alla pagina della copertina

 Tempi di guerra

 alla pagina iniziale della raccolta

 

 

Voci irakene

"Siamo sotto attacco"

"Elicotteri, aerei dappertutto"

" Stai calmo, mettiti al riparo"

"Hanno sganciato, moriremo,  Dio onnipotente stiamo per morire"

" Sei al coperto? Sei al coperto, rispondi"

"................."

 

Ma tu non puoi mentirti, nell'unirti al coro,

che cosa senti all'odore fresco,

quando di urla sanguinolente, in notti di morte,

è il disumanarsi nell'attacco dell'attesa certa.

 

Da lui erti in ostaggio agli avamposti

s' insorge che siano una barbarie

gli scudi umani,

nell' ira delle dominazioni, di cui dal cielo,

assenti alla potenza di fuoco ininterrotta.

Sei con la loro morsa

nell'abbattere la sua nera forza che invigorirono,

al cui proclama infuria nella polvere la cecità reietta,

 

per il Dio di tutte le carneficine

il Toro imbestiandole a morire.

Ingravidato dai mercanti delle democrazie

il ventre di ogni guerra lo ha generato,

ed ora  schiantarlo per chi lo ha smisurato

eleva il costo di innumerevoli vite,

                                -

Nei suoi gridi di guerra è sempre più vinto

il fetido abominio che emana terrore.

Sotto l'Apocalisse che disseminano i laser

resta soltanto la sfinita attesa

della carneficina ultima,

quando esplodano i corpi nei giardini di morte,

li resechino a mezzo le ballerine vaganti,

per quattro dollari l'una dai nostri mercanti

gli spaccadita dei piedi dei nostri ragazzi.

Alla corte degli ayatollah, prima di smembrare il Toro,

cercano intanto una via d'uscita

per il fratello vinto,

                               -in attesa del loro turno, i sicari alleati,

cantandoci la loro canzone:

" Quando il mio M-40 sparerà

*la sua vita se ne andrà,

                                         miro dritto al mio obiettivo

e della sua testa nulla resta,

ohi, nel paese camminando

delle meraviglie dei cecchini..."

 

La devastazione aerea seguita ancora

ventiquattrore su ventiquattro sulle sue città,

mentre il suo grido proclama che resiste ad ogni attacco

a chi la valanga d'ordigni viene massacrando.

 

E quando l'atrocità getta la maschera,

- pure all'acredine  dei resti dentro il bunker,

fosse o meno una sua trappola,

può ancora la risoluzione di morte

più che ogni shock che dica basta...

 

Oramai, per il balzo,

non si attende che la notte senza Luna,

nell'aureola verde

quando la corona mortuaria irradierà i suoi militi,

e ogni loro istante sarà una trappola minata,

 

la convulsione protratta di indugi e di guerra,

mentre se non può più che perderla

il satrapo brucia la terra sottratta,

e le sue orde, nelle atroci città,

sotto un cielo di catrame

si urla che fanno a pezzi le prove umane,

con la preda territoriale ogni voce d'orrore,

 

superata la deadline

finch'è il via, il grido finale,

 

nel silenzio sigillato della sala di concerto

il violinista in un a solo senza maschera,

 

l'ora della resa o la morte

che si fa la rotta senza fine delle truppe di Aman,

e già è il giorno della liberazione

nella purificazione della gloria di Ester,

 

al sortire da buche di feci infette

"pane ..." " sonno..."

implorando i disfacimenti del criminale,

dentro le carcasse della sua disfatta

quando non resta che raschiare i brandelli,

i superstiti corpi

nei sacchi di plastica abbandonati al deserto.

 

Ed ora, spose o madri o giovani figlie,

che almeno il vento che soffia nel niente

risparmi quelle assicelle a chi le pianga cercando.

Vagandone l'anima sui loro passi

nello sterminato deserto insieme congiunta.

 

*

 

 

Nella rotta delle schiere ribelli

 

Nella rotta delle schiere ribelli

è ora l'orrore della necessità

lasciare che i morti seppelliscano i morti,

a che desista la sua ferocia superstite

consentire che i capi la suggellino

con le loro labbra.

Ma fra gli scampati, nel terrore dei succubi,

non ha fine il freddarsi all'adiaccio,

il lutto a dirotto sui sudari interrati.

Quando ogni forza ora è una congiura

che unanime è contro lo smembramento del satrapo.

E nelle accensioni delle capitali

già non è più traccia dei carboni dei resti.

 

Aprile-maggio '91


 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Tempi di guerra

 

 

Teste


 

 

Mafia

 

Mafia

 

 

 

Nei suoi giorni battuti senza tregua

cercava scampo alla porta della madre.

Di chi più fidarsi?

E lei gli ha aperto, senz'altro,

per tradirlo nelle loro mani.

Ora la mannaia, anziché i tranci,

con la testa ne ha spiccato l'onta.

Il suo taglio per un'intera notte di sangue

é stato balenato all'infame della sua famiglia.

In due sacchi di plastica, spaccati,.

i resti sotto la sabbia della Plaja alla moda.

Catania   90-91

Sulla morte del baby-killer Mazzeo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Teste

 

 

 

Camorra

 

 

"A doverlo tenere, nel legare,

era una convulsione  ogni suo muscolo.

Sudava anche la merda in un continuo spasimo.

Dicono i giornali, di quel fetente,

che la sua testa sia saltata a decine di metri.

E' stato il diretto in orario prima della mezzanotte."

 

 

 

'Ndrangheta

 

 

"... quando, visto il suo coltello,

gli è venuto il gusto di staccargli la testa.

Lui con quello, ogni giorno,

sai quante ne aveva staccate da macellaio.

L' espressione che teneva era tale,

come ne ha sollevato il grugno,

che l'idea ci è subito saltata in mente.

Al secondo colpo ho fatto centro.

Ma con la gente per strada e già spappolato

non si poteva lanciarlo ancora per aria."

 

Taurianova '91

 

 


 

 

 

Recrudescenze


 

 

Russo-moldavi

 

 

 

Sul tavolato, nella stanza umida,

sono nudi i loro cadaveri.

Nessuno di loro ha più di vent'anni.

Nessuno sa chi fossero.

Solo di certo erano nemici.

giugno '92

 

Nei Balcani

 

 

Dubre

 

Come ha rialzato la testa, oltraggiato nel ventre,

l' hanno sgozzato sotto gli occhi del padre.

Lo riportano solo poche righe di un  trafiletto.

Anche se è lo stesso dovunque

un altro sia " dubre",

cosa disgustosa, spazzatura.

 

Variante:                                         

Anche se è lo stesso che è possibile             

dovunque un altro sia " dubre",                  

cosa disgustosa, spazzatura.                     

 

 

IL coltello

 

Il suo coltello

lui non ha avuto ancora il tempo di ripulirlo.

Nell'osteria ripete intanto

quanti sono i serbi ai quali oggi

ha tagliato la gola.

Come l'oste l'ha tagliata all' agnello che di fuori

stanno scuoiando.

-" Ma come, fratello, uccidi anche me?

- Mi ha supplicato quello di ieri

che mi ha riconosciuto.

" Anche i tuoi figli.

Tra vent'anni, forti e grandi,

farebbero lo stesso a me e ai miei figli."

Sotto la pergola ride d'intesa

il giovane sdentato.

Suscita intorno ammirazione

quant'è fulmineo nell'estrarre il pugnale.

" Voglio vederlo il cannone che mi nascondi"

ha detto a quel ragazzo che l'aveva nel fienile.

-" Certo, che in cambio ti lascio vivere.-

Ma quando tremando ha tolto il fieno dall'imboccatura

a questo non doveva girare la schiena-

E alla sua mano che ne ostenta la lama

si ride tra le scuoiature degli agnelli.

 

 

 

Mirsada

 

Anche oggi, nell'alba,

i suoi passi inseguono l'alloro

fra il fuoco nemico.

Può cadere ad ogni istante la sua falcata di corsa,

fra l'erba dei parchi o all'incrocio dei traffici.

Anche oggi, appena rientra in albergo,

telefonerà che è ancora viva,

- che la sua libera chioma di musulmana

non sanguina ancora fra gli scalpi.

1992

 

 

 

Mostar

 

"Arrivati al decimo,

quando Azra gli ha risposto che era stanco,

il cetnico ha riso scaricandogli una raffica in faccia.

Io all' istante mi sono gettato dentro,

così agli spari che sono seguiti

quello mi ha preso per morto come gli altri.

All'alba, quando ho sentito voci,

tutta quella terra ci è stata buttata addosso.

"Non posso così finire

sepolto vivo", ho seguitato a ripetermi,

- a poco a poco, come ho potuto,

strisciando nella buca fino a riavere l'aria.

Undici giorni, senza respiro,

presso i corpi degli altri che si disfacevano.

Per non essere avvistato dai reparti intorno

potevo accostarmi solo al fiume

a bere acqua,

strappare delle erbe e delle radici vicine.

Poi quell'altra voce lungo la strada, quella mattina.

" Guarda, che cosa hanno fatto della nostra gente!...

" Ma questi sono i miei" , mi sono ...

" Aiutatemi" ho fatto lo sforzo di dire.

Allora è stato ***, del casamento che mi stava di fronte,

il primo che di nuovo mi ha teso la mano."

 

 

 

 

Herak

 

 

 

Inutile negarlo che obbedii

tutte le volte che mi ordinarono: " Herak,

tu li devi scannare come fai coi maiali".

" E' per il morale di un soldato

che prima tu ti devi fare apprezzare

dalle musulmane".

Fu così anche di quei cinque che si scavarono la fossa:

" Non si devono lasciare testimonianze".

E ci dissero di ucciderli tutti, anche le vecchie e i bambini,

di quella famiglia tremante scovata in cantina.

Prima spogliandoli di tutto.

Ora lo capisco che mi hanno ingannato

con la storia del bordello delle serbe di Serajevo.

No, io non sono stato che un soldato.

E anche al di sotto della media.

Ma dopo quello che ho commesso

è la cosa giusta che mi mettano al muro.

Sono già a ventun anni

un assassino di guerra di venti persone".

 

 

 

Dopo l'ultimo

 

Dopo l'ultimo di loro, di lui ripulendosi,

lei ha chiesto di riavere il suo bambino.

Loro, nel freddo androne,

a questo si sono guardati come d'intesa.

A lei, ancora a terra,

allora tra le sue gambe uno dei cetnici

ha gettato l'involto con la sua testolina.

Natale 92

 

 

 

 

 

Viltà coi serbi

 

Mi è stato  esemplare studiare le mie ed altrui reazioni alle impunità dei massacratori serbi, per verificare di quali viltà sia istantaneamente capace lo spirito di resa, pur di giustificare gli attendismi del mancato intervento e la complicità di fatto.

Basta infatti che l' aggressore non effettui tutte le atrocità di cui lo si è reso capace, perchè alla viltà, che deve darsi una ragione, solo per questo egli sembri dotato di una sua umanità apprezzabile, di una lealtà militare che gli va riconosciuta e che giustifica le trattative ulteriori; invece di un intervento più rapido per il suo pronto disarmo, l' iniziativa diplomatica dunque trattando alla stessa stregua l' aggredito e l'aggressore, chi è profugo, e sotto assedio, e chi seguita contro di lui nel genocidio della pulizia etnica.

E dunque è in quanto che Mladic, e le sue orde, selezionano le donne da stuprare e i combattenti da sgozzare o da finire con il mitra, o in quanto che i caschi blu vengono pur sempre da loro rilasciati, dopo averli costretti a ringraziare chi li ha tratti in ostaggio come dei potenziali scudi umani, che la viltà occidentale può reperire di che sostenere la trattativa con essi, che tanto più per questo, incontrastati, perseguono nient'altro che la soluzione finale, e che può reperire anche di che scagionarsi, ritorsiva, di avere inteso usare le armi contro gli sterminatori etnici che avanzano ancora.

 

 

Piccolo mondo antico

 

Piccolo Mondo antico

 

 

" Faranno pur qualcosa...", " non è possibile che seguitino ancora ad assistere inermi e a non arrestare il massacro..." è l'assillo con cui da mesi mi risveglio ed inizio ad ascoltare i telegiornali, i notiziari che provengono dal paese lager.

E invece da parte degli "occidentali" non si decide, si rinvia, si auspica e ci si rimette a...mentre le prossime vittime bosniache, benché di tutto disperino, eppure ci chiedono perché siano lasciate preda dell' aggressore, non appena la loro enclave cada da un momento all' altro, (e*) perchè possano finire avviate al macello o deportate o in fuga, senza che nessuno effettivamente intervenga, intanto che l' aggressore serbo con il quale si dovrebbe riprendere la negoziazione nonostante tutto, secondo l' Occidente,- per tentarne, si balbetta, una "dissuasione morale",- nemmeno è disposto a consentire l' evacuazione dei vinti,- altrimenti come potrebbe rapinarli e torturare, stuprare e sgozzare ancora ? Spogliatili di tutto, e fattosi gioco anche dei cadaveri dei loro militi vinti(*)?  Zepa come già Sebrenica, e poi Goradze e Sarajevo...

E altri Milosevic e Karazic, e Mladic,  attendono o già crescono nel folto del bosco , e non aspettano che di vederli, questi loro prototipi,  passare di carneficina in carneficina fino alla grande Serbia finale, prima di attentarsi a conquistare anch'essi la loro terra col sangue, forti del protettorato su tutte le Russie del macellaio di Cecenia.

" Abbiamo tracciato una linea rossa nella sabbia", è tutto quanto è giunta a intimare la renitenza occidentale ai serbo- bosniaci, che ora sanno quanto sia fermamente tracciata, una linea così impressa sulla volatile sabbia.

Come attesta il fatto che non basta neanche l' uccisione successiva e mirata di  caschi blu francesi, neanche il dispiegamento totale del fuoco  d'attacco dei serbo- bosniaci, a evitare che gli occidentali anziché risolversi,  si dividano anche su che mai eventualmente colpire in un raid aereo-

e seguitino anzi a rassicurare chi avanza nel massacro, ribadendogli, che se sono episodicamente intervenuti, è solo per proteggere i caschi blu in trappola, anziché le popolazioni che ne sono state disarmate e lasciate sterminare, che non un solo loro proiettile ha tuttora di mira gli aggressori...

 

E quando il mondo si riduce a tale scenario, ed anche per chi è più inumano si fa un peso insostenibile assistere ancora inermi a tanta atrocità, non v'è più scampo al senso storico, e al disgusto antropico, che  la propria vita sia stato solo l' essere partecipi, più inermi che complici, al divenire del natio borgo selvaggio un villaggio globale  zotico e vile,- ove i capi del mondo balbettano, irresponsabili, anche di fronte al lager Bosnia che estende i recinti, e la miseria ch'era già strage d'anime e di porci, nel proprio luogo indigeno, in tal modo, per l' identica infimità di chi ci governa, si è fatta partnership del genocidio, planetaria...

 

 

Con preghiera

 

Alla redazione della Gazzetta di Mantova

 

Vi invio con preghiera di pubblicazione, se è possibile in concomitanza con la manifestazione in solidarietà con la Bosnia del 26 luglio 1995,  i seguenti testi su quanto vi è in atto, che non sono che la versione poetica dei racconti d' orrore di  profughi da Sebrenica nella tendopoli di Tuzla, quale li hanno trascritti gli inviati Nuccio Ciconte, dell' Unità, e Giuseppe D' Avanzo di Repubblica, raccogliendoli tramite interpreti.

Dell' orrore bosniaco ho voluto così formulare in diretta la sola parafrasi, poichè è la più nuda vulgata, appunto, la rilevazione attraverso la forma più semplice e spoglia d'ornato, che s'addice all' orrore e può denunciarne l' insostenibilità.

Ossia che non possiamo mangiare e dormire come se non stesse intanto accadendo. Ora a Zepa o nelle altre enclaves e a Sarajevo come ancora a Sebrenica.

 

Odorico Bergamaschi

insegnante

 

 

Per Alì che non ne parla

 

Per Alì che non ne parla

 

 

 

Per Alì che ha perso la parola,

Alì che ne ha l' orrore negli occhi e nella mente,

è Azra Salkic che ne fa il racconto.

I cetnici li ha visti lei stessi, a Potocari,

quando di fronte alla madre di Alì

perchè desse a loro tutto l' oro, e i marchi,

che implorava in lacrime di non avere,

hanno annuito e il coltellaccio che vi era puntato

nella gola del bambino più grande ha aperto lo squarcio.

La madre precipitandosi

gli ha messo sulla gola e intorno le mani,

quasi potesse fermare tutto quel sangue.

Tra i commilitoni che ne ridevano,

uno le ha allora urlato come a una bestia:

" bevine il sangue che hai sulle mani,

e salvi la tua vita e degli altri tuoi figli".

Lei si è fatta calma all' improvviso

ed ha cominciato ad obbedirgli.

Nel leccarsele

non piangeva e non gridava neanche più...

quando si è avventata d'improvviso sull' altro figlio

e con le sue stesse mani lo ha strangolato.

Piuttosto, deve essersi detta,

che anche lui fossero loro ad ucciderlo...

Seguitavano a deriderla quei cetnici,

quando ha ripreso a urlare fuggendone  via.

Alì che non ha ancora quattro anni

ha visto tutto e non ha pianto una lacrima.

Si è lasciato prendere per mano da una vicina,

e l'ha seguita fino a qui.

Da allora non parla e non mangia più.

Non una parola, non una lacrima".

 

Coautori

Azra Salkic

Nuccio Ciconte

Odorico Bergamaschi

 

 

 

Il sangue di mio figlio

 

Sembravano calmi, ci tranquillizzavano,

mentre dicevano di volere solo il nostro denaro,

di sapere dove fossero nascosti i nostri soldati.

Tuo marito...E i tuoi figli più grandi?

Esmir di venti, Ahmedin di quindici.

Che potevano saperne quei miei bambini?

E loro a insistere, non più calmi,

a urlare, a minacciare.

"... Siete dei terroristi musulmani anche voi, se non parlate,

che andate a uccidere le donne e i bambini serbi

nei villaggi qui intorno..."

Chi aveva più la forza di una sola parola?

Ma piangere no, perché questa soddisfazione non volevo dargliela.

Avevo stretti intorno i miei bambini più piccoli,

come me zitti, senza fare parola.

Ma hanno cominciato ad urlare

quando hanno visto portare via il padre e i miei due bambini più grandi.

Che noi restassimo in casa, non ci muovessimo...

 

Dopo quando, due ore, due minuti?

ho sentito le urla, che sparavano...

"Li hanno riuniti tutti dietro a casa, ce li ammazzano..."

é venuta gridando una mia vicina.

Fuori c' erano i soldati serbi,- com' erano giovani-,

le donne che urlavano per strappargli i loro uomini,

 

e tra loro Esmir, " moje dijete",

il mio bambino più grande,

che li lasciava fare senza dire niente.

E mio marito? E Ahmedin?

......................

 

Li ho cercati con lo sguardo intorno,

e  appena mi sono rigirata vedo a Esmir,

come avevo spavento,

il collo e il petto  già pieni di sangue.

Ma era ancora vivo, "moje dijete"

il mio bambino che m'avevano sgozzato.

E lui, ch' era così alto e robusto,

ha avuto ancora la forza di stringermi a sè.

Io che piangevo, e urlavo,

mi sono allora ritrovata, sul suo collo,

col suo sangue che mi entrava in bocca,

rosso e caldo...

Si, ho bevuto il sangue di mio figlio,

rosso e caldo...

 

"Non piangere, mi diceva intanto un serbo, quella belva.

Anche se era sangue musulmano

non ti farà male il sangue di tuo figlio".

 

Mi hanno anche spogliata prima di farmi salire

perché non mi si vedesse col sangue del mio bambino addosso.

Ma non era la mia carne vecchia che volevano.

Hanno scelto per quello sei o sette ragazze

che hanno fatto scendere,

spogliandole di fronte a tutti

prima di portarle via.

Una mia vicina mi ha detto che si sarebbe uccisa, lei,

se avesse dovuto bere il sangue del figlio.

Come potevo vivere ancora?

Ma io, le ho risposto, ho ancora altri quattro figli.

E' a loro che devo pensare, non a me.

E mio marito? E l' altro mio bambino?

Sono ancora vivi? Chi può saperlo per me?

Chiedere di loro ai serbi?

Io sono una donna che non capisce niente di politica.

Quello che so soltanto

è che ci hanno abbandonato tutti."

 

Coautori

Mukelefa Husic

Nuccio Ciconte

Odorico Bergamaschi

 

 

 

 

I corpi-manichino

 

.

 

E raccontano, gli scampati,

del campo giochi dove

il sangue giungeva al ginocchio, tante vi erano di seguito le esecuzioni.

Un colpo alla nuca per risparmiare proiettili.

E di corpi ridotti in tronconi,

a dei manichini in pose ridicole senza le teste.

Le teste infilate sui pali.

E di camion e camion di cadaveri,

mentre intorno si braccavano i profughi.

Raccontano di bosniaci in fuga che disperavano

e si univano in gruppi per esplodere insieme,

insieme con i feriti intrasportabili oltre:

" Ammazzami, ammazzami fratello mio..."

E chi non aveva il cuore di farlo per loro,

lasciava una bomba perché ci riuscissero da soli .

" Al vecchio che ci aveva gridato, invano,

che loro erano sopra noi, di nasconderci subito,

-( e quando per il troppo rumore che ho fatto ci hanno catturato,

che si rifiutava di gridare agli altri che uscissero fuori,

che non c'era pericolo,)-

dopo che il cetnico gli si è avvicinato

ho visto saltar via il cervello

per il buco nella testa grande una mano.

Ma nel campo di Tuzla ove racconta del fratello ucciso

la giovane che sogna e desidera ancora

lui lo sogna e lo desidera ancora

che sia bello e serbo come altri che furono.

Pertanto ella è ancora viva,

perché non altrimenti ha fissato il cetnico

quando sul pulmann ha scelto chi stuprare.

E lei era bella ma lui è andato oltre.

Anche per questo possono più loro, solo dei profughi,

di chi oltraggia i corpi senza la testa

dei loro morti.

 

Da Repubblica del 24 luglio 1995- Da L' Unità del 21 luglio 1995

 

Coautori

Almir, 15 anni, bosniaco

e sua madre

Giuseppe d'Avanzo

Nuccio Ciconte

Odorico Bergamaschi

 

 

E chi

 

E chi nel villaggio sterminava le anime e i porci,

come Dio comanda e prescrive l' ordinanza,

 

nel paese lager che ancora si appella

è chi per Noi traccia linee rosse sulla sabbia

a che vi ceda ogni fermezza all' avanzata dell' orda.

 

 

1995

 

 

 

Loro

 

 

 

 

Ne sono le vittime privilegiate,

come chi nei mercati, o alle fonti,

deve fare la fila per la mattanza,

-appena non riescono più a restare dentro, sottoterra,

vogliono pur vivere ancora,

ed escono allora, con lo slittino,

sulla neve o a giocare in un campo,

anche soltanto per un poco di cielo.

E' un attimo, il fragore...

Ne resta una scia di sangue sulla neve,

il pallore di cerei angeli nell' obitorio.

 

Per i cinegiornali occidentali

già immagini in rete in tempo reale.

Prima che nel bollettino dei morti, alla voce bambini.

 

 

Su "Loro" e su " E chi"

 

1) Chi " nel villaggio sterminava le anime e i porci"

sono le forze vili della realpolitik della civilizzazione occidentale, nel loro diradamento selettivo originario, e come trova conversione sugli scenari di guerra.

 

 

2) Nella serie di poesie sull' orrore delle guerre nell' ex- Jugoslavia, "Su loro", riferendosi agli eventi più cruenti del 1994, funge altresì da raccordo tra la fase originaria e la ripresa del tema civile alcuni anni dopo, in altri scenari ove la la "loro" mattanza tuttora si compie.

 

 

Africa e Americhe

 

 

Integralismi

 

 

 

La mente, ch'era già nell'agone del gioco,

è alla pagina venti, su due brevi colonne,

che sa di bambini fatti a pezzi,

infilati sui ganci,

a Ouec Bouicha, a sud- est di Algeri.

Vi hanno reso a brandelli così i lattanti.

Perchè non vi sia mai per essi una Resurrezione,

come il cacciatore di indiani secondo le cronache

spara negli occhi dei loro cadaveri.

Accanto al referto(,) che ispirato anch'egli alla fede

per "motivi umanitari" un angelo della morte americano

di uomini e donne terminali ne ha sterminati cinquanta.

29 marzo 1998.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Integralismi

 

La mente ch'era già nell'agone del gioco

è alla pagina venti, su due brevi colonne,

che sa di bambini fatti a pezzi,

infilati sui ganci,

a Ouec Bouicha, a sud- est di Algeri.

Vi hanno reso dei brandelli così i lattanti.

Perché non vi sia mai per essi una Resurrezione,

come il cacciatore di indiani, secondo le cronache,

spara negli occhi dei loro cadaveri.

E otto donne le hanno ritrovate aperte a metà.

Un giovane, mani e piedi legati e decapitato.

Un vecchio di sessant'anni, in un  altro villaggio,

davanti alle vittime succesive lo si è macellato.

Può leggervi accanto,  che ispirato anch'egli dalla fede

per "motivi umanitari" un angelo della morte americano

di uomini e donne terminali ne ha sterminati cinquanta.

29 marzo 1998.

 

 

Lunedì 5 maggio 1998, sul Corriere della Sera

 

Lunedì 5 maggio 1998, sul Corriere della sera.

 

Si sa adesso anche del fax, che avvertiva in tempo,

che si proscrivevano i Tutsi, se ne armava il massacro.

Cinquemila militi, le Nazioni Unite,

e scampavano in ottocentomila.

" Vogliamo che sappiate,- inutilmente-,

che domani saremo assassinati con le nostre famiglie."

 

 

 

 

Sierra Leone

 

 

 

" E' in un secchio che li rimescolavano,

che tu dovevi estrarre il tuo foglietto,

con scarabocchiati una mano sinistra,

un occhio,

un braccio destro, un'intera testa.

Sul mio

c'era una mano e mi hanno così ridotta."

All' intervistante, tra le altre ragazze,

Isatu Kanu sollevando il suo moncherino.

" Ognuno si sceglie la sua sorte"

gli uomini in rotta dicendole di Koromaal.

 

Da Repubblica, 30 maggio 1998


 

 

 

 

Indice

 

 

1. Tempi di guerra.

1.1. Tempi di guerra.

1.2. Nella rotta delle schiere ribelli ( Kurdistan)

 

2. Teste

2.1. Mafia

2.2. Camorra

2.3. Ndrangheta.

 

3. Recrudescenze.

3.1. Russo-moldavi.

3.2. Dubre.

3.3. Mirsada.

3.4. Mostar.

3.5. Herak.

3.6. Dopo l'ultimo.

3.7. Viltà con i serbi.

3.8. Piccolo mondo antico.

3.9. Con preghiera.

3.10. Per Alì che non ne parla.

3.11.Il sangue di mio figlio.

3.12. I corpi manichino.

3.13. E chi.

3.14. Loro.

3.15. Sui testi di " E chi" e " Loro".

 

4. Africa e Americhe.

4.1. Integralismi.

4.2. Lunedì 5 maggio 1998, sul Corriere della Serra.

4.3. Sierra Leone

 

Indice.


 

 

 

Odorico Bergamaschi

 

 

Invasamenti e Annientamento

 

 

 

 

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