7 luglio 2003
In Taskent, nel cuore dell' Asia, nel colmo del cuore di una calda sera di mezza estate.
Tra i latrati dei cani che salgono alle stelle, vagolando com'essi tra le case riscialbate della periferia residenziale della capitale, dove alloggio in un piccolo e confortevole hotel.
Ieri sera, nella casa del the di Istanbul, da cui nel primo pomeriggio sono decollato in aereo, quando al giovane Kalkan, che vi ho ritrovato ancora una volta, ho confessato che in Tashkent l'unica mia aspettativa era di dovervi reggere l'assalto dei rovinosi tassisti aeroportuali, " Guardati allora d'intorno, mi ha detto, e vedrai, più oltre, che ci sarà chi potrà soccorrerti".
E così è stato: non già al cospetto del paventato assalto di tassisti assatanati di dollari, che ho eluso essendo arrivato in Tashkent quando il sole doveva ancora volgere al tramonto, e gli autobus per la città era ancora in partenza, ma quando mi sono avviato alla loro stazione di sosta, presso l'aeroporto, con quanto recavo di scritto, su di un biglietto, delle informazioni che mi aveva trasmesso la cordiale signora ch'era l'addetta dell' Ufficio Informazioni, affinché il conducente dell' autobus si arrestasse nei pressi dell' Hotel Rossiya dove intendevo alloggiare.
Vi erano in attesa due lavoratori russi, che ho interpellato, di rientro dal loro lavoro di impiegati, uno dei quali, investito del compito anche dal suo compagno, ha voluto accompagnarmi sull' autobus, fino alla sosta in Shota Rustaveli, laddove avrebbe dovuto ancora sorgere il mastodonte sovietico: e dove in sua vece, dalle ceneri di una sua recentissima ristrutturazione repentina, ora s'ergeva un hotel lussuoso da 155 dollari per notte.
Impossibile concedermelo, quale che fosse il possibile sconto: al che il mio accompagnatore ha insistito presso il receptionist, che si è dato da fare al telefono, e mi ha ritrovato il confortevole alloggio dove ora pernotto: e dove l'impiegato russo mi ha nuovamente accompagnato, su di un taxi che ha fatto pervenire appositamente oc ha pagato per me.
" lei è stato il mio angelo. You have been my angel..."
" Di nulla, my friend".
Solo del tutto nel cuore perduto dell' Asia, eccomi ora addentro fino in fondo al mio grande gioco, in cui devo districarmi a qualunque costo.
Ma in me, con la possibilità stessa di eluderlo o di sottrarmicisi, al grande gioco, finché.è ero ancora a casa mia o mentre, pur essendo già in viaggio, potevo ancora volgere altrove il mio itinerari , dirottottandolo verso realtà e situazioni di cui avevo già esperienza, dalla Turchia facendo ritorno in Iran, o in Siria, in cui sono già stato, è venuta meno e si è placata l'angoscia tremenda che finanche mi toglieva il respiro, all' avventurarmi verso l' ignoto pressocché assoluto delle ex-Repubbliche sovietiche d'Asia, paventandomi il fallimento e lo scacco, o l'epilogo tragico,
" Stai attento, mi dicevano anche in Turchia, che in Uzbekistan ed in Kirghizistan i poveri sono tanto più miserabili che da noi, e un turista è un'occasione di facile rapina..."
E se mi dovesse succedere un qualsiasi incidente? In qualche località nella steppa o nelle solitudini montuose del Khirghizistan? Con quali possibilità di soccorso, se sembra che qui siano sovrani solo il disservizio pubblico e la voracità del privato?
E i soldi, i miei dollari, ed euro, sarebbero bastati a fronteggiare le evenienze, le crisi o le possibili emergenze, - e quali gli effettivi costi da sostenere?
- una volta che intrapreso il volo aereo avessi interrotto ogni continuità terrestre con i territori di provenienza, e fossi stato in balia di quanto poteva assicurarmi solo il loro ammontare e la loro mancata perdita?E le credits cards, mi sarebbero state accettate? Era vero quanto garantiva la guida? Che nelle banche nazionali uzbeke potevo prelevare i dollari che dovevano rimpiazzare puntualmente tutti quelli che avrei speso, per ricostituire in loro vece la riserva da utilizzare nel corso del mio rientro via terra attraverso l' Iran, dove ho ben fatto esperienza che si rifiuta qualsiasi carta di credito occidentale, che rinvii anche solo di rimando all' odiata aquila della potenza americana?
E nell' imminenza stressante della partenza, nella lotta contro il tempo per terminare ogni attività intrapresa, ultimare ogni preparativo, per non dimenticare niente ed assicurare tutto, ogni cosa che facessi si è venuta risolvendo in un incidente dilatorio, in un monito angosciante, quasi che ritardando ogni adempimento, rendendo ogni cessazione della vita abitudinaria ed ogni predisposizione del viaggio una difficoltà insostenibile, una invisibile tutela celeste , con tali segni, intendesse scongiurarmi ad ogni modo partire: alla perdita sventata delle chiavi, con la fuoriuscita dell' acqua ,della discarica della lavatrice per tutto il pavimento del bagno e delle stanze adiacenti, nell' imminenza della partenza quel pomeriggio stesso.
E mentre per asciugare i pavimenti differivo ogni altro preparativo impellente, ero ancora immerso nell'incubo in cui mi ero addentrato la sera prima, quando mi sono risolto a scongiurare che a seguito del black out energetico che si preannuncia inevitabile nel corso dell' estate, e in mia lunga assenza,
cadano in decomposizione e divengano ammorbanti i cadaverini degli uccellini che preservavo da anni, surgelati, nel freezeer che ho destinato a loro come cella mortuaria, ne avevo alfine estratto i poveri resti, avevo immerso in un vaso, ricoprendolo di sale e di carbonato di sodio, quel che avanza della bellezza degli adorati Bibi e Bibo, per favorire la mummificazione dei poveri avanzi rinsecchiti dei loro scheletrini piumacei, mentre non ho potuto esimermi dall' usare anche le unghie per seppellire gli altri uccellini sottoterra , lungo le rive del lago, ad una profondità che li sottraesse alla indiscrezione del fiuto dei cani, giacché la devastazione inoltrata li aveva oramai in uno stato di putrescenza ammorbante, senza che nel compiere l'opera riuscissi ad evitare, nonostante il cellophane, che le muffe e il liquame della loro decomposizione mi contaminassero le mani .Poi in viaggio, il mio timore di affrontare il volo aereo, l'incognita dell'' Uzbekistan, anche quando ero già in Turchia aveva seguitato a spogliare Samarcanda e Bukara di qualsiasi miraggio, ed ancora quando ero già alla stazione di Bursa, cui provenivo da Izmir, solo l' imponderabile mi ha trattenuto dal discendere dall' autobus per Istanbul e prendere invece quello che a notte inoltrata, come indicava una targa, sarebbe partito verso la frontiera della Turchia con un Iran che oramai è a me conosciuto e familiare, e che per me significava in luogo del paventato Uzbekistan, la confortante possibilità di trovare riposo presso il caro Atefi e la sua rassicurante famiglia,
Erano e sono questi ancora i giorni in cui si preannuncia in Iran una sollevazione studentesca e di piazza di rilevanza storica, cui avrei potuto essere testimone e partecipe, nell' imminenza dell' anniversario contestato della rivoluzione komeinista .
Ma al numero di telefono che mi aveva lasciato non rispondeva alcun recapito, e solo a Istanbul, avrei trovato risposta alla mia e .mail d'appello:
"Istanbul 5 7 03 I' m in Turkey , my dear Farhang Can you answer me as soon as possible? I' ve this number phone of your family. But it isn't right
Tne codex of Khermanshah is it 0431? Ciao (goodbye) Odorico"Era appena naufragata, la notte avanti, la determinazione a tal punto di partire per l'Uzbekistan, all' alba del giorno stesso in cui entrava in vigore il visto d'ingresso: quando all'aeroporto a cui arrivo puntualmente, by bus, by metro, apprendo che il volo che nei siti web era programmato in partenza per Taskent poco oltre mezzanotte, risultava del tutto inesistente.
Avrei dovuto soggiornare in Istanbul altri due giorni e due notti, - ma a che costi? - per il primo volo utile per la capitale del Centro-Asia... mi liquidivano le due ragazze indisponenti del banco delle informazioni ...
E stato nel sollievo stesso che mi recava la notizia che avrebbe dovuto farmi trasecolare, liberandomi dai miei timori, mentre avei voluto credere che il volo mancato mi liberasse da ogni alternativa a fare ritorno in Iran e in Siria, che ho iniziato a intendere che non potevo più assolutamente mancare di pervenire in Uzbekistan, pena il tramutarsi di quello scacco nel fallimento stesso del mio viaggio, con il venir meno della destinazione immancabile dei miei intenti reali.
Eppure ancora il mattino seguente , nella stazione degli autobus, disfatto sotto il peso dello zaino divenutomi un macigno insostenibile, cercavo invano un autobus che fosse già in partenza per Dogubeyzait, il confine iraniano, prima di avviarmi verso il centro, di decidermi a cercarvi un alloggi nell' ostello presso Santa Sofia dove ho potuto trovare il conforto del sonno alle mie ambasce ed economizzare i miei soldi , ricontattarvi by e-mail Atefi, ottenendone il numero di telefono .
Cui ancora stamane mi appellavo chiamandolo da una delle cabine ch'è di fronte a Santa Sofia, perché mi indicasse il verso da conferire al mio viaggio...
" Before the Uzbekistan or the Iran...?
" The Uzbekistan, - ridendo mi rispondeva in sua vece il fratello Berhang.
E che Uzbekistan fosse, ma solo a tal punto...
Anche se in aeroporto, di nuovo, il volo ch'era annunciato per Milano mi ha tentato a rientrare da ogni patema premonitore fra i miei libri. e le certezze domestiche.
Talmente oramai disperavo, finanche complessato di poter essere degno membri della jet society nel rientrarvi nei ranghi, in ogni mia effettiva capacità ed attitudine al viaggio .
Intanto, nel fuori programma di quei tre giorni in Istanbul, ero venuto scoprendo quanto la città fosse diventata ancora più bella di quando l'avessi lasciata, quanto l'avesse resa incantevole il silenzio in cui l'interdizione del traffico ha calato i suoi quartieri monumentali.
Negli occhi ho ancora l'ardore nella
sera dei minareti delle moschee di Istanbul, come mi si profilavano
dalle rive dei quartieri asiatici della città, non appena il Corno
d'oro si è fatto uno sfavillio intorno al verde addensatosi nell' ombra
dei giardini di Topkapi,
intanto
che la vista via via si allargava su tutta l'antica Istanbul, mentre la motonave
lasciava Harem, sul versante asiatico, aggirava intorno, l' antica
Istanbul, vi si addentrava, e la vista dispariva nell' approdo a Sirkeci.
Le moschee di Istanbul, le loro cupole, avrei dovuto vederle, d'inverno, sotto la neve, secondo Kalkan.
Come lui mi ha detto di fare spesso, tra l'approdo e la ripartenza da Harem mi sono concesso un panino di sgombri e verdure in un affollato giardinetto attavolato in prossimità della riva, dove l'andirivieni egli inservienti serviva quanto veniva cucinato su di u battello-bettola attraccato alla riva.
Per Kalkan è esaltante vivere in una città che è così viva ventiquattro ore su ventiquattro, dove chi ne ha bisogno può ritrovare un negozio di barbiere aperto anche alle quattro del mattino, se ha fatto bisboccia poi ritemprarsi in un hammam, e rigenerati dall'acqua evaporante e dai massaggi, con questo o quel piatto di pesciolini azzurri, riaversi dagli stravizi e del troppo raki di una nottata, prima di distendersi finalmente nel sonno, in una delle salette sovrastanti del bagno.
Per il mio amico turco Istanbul è per davvero "la polis", l'incontrovertibile capitale del mondo
La destina a tale sorte che nel suo sedimentarsi , nel sovrapporsi di Costantinopoli a Bisanzio e di Istanbul e dell' Impero ottomano alle due entità urbane antecedenti, la forma mentis uralo altaica, così similare linguisticamente a quella nipponica e coreana, per come le parole debbono agglutinarsi, e le vocali succedersi nel corpo della parola, dolce con dolce, aspra con aspra, si sia fusa con il substrato storico della Bisanzio greco-latina, annettendo con la sua espansione ulteriore anche l'arabo e l'iraniano.
Gli ho soggiunto, lasciandoci nella notte oltre la soglia della casa del the, che per le stesse ragioni il cuore del mondo antico fu ritrovato nelle corti dei sovrani kushana, ov' è l'attuale Afghanistan, ove confluirono.il paganesimo ellenistico ed il buddismo indo-cinese.
" Ho capito che nel tuo viaggio nel Centro-Asia, mi ha replicato, tu stai risalendo alle origini della diffusione nel mondo dell' elemento turco".
Kalkan, con il quale ho potuto largamente intendermi giacché per sette anni ha vissuto e lavorato in Italia, ora lavora nel bazar di Istanbul, ov'è il suo vero recapito, ma non è per questo un artigiano, mi ha precisato, egli acquista e rivende antichi reperti, stoffe, marmi di fontane, codici preziosi, coltivando al contempo la passione per la pittura, ma il tutto al di fuori di canoni e regole, di scuole e tendenze, per essere quanto mai libero di realizzarsi e di esprimere i l proprio gusto senza pregiudizi di sorta.
Ma di lui, a due giovani miei connazionali , un ragazzo e una ragazza, con i quali dovevo trattenermi per l'ora della preghiera fuori della moschea di Sinan ch'è presso la piccola Santa Sofia, -dicevo che nella sua intelligenza mirabilmente erudita è l'esempio di quanto l'e strema apertura verso l'altro possa radicarsi in Turchia con il più puro nazionalismo assoluto, così come nell' integralismo più intransigente in altri paesi islamici.
"E perché ha una sua verità da affermare- mi ha risposto il giovane mio interlocutore.
Quale sia la sua verità, Kalkan me lo chiarito ieri sera.
" Io credo nei soli diritti individuali, come li ha garantiti il laicismo di Ataturk, contro ogni califfato e patriarcato."
Mi ha manifestato il più schietto orrore per il tribalismo curdo che invece li ha in spregio .
Solo poco prima del suo sopraggiungere avevo avuto modo invece di dichiararmisi " Kurdish", e schifato dei Turchi, il giovane negoziante di tappeti insediato dentro la casa del the, che al suo arrivo si è eclissato.
" Turchi... fanculo". è quanto un altro curdo, sapendomi italiano, e con lui solidale, mi ha sputato contro, di bocca, nel cortile della moschea blu.
Ma era un filosofare dal pulpito, ribattere a Kalkan che anche il suo universalismo è un particolarismo , che ad ogni etnia va invece concesso di praticare tutto ciò che non viola le leggi, dello Stato comune, che siano intese solo ad evitare solo ciò che del nostro agire sia di danno ad altri.,che egli era non era meno etnocentrico dell' interventismo americano contro i quale inveiva, a seguito degli arresti , avvenuti in Kirkuk, di militari turchi sospettati di complottare contro i governanti curdi che sono alleati degli americani.
Ma ora, se sono qui in Taskhent, mi è tuttavia di sollievo, nel ricordarlo, che abbia sventato la profezia che ha fatto aleggiare sin dai primi giorni sul nostro incontro:
" Altri ne ho incontrati
, che trattenuti ad Istanbul , come te, perché hanno perso o dovevano attendere un volo, vi hanno smarrito la meta ulteriore e vi sono rimasti, per il resto del viaggio, della loro esistenza".Gallery di immagini di Tashkent
alla cronaca
del viaggio nell' Asia centrale del 2003
all' Indice dei Racconti di viaggio nell' Asia Centrale.