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 Le Profezie

La dottrina delle profezie secondo Spinoza.

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La natura della conoscenza profetica, 2a parte

 

La critica di Spinoza alle forme immaginative di assoggettamento, derivate dalla ammirazione di ciò che si ignora, insieme con la credenza nei miracoli demistifica fa suo oggetto la stessa  credenza tradizionale nei dogmi di verità delle profezie.  

" Infine si diceva che i profeti possedevano lo spirito di  Dio perchè gli uomini ignoravano le cause della conoscenza profetica e pertanto la ammiravano; di conseguenza la riferivano a Dio come tutti gli altri miracoli e solevano chiamarla divina".  ( Trattato Teologico Politico. I, p.p. 32-33).

In verità, se per profezia o rivelazione si intende " la conoscenza certa di una cosa rivelata da Dio agli uomini, è chiaro che  innanzitutto la scienza naturale, in tal senso,  può essere considerata una conoscenza profetica, se la potenza di Dio è la stessa potenza  della natura, e l'intelletto umano ne è una parte intrinseca, quale modo finito dell'attributo del Pensiero.

La conoscenza naturale, pertanto, " si può chiamare divina allo stesso titolo di qualunque altra, perchè essa ci viene come dettata dalla natura di Dio,  in quanto noi ne siamo partecipi, e dai decreti divini ..." (Trattato Teologico-Politico, I, p.20).

Ora è possibile considerare la stessa conoscenza profetica una rivelazione divina, dello stesso genere della conoscenza intellettuale, o di natura singolarmente diversa?

A quanto attestano le Scritture, la conoscenza profetica differisce da quella intellettuale, al contempo per una maggiore estensione e in ragione delle differenti cause prossime, perchè " le leggi della natura umana in sé (solo) considerata non possono esserne la causa (Trattato Teologico-Politico,I, p.20).

Se la Mente dell' Uomo ne è l'idea del Corpo, e se la sua perfezione dipende dalla perfezione del suo oggetto, ( Ethica, III, Definizione generale degli Affetti), dato che i profeti hanno avuto un corpo simile a quello di ogni altro uomo, la maggiore estensione della loro conoscenza non può essere stata determinata che da un concorso particolare di cause esterne,  solo mediante le quali la profezia può essere chiaramente e distintamente definita.

Un profeta è dunque soltanto la causa parziale e inadeguata della sua rivelazione, che per la sua stessa estensione ne implica la passività.

Rembrandt. The Prophet Jeremiah Mourning over the Destruction of Jerusalem. 1630. Oil on panel. Rijksmuseum, Amsterdam, the Netherlands

dal sito:

www.abcgallery.com/ R/rembrandt/rembrandt7.html

 

Sono le stesse ragioni per le quali tale rivelazione è più estesa della conoscenza intellettuale,  che ci assicurano pertanto che " quanto alla certezza che involve e alla fonte da cui deriva, cioè Dio, la conoscenza naturale non è per nulla inferiore alla conoscenza profetica: a meno che non si voglia intendere, o meglio, sognare, che i profeti avessero il corpo, bensì, ma non la Mente di uomini, e che perciò la loro sensibilità e la loro coscienza fossero di natura del tutto diversa da quella delle nostre" ( TrattatoTeologico-Politico, I, p.20).

 

Ricorrendo alle sole testimonianze delle Scritture, con una procedura che occupa il corso complessivo dei due capitoli iniziali del Trattato Teologico Politico, Spinoza quindi dimostra che la maggior estensione immaginativa della rivelazione profetica non contiene una dottrina speculativa che eccede i limiti dell' intelletto umano, mediante intuizioni immaginative o intellettuali, come invece aveva già sostenuto Mosé Maimonide, nella Guida degli Smarriti, la Moreh Nevukhim

משה בן מימון Moshe ben Maimon : מורה נבוכים Moreh nevukhim / Guide for the Perplexed Cod. Heb. 37 i.

Si tratta del Cod. Ebr. 37 che costituisce il più famoso degli oltre 300 manoscritti della Collezione della Biblioteca reale danese, ed è meglio conosciuto come " il Maimonide di Copenhagen". Il manoscitto fu redatto e miniato in  Catalogna negli anni 1347-48.

per ulteriori immagini del manoscritto è accessibile il sito: www.base.kb.dk/manus_pub/ cv/manus/ManusIntro.xsql...u

si veda anche:

www.kb.dk/.../midal/ billeder/cod_heb_37_b2.htm

 

 

 

In tale opera di ricostruzione di quale fosse la vera natura della conoscenza profetica secondo le Scritture, occorre innanzitutto tener conto che gli Ebrei, nel loro modo di pensare e di esprimersi,abitualmente trascurano le cause intermedie e particolari, e che  riferiscono direttamente a Dio le loro azioni ed i loro pensieri; pertanto quando la Scrittura indica che qualcosa è stato detto da Dio a qualcuno,  noi non siamo obbligati a ritenere, per questo, che si tratti di una Sua rivelazione immediata, che sia da Lui effettuata senza l' uso di mezzi materiali.

Se poi ci inoltriamo ad esaminare i documenti della Scrittura, possiamo constatare che i mezzi della rivelazione  profetica furono o sole figure, o sole parole, oppure parole e figure insieme. Tali mezzi iconici o verbali potevano essere  voci vere, nel solo caso di Mosè,  immagini reali, esterne alla immaginazione mentale, un caso che Maimonide  già aveva escluso, come lo stesso Hobbes, ai tempi di Spinoza,e che rientra in quella serie di fenomeni , come i fantasmi, " per i quali di fatto si conclude che qualcosa c'è , ma non si sa che cosa sia" ( Lettera LII, p.228), altrimenti erano le sole finzioni mentali di  figure e parole immaginarie, " in quanto l'immaginazione del profeta, anche nello stato di veglia, si disponeva in modo che a lui sembrava chiaramente di sentire parole o di vedere cose"( Trattato Teologico Politico , I, pgg.21-22).

In alcun altro modo, e con nessun altro mezzo, è attestato che sia avvenuta la rivelazione profetica.

E' da escludersi, pertanto, in ogni modo, che Dio si sia manifestato direttamente ai profeti, o che la rivelazione sia un'opera soprannaturale, ossia che i profeti, in un rapporto immediato della loro mente con l'intelletto infinito della Sostanza Divina nel suo Attributo del Pensiero, abbiano percepito delle verità che non sono contenute nei primi fondamenti della nostra conoscenza intellettuale, trascendendo i limiti dell'intelletto mediante delle idee adeguate superiori a quelle di cui la nostra Mente è capace, in quanto è l'idea del nostro Corpo e delle sue affezioni.

La successiva magistrale analisi filologica dell' espressione "spirito di Dio", consente quindi a Spinoza di dimostrare che l'uso del termine "ruagh", nelle espressioni " il profeta ebbe lo spirito di Dio", " Dio infuse agli uomini il suo Spirito", " gli uomini furono ripieni di Spirito di Dio e di Spirito Santo",  esclude ulteriormente la sostenibilità dell' ipotesi di una partecipazione intellettuale immediata all' Intelletto di Dio delle menti profetiche, anziché accreditarla.

Tali locuzioni, infatti, non significano che i profeti fossero dotati di un intelletto sovrumano, cui la Sapienza dell' Essere supremo avesse potuto rivelarsi immediatamente,  bensì che i profeti erano dotati di una virtù immaginativa singolare " esercitata da pochissimi uomini e anche da questi assai raramente" ( Trattato Teologico-Politico I, p. 34), e  " poiché l'immaginazione è vaga ed incostante, la profezia non durava a lungo e nemmeno era frequente nei profeti".

Tale virtù immaginativa,  nella sua stessa singolarità attiva, in ogni caso non oltrepassava il grado di perfezione dell'essenza della natura umana, sicché permane pur sempre desumibile dalla definizione della stessa natura umana.

Le espressioni antecedenti significano un'eccellenza eminentemente morale dei  veri profeti, che anche se non erano intellettualmente dei sapienti, conoscevano le norme del vivere bene, sia pure nella forma di comandi impartiti da un Dio concepito come un'autorità sovrana.

Secondo le Scritture soltanto Gesù Cristo, per Spinoza, Jesus, Rembrandt

con la sua sola Mente riuscì a comprendere ciò che ai profeti fu rivelato con il concorso necessario di altri mezzi, senza che ne acquisissero pertanto una certezza intrinseca, mediante una connessione di idee adeguate.

Soltanto Cristo, infatti, e non già lo stesso Mosè, potenziò a tal punto il grado di realizzazione della natura umana, ed acquisì un tal grado di perfezione intellettuale, che poté comunicare direttamente con l' Intelletto infinito di Dio, " da Mente a Mente", ed apprendere immediatamente come " grazia della verità", secondo i suoi seguaci che a lui furono inferiori nella realizzazione della natura umana,  quanto fu invece rivelato quale il "dono della Legge" di un Dio sovrano a Mosè e agli altri profeti, mediante il concorso prevalente di altri mezzi naturali,  rispetto ai quali la loro mente non fu che una concausa passiva, parziale e inadeguata.

" Di più, Cristo stesso disse di sé di essere il tempio di Dio, a significare, che Dio si manifestò massimamente in Cristo: ciò che Giovanni espresse più efficacemente dicendo che il VeErbo si è fatto carne"( Lettera LXXV a Oldenburg).

Mosè, a quanto attestano le Scritture, comunicò con Dio solo " faccia a faccia", attraverso i soli mezzi corporei.(  per l'immagine dell' opera di Rembrandt www.uni-leipzig.de/ ru/bilder/mose/ ).

La Mente di Cristo,  nella sua perfezione superiore, più che alla mente dei profeti corrisponde all' estensione in figure e parole dei mezzi  della rivelazione profetica che essi acquisirono , oltre i limiti mentali dei profeti dell' Antico Testamento.

" Cristo, infatti, non fu tanto il profeta, quanto la bocca di Dio. Attraverso la mente di Cristo ( come abbiamo dimostrato nel capitolo I) Dio rivelò alcune cose al genere umano, così come prima le aveva rivelate attraverso gli angeli, ossia attraverso una voce creata, visioni , ecc.

... E dal fatto che Dio si sia rivelato a Cristo, ossia alla sua mente, in modo immediato, e non, come ai profeti, per mezzo di  parole e di immagini, intendiamo che Cristo apprese veramente, e cioè intese, le cose rivelate; allora infatti una cosa è intesa, quando è percepita con la stessa Mente pura, senza parole né immagini, Cristo apprese dunque le cose rivelate in modo vero, e adeguato, e se talvolta le prescrisse sotto forma di legge, lo fece a causa dell' ignoranza e dell' ostinazione del volgo" ( Trattato Teologico-Politico, cap.IV, pp. 110-11).

Il Cristo storico, secondo la carne,  che dell' Intelletto di Dio è stata la massima manifestazione umana, in sé unica, ma non esclusiva, -senza che per questo si debba pensare che Dio ha assunto forma di uomo, che è cosa assolutamente incomprensibile " ( confronta il  Trattato Teologico-Politico, alla pagina 26), -per Spinoza va tuttavia distinto da quello eterno figlio di Dio che è il Modo infinito immediato dell' attributo del Pensiero, costituito dall' idea di Dio e dei suoi modi:

" Infine, per chiarire il mio pensiero anche sul terzo punto, io dico che per la salvezza non è assolutamente necessario che noi conosciamo cristo secondo la carne; mentre è tutt' altra cosa,  per quel che riguarda quello eterno figlio di Dio che è la Sapienza eterna di Dio, la quale si è manifestata in tutte le cose e massimamente nella mente umana, e in modo del tutto particolare  in Gesù Cristo. Infatti, nessuno può raggiungere senza di essa lo stato della beatitudine,  in quanto che essa soltanto insegna a distinguere il vero dal falso, il bene dal male, e quanto a ciò che alcune chiese aggiungono, e cioè che Dio ha assunto forma umana, io ho espressamente dichiarato che non  so che cosa vogliano dire; anzi, a voler dire il vero mi sembra che esse parlino un linguaggio non meno assurdo di chi mi dicesse che il cerchio ha rivestito la natura del quadrato" .( Lettera 73, p. 291, 292).

L' insegnamento di verità che così è comunicato immediatamente all' intelletto di Cristo, e mediante cause esteriori ai profeti,  secondo le Scritture risulta essere costituto dagli " Dei placita quae homines ad salvationes ducunt", ossia alla rivelazione della salvezza umana che è assicurata in virtù della sola obbedienza alla sostanzialità divina della Natura, anche se gli uomini non giungono a comprendere la necessità e la verità eterna delle cose e delle operazioni naturali,  che seguitano a sembrare ad essi i comandamenti di una maestà sovrana.

Le Scritture, in conclusione, in merito a tali insegnamenti di verità indispensabili,  particolarmente al volgo nella sua ostinazione ed ignoranza, grazie alla testimonianza dei mezzi di rivelazione profetica ci consentono di affermare che nessun profeta, ad esclusione di Gesù Cristo, con la sola forza della sua Mente ebbe percezioni intellettuali che superassero le nozioni comuni dell' intelletto umano, e che le profezie eccedevano la conoscenza intellettuale soltanto in immaginazione,  eminentemente passiva nella sua estensione e vividità maggiore.

" Affermiamo dunque che, all' infuori di Cristo, nessuno ricevette la rivelazione divina se non con l'aiuto dell' immaginazione,  e cioè con l'aiuto delle parole e delle immagini; e che perciò, per profetizzare non è necessaria una mente più perfetta ma un'immaginazione più viva...( Trattato teologico Politico, I, p. 26).

In Hobbes, invece,- che a differenza di Spinoza è assai più preoccupato di subordinare la ragione privata alla ragione pubblica, non  solo per quanto attiene i dogmi di fede, come sostiene anche Spinoza, ma per quanto attiene ai dogmi stessa di verità filosofico-scientifici, mentre lo scopo principale del Trattato Teologico Politico si rivelerà essere quello di separare  la Filosofia e le Scienze dalla Fede, e la Fede a sua volta dalla Superstizione, - in quel tempo la trattazione dei miracoli e delle profezie  era apparsa assai meno consequenzialmente impegnata, di quella  di Spinoza, nell' escludere la soprannaturalità delle visioni e dei sogni dei veri profeti, oltre ché dei prodigi, come opere immediate di Dio,  al punto che, pur considerandoli prima di tutto eventi inesplicabili,  reputa opere di Dio tutte le rivelazioni che manifestano ad un eletto la missione di un ministro straordinario che Dio ha commissionato per la sua salvezza,  -Mosè, i sommi sacerdoti, i re ebrei, i sovrani cristiani,- mentre è per mezzo di seconde cause naturali, che Hobbes spiega come procedano le sole rivelazioni delle buone inclinazioni dei profeti subordinati.( cfr. Leviathan, XXXVI-XXXVII).

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Per Maimonide, infatti, secondo la sua concezione della profezia, scopo supremo della rivelazione profetica era lo sviluppo stesso della vita speculativa. Il profeta è pertanto un  filosofo, ed un filosofo superiore ad ogni altro nel campo della conoscenza..

 

 

   
 
 
 

Si tratta di una miniatura del manoscritto della Moreh Nevukhim contenuto nella raccolta di Manoscritti Ebraici dell' Università di Leida, (Cod. Or. 4723), di grande interesse per le immagini iconiche che lo ornamentano, accessibile ai siti

ub.leidenuniv.nl/ bc/olg/judaica/illheb.html

e

colophon.com/gallery/ minsky/moreh1.htm

 

 

 

 

 

 

   
 

 

 

 

 

 
 
   

 

www.abcgallery.com/ R/rembrandt/rembrandt127.html

simeon

hansgruener.de/docs_d/ krippen/kreye.htm

pagina: www.lyons.co.uk/ rem/albumb/Simeon.htm

 

 

hannah

art-quarter.com/ beck/joe/aj/1/6/

Rembrandt, Hannah und Simeon im Tempel,
1627/28, Kunsthalle Hamburg
www.kgi.ruhr-uni-bochum.de/.../ kap_15_3.htm

www.holyspiritinteractive.net/.../ jeroboam.asp jeroboam

www.abcgallery.com/ R/rembrandt/rembrandt7.html

 

 

 

 

 

 

 

 

alla postilla spinoziana sulla immaginazione dei presagi 

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