Shiraz, 10 agosto 2002
Troppa
era la stanchezza e troppo pochi erano i rials
-scarsissimi- che il di di festa del Venerdì mi erano
rimasti, all' arrivo in Shiraz da Erevan, via Teheran,
in una tradotta di 27 più altre 16 ore di pullman...--dei monumenti la sola
tomba del re della lampada era aperta e non pagamento,- perché della Casa della
Cultura dell' Iran, del decantato incanto della Città dei poeti e dei loro
giardini di usignoli e rose, non potessi visionare in giornata che poche
testimonianze.
Non ho avuto modo che di ammirare dall' esterno la
cittadella di Karin Khani, il fondatore della
dinastia Zand, cui Shiraz
deve la sua tarda fioritura settecentesca a capitale, ma in che splendida
trasposizione lateritica dell'ornamentazione di stuoie o tappeti, nei ricami in
rilievi e rientranze delle sue torri...
"E' come la vostra torre di Pisa", mi ha detto
spiritosamente, di quella che pende, a sud-est, l'uomo che con estrema generosità
si è fatto carico del mio bagaglio, di cui si era scucita la tracolla, dalla
stazione degli autobus fino all' hotel lungo pressoché tutta via Zand, per chilometri e chilometri che a suo dire
seguitavano ad essere uno soltanto.
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Shiraz, la cittadella di Karin Khani, la torre che pende. |
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Shiraz, la cittadella di Karin Khani, veduta complessiva
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Delle fioriture luminose di gladioli e rose, schiudentesi al canto d'uccelli, non ho rimirato che la trasposizione nell'
ornamentazione ceramica del vicino padiglione del Muze-Ye-Pars,
ove la salma di Karim-Khani potè
godere per poco il giardino di delizie, -che io pur anche ho solo intravisto-, giacchè fu traslata in Teheran dal crudele Agha Mohammed Kha, in spregio
alla scelta antecedente di Karim di erigere Shiraz a capitale dell' intera Persia.
Ma a quanto mi è stato dato di vedere, sino a sera, mi è
difficile supporre che la precipua bellezza monumentale di Shiraz
possa consistere nelle sue moschee e nelle sue medrase,
la cui assimilazione od il cui restauro
intentati dai Cagiari – per quanto ho appurato già
all' esterno della Masjed-é-Vakil- isterilirono la
freschezza sorgiva dell'ornamentazione di epoca Zan,
quanto nei disegni floreali e di uccelli del Muzè-Ye
Pars è ancora la visione di un sogno.
Altro era il miraggio che luccicava nella Bogh'é-yé Shah-é-Cherag,
nella tomba del re della lampada in cui sono i resti di Sayyed
Mir Amad, il fratello
dell'Imam Reza, assassinato qui in Shiraz nell' 835, baluginando agli innumerevoli visitatori
che affollavano il sacello di Sayyed per implorare
gementi soccorso e conforto dal suo Spirito:
Shiraz. la Bogh'é-yé Shah-é-Cherag, immagine web |
il miraggio di un Paradiso che in ogni suo dove
immateriale si riveli una cristalleria
scintillante, allo schiudersi dell' al di là quale un libro di favole per stupefatti
bambini, aperto al fantasticare più ingenuo,
Shiraz. la Bogh'é-yé Shah-é-Cherag, (immagine web) |
al pari di quanto tra i due minareti gemelli la cupola a
bulbo del santuario si sopraelevava, esorbitante, rammemorando una bomboniera
aerea tra due candelieri d'oro zecchino.
Dopo avere girovagato per mederse
e moschee, che erano chiuse o di cui non disponevo in ryals
del prezzo del biglietto d'accesso, ho raggiunto sul far della sera la tomba di
Sa'adi, pur se ne sarei rimasto all' esterno del
giardino e del sepolcreto, costrettovi dalla penuria dei ryals
richiesti a uno straniero, a rimanere al di fuori come se vi fossi uno
straniero alla sua poesia.
Shiraz, Tomba di Sa'di
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Di cui ho recitato al di fuori dei cancelli la poesia
alla pagina che mi si è dischiusa del Golestan:
Vidi un dì di fresche rose
Su una cupola un bel cespo,
circondato di verzura.
Perché mai l'erba superflua
Alta come rosa cresce?"
Io mi chiesi. Disse l'erba,
E piangeva: "Taci dunque!
Non dimentica chi è in basso
il Signore generoso.
Pur se a me manchi bellezza,
Tinta amabile e profumo,
Del giardino suo non sono
La più misera piantina.
Del Magnanimo son schiavo,
Sostentato dall' antica
Grazia Sua. SE abbia o non abbia
Qualche merito, m'è dato
Confidare nel Signore,
Pur se doni non possegga
IO da offrirgli, né mi valga.
quale merito, l'obbedienza.
Egli sa come curare
Il Suo servo, che non abbia
Ormai più potere alcuno.
Il costume, per chi possa
Affrancare, è di far sciolto
D'ogni vincolo il già vecchio
Suo soggetto. O mio Signore,
Dio che il mondo hai equilibrato,
Al decrepito Tuo schiavo
Indulgenza non negare!
Sa'di, prendi contento
il cammino della Ka'ba
E tu agrappati al Signore,
Uom di Dio, che è sventurato
Chi da questa porta volga
lungi il capo: varco alcuno
Fuor di questa non si trova
Avrei allora potuto in mia vece infiltrarvi, al di là della
grata, quale reliquia memoriale di quanto di più umile e caduco immortalarono i
versi di Sa'di, almeno i resti dello scarafaggio che avevo raccolto cadavere
nella bacinella dell' acqua in Ashtarak, solo che
avessi ritrovato l'involucro di quanto era il residuo rimasto dei suoi
resti, una zampina.
Che era tutto ciò che avevo potuto rinvenire ancora,
dell' animale, in fondo al contenitore-incavo dei bicchieri di bibite dell'
autobus tra Erevan e Teheran, dopo, che inavvertitamente, per asciugare della bevanda
che vi era tracimata aveva usato il fazzolettino di carta che lo conteneva.
Finita anch'essa, la zampina, in chissà quale lurido
fondo di immondizie.
Come già a
Baalbek, e in Leptis Magna, anche all'
atto dell' accesso in Persepolis sono stato colto da
una crisi d'angoscia irrefrenabile, ne è stato il pretesto scatenante la mia sventatezza d'esservi giunto senza
acqua e copricapo, nella prospettiva di seguitare a piedi sino a Naqsh-i-Rustam. Mi
ha prestato soccorso il giovane restauratore Mohammad, aiutandomi a ritrovarmi
nello smarrimento. Mi ha condotto nei recessi
del Museo dove mi ha assicurato scorte d'acqua, quindi mi ha guidato tra le rovine di Persepoli in
cui vagolavo come accecato, guardandomi intorno senza reperire il senso di ciò
che vedevo, sconvolto che ogni memoria visiva che avessi accumulato di
Persepoli fosse andata in me dispersa , tra quelle rovine di cui a tal punto non volevo più saperne alcunché, prima che
l'acqua divenutami vitale avesse ristorato la mia bocca divenuta una morsa,
serrata da un'angoscia che riconduceva verso l'uscita i miei passi. Li sospingeva soltanto un odio tremendo
verso me stesso, quasi che fosse imperdonabile la leggerezza con cui avevo
lasciato Shiraz senza salvaguardarmi. Ma era tale al contempo la presunzione
insanabile del mio orgoglio ferito, che appena
mi sono riavuto sono diventato insofferente del giovane archeologo che
seguitava a prestarmi soccorso, aiutandomi solerte a ritrovarmi nell' Apadana. Mi ha quindi inoltrato tra le figure scolpite sugli stipiti del Palazzo
di Dario, mostrandomi i segni della rapacità di Alessandro Magno e dei suoi
uomini, negli incavi che erano rimasti al posto delle pietre preziose
depredate, sulle scabre superfici delle figure di dignitari e regnanti Achemenidi i in cui erano incastonate.
Figura 7 Porta del trypilon: Dario sotto al parasole
Solo quando sono
riuscito finalmente a rendermi conto come tutto quanto fosse meraviglioso, egli
mi ha lasciato per il suo lavoro, non più in balia del peggio di me stesso .E
stato il mio primo giorno di crisi nel corso del viaggio, il primo giorno in
cui ho differito di chiedere il Suo soccorso. Non fossi stato così cecitato all' ingresso, mi avrebbe impressionato come la
magnificenza di Persepoli sia preannunciata dalla sua sopraelevazione sulle
immensa fondamenta, in una cittadella
d'altura rilevantesi sui fondali montuosi, prima
che quali un tempo i dignitari o delegati asserviti degli antichi cortei,
risalite le scalinate si fosse accolti ed immessi all' interno dalla possanza
arcana dei tori alati della Grande porta delle Nazioni con i quali il palazzo
ed il suo potere imperiale davano accesso alla propria susseguentesi
autocelebrazione sublime - al proprio magnificarsi autoreferenziale, come si
direbbe oggi nell' Occidente mediatico.
Figura 7 Persepolis, Scalinate
d'accesso alla terrazza
,
Figura 8 Persepolis, porta dei
Propilei di Serse I
I pannelli
scultorei, di scalinate e rampe, che cosa avevano seguitato e seguitavano a
ripetere nel tempo, se non ciò che era seguitato ad accadere lungo le loro
rampe o scalee e che ogni ospite aveva
seguitato a far succedere, nella ritualità delle onoranze tributate da ogni
visitatore a chi Ahura Madza
aveva investito del sovrano potere terreno? Così di tale ritualità prosternantesi , declinata dalle stesse forme d'accesso di tali
scalinate, le sculture duplicavano il viatico, e Afgani e Battriani,
Etiopi o Lidi, in esse potevano vedere rispecchiarsi immortalato e trasfigurato
in omaggio il tributo del loro asservimento , la loro prostrazione vi si
commutava nelle onoranze nobilitanti di ospiti donatari, che vi si elevavano a presunte
schiatte fraterne assimilate, nel comune
accedere, per rampe e scalee, al potere supremo da cui tutto discende di Ahura Madza.
Figura 9 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana
Figura 10 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana, babilonesi
Figura 11 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana
Figura 12 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana
Figura 13 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana
Figura 14 Persepolis,
Scalinata Est dell' Apadana
Era innanzitutto
la stessa regalità onorata che era investita, nella vittoria del bene sul male
che esprimeva ed assicurava nei suoi gradi superiori, all' affrontarsi delle
forze animali, fra loro, del leone e del toro implacabili, come di quelle
ferine con quelle umane, esaltate da astuzia, laddove l'arto del leone, nei
rilievi dei Palazzi di Dario e di Serse, si protende
invano contro il sovrano achemenide, è stretto dalla
presa inesorabilmente vincente della sua mano sinistra regale, mentre la destra
affonda nel ventre leonino il pugnale di una vittoria irresistibile, dalla
forza animale assimilata traendo la propria stessa energia sovradominante.
Figura
15Persepolis, Scalinata Est dell' Apadana
)
Figura 15 Persepolis,
Eroe regale in combattimento
Figura 16 Persepolis,
Eroe regale in combattimento
Figura 17 Persepolis,
Eroe regale in combattimento
Figura 18 goldachem.jpg (98096 byte)