
abbia lasciato, dopo che tutto il pomeriggio, senza dirci una parola, ha
prediletto di sedermisi accanto, perchè ora, al rientro, almeno io sia
meno morto in una La difficoltà difensiva La difficoltà di difendere la
dignità sociale della mia esistenza, se trae per me legittimità e
valore dalla sola mia virtù di scrivere ignota agli altri, e se, e
soltanto se, mi si riconferma nella dispersione di ogni giorno.
Assento ai Na Del mio assenso con l'etica
normativa dei Na di Cina, che disconoscono il matrimonio e la famiglia
patrilineare, in ragione della relatività assoluta delle affezioni
pulsionali. " Ciò che un giorno si
desidera disperatamente può lasciare indifferenti anche dopo poche ore.
La natura umana è così, noi la assecondiamo". Il disumano In me è il disumano che abbisogna
dell' umano che è impossibile, a piangere/ che piange più la morte nel
mio uccellino di un angelo, che in mio padre quella di un uomo vero. 30 novembre 1997 Cfr. " Il codice dell'
anima", pagine 76-77 Stesure antecedenti L' insostenibile giorno- Prima
stesura 16 0ttobre 1997: oggi è avvenuto
e sono qui a esprimere il mio sopravvivere allo schianto di ciò che
ancora domnenica, quando lo ritenevo un evento fugato, o rinviato nel
tempo, mi era l' insostenibile che mi rendeva cara la morte , per
imminenente che fosse, se il suo sopraggiungere mi avesse evitato di
assistere a quanto oggi è stato: è morto ch' erano le due del
pomertiggio il mio Bibo, il piccolo sole della mia vita, il mio
angiolino che mi era la grazia e il conforto e l' incanto superstite nel
suo canto, il piccolo compagno della mia solitudine la cui adorazione
trepidante e timorosa della sua piccolezza animale, eppure mi sanava le
lacrime e il dolore infertomi dalla brutalità dei simili, nel vegliarlo
o adorarlo o accudirlo nella sua innocenza volatlie. Ora il suo corpicino stecchito sta
a irrigidirsi nel congelatore, ove l' ho riposto in un
sacchetto di cellophane, in attesa di trovare un imbalsamatore
che lo preservi perchè al più presto sia sepolto con me. Quando sono rientrato dalla casa
dell' allevatore in cui mi è spirato nella mano, chiudendo gli occhi e
reclinando il capino in un altro suo sonno ch'era per lui l' ultimo e
definitivo, accorsovi con l'autobus quando dopo lo scuola l' ho
ritrovato al fondo della gabbia senza più forze e alcuna voglia di
alcun cibo, disgustato di ogni mia teatralità scenica che intendesse
confidarsi nel mio dolore ai miei simili, come avevo infinite volte
anticipato con angoscia e volutta, senza più vita e reattività di
difesa, che lo sottraesse ora al mio solo possesso della sua
irrimediabile perdita, eccolo ora al mio fianco, sul mio letto, il mio
sposino- uccellino che piangevo a dirotto, e baciavo e strabaciavo, nel
suo corpicino di piume odoroso oltre la morte del più soave profumo. Poi lo strazio del risolversi di
ogni mio interrogarmi sulle ragioni della sua morte, sulla certezza
colpevole che è morto a soli tre anni di vita, il più luminoso e bello
degli uccellini del mondo, perchè io sono stato
sono il suo padrone, perchè è finito ed è stato affidato nelle mie
mani incapaci. O principino brinato nelle piume e
nel tuo cadavere di ogni vano regno terreno: avessi io solo un briciolo
in fede in altro che nel conforto di annientarmi come te, di finire
nello schifo della decomposizione di quanto mi è stato più caro, di
non essere più niente come te, come mio padre, per poterti intonare
stasera come al più nobile dei principi caduti: " Buonanotte, / dolce
uccellino, e possa un volo d'angeli/ condurti altrove al tuo
riposo!" Ahimè, dopo i versi che non
voglio, non riesco ad intendere, che anche nella caduta del passero,
presumono vi sia una provvidenza particolare. O forse l' atrocità maggiore è
che non mi sono spezzato, ho sostenuto, che sono state (fin)anche troppo
conto. Per quel che è la vita che
seguita, in cui si rimane coinvolti Tanto non credevo affatto che
fosse prossimo a morire, quando la settimana scorsa era ritornato al
canto, benchè ieri mi avesse lasciato esterefatto che non facesse altro
che sonnecchiare e cibarsi sempre di meno, - ma era già successo una
diecina di giorni or sono e si era ripreso-, che per grattugiargli
meglio le carote ieri sera ho acquistato un nuovo trituratore di
ortaggi, che poi non sono stato capace di maneggiare al rientro da
scuola, come ho cercato sgomento di rimediare un ultima pietanza che
resuscitasse l'appetito al mio uccellino, riponendola insieme al
pastoncino all' uovo nel posatoio sul quale invano l'ho appoggiato, l'
animaletto langue, sempre più disperato invano ricollocandolo con il
cibo nel fondo della gabbia da cui non riusciva più a spiccare al volo,
senza che riuscissi più a connettere che a stento, dopo che presolo in
mano senza più alcuna sua resistenza capace, ho sentito la sua morte,
nello sterno che con la sua ossatura al tatto era lì ancora a fior di
pelle, nonostante tutto quanto vorace l'uccellino per mesi e mesi aveva
mangiato di quanto gli predisponevo. Se il sentire, l'amare e l'adorare
ha un senso, se ha un senso cui serbarmi fedele che Resta solo da iniziare a scalare.
Ora Venerdì 17 ottobre Quali e quante offese e
privazioni, ho potuto reggere in virtù soltanto del suo canto e della
sua grazia. Tre soli anni, tre soli anni di
vita, gli hanno concesso le mie cure. Poverino l'amorino mio. Il velo di tulle che riponevo
stamane intorno alla sua gabbia, il velo di nozze tra me e lui, caro il
mio sposino segreto. Che felicità oramai non ho più
che da rimpiangere, perduta per sempre senza più lui, in un
interminabile rovinio davanti. Oh, potessero essere insieme
ancora viventi, mi sconfortavo in classe,
quei luminosi occhi di allievo che (in classe) mi guardavano
confidenti Sabato 18 ottobre. Eppure è come se fosse ancora
presso di me, nella cella frigorifera dove la sua piccola salma giace
remota nel gelo, dentro il cestellino di plastica involtato di
alluminio, in cui l'ho riposto ben preservato dal sacchettino di
cellophane, cercando di supporvelo Da oggi smaltirò in settimana
tutti i surgelati che ancora vi tengo riposti, perchè il freezer al più
presto divenga per sempre la sua sola bara incontaminata. E terrò la sua gabbia accanto al
letto, come lui l'ha lasciata in agonia, coperta dal telo e dal velo
abituale sino alle mangiatoie, per preservarmi illuso che lui o la sua
anima vi volitino dentro, egli vi stacchi all' improvviso un suo
saltarellino sortendo dal sonno, si ridesti e spicchi quel " Adesso, basta che io apra
il frigo per andare in cimitero..." dicendomelo, sono scoppiato a
ridere e a piangere al rientro con la spesa. Poi l' ho riguardato, nel
congelatore, il suo cadaverino sempre più rigido, sempre più inoltrato
nel gelo e nella morte. Eccola la mia nuova linea di
resistenza, mi sono detto, il
nuovo attestarsi e l' appiglio di disperazione e speranza, nel timore di
avvertire odori di decomposizione. Martedì 21 ottobre. " Non vi è niente per cui
valga la pena di morire". Yehoshua, Ritorno dall' India,
428. Io sono rimasto vedovo del mio
uccellino, come mia madre lo è rimasta di mio padre. Le mani ed il grembo morti, che
disperano di non potere più assicurare ad altri che la morte. E la mia casa mi è divenuta come
a lei la sua, un vuoto inconsolabile dove si è impietrito anche il
silenzio. Perdurando il dovere un
affaticamento stanco. In classe, è perchè la mia
reazione sarebbe pervenuta da un sentimento opposto troppo distante, o
per dispetto oramai di ogni sorta di vita animale che sopravviva e che
non sia la sua, che ieri non ho inveito contro l'allieva che esibiva le
mosche catturate in un tubetto di plastica, o che ho lasciato che un allievo nel liberare la cimice dal suo astuccio in cui era
finita, potesse forse farne uno scempio fuori dell' aula. Non vi è più per me altro essere
che un individuo umano ch'è impossibile, che possa
prendere il suo posto di uccellino. Con la pena, senza più lacrime Talmente mi incrudeliva il
risentimento dell'abbandono a me stesso, nella mia rifiutata sofferenza,
da parte tutti quanti di loro congiunti. Con questo supplemento di
tormento, " Se ne è andata con suo
marito nella terra dei
morti". ( Ritorno dall' India, pagina
444). Ancora fine ottobre - primi di novembre
97 Oh, l'intima essenza che vuole
sopravvivere a ciò che abbiamo amato e più non finisce di decomporsi,
e non può non andare oltre ciò che le era Mio uccellino, che il rimpianto
della tua perduta meraviglia, sia
(il guasto) l'infelicitazione dolente
di ogni mia pretesa di felicità futura. Il relitto, che non voglio
suffragare, del conforto dell' integrità superstite della mia
condizione di esistenza, che
voglio piuttosto smentire, infelicitandomi, al pensiero di loro che non
ci sono più, che non sono
più niente della vita generale. La malinconia e l' angoscia
perenne, nell' amarvi ancor vivi in presenza della morte che si è
avverata, di cui la mia vita è l'avveramento che sopravvive, in forza
di un' anestesia che è la necrosi del vostro vivo ricordo, la recisione
che la mia vitaltà perpetra per seguitare avanti. (" Nostalgia? Come poteva
provare nostalgia dal momento che lui era lì, di fronte a lei? Come si
può soffrire per l'assenza di chi è presente? ( Jean- Marc saprebbe
come rispondere: si può soffrire di nostalgia in presenza dell' amato
se si intravede un futuro in cui l'amato non c'è più- se la morte
dell' amato è, per quanto invisibile, già presente? Milan Kundera,
L'identità, pag. 48) " Solo lei, e nessun altro,
riesce a scuoterlo dalla sua indifferenza. E solo attraverso di lei è
capace di provare compassione. ... : e se gli capitasse di perdere
quell' unico essere che lo lega al resto dell' umanità?... Se Chantal è un simulacro,
l'intera esistenza di Jean marc è un simulacro." ibidem, pagg.98,
113). lettera a Magris Mantova, li 20 novembre 1997 Caro Magris, per la stima e l'affetto
intellettuale che Le porto, prima di consentirmi di inviarle qualche mia
pagina su dei miei eventi tragici o traumatici per i quali le sono
dolorosamente solidale nella perdita degli affetti più cari, credo sia
salutare che le comunichi quanto mi ha esacerbato il suo articolo
titolato dal Corriere della Sera sventuratamente quale "elogio
della copiatura", vulnerandomi sensibilmente nella professione di
insegnante cui devo di che vivo e la mia considerazione sociale, visto
che come scrittore sono e permango soltanto un' entità virtuale post
mortem. Ciò che mi è spiaciuto
rinvenirvi è innnanzitutto la rappresentazione, in cui si è attardato,
di che cosa sarebbero ancora la vita e le relazioni scolastiche nella
scuola media superiore ed inferiore, quasi che noi insegnanti come nella scuola d' un tempo che per fortuna è viva ancora
soltanto nella nostra memoria, potessimo ancora entrarvi in classe come
degli arbitri sul terreno di gioco, il cui parere sarebbe insindicabile
e farebbe sentenza con un solo colpo di fischietto, o l' estrazione di
un cartellino giallo o rosso. Non solo occorre che motiviamo o
giustifichiamo per iscritto ogni nostra correzione e reprensione, ma in
caso di copiatura, che dimostriamo l' inautenticità dell' elaborato che
ci è pervenuto, evidenziandone la fonte originaria e le trafile e i trapassi di mano, in quanto, almeno in Italia, anche il
sorprendere un allievo intento nell' atto di copiare non basta più ad
invalidarne la prova, perchè ci si viene a chiedere, come si può
dimostrare per parte nostra - lo dicono sentenze di appello- se non all'
allievo in causa lasciandogli attingere fino in fondo, che E dunque oltrechè richiederci di
dispensare le nostre energie migliori o residue per distrigare negli
inferni correttori domenicali e festivi matasse di imbrogli, la
copiatura rischia di aggiungere a noi insegnanti il danno alle beffe se
i genitori fanno ricorso, che pressocchè inesorabilmente quelli degli
alunni che hanno copiato anzichè di quelli che invischiandosi han dato
invece da copiare, coloro sapendo di averla comunque giuridicamente
vinta, e che diventa un ulteriore obbligo in perdita e gratuito, per l'
insegnante, doversi giustificare del voto negativo inflitto anche a due
prove pressocchè identiche, magari un tema personale o un testo di
rielaborazione critica o analitica, data la convenienza che hanno i
colleghi e presidi, perchè richiede di eludere accertamenti e riprove
di riscontri, di attribuire il torto alla dabbenaggine dell' insegnante
in causa piuttosto che alla diseducazione sociale inseminata negli
allievi, ad affermarsi per quel che si è dimostrato innanzitutto a se
stessi di valere. E questo, solo del lato che mi
offende di misconoscimento della realtà della scuola del suo
intervento, che c' è altro ancora di più deprimente e sconfortante nel
suo scritto. Lei parla, così come purtroppo
spira il vento odierno dello Spirito, in circolazione sui media, di
"...." Il che è sconcertante, detto da
lei, come se potesse essersi smemorato che ciò che E come se non fosse anche in
questo, appunto, che la scuola E l'analogia non è gratuita,
poichè può bastare , nel poco tempo usufruibile a chi di noi è
insegnante, anche che si
falsifichino e raggirino gli esiti di una sola verifica concessaci,
perchè con una nuova classe sia
ad esempio eluso ed evaso l' intento, senza più possibilità E dunque (è) per le ragioni
stesse per le quali ho altamente apprezzato successivamente l'articolo
in cui , in assenza di valori condivisi, lei denuncia il venir meno
della sua vigoria morale, di fronte all' eventualità di essere chiamato
a concorrere a un sopruso quale quello dei professori che sedettero
sulla cattedra degli insegnanti ebrei discriminati dal regime fascista,
(che) non ho potuto tacerle il vulnus che il suo articolo mi ha inflitto
nella mia fatica sofferta di insegnante. A quanto mi costa , di
disperazione, differire ancora l' intervallo tra me e la lettura e la
scrittura, E il richiamo antecedente alla
barbarie delle leggi razziali non mi risulta solo occasionato, perchè a mio giudizio è secondo solo a tali
discriminazioni lo scempio che si viene ora facendo della dignità della
funzione degli insegnanti e della trasmissione del sapere oramai
cosiddetto cartaceo nella scuola, Putroppo, sotto la coltrice, solo
nel nonuagenario Garin ho inteso una voce culturale consapevole di che
si sta perpetrando.
lettera a Magris Mantova, li 20 novembre 1997 Caro Magris, per la stima e l'affetto
intellettuale che Le porto, prima di consentirmi di inviarle qualche mia
pagina su dei miei eventi tragici, o traumatici, per i quali le sono
dolorosamente solidale nella perdita degli affetti più cari, credo sia
salutare che le comunichi quanto mi ha esacerbato il suo articolo
titolato dal Corriere della Sera sventuratamente quale "elogio
della copiatura", vulnerandomi sensibilmente nella professione di
insegnante cui devo di che vivo e la mia considerazione sociale, visto
che come scrittore sono e permango soltanto un' entità virtuale post
mortem. Ciò che mi è spiaciuto
rinvenirvi è innanzitutto la rappresentazione, in cui si è attardato,
di che cosa sarebbero ancora la vita e le relazioni scolastiche nella
scuola media superiore ed inferiore, quasi che noi insegnanti come nella scuola d' un tempo che per fortuna è viva ancora
soltanto nella nostra memoria comune, potessimo ancora entrarvi in
classe come degli arbitri sul terreno di gioco, il cui parere sarebbe
insindacabile e farebbe sentenza con un solo colpo di fischietto, o con
l' estrazione inappellabile di un cartellino giallo o rosso. Per quanto attiene agli elaborati,
che sono divenuti il telelavoro in nero, impagabile e impagato, che
finisce per vampirizzare il nostro tempo libero disponibile da settembre
fino a giugno o luglio inoltrato, poichè risulta sempre più
impossibile accertare altrimenti il profitto anche orale di classi
sempre più numerose e tra un Consiglio
e un corso e l'altro, - non solo occorre che invece motiviamo o
giustifichiamo per iscritto ogni nostra correzione e reprensione, ma in
caso di copiatura, che dimostriamo l' inautenticità dell' elaborato che
ci è pervenuto, evidenziandone la fonte originaria e le trafile
e i trapassi di mano, in quanto, almeno in Italia, anche il
sorprendere un allievo intento nell' atto di copiare non basta più ad
invalidarne l' esito, perché ci si può venire a chiedere come si possa
dimostrare per parte nostra - lo dicono sentenze di appello-
che l' allievo in causa
non poteva altrimenti senza quel concorso o soccorso svolgere la prova,
se non lasciandogli attingervi fino in fondo. E dunque oltreché richiederci,
quali insegnanti, di dispensare le nostre energie migliori o residue per
districare negli inferni correttori domenicali e festivi matasse di
imbrogli, la copiatura rischia di aggiungere a noi insegnanti il danno
alle beffe se i genitori fanno ricorso, che pressocché inesorabilmente
sono quelli degli alunni che hanno copiato anziché di quelli che
invischiandosi han dato invece da copiare, coloro sapendo di averla
comunque giuridicamente vinta, e che diventa un ulteriore obbligo in
perdita e gratuito, per l' insegnante, doversi giustificare del voto
negativo inflitto anche a due o più prove di diversi alunni pressocché
identiche, che magari dovrebbero rappresentare uno svolgimento personale
o di rielaborazione critica od analitica, data la convenienza che hanno
i colleghi e presidi, perché richiede di eludere accertamenti e riprove
di riscontri, di attribuire il torto alla dabbenaggine dell' insegnante
in causa piuttosto che alla diseducazione sociale, inseminata negli
allievi, ad affermarsi per quel che si è dimostrato innanzitutto a se
stessi di valere. E questo, solo nell' attenermi a
quanto è il misconoscimento della realtà della scuola del suo
intervento, che c' è altro ancora di più deprimente e sconfortante nel
suo scritto. Lei asserisce, così come
purtroppo spira il vento odierno dello Spirito, in circolazione sui
media, " che anzitutto copiare ( in primo luogo far copiare) è un
dovere, un' espressione di quella lealtà e di quella fraterna
solidarietà con chi condivide il nostro destino ( poco importa se per
un' ora o per una vita) che costituiscono un fondamento dell' etica
....". Il che è sconcertante, detto da
lei, come se potesse essersi smemorato che ciò che avvalora o degrada
ogni rapporto di intesa e di amicizia ne è la finalità, e quasi che
fosse un bene mancare di crescere e farcela, e avere successo, a rischio
e discapito degli altri di cui si profitta, a meno di non fare propria
la visione filmica pur somma della vita di Sam Peckinpah o di John Voo,
per i quali l' amore e l'amicizia sono la sola differenza tra la vita e
la morte, e dunque in nome di amore ed amicizia tutto diventa lecito
contro gli altri, quegli stronzi figli di puttana, anche di sterminarli
tutti, pur in nome del branco o del mucchio selvaggio...
E come se non fosse anche in
questo, appunto, che la scuola seguita a fungere da palestra formativa
dei futuri rapporti solidali di evasione e di elusione di obblighi ed
adempimenti, tra imprenditori e assessori e commercialisti e truffaldini
vari, a consacrazione, magari, della ascesa sociale della categoria dei
coopiatori ai danni ulteriori della categoria di coloro che lasciano
copiare, di chi sa l'arte anziché la parte. E l'analogia non è gratuita,
poiché può bastare , nel poco tempo usufruibile a chi di noi è
insegnante, anche che si
falsifichino e raggirino gli esiti di una sola verifica concessaci,
perché con una nuova classe sia ad esempio eluso ed evaso l' intento,
senza più possibilità di recupero,
che gli alunni leggano e parafrasino qualche pagina dal vivo di
Leopardi anziché riprendere qualche commentucolo sottobanco come di
consuetudine. E dunque (è) per le ragioni
stesse per le quali ho altamente apprezzato successivamente l'articolo
Leggi razziali, il tradimento dell' Accademia, in cui in assenza di
valori condivisi, lei denuncia il venir meno della sua vigoria morale,
di fronte all' eventualità di essere chiamato a concorrere a un sopruso
quale quello dei professori che sedettero sulla cattedra degli
insegnanti ebrei discriminati dal regime fascista, non ho potuto tacerle
il vulnus che il suo articolo mi ha inflitto nella mia fatica sofferta
di insegnante. A quanto mi costa, di
disperazione, differire ancora l' intervallo tra me e la lettura e la
scrittura, quando poco è il tempo che sento che mi resta da vivere e
manco di nuovo di salvaguadarmi salvaguardando l' inedito, di nuovo mi
espongo a ogni rischio e catastrofe della mia precarietà sociale, per
destinarmi all' assillo di un' attività di correzione e accertamento e
revisione dei compiti, di cui anche lei mi ha accreditato la persuasione
che non sia altro che imbecillità da fottere e fottuta.
E il richiamo antecedente alla
barbarie delle leggi razziali non mi risulta solo occasionato, perché a mio giudizio è secondo solo a tali
discriminazioni lo scempio che si viene ora facendo della dignità della
funzione degli insegnanti e della trasmissione del sapere oramai
cosiddetto "cartaceo" nella scuola, nel delegare ad essa per
cortezza di ingegno, o di interessamento reale, l' incombenza di tutto
ciò che di umano e sociale fa repulsione affrontare,- che si tratti di
intolleranza o di tossicomania o di pedofilia, - intanto che si concorre
a disconoscere per legge all' insegnamento, mortificandolo, anche la
dignità usurante del lavoro operaio o ad esso equivalente, il che va
detto pur con tutta la simpatia e lo spirito di collaborazione che ho
con le commesse ed i commessi così salvaguardati previdenzialmente,
come possono attestare le tante e i tanti commessi cui predispongo
puntualmente gli spiccioli per aiutarle/i ad arrotondare i resti. Putroppo, sotto la coltrice, solo
nel nonuagenario Garin ho inteso una voce culturale consapevole di che
si sta perpetrando.
Con cordialità d'affetti
O. Bergamaschi Nei turbini Nei turbini che allentano la
mente/ che la mente allentano odi l'altro, che ti sventa e canta
dal ramo: " Sopporta, ancora, in questo
mondo che non vuoi più vivere, (che non vivi più ) (non fosse / non fossero le / per
le fitte di una resistenza atroce,) accudendo morti di cui non ha più
sensazione/ sentore, cui sei nel torto di sopravvivere tra le fitte di una desistenza nel divincolarti che non trova
spazi/ varchi che l' impressione d'affetti che
tradisci ancora,
muovi, ancora, tra i rami e l'aria
di un cielo aperto anche se l'uccellino che vi canta
non è più la sua anima, ed oltre la porta, ove il via vai
si affaccenda non vi è più chi in lui a prenderti a/
per un pò di sollievo tra pareti
inospiti, più vertiginose a rischio, ove ti da da vivere e toglie
sempre più respiro la desolazione attonita di doveri
e compiti, rimani ancora fin tanto, non perderti, non devi, che nella sordità banale, nell'
incapacità a protenderti, in te quel che preme ed urge, si
dispera sia vanificato nella vanità di
tutto. Nella riassunzione giace ancora disfatto
da seguitare e compiersi il tuo
lascito.
23 novembre 1997 All' arrivo di mia madre Quando, dopo ch' è arrivata alla
stazione, mia madre mi ha chiesto di indicarle dove fosse nelle vicinanze
una fioreria /fioristeria, per acquistarvi un vaso di fiori da regalare
alla signora che ha messo a disposizione di entrambi il suo telefono
durante l' agonia di mio padre, vi ho colto l'occasione per rimediare a
quanto poteva lasciarle desumere, sconcertandola, il fatto di ritrovare un
rametto fresco di cipresso presso il mio canarino morto nel freezer,
laddove di fonte all' immagine di
mio padre che tengo esposta su di un boxer della libreria, non v' era
alcun fiore commemorativo che un mazzolino secco di riporto. Me ne ero reso conto quando era
oramai troppo tardi per provvedervi, mentre in ritardo per essere risalito
a mettermi un giubbino che mi proteggesse dal freddo più di quello che
avevo indosso, stavo già avviandomi a prenderla E lei, ora, all' uscita dalla
stazione e lungo il tratto di strada che percorrevamo per giungere alla
fermata dell'autobus, non faceva che trasmettermi i complimenti e i
ringraziamenti che le avevano detto di rivolgermi, al telefono, i parenti
ai quali ho inviato la audiocassetta
dell' intervista a mio padre sulla storia di mio zio vincitore del
giro d' Italia, e sulla sua di ciclista e di partigiano. Suo fratello appassionato di
ciclismo, mi diceva, era sceso ad ascoltarla emozionato in auto nel
garage, non disponendo che del frontalino come radioregistratore. E che andassi uno di questi giorni
a trovarla, mia zia che si era talmente commossa nel sentire parlare, con
tanta ammirazione, di mio zio Vasco ai suoi esordi e nei suoi successi di
campione, per la Eppure poco prima avrei potuto
acquistare l'uno o l'altro di quei rametti di conifera, a guisa di
cipressetto, ch' erano esposti in vendita presso il pullman di un fiorista
ambulante, ove avevo
indugiato a lungo senza decidermi, di rientro dal mio Istituto scolastico
dove avevo ordinato in mensa le pietanze da portare poi a casa per il
pranzo con mia madre. Ma nel negozio che è presso la
fermata dell' autobus poco oltre il mio condominio, non v'era alcuna
pianticina o ghirlandetta che potesse fungere a onorare mio padre . A mia madre ho dunque detto di
attendermi nel bar di fronte che fa angolo, ed in bici ho fatto ritorno al
pullmann di quel fioraio ambulante.
Tuttavia non ho voluto, anche se
mi era possibile, ricorrere al sotterfugio di rientrare in appartamento
dal retro del condominio senza che mia madre se ne accorgesse,
profittandone per deporvi davanti all' immagine di mio padre la pianticina
funeraria prima che vi entrassi con lei L' ho raggiunta infreddolito in
quel bar, senza disvelarle che cosa fosse ciò che avvolto in incartamenti
avevo appena comprato, * per lasciarglielo Ma ogni mio accorgimento è stato Dopo il nostro pranzo in economia,
è stato infatti solo poco prima che uscissimo per andare a spasso nella
mia bella città, quando non avremmo più fatto rientro insieme in
appartamento, che ho dovuto chiederle se volesse vedere la salma dell'
uccellino nel freezer, dato che fino ad allora non me ne aveva fatto alcun
cenno. Io ho profittato intanto della
necessità di scendere a riversare i rifiuti nel cassonetto, per non
assistere alle sue reazioni e non avere altro da dirle.
" Oh, poverino..." ha
detto con tanta dolcezza, " che belle che ha Per varie ore, nel pomeriggio
divenuto solatio, , ci eravamo protratti a passeggio nella città antica,
non più come un figlio e sua madre, ma come due amici che si ritrovano
attempati, inoltrandola per vicoli e recessi medievali che lei ignorava,
all' interno della basilica rinascimentale ad ammirarne E' avvenuto Nel frattempo l'uccellino
rimastomi mi si è fatto più caro, da che ha preso il coraggio ed il
piacere di a/ccostarmisi sul posatoio quando mi siedo appresso alle
sbarre, accorrendovi felice di celebrare, in voli e voletti, la confidenza
e il bisogno che ripone ora in me. Ed è divenuto Bibì Ronaldinho,
da che il giocatore fenomeno, un minuto fa, ha assicurato la vittoria su
un campo difficile alla mia squadra beneamata. Di fuori, nella pioggia, se ne è
appena andata via una decina di passerottini, che ho richiamato in frotta
sul balcone con la semente sparsa, della quale a lungo si sono Ma che l' uno e l'altro degli
esseri che a me erano più cari (dei due) non siano più, che altri
uccellini che lui nel centro stamane planassero in volo, che la portiera
che s'apriva davanti al cancelletto d'ingresso lasciasse scendere dalla
vettura un anziano che non poteva essere più mio padre, e della vittoria
della nostra squadra non possa più dividere con lui la contentezza, che
rimpianto che torna a scontentarmi di tutto, a insipidire 30 novembre 1997 In me è il disumano che abbisogna
dell' umano che è impossibile, a piangere/ che piange più la morte nel
mio uccellino di un angelo, che in mio padre quella di un uomo vero. 30 settembre 1997 Cfr. " Il codice dell'
anima", pagine 76-77 [1]
" Tappati in casa, in questi giorni, gli ho detto, che nei tuoi
paraggi tra villa Isabella e villa Rosenfeldt, verrà aggirandosi uno
zombie ..."?".... "Sono io che verrò a
visitarle..."
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