Odorico Bergamaschi

 

 

La storia breve di mia madre e della sua gatta

 

( La petite histoire de ma mère et de sa chatte)

 

 

 

                                

L' una affusolata accanto all' altra che cucisce o rammenda, come convivono idilliache ora mia madre e la sua gatta, al conforto del tepore della stufa che le ripara dagli algori autunnali. Nel vederle insieme le diresti per davvero due perfette amiche; solo a mia madre, della famiglia, rivolgendosi di continuo la felina, delle nostre signorie umane come la sola di sua fiducia, quale unica e fedele interprete di ogni suo miagolio.

Dall'intonazione, il timbro, la coloratura cangiante di ogni sua emissione, per noi nient'altro che un gniaulio seccante, mia madre è in grado di comprendere ogni più recondita intenzione della micia, quale ne sia il  bisogno impellente che vi si manifesta.

" Ecco, se miagola così è perché vuole della carne, se miagola differentemente è invece perché vuole il latte; quando vuole che le si apra la porta è tutto un altro miau".

Io ne rimango tuttora stupefatto; mentre lei, quale detentrice di un sapere negato a chi non ne ha un'immediata ricettività, ad ogni mia espressione ammirata che ne chiede ancora il segreto, in tutta risposta chiude gli occhi e riassapora nell' intimo tale sua prerogativa esclusiva, silenziosamente fiera di tanta  superiorità sensibile, di cui compiaciuta può reimmergersi poi meno vessata nelle sue cure domestiche.

Pertanto la loro familiarità amichevole, la spontanea rispondenza delle affinità che le riunisce, in cotanta mirabile intesa l'una di guida e di scorta all'altra quando itinerano per la casa, nella sfera di un'armonia tra di loro prestabilita che ci esclude dal suo magico ambito, ai miei occhi le ha come trasfuse l'una nell'altra, quasi tra di loro transustanziate, si che io non vedo più in esse una donna ed una gatta, bensì sic et simpliciter due animale, due femmine unite da un superiore vincolo senza più distinzione di specie.

A predisporre mia madre ad una relazione di tal fatta, assai prima che la gatta si insediasse nella sua esistenza, e così irresistibilmente, sono stati vuoi l'allentamento dei vincoli familiari, anche per l'essere lei stata sempre più considerata, da noi suoi cari, nella prospettiva preminente della sua  utilità  domestica, vuoi l'inesistenza di reali amiche tra le vicine sue conoscenti, per l'impossibilità tra di loro di un rapporto che non fosse l'usarsi quelle reciproche, esteriori premure, che si rovesciano d' incanto  nelle più reciproche maldicenze appena sia possibile. Si era pertanto sempre più incupita in se stessa, in suo pessimismo umbratile sugli uomini ed il tutto della vita; fin che un giorno, mia sorella, quando di nuovo è scesa a trovarci, le ha ceduto quella gatta che a sua volta aveva ricevuto in dono, in tal guisa per sbarazzarsene, a totale discapito di mia madre, senza che le si potesse opporre il minimo rifiuto.

Una gatta, che a noi tutti, è apparsa subito per davvero bella, morbida, flessuosa, di un pelo maculato a chiazze bianche e nere; il capo tondo, una lunga coda scura.

Sulle prime, a dire il vero, tranne che a mia sorella perché non le si invelenisse contro, mia madre ha mostrato alquanta ritrosia verso quel dono, già prefigurandosi le incombenze che una gatta a carico avrebbe potuto comportarle; ma assai presto sia l'affettuosa discrezione con cui la felina ha preso a vivere con noi, sia l'amorevole cura di sé con cui si autogestiva, l'hanno del tutto persuasa e conquistata.

Non luride sue tracce di sporco, quali mai letti arruffati, o peggio scompisciati, nessun frustolo  escrementizio per la casa, che pulci? ma un senso della pulizia e del suo esclusivo giaciglio davvero ammirevoli. Come non amicarsi una simile ospite? E non eleggerla a fida compagna? Non farla l'ombra dei propri passi, l'umile ancella che ti è di diuturna compagnia nei rari ozi casalinghi, o nelle interminabili e monotone attività domestiche? Che mai è per lei allora, in cambio di tanto, sollecita corrisponderla nelle sue esigenze di vitto e di alloggio? Il saziarla ogni giorno di carne macinata con il latte, o l'aprirle, a sua richiesta, l'uscio di casa o la porta del granaio? Pur se la gatta, assuefacendosi, veniva inoltrando sempre più di frequente le sue perorazioni di cibo, ed anche nel cuore della notte sopraggiungeva a graffiare con le zampette la porta della stanza di mia madre.

" Oh, la sentissi, di notte, come insiste finché non le ho aperto! E' in tutto come una persona. E' così affettuosa e intelligente! Si fa intendere, lei, nelle sue esigenze! Le manca proprio solo la parola. Ti guarda con un'intensità che ti commuove, è un lamento il suo miagolio !...  Come si fa a resisterle? E poi è tanto pulita!".

 

 

 

 

E' allora l'inverno scorso, la nebbia grava spessa sulle strade e sui vuoti campi intorno, e così da mesi, chiuse in casa, mia madre e la sua gatta procedono d'intesa.

Io stesso, nel frattempo, per quanto di carattere sia riluttante agli uomini come ad ogni altra specie di bestie, grazie a mia madre ho iniziato a presagire una certa simpatia per l'animale; e la gatta, accortasene ben presto, con che amorose sue scodinzolate dei miei arti inferiori, ha principiato a inoltrare pure nei miei riguardi le sue sollecite richieste, non senza sortirne un qualche timido effetto.

Invece mio fratello, ma ancor più mio padre, le resistono oltremodo ostili.

Mio padre considera soprattutto quanta carne macinata la gattina consuma; e basta questa idea, sia pure da sola, a inibire ogni sua minima empatia per l'animale.

L'inverno nebbiosamente è trascorso; e benché in ritardo, è smontato alfine al cambio con la primavera: stagione che con i venti favonii e la fioritura dei frutici, suscita procellosa le più incoercibili libidini animali.

E' la stagione torpida che le bestie vanno in calore; ed al richiamo anadiomenico anche la nostra micia ha corriposto propensa. Da un giorno all'altro disertando di continuo, fuorché a pranzo, quella che già pareva l'antica sua dimora di sempre.

Noi in famiglia ci si abbandona per celia, ridendone, ai più facili umanamenti della sua condotta libidica.

Allorché chiedo alla mamma ove sia la gatta," A fare la vita, o bella!" mi risponde, " dove vuoi mai che sia, quella, " puttana  è...";  in questo, con la più gaia animazione, lei assumendo una divertita inflessione sicula, ambo le "t "della dizione di "puttana", permutandone i tratti pertinenti, da lei schiacciate bene con la lingua contro il palato: a significarmi nei confronti di siffatta considerazione della gatta, assurda quanto retrograda, la sua più completa estraneità.

 

 

 

 

E si seguita così superioreggiando, ameni, finché una sera, dopo giorni di assenza, la gatta non ci ritorna evidentemente incinta. Chi sia il padre non tardiamo ad accorgercene ben presto; è il gatto stesso di mio zio, che quale ideale sposo e padre in sollecita attesa, con che squisito senso innato di responsabilità, cred'io, notte e giorno siede in permanenza dinanzi a casa nostra. La qual cosa invero ha commosso me e mia madre, anche perché il gatto è uscito orrendamente scorticato, sul culo, da uno scontro sostenuto  con il suo protervo genitore, il vecchione anch' esso voglioso della stessa micia, pur se, a quanto pare, con un esito del tutto nullo.

La qual cosa ci ha riempito l'animo di soddisfazione.

"Quel vecchio sporcaccione..."

Ma mio padre, impietoso, ha provveduto a squarciare il più tenero intessersi già di sentimentali velami, tra me e mia madre, prematuramente disvelandoci quali ( ahimè) fossero i saturni intenti del gatto in attesa; al che, mia madre, ha raddoppiato alla porta la sorveglianza.

In capo a varie settimane, gonfia e pesante, la gatta ha manifestato i chiari sintomi dell' imminenza del parto; sicché mia madre le ha approntato un'apposita scatola-parto, su in granaio, onde la gatta potesse partorire nella quiete più calma.

E il giorno seguente ve la ritroviamo con cinque gattini.

E' stata un'orrenda notte fosca, fuori sbisciavano in cielo

i lampi, un grecale gelido fischiava fra i campi; ma quando di nuovo generata dal Crepuscolo sorta è Aurora, tutta irradiata in cielo di bagliori rosa, già caduto è il vento ostile, e il cielo splendido, e turchino, irradia una domenica da Week-end ai Lidi.

Mia madre fa alla puerpera le felicitazioni del caso, intenerendosi alla sollecitudine con cui giace a riparo dei neonati, i piccolini come suggenti avidi dalle sue tettine.

- Micia ! Vedi che bei micini hai messo al mondo? Sei contenta? Eh..?"

Ah, che gridii e che sommessi andirivieni...

Ma già al volgere del giorno seguente, risorta di nuovo omerica l'Aurora, di nuovo irradiata in viso di bagliori rosa, con essa la brutalità delle cose, pur se timidamente, già affaccia in tutta la sua dispietatezza quel suo capino atroce.

Possiamo noi forse conservare tutti e cinque quei gattini? Si rischiara, fra le nebbie più rade, la più crudele incompatibilità del caso. Che si possa noi conservare tutti e cinque quei gattini, già è evidente, dopo Leibniz, che è comunque un incompossibile: cinque gatti, in una casa laboriosa, di uomini  per mia madre continuamente da accudire e da sfamare, già è un absurdum in sé e per sé. Per tacere dello sporco, della carne macinata d'uopo, delle pulci che potrebbe diffondere dovunque la covata... delle sue pisciate innumeri sugli oleandri in fiore... Davvero no! E poi la genitura si prospetta come la prima, ahimè soltanto, di una lunga serie di plurime proli...

No e poi no! E' mia madre stessa, la più diretta interessata, che per prima si è posta e per prima ha risolto, con decisionismo impavido, la salomonica questione che si impone: tre gattini saranno fatti impietosamente annegare, e due lasciati alla loro genitrice  perché li svezzi; tuttavia, per parte nostra, impegnandoci successivamente a mantenerli per poi venderli. Ma quanto le costa tale risolversi!

" Che ipocrisia,- sospira dolente.- Solo ieri le facevamo tanto festa per i suoi micini, ed oggi già stiamo pensando ad ucciderglieli!"

Sempre lei stessa, due giorni dopo, si è assunta l'ingrato compito di commissionare l'annegamento, profittando di una repentina assenza della gatta.

" Ho salvato i due più belli, quelli con il pelo bianco e nero, mentre ho fatto uccidere quelli grigioni. Avevo il cuore che mi si spezzava. Perché questi, invece che quelli, mi sono detta? Con che diritto li scelgo? Ed adesso, sentissi la gatta come li va cercando! Oh, è terribile!"

 

 

 

 

Lei, proprio lei la sua solerte amica, sottrarle i gattini e farli annegare...

Tre giorni invano, miagolando, la gatta richiamò per la casa i tre gattini; tre giorni invano, con lo sguardo, interrogò proprio mia madre per saperne il caso; poi, più che il dolore poté l'oblio. Gli animali più ancora degli uomini, infatti, hanno la forza attiva di dimenticare ...

Mia madre, incolpevolizzatasi, già in preda a tormentose ambasce, di riflesso ne ha tratto confortevole sollievo. Nei giorni innanzi, se l'incrociava, aveva perso anche il coraggio di reggere l'incontro con la micia. Così invece se ne è fatta una sua ragione anch' essa e vi si è rassegnata .

Già volge un mese che la gatta ha partorito, quando un vicino in preda ai topi più accaniti, si è offerto di allevare i due gattini che ci sono rimasti.

Oramai il granaio ne è invaso di pulci, ed i micetti rivelano un bisogno di latte e di carne ch' è continuo, fanno la piscia ovunque capiti per casa, rovinando imperturbabili vasi e fiori; sicché, dispiegatasi in tutto il suo rigoglio, nuovamente la chiara voce dell'interesse fa sentire appieno le sue ragioni vibranti. Per bocca innanzi tutto di mio padre. E mia madre, pur dolendosene, non ha opposto alcuna vera resistenza. Tanto più che ha provvisto lei stessa, con nera foga, ad orbare nuovamente la gatta dei mici superstiti.

Ora ne sono nuovi pietosi lai, la gatta cercandoli invano per i solai. E sono nuovi tormenti e pene di mia madre.

Una volta che la gatta è venuta a cercarmi, e che io le ho gettato della carne : "Non è la carne che vuole- ha gridato sordamente- Sono i suoi bambini che cerca!".

Né si risparmia di muovere nuove rampogne a mio padre:

"Potevamo almeno attendere che lo svezzamento fosse terminato, che il suo legame con i gattini fosse finito... Così invece... E se resterà di nuovo incinta?  Perché lei, mica starà ad attendere! Dalle il tempo e l'estro, e la troverai in strada già di nuovo a gatti! Oh, quella puttana..."

Mi hanno sorpreso per davvero, nella loro enunciazione, tali ultime parole. Poiché non vi traspariva più alcun tratto palatalizzato di una superiore ironia...

Il termine "puttana", questa volta, è stato da lei pronunciato senza la minima estraneante inflessione sicula.

Mondo umano e mondo gattesco, infatti, rientravano oramai per lei, gutturalmente, in un unico ordinamento morale del mondo, ove all'uomo ed alle altre bestie era giusto applicare l'identica severità di giudizio.

Forse mia madre moralizzando, ho supposto, cerca di trasferire nella gatta il proprio tormentativo senso di colpa. E ne ho un moto intenerito di pietà.

Congiuntamente una trasformazione notevole viene in lei subentrando, nel comportamento che riserva all'amica felina di un tempo.

La tratta sempre più con sufficienza, a volte davvero con ruvidezza, addirittura in certe circostanze con mala creanza. Non è certo più sollecita, come un tempo, a soddisfarne le diuturne necessità- spesso si fa attendere a lungo prima di sovvenirle, e quindi la serve con evidente fastidio, o se la micia ritorna a farlesi d'appresso: "Ma che vuole ancora quella lì?" le inveisce incontro con sgarbatezza.

E quando di notte la gatta viene a grattare alla sua porta: "Lascia che gratti fino a consumarsi le unghie", schernendola le sibila contro.

Ora l'accesso al granaio le viene vietato, e se esce di casa è lasciato al suo ingegno di gatta il rientrarvi.

"Quantum mutatum ab illo" è l'idillio di un tempo! E quanto già si sono deteriorate, tristemente, intese cordiali che nel tempo parevano impresse "ex aere perenne"!

" E se resta senz'altro incinta un'altra volta?"- chiede mia madre di sovente a tavola- E' sempre a spasso quella stradaiola!":

Nel timore di tale eventualità sicura, ch'è la sua ossessione, si è provveduto ad interpellare frattanto il nostro veterinario, per adottare le opportune misure anticoncezionali.

Ma egli scettico ha scosso ripetutamente il capo.

Potevamo provare a metterle le mutandine, ci ha consigliato; ma l'idea è stata subito scartata. In qualsiasi modo, supponevamo, se le sarebbe sfilate di sicuro.

Pertanto non sono trascorse due settimane, che la gatta si è ritrovata di nuovo gravida.

" Se dovesse fare tanti gattini quanti sono i gatti con i quali è stata- censisce mio padre- dovrebbe farne almeno quindici".

" Quindici in Italia- osservo io- sono sempre meno che in Ispagna mille e tre".

Poi ne sono nati solo due, nel nostro negozio, ove mia madre li ha trovati inaspettatamente un certo mattino. Questa volta la gatta ha partorito sul nudo pavimento, nell'indifferenza più generale, senza più l' ambito confortante di alcuna scatola-parto.

E mia madre, a proposito dei mici, neppure si è posta il problema se conservarli. Un gatto, quello paterno, già attendeva impaziente sull'uscio.Sventurata mia madre gli ha aperto...

 

 

Ma la vista di quei cadaverini lacerati, doveva risvegliare più acuti i morsi della sua coscienza. E gli acuti morsi di coscienza, insopportabili, dovevano venire in lei tacitati da un senso ancor più brutale delle vicende bestiali.

" Dalle tempo anche solo due giorni, e vedrai come se ne andrà di nuovo spensierata a gatti!", è quanto animatamente lei mi ribatte,  ogni qualvolta la micia, incessante, in mia presenza le si rivolge quale una pietosa Niobe domestica, chiedendole invano conto della perduta prole.

Tempo invece due giorni che a tavola " Se ci resta un'altra volta incinta, quella là, io non posso più sopportare di farle morire i gattini", ci vuota il sacco disfogandosi, " Non ce la faccio più a vederla soffrire tanto, in cerca di loro inutilmente. Dobbiamo ad ogni costo farla sparire!..."

Da noi altri maschi in famiglia, ovviamente, riguardo ai suoi oneri domestici altamente irresponsabili, questa sua intenzione è stata sentimentalisticamente disapprovata; ma  lei, ugualmente, il mattino seguente ha incaricato un ragazzo di trasportare l'animale al di là del fiume. Donde la gatta è ritornata quindici giorni dopo.

Aveste allora visto mia madre, in tale lasso di tempo ammutolita triste, come è sbiancata vacillando quel mattino,  quando aperta la soglia all' atto di una mia partenza, la micia se l'è ritrovata di fronte fedele e stanca.

" Me l'avevano detto i ***! Loro una gatta l'hanno fatto trasportare addirittura a trenta e più chilometri di distanza, ed a loro è ugualmente ritornata!".

Anche se si sforza di dissimularlo, del ritorno della gatta mia madre è radiosa e commossa di intenerito rimorso. In virtù del solo senso di orientamento dell'animale, un peso intollerabile le è stato risollevato. Anch'io, a dire il vero, ne sono contento e in certa misura toccato, anche perché è avvenuto frattanto che la gatta, ben conscia, già dopo la prima infelice genitura, dell'astio ancora di sé inconsapevole che mia madre le riservava, da allora abbia cessato opportunamente di interpellare solo lei in famiglia, per fare sempre più affidamento anche alle mie cure; sicché, devo confessarlo, alla micia mi sono venuto pressoché affezionando.

Ma pur se felice e risollevata, mia madre, a volte,- già gli olmi ingiallano le fronde-, insiste alla finestra silenziosa e muta.

"Chi l'avrebbe mai detto, - l'ho sentita un pomeriggio mormorare- ch'io sarei giunta a volerla fare morire".

E lungamente, sospirando, poi ha seguitato a cucinare e meditare.

Con che amore, di tanto in tanto, guardando la gatta a lei d'accanto, in una cesta al caldo affusolata.

E' ora autunno. Si tempera la calura, evaporano i campi arati, migrano le rondini verso soli lontani, mentre s'inibiscono le foie degli animali restanti. Così per un inverno, accanto alla stufa, dorme la gatta destini tranquilli.

 

   

 

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