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Lei, su in alto Lei, su in alto, nell' incanto delle sue bianche piume, intanto che lui giù al fondo nella pastura che lo/ vi ci Non ti sia gelido Non ti sia gelido, caro, il gelo che ti brina a me preservarti. Lo stesso conforto Lo stesso conforto, che in un
sorso di vino,
l' attesa di liberarti alla vita
ti conforta, che un giorno, saranno a liberare E torna E torna in sogno beccheggiando: " Nel tuo amore tu mi lasciasti deperire ah, maledetto!
me poverino... che (oh)
poverino...". Non canto Non canto, non musica, non voci, dove cessata è la sua allegria di
voli, non il conforto di pianto nella trafittura che a ogni
respiro ti è l' imperdonabile. (nella trafittura
ad ogni respiro dell' imperdonabile.) L' evanescenza che disincarnano le
rose L' evanescenza che disincarnano le rose, la decapitazione[1]
che tu spasimi tanto, ne spasimi tanto che ne hai
respiro, nel gusto sapido che sopravanza, all' affollarti che ti fa demente. L' evanescenza che disincarnano le
rose L' evanescenza che (ti) disincarnano le rose, la decapitazione di che tu spasimi
tanto,
al/nel gusto sapido che sopravanza all' affollarti che ti fa demente Alla cessazione Alla cessazione del suo battito di
piume, con il compiersi dello strazio che in lui ne facesti è la morte della grazia, per tua colpa, che in te sopravvive quale che sia
l'istante. ne facesti : strazio della grazia. Alla cessazione Alla cessazione del suo battito di
piume con il compiersi dello strazio che in lui ne facesti è la morte della grazia, che per
tua colpa,
Che spasimo, le fiamme Che spasimo, miei uccellini morti, ad ardermi in sogno con gli esserini vostri. var: con i cadaverini vostri.
miei uccellini morti, ad ardere allora le mie con le vostre carni/ varianti miei uccellini spenti) Per me ora tu sei Per me ora tu sei ogni cosa che non sei ( morto uccellino... Stanotte Stanotte Sei, della luna, nel chiarore diffuso mia anima morta. Nella notte più limpida d'inverno Nella notte più limpida d'inverno traluce una croce in ogni stella sulle soglie all' ansito di
ritrovarti assente, nel subentro del vuoto alle tue
pupille in che sereno lunare di invetriate
lacrime diradatasi la nebbia di infermità
di affanni, a che la marcita solatia, il
gremitìo, non siano su di te, sulle tue
scarnite piume, zolla su zolla del dimenticarti. Qui, nello stesso alito, in
silenzio, del gelo del Cocito che ti brina i
resti. Natale 1999 Nella notte più limpida d'inverno Nella notte più limpida d'inverno cruenta[2]
una croce in ogni stella alle/ sulle soglie l' ansito di
ritrovarti assente, nel subentro del vuoto alle tue
pupille ch'è il sereno lunare di
invetriate lacrime ove (ove il sereno lunare di
invetriate lacrime dirada la nebbia di infermità di
affanni) fin che la marcita solatia, il
gremitìo, non siano su di te, sulle tue
scarnite piume, zolla su zolla del dimenticarti. Qui, nello stesso alito, in
silenzio, del gelo del Cocito che ti brina i
resti. Nella notte più limpida d'inverno Nella notte più limpida d'inverno mi configge una croce cruenta in
ogni stella il battito di verificarti assente.
Nel subentro del vuoto alle tue
pupille (dove mi aggiro per le livide
stanze) al in che dirada la nebbia di
infermità di affanni (var: vanità/nullità insanità
di affanni),
non siano su di te, sulle tue
scarnite piume, zolla su zolla del dimenticarti. Qui, nello stesso alito, in
silenzio, del gelo del Cocito che ti brina i
resti. Che altro io sono mai Che altro io sono mai vuoto il fondo del volto che te che amai. Disvela un raggio Disvela un raggio nel vuoto giorno che io sono morto in te. Ci sei, ancora Tu ci sei, ancora, se ti trattengo caro nell' anima mia. variante Ci sei, ancora Senza più foglie senza più foglie gli alberi, la mia casa senza i tuoi voli. 5/12/99 Come, non ci sei Come, non ci sei, se nel mio rimpianto ti ho vivo tanto. 20 dicembre 1999 In quella foto I In quella foto a che ti protendi che non sai Pochi giorni, poi Pochi giorni, poi, la luce che ti specchia della tua morte. Variante: Di lì a giorni la luce che ti specchia dellatua morte. Sinopia. A Francisco Sanchez Carissimo Francisco, ho ricevuto alcune settimane fa la
tua carissima lettera, in un giorno uggioso e triste come questo che
oramai è notte. Infinitamente grazie, nelle
lacrime che ho pianto, per quanto mi hai detto a conforto della morte del
mio uccellino. Che mi si poteva dire di più
toccante e bello, Come d' incanto Là l' ho visto il
mio ninì, Avessi la grazia e la fede che mi
soccorrano, nella mia vita che per me seguita solo a persistere. Ma le tue parole delle quali ti
rendo infinitamente grazie, eppure mi hanno toccato Anche in questi giorni, leggevo
della fame nel mondo nel bel libro in cui Ziegler cagionavo la morte nella pretesa
che la sua vita all' estremo ingurgitasse cibo.
.................... Sinopia. Carissimo Francisco, ho ricevuto alcune settimane fa la
tua carissima lettera, in un giorno uggioso e triste come questo. Infinitamente grazie, nelle
lacrime che ho pianto, per quanto mi hai detto a conforto della morte del
mio uccellino. Che mi si poteva dire di più
toccante e bello... Come d' incanto Là l' ho visto il mio ninì, in un
alone di luce ho ritrovato vivo il" mi querido...". Ma nel sincerarti quanto le tue
parole mi abbiano raggiunto, debbo chiederti scusa della temerarietà di
quanto ti ho chiesto, Anche in questi giorni, leggevo
della fame nel mondo nel bel libro in cui Ziegler ne parla a suo figlio,
assistevo agli ultimi giorni degli ebrei ad Auschwitz, nel film di
Spielberg, ma nelle parole che descrivevano le convulsioni atroci dei
piccoli etiopi che muoiono di fame nei campi profughi, nelle immagini
degli internati nei lager, gli "scheletri", che non avevano più
nemmeno un corpo che potessero nutrire i soccorritori, era quell' esserino
Tanto più mi ha dunque commosso
sentirti dire quanto sei felice, come a te la vita, senza piani nella
testa, sembri intatto un dono bellissimo. Non sapevo, e ne sono rimasto più
ancora ammirato e stupefatto, che tu già insegnassi e sapessi così tante
lingue antiche, con l'arabo e l'aramaico anche l'ebraico... e con le
lingue la letteratura dell' Oriente antico...all'università... A Francisco Sanchez Carissimo Francisco, ho ricevuto
la tua carissima lettera alcune settimane fa, in un giorno uggioso(
"tedioso") e triste come questo. Infinitamente grazie, nelle
lacrime che ho pianto, per quanto mi hai detto a conforto della morte del
mio uccellino. Come d' incanto Là l' ho rivisto
il mio ninì, in un alone di luce Vi ho ritrovato vivo il " mi
querido...". Ma nel sincerarti che le tue
parole mi sono state toccanti, debbo chiederti scusa della temerarietà
di quanto ti ho chiesto, di potermi dire una parola di consolazione
nel mio sconforto ( "desconsuelo"). Oh, che sia vero ciò che mi dici,
se è vero, secondo le parole di Georg
Buchner, che " il minimo fremito di dolore, fosse anche soltanto di
un atomo, apre uno squarcio(" desgarro") da cima a fondo (
"de arriba abajo") nella
creazione". Anche in questi giorni, leggevo
della fame (" hambre") nel mondo nel libro in cui Ziegler ne
parla a suo figlio, assistevo agli "ultimi giorni" degli ebrei
ad Auschwitz, nel film di Spielberg, ma nelle parole che descrivevano le
convulsioni atroci dei piccoli etiopi che muoiono di fame nei campi dei
profughi, nelle immagini degli internati nei lager, gli "scheletri
vivi", che non avevano più nemmeno un corpo che i soccorritori
potessero nutrire, era quel mio esserino, nel suo deperimento ( è il
" debilitarse"), che io vedevo spasimare per mia colpa in fondo
alla gabbia, al quale anch'io, nell' errore che denunciavano quelle
pagine, cagionavo ( cfr." causar") la morte nella mia mano, per
la pretesa che la sua vita all' estremo ingurgitasse cibo. Il suo stesso scarnito petto (
"Pecho") sotto le piume... Tanto più mi ha dunque commosso
sentirti dire quanto sei felice, come a te la vita, senza piani nella
testa, sembri null' altro che un dono bellissimo. Non sapevo, e ne sono rimasto di
te più ancora ammirato e stupefatto, che tu già insegnassi e sapessi così
tante lingue antiche, con l'arabo e l'aramaico anche l'ebraico... e con le
lingue la letteratura dell' Oriente antico...all'università... Sei molto contento di
tutto...della tua nuova casa, di quant'è bello il tuo studio, benché sia
piccolo, e sembri temere solo l'inverno di Castiglia...che bello, per te,
per entrambi al sentirtelo dire. Se con la mente travalicando ( cfr."sobrepasar") le terre
e i mari che si interpongono, cerco di vederti in Madrid, per ciò che mi
dici e che di te suppongo, dentro il tuo studio ti immagino in interni
confortevoli e caldi, pur se ristretti, tra mobili semplici, elementari,
ma dove è sistemato e riposto tutto quanto ti occorre, - oh, non serve
che tu in Aleppo, ti sia professato a me l'ultimo dei medioevali, ti ci
vedo nel carapace high tech di homo
digitalis a tutti gli effetti...- il personal computer collegato in
internet, con stampante e fax ed e-mail, il lettore di compact e cd rom
con le pile di dischi su dischi, integrati nella scaffalatura ( "
surtidos") tra le tante carte universitarie, le tesi e tesine e
corrispondenze in cui sei sommerso, e i soli libri indispensabili, e in
corso di lettura, che ti sei portato appresso da Toledo. Vi ti immagino lì, non so a che
piso, ma in prossimità dei cieli più che della calle, di rientro la sera
più di quanto tu vi stia di giorno, da solo, inevitabilmente, in una
solitudine dotta o in fantasticherie romantiche,- non c'è su una poltrona
( "butaca") accanto un tuo morbido gatto?-, mentre, forse perché
non riesco a riflettermi che nella mia solitudine senile, avverto che
resta al di là della tua soglia ( "umbral") ogni relazione che
ti piace talmente intrattenere, ma che non trova un seguito ( "
continuacion"), poi, nella tua intimità più raccolta in quelle tue
stanzette . Ma davvero sei senza progetti? E
che cosa insegni di letteratura orientale? Che hai trovato fra gli antichi
manoscritti che vieni catalogando? A che cosa conti in Siria di poter
ritrovare un seguito? Il mio inverno, casto e solitario,
scorre invece pressocché tutto nel cielo che intravedo fuori dei vetri
(" cristal de la ventana" pl.), nel suo grigio piovoso ( "lluvioso")
che mi è divenuto così vuoto ( "vacìo") tra i rami degli
alberi, o in quant'è la poca natura
che scorgo di sfuggita ( cfr."huir") tra le macchine e gli
autobus, quando ansioso e convulso mi reco a scuola con la mountain bike,
in perenne ritardo come in ogni cosa della mia vita, o poi ne faccio
ritorno stremato ed esilarato ( " como una bebida cordial desvanecida"...),
nel freddo piovigginoso ed umido che mi intirizzisce( cfr." aterir"),
più di rado nella luminosità dei giorni di sole remoti, per me non più
di un richiamo ( "llamamiento") fugace che cade smarrito (
"perdido"). All' interno di queste stanze
deserte, quando ho iniziato a scriverti questa lettera, settimane or sono,
mi era un po' di conforto, nella solitudine quotidiana, anche la sola
presenza superstite del ragnolino ( una aranita) che si è insediato ( cfr."
tomar posesion") nell' angolo basso di una finestra ( "ventana"),
con la sua ragnatela, dentro la cameretta ch'è così bella della mia
biblioteca. Ogni giorno io vi passavo e ne
sfioravo( cfr."rozar") la trama, per il piacere di vederlo
animarsi e correre in un moto di all'erta.. Chissà mai come vi
sopravvive, mi chiedevo, in un universo che mi sembra sia il solo regno Poi si è immobilizzato con un
altro ragno, nelle filacce, e non so dirti se sopravviva in letargo o se
siano già deceduti( " fallecidos") entrambi ("ambos").
Solo una sera ho voluto uscire (
"salir") veramente per le strade ( "carreteras") della
mia città antica, talmente mi era irresistibile, già in cortile
("patio"), la suggestione che vi era sospesa nell' aria della
densa nebbia ("niebla") calata per le sue vie. E' il fascino che d'inverno rende
magiche la mia come le altre città, quali Ferrara, che nella nostra
pianura ( "llanura") siano prossime al corso del Po e dei suoi
affluenti . Ogni rumore vi si attutisce ( cfr."
se atenuar"), si silenzia, e l'aria si addensa nel chiarore
lattiginoso del fondale cieco di ogni via, in cui le luci artificiali si
fanno aloni (" halos") diffusi in un clima di mistero
fantastico. Vai allora per le vie, e sotto i
portici( "soportals"), fra i negozi( "tiendas"), senti
smaterializzata ogni volgarità e mondanità d' interessi, tutto pare
esibirsi piuttosto nella sua corporeità di bene di uso tramandato nel
tempo, e nell' umidità ti sembra che trasudi la sedimentazione storica
d'ogni pietra o marmo, la stagionatura ( "sazon", " madurez")
d'ogni arte e mestiere ( "oficio", "profesion") di cui
vedi allestiti i prodotti. Le persone che dileguano al tempo
stesso in cui ti appaiono, non sono che ombre o presenze fugaci e
discrete, e tra le volte e i palazzi che svaniscono nel niente del
biancore, devi accostartene ( cfr "acercar") ai portali, sotto i
balconi, se vuoi vederne le cornici ( " las molduras") dei tetti, e le gronde (" canalon del tejado" pl.),
sconfinare fantasmatiche nella cancellatura del cielo. Purtroppo è la stessa nebbia in
cui sulle autostrade del Nord Italia le automobili piombano ( cfr."
derumbarse"?,"caer")l' una a incastrarsi nell' altra in
incidenti strazianti, che rallenta ( cfr."aminorar") e inibisce
la mobilità. Ma nel mio caso non è certo per
la nebbia, o per le trascorse piogge, non è per il freddo che morde un
po' di meno che nelle settimane scorse, se da quando sono rientrato dalla
Siria io non mi sono mosso, da dove vivo, che per recarmi( "ir")
saltuariamente ( "en modo saltuario") da mia madre a Modena, in
Emilia, - il solo ambiente caldo della mia esistenza, in compagnia della
sua vitalità vedovile ( "de viuda") e del cane ( "perro")
boxer affettuosissimo -è di mia sorella- che con lei convive- ed ai primi
di novembre, per andare a Venezia e rientrarvi in giornata, pur di vedervi
una mostra eccezionale, assolutamente, sul Rinascimento veneziano e la
pittura del Nord, ai tempi di Bellini, Durer e Tiziano. ( Ma anche se a me la nebbia non
cela il volto presente della mia città, è invece a te, in quanto sei in
Madrid, che è dato invece di poter vedere ancora il suo volto passato,-
è così, in effetti, solo che tu ti rechi nella sala del Prado dove è
"La morte della Vergine" di Andrea Mantegna: oltre i pilastri
che ne incorniciano ( "enmarcan") il cordoglio, il suo volto
passato puoi intravederlo nell' apertura su come appariva
nel Quattrocento, dal castello che si affaccia( cfr."asomarse")
verso i laghi che la attorniano ( "envolven"), dove il ponte,
allora fortificato, avviava a entrare e uscire verso Nord Est fra quello (
dei laghi) di Mezzo e quello Inferiore, il che accadeva attraverso il
borgo turrito ( "arrabal), che più non esiste, che nella sua cinta
muraria (" muro que rodea la ciudad") vedresti allora
comprendervi delle chiese e una stazione di posta,( o un'osteria), oltreché
delle corti rurali sparse fra il folto degli alberi e il rigoglio ( "lozania")
del verde, nel tramonto ( "ocaso") raffermo sulle lente acque
lacustri in cui sostano barche). Per il resto la mia prostrazione (
" abatimiento") è tale e tanta, ho un tale disgusto di sesso ed
affetto/i, che non ascolto nemmeno più musica, nel vuoto ( " vacìo")
e nel freddo che non riscaldo di queste stanze, e non ne esco in
bicicletta che per le compere e la scuola, che per vedermi a una
scommettitoria ( "agencia de apuestas") qualche finale di
partita del campionato di calcio ( "futbol"). ( oh, ho anche una vita esilarante
("hilarante"), ma è interamente da addebitarsi alla mia
passionalità ossessiva di tifoso di calcio, alla irrefrenabilità del mio
gusto di sfottere ("
burlarse de") i miei allievi che tifano per le squadre (
"equipos") che visceralmente avverso ( cfr."aversar"),
alla gioia ("alegria") accanita( "ensanada") con la
quale godo, " gufando", ( il gerundio significa
" hacer como el buho"), per le loro sconfitte ( "
derrotas") , ancor più di quanto possa rallegrarmi dei rari successi
(" exitos") della mia squadra beneamata,
nel calcio parlato ( "hablado") che in Italia è
immancabilmente di risonanza iperbolica al calcio giocato,- al punto che
questo è l'unico talento, o genio, che mi riconoscono i miei allievi
quale mia dote fuori del comune. Dopo l'ultima grave sconfitta
della mia squadra che ne ha pregiudicato la lotta per il primato,
mi sono detto, e ho detto ovunque, che deve risiedere ("
residir") in essa il "millenium bug", il baco del
millennio, talmente fare dello spirito ( " decir agudezas, cistes"),
era il solo modo di avere ragione della ricaduta immancabile nella
depressione anche della mia esistenza
di tifoso.. ). Non ignoro, comunque, quanto alla
mia vita predominante, che la mia afflizione persistente per la morte del
mio uccellino, il registrarne ogni giorno l'assenza e averne pena, mi
siano di rifugio inibitorio, così vivendo, da ciò cui sono
affettivamente impotente, recludendomi nella mia incapacità a valere come
in un presidio Mentre tra gli altri ho pudore a
sillabare in un qualsiasi modo tale mio dolore, per non scadere( "menguar"?
" decaer"?) per questo nel risibile, o nel patetico, e vado
tacendo la pena della mia diserzione vitale, tant'è vergognoso anche il
solo alludervi, ( " Ma non sarà mica ancora solo per quell'
uccellino?..."), è in voci di altri mondi ed in altri orizzonti, di
civiltà ed epoche per lo più morte, che mi sforzo di ritrovare la dignità,
con le parole, d'essere fedele e di trattenere così vivo, almeno in me,
quel mio piccolo e carissimo " waka". Mi affido per questo alla lettura
e alla pratica poetica degli haiku, alle ghirlande tibetane o all' elogio
mistico del verbo degli uccelli del mirabile Attar, alla loro celebrazione
materialistica del nostro Leopardi, nell' operetta bellissima che ne ebbe
ad intessere, a quanto, in queste meravigliose pagine di Eduardo Galeano
in " A testa in giù", ( "Patas Arriba", Siglo
Veintiuno Editores, se ti interessa), a costui hanno ispirato i suoi
antenati precolombiani, sulla parentela che sussiste fra ogni vivente. " Siamo parenti di tutto ciò
che sorge, cresce, matura, si stanca, muore e rinasce. Ogni bambino ha molti genitori
("padres"), zii ( tios), fratelli, nonni. Nonni ( "Abuelos") sono i morti e le colline. Figli
della terra e del sole, annaffiati ( "regados") dalle piogge
femmine e dalle piogge maschi, siamo tutti parenti delle sementi e del
mais, dei fiumi (" rios") e delle volpi ( "zorros")
che ululano ( cfr."aular") per annunciare come sarà l' anno. Le
pietre sono parenti delle serpi e delle lucertoline ( "lagertijas
pequenas"). Il mais e il fagiolo ( "judia"), che sono
fratelli, crescono insieme senza picchiarsi (" golpear"). Le
patate sono figlie e madri di chi le pianta, perché chi crea è creato. Tutto è sacro, anche noi. A volte
noi siamo dei e gli dei, a volte, sono semplici personcine. Così dicono, così sanno,, gli
indigeni delle Ande". Ma anche nella cronaca del mondo
ho potuto ritrovarmi nei miei sentimenti, come quando, qualche settimana
fa, ho appreso che un indiano cherockee, che viveva in Italia, è riuscito
a morire d'inedia per riunirsi a " Be All" il suo gattino (
"gato pequeno") meticcio, nelle praterie del Grande Spirito dove
il micetto ( " micifuz") l'aveva preceduto. Ma così, per quanto io posso,
leggere bei libri mi piace ancora tanto, anche se al raffronto, con quanto
ancora scrivo, la grandezza degli autori che leggo avvalora sempre di meno
il mio sforzo sempre più precario di mantenere in vita un mio destino
letterario, una sua decenza, di non lasciarmi sommergere, desistendo ogni
giorno, dall' incombenza soverchiante ( cfr " sobrepasar") dell'
insegnamento, delle compulsioni ossessive della casalinghitudine( cfr."
casero":" casertad"?) a cui sono coatto. E come posso confidare, più di
tanto, in ciò che può riservarmi l' insegnamento? talmente l' affetto e
la simpatia, il bene che sento per gli allievi, confliggono con la
doverosità ( cfr. "debido") di non accondiscenderli, con
l'angoscia, in me incombente (" inminente"), che per
l'insufficienza del necessario distacco finisca io per essere da loro
sopraffatto ( cfr." atropellar"), (inferiorizzato dalla stessa
generosità comunicativa del mio trasporto ("èfusion"),
rispetto ai miei colleghi talmente minimali con essi). E il timore e l' apprensione
conseguenti, mi sovraccaricano ( cfr." sobrecargar") di tensione
e di attenzioni disciplinari, mi assillano ad una vigilanza preventiva che
si fa paranoica, istigandomi ad instaurare una assiduità di misure e di
accertamenti ( "aseguramientos"), scrupolosi, che mi portano via
un infinità di tempo, sicché io ne soffoco orribilmente nelle mie
necessità di vita culturale e letteraria, finendo per ritorcermi,
miserevole, in un astio ( "rencor") odioso nei loro ignari
riguardi. Anche il bene o l'affetto che
avverto per loro, mi si
acuisce ( cfr " se aguzar"?) pertanto in una spina atroce
conficcata di dentro, solo che avverta che ne profittano, o che sprecano
il dispendio ( cfr "derrochar") che giorno dopo giorno continuo
per loro a fare di me stesso, secondo una mia disponibilità che
ciononostante ne scaturisce ( cfr." manar") nello spasimo. E tutto questo, mio caro
Francisco, ti ho scritto solo per dirti che nel recesso ( "rincon")
della grazia e felicità animale dei miei uccellini, io sono stato violato
e violentato , con la loro morte, prima dell' uno poi dell' altro mio
canarino, nel ""buen retiro" della mia vulnerabilità e
aridità riguardo ai miei simili. ( Ma perché, ti chiedo, solo chi
ha amato ed è stato amato può salvarsi in Cielo?) E a tal punto concludo, come pur
devo, perché altrimenti, se seguitassi ancora a dirti ciò che non ho
modo o che non mi sento di confidare ad altri, saremo già nel nuovo
millennio da un bel pezzo ed io non avrei ancora fatto in tempo neanche a
fare giungere a te, e ad ogni altra persona che ti è cara, dopo i
migliori auguri di un Santo Natale che è già freddamente trascorso,
quelli che ti ribadisco ( " confirmo") vivissimamente di un
felice Anno Nuovo.
Felices Fiestas con tutto l'affetto di cui è ancora capace
Odorico Scrivimi liberamente come vuoi, in
italiano od in spagnolo. Se scrivi in italiano, gradisci
che ti restituisca la tua lettera riveduta grammaticalmente? Che
tu ti sia impegnato a scrivermi nella mia lingua senza l' amor proprio di
chi è inibito dal commettere errori, è uno dei pregi più nobili di
quanto mi hai scritto ( E' meraviglioso, come così, io abbia potuto
accedere per il tuo tramite al mondo in arabo della saggezza coranica o
dei beduini.)
Ora, a chi è dei morti,
di farsi amico
della vita dei vivi.
Odorico Bergamaschi
Piazza d'Arco, 6F
46100, Mantova
Italia
tel 0376 360396 A Francisco Sanchez Carissimo Francisco, ho ricevuto
la tua carissima lettera alcune settimane fa, in un giorno uggioso
e triste come questo che oramai si è dileguato in
notte. Infinitamente grazie, nelle
lacrime che ho pianto, per quanto mi hai detto a conforto della morte del
mio uccellino. ... Come d' incanto Là l' ho
rivisto il mio ninì, in un alone di luce Vi ho ritrovato vivo il" mi
querido...". Ma nel sincerarti * che le tue
parole mi hanno raggiunto, debbo chiederti scusa della temerarietà di
quanto ti ho chiesto, di dirmi una parola di consolazione nel mio sconforto. Oh, Anche in questi giorni, leggevo
della fame nel mondo nel bel libro in cui Ziegler ne parla a suo figlio,
assistevo agli ultimi giorni degli ebrei ad Auschwitz, nel film di
Spielberg, ma nelle parole che descrivevano le convulsioni atroci dei
piccoli etiopi che muoiono di fame nei campi profughi, nelle immagini
degli internati nei lager, gli "scheletri vivi" , che non
avevano più nemmeno un corpo che i soccorritori potessero nutrire, era
quel mio esserino, nel suo deperimento, che io vedevo spasimare per mia
colpa in fondo alla gabbia, al quale anch'io, nell' errore che
denunciavano quelle pagine, cagionavo la morte nella mia nano, nella
pretesa che la sua vita all' estremo ingurgitasse cibo. Tanto più mi ha dunque commosso
sentirti dire quanto sei felice, come a te la vita, senza piani nella
testa, sembri null' altro che un dono bellissimo. Non sapevo, e ne sono rimasto di
te più ancora ammirato e stupefatto, che tu già insegnassi e sapessi così
tante lingue antiche, con l'arabo e l'aramaico anche l'ebraico... e con le
lingue la letteratura dell' Oriente antico...all'università... Sei
molto contento di tutto...della tua nuova casa, di quant'è bello il tuo
studio, benchè sia piccolo, e sembri temere solo l'inverno di Castiglia...che
bello, per te, per entrambi al sentirtelo dire. Se con la mente travalicando le terre e i mari che si interpongono,
cerco di vederti in Madrid, per ciò che mi dici e che di te suppongo,
dentro il tuo studio ti immagino in interni confortevoli e caldi, pur se
ristretti, tra mobili semplici, elementari, ma dove è sistemato e riposto
tutto quanto ti occorre, - oh, non serve che tu ti sia professato a me
l'ultimo dei medioevali, ti ci vedo nel carapace high tech di
homo digitalis a tutti gli effetti...- il personal computer
collegato in internet, con stampante e fax ed e-mail, il lettore di
compact e cd rom con le pile di dischi su dischi, integrati nella
scaffalatura tra le tante carte universitarie, le tesi e tesine e
corrispondenze in cui sei sommerso, e i soli libri indispensabili e in
corso di lettura che ti sei portato appresso da Toledo. Vi ti immagino lì, non so a che
"piso", ma in prossimità dei cieli più che della calle, di
rientro la sera più di quanto tu vi stia di giorno, da solo,
inevitabilmente, in una solitudine dotta o in fantasticherie romantiche,-
non c'è su una poltrona accanto un tuo morbido gatto?-, mentre non so se
sia perchè non riesco a riflettermi che nella mia solitudine, ma resta al
di là della soglia ogni relazione che ti piace talmente intrattenere, ma
che non ti tocca nella tua intimità più raccolta in quelle tue stanze
ridotte. Ma davvero sei senza progetti? E
che insegni di letteratura orientale? Che hai trovato fra gli antichi
manoscritti che vieni catalogando? Di che cosa conti in Siria di ritrovare
un seguito? Il mio inverno, casto e solitario,
scorre invece pressocchè tutto nel cielo che intravedo fuori dei vetri,
nel suo grigio piovoso che mi è divenuto così vuoto tra i rami degli
alberi, o in quant'è la poca natura
che scorgo di sfuggita tra le
macchine e gli autobus, quando in ansia mi reco a scuola con la mountain
bike, in perenne ritardo come in ogni cosa della mia vita, o ne faccio
ritorno stremato ed esilarato, nel freddo piovigginoso od umido che mi
intirizzisce, oppure nella luminosità dei giorni di sole remoti, per me
non più di un richiamo fugace che cade perduto. All' interno di queste stanze
deserte, quando ho iniziato a scriverti questa lettera settimane or sono,
mi era un pò di conforto, nella solitudine quotidiana, anche la sola
presenza superstite del ragnolino che si è insediato nell' angolo basso
di una finestra, con la sua ragnatela, dentro la cameretta ch'è così
bella della mia biblioteca. Ogni giorno io vi passavo e ne
sfioravo la trama, per il piacere di vederlo animarsi e correre in un moto
di allerta.. Chissà mai come vi sopravvive, mi chiedevo, in un universo
che mi sembra sia il solo regno Poi si è immobilizzato con un
altro ragno, nelle filacce, e non so dirti se sopravviva in letargo o se
siano già deceduti entrambi.
Solo l'altra sera ho voluto uscire
veramente per le strade della mia città antica, talmente mi era
irresistibile, già in cortile, la suggestione che vi era sospesa nell'
aria della densa nebbia calata per le sue vie. E'il fascino che d'inverno rende
magiche la mia come le altre città, quali Ferrara, che nella nostra
Pianura siano prossime al corso del Po e dei suoi fiumi. Ogni rumore vi si attutisce, si
silenzia, e l'aria si addensa nel chiarore lattiginoso del fondale cieco
di ogni via, in cui le luci artificiali si fanno aloni diffusi in un clima
di mistero fantastico. Vai allora per le vie, e sotto i
portici, fra i negozi, senti smaterializzata ogni volgarità e mondanità
d' interessi, tutto pare esibirsi piuttosto nella sua corporeità di bene
di uso tramandato nel tempo, nell' umidità ti sembra che trasudi la
sedimentazione storica d'ogni pietra o marmo, la stagionatura d'ogni arte
e mestiere di cui vedi allestiti i prodotti. Le persone che dileguano al tempo
stesso in cui ti appaiono, non sono che ombre o presenze fugaci e
discrete, e tra le volte e i palazzi che dileguano nel niente del
biancore, devi accostartene ai portali, sotto i balconi, se vuoi vederne
le cornici dei tetti, e le gronde, sconfinare fantasmatiche nella
cancellatura del cielo. Purtroppo è la stessa nebbia in
cui sulle autostrade del Nord Italia le automobili piombano l' una a
incastrarsi nell' altra in incidenti strazianti, che rallenta e inibisce
la mobilità.
( Ma nel mio caso non è certo per
la nebbia Per il resto la mia prostrazione
è tale e tanta, ho un tale disgusto di sesso ed affetto/i, che non
ascolto nemmeno più musica, nel vuoto e nel freddo che non riscaldo di
queste stanze, e non ne esco in bicicletta che per le compere e la scuola,
che per vedermi a una scommettitoria qualche finale di partita del
campionato di calcio. ( oh, ho anche una vita
esilarante, ma è interamente da addebitarsi alla mia passionalità
ossessiva e alla mia identità sociale di tifoso di calcio, alla
irrefrenabilità del mio gusto di sfottere
i miei allievi e colleghi che tifano per le squadre che
visceralmente avverso e detesto, alla gioia accanita con la quale godo,
" gufando", per le loro rare sconfitte, rare ancor più di
quanto siano numerosi i successi sofferti
per i quali esulto della mia squadra beneamata, nel calcio parlato che Oh, ho anche una vita pazza, che
mi sorprende già ogni volta che vedo qualcuno usare per strada il
telefonino, e immancabilmente sento l'istinto di strangolarlo... Non ignoro, per quella che è
comunque la mia vita
predominante In questa nostra civilizzazione
Una settimana fa, a toccarmi, é
stata Ma così, per quanto io posso,
E così concludo e passo, come pur
devo, perchè altrimenti, se seguito a dirti e dirti ciò che non ho modo di dire ad altri, saremo già nel nuovo
millennio che non avrò ancora avuto il modo di fare giungere a te e ad
ogni altra persona che ti è cara, i migliori auguri di un Santo Natale e
di un felice Anno Nuovo.
Felices Fiestas
Odorico. A Sosi Cara Sosi, ti scrivo per ringraziarti per
iscritto di quanto di sfuggita, qualche sabato fa, mi hai accennato che
hai fatto per i miei raccontini. Ho poi scorso in libreria qualche
libro edito dalle " Tre lune", e mi è parso davvero
soddisfacente la loro veste tipografica. Particolarmente nella copertina e
i caratteri dei volumi della collana Asteres, o in quelli dedicati ai
Saturnini. Mi
è stato e mi può essere davvero di conforto, immaginare di potere
finalmente così dare alla luce editoriale qualche mio scritto, tale e
tanto è lo stato di prostrazione depressa in cui verso, già per il mio
senso congenito di impotenza e di isolamento, e tanto più dopo, che due
mesi or sono, la desolazione vuota in cui abito si è fatta ancora più
deserta, con la morte penosissima del mio amato uccellino. E tu ben puoi immaginare, per ciò
che di me sai, quanto fatichi a sobbarcare Soltanto questo vorrei chiederti:
potresti far sapere agli editorialisti delle " tre Lune",
che ignoro che siano, come rintracciarli, della mia disponibilità
e reperibilità, solo che cerchino il mio nome sull' elenco telefonico? Per quanto attiene a quei
raccontini, ho solo una lieve modifica da apportare alla " Breve
storia di mia madre e la sua gatta", ed avrei da rivedere " Il
giardino pubblico", per levarne il surplus di saccenteria.
Ringraziandoti con affetto
di lontano
Odorico.
A Sosi, redazione finale.
Mantova, 30 novembre Cara Sosi,
ti scrivo per ringraziarti di quanto di sfuggita, qualche sabato
fa, mi hai accennato che hai fatto per i miei raccontini. Ho poi scorso in libreria qualche
libro edito dalle " Tre lune", e mi è parso davvero
soddisfacente la loro veste tipografica. Particolarmente nella copertina e
nei caratteri dei volumi della collana Asteres, o di quelli dei Saturnini. Mi è stato e mi può essere
davvero di conforto, immaginare di potere finalmente così dare alla luce
editoriale qualche mio scritto, tale e tanto è lo stato di prostrazione
depressa in cui verso, già per il mio senso congenito di impotenza e di
isolamento, e tanto più dopo, che due mesi or sono, la desolazione vuota
in cui abito si è fatta ancora più deserta, con la morte penosissima del
mio amato uccellino. E tu ben puoi immaginare, per ciò
che di me sai, quanto fatichi a mantenere in vita un mio destino
letterario, una sua dignità, a non lasciarmi sommergere, desistendo ogni
giorno, dall' incombenza soverchiante dell' insegnamento, delle
compulsioni ossessive della casalinghitudine a cui sono coatto. Soltanto questo vorrei ora
chiederti: potresti far sapere agli editori delle " tre Lune",
che ignoro chi siano, e come rintracciarli, della mia disponibilità
e reperibilità, solo che cerchino il mio nome sull' elenco telefonico? Per quanto attiene a quei
raccontini, titolo a parte, ho solo una lieve modifica da apportare alla
" Breve storia di mia madre e la sua gatta", ed avrei da
rivedere " Il giardino pubblico", per levarne il surplus di
saccenteria.
Ringraziandoti con affetto
Odorico.
a Claudio Magris 1999
Mantova, 31 dicembre 1999 Caro Magris, anche il mio secondo uccellino,
poverino... Debbo dirLe questo nel trasmetterle questi miei scarni testi,
perché è Lui, il mio diletto, che commemora il corpo delle poesie che Le
invio. E' dunque destino che le vicende
letterarie dei cantori delle mie contrade, come dal compianto di Ser Blacatz trassero origini neoromanze,
trovino una fine di millennio nel mio compianto del mio canarino, per
quanto io posso avere in esse voce in capitolo. Se può andare a ulteriore memoria
di quel caro esserino... I mottetti di Bach che per Santo
Stefano sono andato ad ascoltare in una chiesa della mia Città, è la
prima musica che ho riudito da che non c'è più. In quanto esprimo, in tali
componimenti, mi è grato, almeno, di continuare il sentire d' un grande
poeta mio conterraneo che è deceduto quest'autunno, Umberto Bellintani:
Qui è l'inferno
Ho sentito un passero stridere ghermito da una civetta e ho maledetto Dio con tutta la
mia anima Gesù Gesù perché sei
crocefisso? Perché io sono nato? Qui è l'inferno.
( Da " Canto autunnale") Se uccidi un grillo, quale strada può accogliere il tuo piede,
quale cielo il tuo occhio? ......................( ibidem, da
" Continuare") Del poeta anziano può vederNe l'
immagine nelle scene conclusive di " Voci nel tempo", il gran
bel film di Franco Piavoli. Il raccontino che allego, "
Storia di una morte", è invece uno dei primi che ho composto, nello
scorso decennio, e l' ho "rivisitato", con non molti
aggiustamenti, per un premio al quale non manco mai di concorrere
inutilmente, siccome gentilmente i suoi organizzatori mi rinnovano ogni
anno l' invito a parteciparvi. Spero davvero così di recarLe il
piacere di qualcosa di vero e di intenso, in questo fine anno imbalordito
di millenarismi vaneggianti.
Comunquesia le mie più vive
felicitazioni augurali
Odorico Bergamaschi
Piazza D'Arco 6F
46100 Mantova
Buchner " Il minimo fremito di dolore
fors'anche soltanto in un atomo, apre uno squarcio da cima a fondo nella
creazione".
Buchner, ( Danton, III, 1)
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