all' indice delle opere degli anni 1997-2000

Sogni

   
   

Sogni §

 

 

Sogni

 

Nel primo dei due sogni di questa notte, forse ch'ero stato prelevato dal mio letto, nella mia dimora, o mentre ero altrimenti in viaggio nel sud del Mediterraneo? eccomi invece all'interno delle frontiere algerine, per una missione, ignoravo quale, dai cui rischi cercavo di distogliermi, ad ogni modo, già nella periferia di Algeri dov' ero giunto di primo mattino, e dove mi aggiravo, clandestino, per raggiungere gli scavi di antiche città nel deserto, situate ove non incombessero stragi e attentati,- ma come, senza passaporto e visto d' ingresso, clandestino e senza dinari algerini? La gente locale, quel quartiere erano rassicuranti, l' ambiente sembrava protetto da rischi terroristici, e il fonduk dove mi si offriva il cibo del viandante di primo mattino, era contiguo a rovine popolate di animali da cortile, che si rivelavano antiche vestigia affascinanti, in arcate di volte infrante contro il cielo. Stupefatto, ne cercavo ragguagli sulla guida, aggirandomici con cautela, perché erano di certa sulle mie tracce, messi in allarme,- autorità o terroristi? o entrambi insieme? - dall' insolito straniero solitario, sul quale dovevano essere  già state fatte delazioni, sicché temevo già da parte loro la mia cattura, nel muovermi solo sul retro delle rovine.

Mi ci ritrovavo ora fra dei cumuli sconnessi che mi proteggevano, presso le pareti opposte, così come mi proteggeva la cerimonia nuziale, con tanti invitati, cui si prestava la magnificenza di quei resti, già confuso tra la folla, di una via del centro, ma che presto sbandava, correva atterrita addensandosi a me d'intorno, all' avanzare di neri terroristi che uccidevano chiunque in cui si imbattessero nel fare terra bruciata, durante la sequenza in atto, più memorabile, del grande film sul popolo algerino.

 

Poi, era il delitto che avevo commesso di cui non restavano tracce che nel mio senso di colpa, che compromettendomi, mi faceva perdere il controllo di me in quella casa strana e nuova, in una reazione nervosa che avrebbe potuto insospettire mia madre, e perché mai, ancora, se nulla sapeva di quello che avevo commesso, di sanguinoso e feroce, in quel delitto, che era su tutti i giornali, di cui ignorava che suo figlio stesso era l'autore, quando avrei potuto reagire diversamente all' aggressione subita, non tempestare di colpi di accetta quell' uomo.

Ma ora dovevo ritrovare con lei la calma, nella mia piccola nuova stanza in cui mio raggiungeva, e ove minimizzavo con lei l'accaduto di poco prima, simulandomi felice e contento della nostra nuova vita cui era rinato mio padre, - ma che con la scoperta del' omicidio, di chi ne fosse l' autore, si sarebbe invece annichilita insieme con lui,

Lei avrebbe potuto così testimoniare che in quei giorni non aveva notato nulla di sospetto nel mio atteggiamento, alcunché di nervoso e agitato, la massima tranquillità felice, inconciliabile con il senso di colpa di un delitto.

Che tendine ridenti, con lei accoccolata a lato, - ma di chi era l'altra stanzuccia di sopra, vi era forse una presenza ostile, alcunché nascosto di compromettente?- lei che tornava a credermi affidabile, calmatomi, poco prima che uscisse con mio padre.

Io allora, per colmo di simulazione, per tranquillizzarla ancor più, così rasserenando anche me stesso, la volevo raggiungere tra la folla sfocata sul tramway successivo, che la superava, la perdeva, alla fermata ov'era scesa inaspettatamente.    

 

 

Referenziato

 

E' stato alcune settimane fa, quando tra gli annunci esposti in quella agenzia immobiliare ch' è di fronte alla stazione ferroviaria della mia città, in cui facevo  ritorno da dove vive mia madre, ho letto interessato alla cosa dalle mie necessità di trasloco, quell' inserto in cui ci si dichiarava disposti ad affittare un appartamento solo a persone referenziate.

La parola " referenziato", la quale in netta evidenza vi era sottolineata, mi ha suscitato istantaneamente un angosciato sgomento, perché mi ha fatto immediatamente supporre che se io voglio restare una persona " referenziata" sul mercato immobiliare, io che non ho sostegni o riserve o disponibilità d'altro tipo che la mia affidabilità, che s' io voglio restare un insegnante al quale le istituzioni e le famiglie consentano di insegnare, è sia ben poco quello che potrei editare.

Per poter sopravvivere pertanto nei rapporti domiciliari e professionali che mi consentono di abitare e avere un lavoro, mi era  dunque giocoforza restare un autore virtuale (sommerso), clandestino, destinato a finire i suoi giorni come gli attuali misero e ignorato; e in quei momenti, di pavidità, o di un soprassalto di cautela, mi ha risollevato il pensiero, che già mi era sconfortante, che giacerà negletto senza che nessuno lo esumi dal suo loculo bibliotecario,  quanto è già temerario che abbia anche solo prescelto di far venire alla luce, in quelle poche pagine degli albori della mia verità umana.       

 

 

Traslocando

 

Puntuale " dieci minuti prima o dieci minuti dopo, al più", alle cinque meno dieci anziché alla cinque del pomeriggio, l' altro giorno ha suonato al citofono  il ragioniere dell' agenzia di traslochi, per una stima preventiva  dei costi.

Così come in mattinata ho trovato già ad attendermi nell' ufficio dell' agenzia immobiliare che avevo prescelto, il consulente della società finanziaria ad essa incorporata, per studiarle poi tutte nei miei riguardi, inutilmente, nell' impossibile tentativo di cercare nel mio stipendio di insegnante i margini per un mutuo che mi consenta di acquistarmi una casa.

E in banca quando mi sono rivolto all'addetto , non vi era mia richiesta sui tassi d' interesse che mi verrebbero praticati se questa o quella differente forma di prestito mi necessiti( occorra) per il trasloco, o se ricorro quando vada all' estero alla carta di credito, o ai circuiti di cui vi era il logo sulla mia carta bancomat, nelle mie ristrettezze pur aprendosi uno spiraglio per andarvi fortunosamente in vacanza, alla quale egli non fosse pronto o non si sentisse in dovere di rispondermi.

Quando invece, se anziché all'interesse, abbia inteso fare affidamento ai sentimenti e al grato ricordo, a presumibili vincoli di affetto o di amicizia, ai tributi immaginari di ammirazione e di stima, quale congiunto o allievo o chi altri v' è mai, che da anni non ho smesso di attendere invano, o sul conto del quale non mi sembri che mi sia anche solo illuso, che in qualche modo mi consideri o mi ascolti. 

 

 

Que reste-t-il

 

Ieri sera, nell' imminenza della partenza, mi sono finalmente risolto a rivedere Bibò in una videocassetta, dopo che sono settimane, restio, che non torno a prelevarne il cadaverino dal congelatore.

Ma non vi ho assistito che alle riproduzioni di un povero fantasma del mio passato, purtroppo, che più nulla, nè il cospetto delle spoglie, nè le immagini dei voletti o il canto che ne risenta, può più risuscitare davvero nel presente, in cui non ne resta che un compianto esteriore.

Poco prima con l'altro uccellino, Bibì, avevo preso il fresco sulla soglia del balcone, pensando mestamente che mi mancava un uccellino all' appello, ma che era come, se anche senza di lui, oramai si fosse ugualmente al completo.

Era forse perché come da giorni mi vado amareggiando, più di quanto non ne tragga conforto, Bibì ne ha preso il posto nel mio affetto, e per me gli si è sostituito a poco a poco e definitivamente?

Forse in quanto non c' è che un identico amore, in noi, il quale amore, che un individuo umano o un animaletto volatile ne sia il prediletto, l' amato, non chiede che di reincarnarsi in un ulteriore essere amato?

E quando prende corpo in un nuovo amato, che del precedente perde anche la vaghezza del ricordo?

Forse che nel video non dicevo a Bibò le stesse paroline dolci che bisbiglio ora a Bibi, intanto che con la videocamera ne contornavo l' imperturbabilità serale sul posatoio più alto,

e nel rivederlo, distanziato dalla morte, non ne disvelavo allora soltanto a me stesso, l' alterità animale che lo rendeva indifferente a ogni mio moto sentimentale?

E quello scrutarmi, in quelle pupille, non ero lo stesso sguardo in cui ora intenerendomi vedo fissarmi Bibi?

Come se l'anima di Bibò vi fosse trasmigrata, quando è invece il mio sentimento d'amore che vi si è reincarnato.

Se così fosse, nella mia vita così avrei fatto posto alla perdita del mio uccellino, purtroppo, e lui, se è finito anche in me,  è dunque cessato per chiunque sia, non è oramai più niente, come gli infinitamente altri uccellini finiti annichiliti nel niente.

Anche se ancora lo piango, oramai che piango più di lui, se ne piango solo un' entità vagamente remota, l' ombra dell' ombra della sua vaga ombra, di cui nemmeno la riproduzione dell' immagine e del canto, neanche la salma nella stanza accanto, può più restituire la trascorsa realtà vivente, in ciò che nel suo essere era per me.

Eppure a quante altre cose che finiscono nel pattume dell' indifferenza sono tranquillamente acquiescente, mentre non so rassegnarmi, e reagisco con dolore, a che sia così anche per lui.

 

 

Ritorna

 

Eppure nel ritorno nel desiderio di ogni corpo che ho bramato,  desiderandolo come era allora, bruciante ed esaltante, ogni occasione perduta si rifà diversamente viva, di ogni corpo,  ad ogni riappello, si fa vividamente diverso l' appetito inesausto.

 

    

 

 

Di mio padre

 

 

E che debbo pur dire del mio lutto per mio padre, di fronte alla cui immagine defunta trascorro senza più struggermi, con il quale mi sento di inscenare in cimitero una comunicazione d'affetti, che se fosse reale, perché mai non potrebbe avvenire dovunque, qualora il suo spirito ancora vi fosse, anche qui, ora, in questa stanza dove ne scrivo, e dove ho appena cessato di dolermi invece della fine della mia uccellino, e di consolarmi che a distanza di mesi e mesi ne sopravviva almeno una forma di rimpianto, seguitando a eludere invece in morte come in vita, quell' intimità da cui rifuggivo con mio padre?

E' del mio senso di colpa, o di inadeguatezza umana, a tentare di dire il vero, quello in effetti di cui si tratta, perché la sua scomparsa - sarà un anno fra alcune settimane-, è una mancanza che avverto di patire di meno di quella del mio uccellino, e di lui ho ritegno ho anche a parlarne, come se ogni volta che di lui ne parlo, gli altri mi accreditassero di un lutto superiore al mio reale dolermi.

In me può insorgere la stessa ripulsa a rimpiangerlo, quando di lui che mi sopravanza è il senso della umana miseria, pur sapendo, ed è il mio appiglio, quanto è nel torto tale mio sentire, verso l' essere umano che più di ogni altro mi amasse, e in cui più che in ogni altro facessi affidamento. il solo essere umano che davvero mi amasse e in cui davvero facessi affidamento.

 

 

 

 

 

Prose ulteriori

 

 

Il Venerdì Santo

 

                    Venerdì Santo

 

Quando sono rientrato nell' appartamento di mia madre dai negozi del centro,  dove allo store della Levi's mi ero acquistato un pullover bianco da tennis,  è bastato che le leggessi in soggiorno alcune pagine da "Le Ceneri di Angela", sulle condizioni di vita igieniche del protagonista e dei suoi familiari superstiti, ch'erano allora dei diseredati del sottoproletariato irlandese, al tempo della seconda guerra mondiale, perché la sua memoria e il colloquio tra me e lei si riattivassero, al ricordo che le sopravveniva di come anche per lei, nella nostra famiglia, sussistessero nel successivo dopoguerra indigenze simili, se non così infime,

Nel corso i giorni precedenti della lettura del libro, a riesumarmi la  miseria della nostra vita di allora,  e che intendevo ora rievocare con lei a quelle medesime pagine , è stata la pena che mi è sovvenuta in mente, a un certo punto del libro, quando gli eventi che vi si raccontavano mi hanno ricordato il tormento che ha funestato il mio villaggio, allorché tra alcune persone anziane ed adulte si è diffuso un  focolaio di infezione tubercolotica.

Ad uno ad uno furono costrette a lasciare il paese per mesi e mesi di isolamento in un dispensario di Parma, nel terrore successivo, al rientro, che ogni loro posata o tovagliolo o indumento potesse trasmettere il male ai propri congiunti, ai propri figli additati dalle vociferazioni malevole.

Dovettero infatti patire, oltre alla malattia, la vergogna che l' infezione fosse addebitata a una loro sporcizia," quando- mi ha detto mia madre,- la Bruna - una delle donne colpite dal male-, era una che ci teneva talmente ad essere ordinata e pulita".  

Le pagine che per lei ho prescelto, e che venivo leggendole,  descrivevano invece i patimenti di Frank McCourt ancora bambino e dei suoi familiari quando ogni giorno, mattina e sera, le persone dell' intero vicolo di Limerick, in cui vivevano, andavano a scaricare i secchi di merda e piscia nel cesso che avevano di fronte all' uscio di casa. Ch'era il cesso di tutte le undici famiglie del vicolo.

" Mamma dice che non è lo Shannon a farci morire ma la puzza di quel cesso", avevo appena finito. E già a tali evenienze, benché noi si vivesse in una frazione di campagna, anziché in un quartiere di città, per mia madre era esattamente così anche da noi.

" Ti ricordi in fondo alle case, quel cesso che c'era in prossimità della fossa biologica? Due assicelle nel casotto sulla buca collegata a quella massa?

Dopo la guerra era per più famiglie il solo cesso di cui si disponeva, e tutti ci si andava a fare i propri bisogni, a scaricarvi gli orinali, solo che a volte l'accumulo era tale che si correva il rischio di toccarne il culmine quando ci si chinava. Si preferiva allora andarla a fare in campagna, pulendosi con delle foglie di vite o dei fogli di giornale."

Tacevo, o era inutile dirle, che a differenza dei Mc Court il cesso non l'avevamo di fronte alla cucina, e che la nostra situazione, per quello che mi ricordavo, era più simile a quella che per i Mc Court  è sopraggiunta quando, sfrattati, sono andati a vivere presso dei loro parenti meno miserabili, in quanto che, quando ero bambino, potevamo già da tempo disporre di un nostro cesso familiare, anche se era anch'esso fuori di casa, all' estremità dei fabbricati di cui divenne possessore unico mio zio paterno, a seguito della divisione insorta tra le nostre famiglie.

Nonostante l'opposizione di mia nonna,  che mia madre *mi riferiva ancora fremendone, anche la famiglia di mio padre ne ebbe allora uno analogo e proprio, edificato più vicino nel garage, e il cui ricordo in me si era venuto sovrapponendo a quello del precedente, anche perché, poi, quando mio zio venne arricchendosi, se ne edificò uno più interno, e più civile, e quel camerino venne trasformato in un bagno dove d'estate si faceva la doccia.

Noi seguitavamo intanto, secondo l'usanza generale precedente, a fare di giorno i nostri bisogni nel cesso esterno, mentre di notte ricorrevamo ognuno al nostro pitale, ma solo per orinarvi dentro, tranne in caso di emergenza, tenendolo nel ripostiglio del comodino - " era fatto appunto per questo", ha puntualizzato mia madre- da dove lo prelevavamo ogni mattina per allinearlo  con gli altri lungo le scale del granaio.

Dove le donne di casa ogni mattina andavano a prenderli, per svuotarli nel cesso esterno e riportarveli disinfettati con il cloro.

( Mia madre si è ricordata, a proposito, dell'incidente divertente che il giorno delle nozze di mia sorella è capitato a una sua più anziana cugina di città, ch'è ancora vivente, che dopo avere riposto come lei le aveva detto,- dopo che si era inurbata non si ricordava più che in campagna si faceva così, non ricordandosi più che in campagna così si faceva,- il proprio pitale nel granaio, non trovava più il modo di uscirne, e  per l'imbarazzo non si attentava a chiedere soccorso).

Ma quel comune cessetto fetido all' aperto, dell' intera corte, eccome se anch'io lo rivedevo ancora, vicino alla massa, dal fetore e dalla belletta livida della quale, e dalla vista del pollame e dei tacchini che vi finivano dentro, seppellendovisi, ho appreso che non era necessario proiettarsi con l'immaginazione nell' Africa di Tarzan e delle sue liane salvifiche, come mi suggestionavano in *tecnicolor sugli schermi, per avere di fronte delle spaventevoli e ributtanti sabbie mobili.

Era proprio in quei pressi quando poi non vi andava quasi più nessuno, che nella bella stagione erano avvenute alcune delle trasgressioni di noi piccoli, che di nascosto vi fumavano dei sigaretti fatti con foglie di vite.

Nell'Irlanda dei Mc Court accadeva invece, che col bel tempo, fosse peggio ancora a seguito di quel cesso, perché allora l' odore si faceva più forte, ed arrivavano le mosche, i mosconi e i topi.

Già, le mosche, di cui le anticipavo quel che sostenesse il padre dello scrittore, nella pagina seguente, quando commentava che gli faceva schifo pensare che fino a un attimo prima la mosca della zuccheriera stava sulla tazza del cesso, o quel che ne rimane.

" Ci si faceva caso anche allora, cercando di non pensarci...

" Mi ricordo l'uso del flit...-le davo la stura.

" " quello che mi faceva anche allora senso, era che proprio vicino a dove si mangiava si tenessero le moscarole... erano dei recipienti di vetro con del vino addolcito di zucchero, dove le mosche finivano per infilarsi senza riuscire più a venirne fuori... all'ora della cena se ne contavano delle decine, morte e raccolte lì vicino alle pietanze...

Poi si sono cominciati a usare lo zampirone, le carte moschicide,

... le strisce di plastica e i cordami pesanti agli ingressi delle case", memore, io a questo, dei pomeriggi d'ozio di me bambino, in cui con le palette seguitavo a schiacciare mosche contro i muri, o attendevo che gremissero le carte moschicide, per staccare tali nastri di vittime ed andarle a bruciare nel loro friggio generale.

" Erano i pavimenti di allora con il terriccio e l'umidità che restava nelle fessure, che favoriva la nascita delle pulci*-secondo mia madre.- Mentre eri lì che lavoravi in casa, in certi punti sentivi che ti salivano lungo le gambe...

Allora cominciavi a schiacciartele addosso...

E *i pidocchi, nella testa dei bambini, o quando ti coricavi in certi letti o ti mettevi certi abiti... Proprio come nel libro che tu leggi..."

A dispetto della volontà di mia madre di rinvenire a tutti i costi delle situazioni identiche, tra la nostra povertà in famiglia e la miserrima miseria irlandese dei Mc Court, seguitavo a leggerle di come accanto a quel gabinetto dell' intero vicolo di Limerick, figurasse anche la stalla di un grosso cavallo, la cui puzza si riversava nella casa di Mccourt bambino insieme a quella dei gabinetti.

" Oh, era proprio così anche per noi...-invece lei trovava il modo di dire e di sorprendermi- Prima che tu nascessi e quando c'era ancora tuo nonno, si teneva in famiglia un cavallino, per quando si doveva andare a fare le compere per il negozio nei paesi vicini. E la sua stalla dava proprio a ridosso del cesso in fondo ai fabbricati di tuo zio. Accanto c'era pure il porcilino, dove si teneva il maiale che si faceva accoppare..."

E per parte mia potevo adesso ricordarle che all' esterno defluiva uno scolo a cielo aperto, dove i nostri terreni confinavano con quelli di una famiglia di coltivatori diretti.

" C'era sempre una puzza.... -lei riprendeva- Me lo ricordo bene perché era lì vicino che si andava a lavare, ove sotto la tettoia dei nostri edifici di fronte,- ora la rivedevo anch'io com'era prima che i pilastri franassero- c'erano una tromba e una vasca per l'acqua....  

" La massa, gli stallini, i porcili, con i cessi di fuori anche in paese, sotto casa, ...per questo, ne era convinta, c'erano allora così tanti tafani e mosche.

E lì vicino, prima dello stallino e del porcilino e del cessetto, le ricordavo a mia volta che c'erano i depositi della farina del forno di mio zio, dove chissà che scorribanda facevano i topi...

E dicono di un  tempo! soggiungevo, di com' era tutto più sano e più integro una volta, quando solo che mi ricordi, ugualmente, di quanto mi costava fatica lavarmi e tenermi pulito...

Specialmente d' estate, ed ero  già un giovane, per fare il bagno mi occorreva accatastare la legna delle cassette, far fuoco sotto la fornacella, aspettare che l'acqua nel paiolo fosse calda, riversarla nella tinozza per poi lavarcisi e farla uscire,.., alla fine più che lavati si era affumicati si era più che lavati, affumicati...

" E che dire di quando io vivevo in campagna, -mi ribatte mia madre-, che il bagno andavo a farlo nella stalla..., ci si lavava, sì, ma se ne usciva che si *sapeva una puzza..."

D' inverno il bagno lo si faceva invece in casa, ricorrendo alla stufa, e prima ancora, quando eravamo ancora riuniti insieme, nello stanzino ch'era accanto al forno... Anche lì, per lavarsi tutti quanti, occorreva seguire un'ordine di precedenza... Primo tuo zio e la signora tua zia, quindi i tuoi cugini, perché di loro era il forno, e poi tuo padre e la sua famiglia... Tua nonna, poi, per quel che si lavava..."

Non è il ricordarne la puzza che se ne avvertiva anche in negozio, io penso, che possa offenderne la memoria, e lascio che lei ne parli, impietosa nei suoi riguardi, e senza ripensamenti, ancora vent'anni dopo ch' è morta...

" Allora nessuna donna della sua generazione portava le mutande...e la sua camicia di sotto, non esagero,

quando se la levava restava in piedi da sola...

Si puliva con la veste quando andava al gabinetto,- mi precisa-

e ... lascia che ti racconti- come se fosse la prima volta, mentr' io dal riso divertito ed accanito con cui me ne parla, so già che cosa mi verrà raccontando, pur se i particolari di quell' accadimento li ho dimenticati-, che ti dica di quando si è pulita con i soldi. Infatti lei li teneva infilati in una tasca nella camicia di sotto, dove aveva messo quel giorno anche la carta per pulirsi.

Per sbaglio ha usato gli uni invece che l'altra.

E' stata tua zia ad accorgersene...

E allora, con un legnetto... li ha poi lavati e rilavati...

sperava già di poterci comperare un cappotto per i tuoi cugini...

Ma tua nonna come si è resa conto di averli smarriti, i suoi soldi, ha anche capito come poteva essere stato.

Ha cominciato a fare ritorno nel cesso, a scrutarvi dentro, dove dovevano essere ma non li ritrovava immaginando che vi dovessero essere, ma non ritrovandoli dove li cercava.

Tua zia ha visto anche tutta questa scena, tua nonna, che in continuazione, vi andava avanti e indietro senza darsi pace, e ben sapendone il perché, seguitava a chiederle che avesse, che cosa continuava a cercare tanto,... ma tua nonna non faceva parola, non si attentava a dirle la ragione , finché per l'attaccamento a quei soldi non è stata più in grado di resistere e le ha detto il motivo.

" Sono questi?" allora tua zia glieli ha sventolati davanti, nel consegnarle quei soldi a malincuore.

E tua nonna li ha presi e non ha neanche accennato a ringraziarla.

" Se penso, mi diceva sempre tua zia, che se (le ) tacevo potevo comperare un cappotto ai miei figli...".  

"Ma perché, a sua volta, mia nonna doveva tacerle di che si trattava? Non era una colpa se..."

" Ah, lei non poteva ammettere anche solo di sbagliarsi...E poi sapeva che tua zia avrebbe raccontato il fatto a tutto il paese...".

Non è stata la sola volta che le è accaduto una cosa del genere, mi ha seguitato poi a raccontare.

E' capitato, ancora, che una sera lei li avesse messi a differenza del solito sotto le lenzuola, e che poi, quando invece gli altri giorni era l'una o l'altra nuora che doveva farle il letto, fosse stata lei a rivoltarlo, a riversare allora le lenzuola alla finestra, sparpagliando tutti i soldi per strada.

In un' altra circostanza come al solito tenendoli in grembo, non si è accorta che nel chinarsi le erano caduti fino in fondo alla scatola delle scarpe, senza più ritrovarli, per giorni e giorni, finché a rinvenirveli è stata mia madre.

Li aveva dati subito a mio padre per riconsegnarglieli, e mia nonna quando li ha riavuti, in tutta risposta, " sapevo che qualcuno li aveva presi", aveva detto prima ancora o invece di felicitarsi.

Non penso che lo credesse per davvero, cerco di dirle, per alleviare il suo risentimento tuttora intatto verso mia nonna morta,- se ha allora detto una tale enormità,- ed è per questo, in effetti, che ritengo che mia nonna abbia allora parlato in tal modo,- non esitando ad accusare qualcuno anche se sapeva che non era vero per niente, l' ha fatto pur di non sfigurare, pur di non risultare lei, per quanto incolpevole, la responsabile  dello smarrimento dei soldi",.

**La miseria che così ritorna  nella mente di mia madre, assediandola, non consentendole tuttora di esserle superiore, è quella della sua oppressione condizione di oppressa in quella casa, che in lei rivive inalterata dal tempo e dal suo mutamento di stato, senza che abbia potuto lenirla nemmeno dalla la morte di chi l' affliggeva, di chi invece ha mancato a quel tempo di soccorrerla.

Ciò che le si imponeva allora di subire, senza potervisi opporre, senza che potesse che sentirle , senza farsene consapevole, quali e quante erano le sue ragioni e la ferocia  della privazione di voce, inconsapevolmente, le ragioni che aveva e le crudeltà che pativa, è un tormento che le è rimasto nel tempo acuito dentro, e che divenuto consapevole delle sue ragioni, non la risparmia  anche ora che è vedova, e superstite, con solo i suoi figli dei familiari d'allora, impedendole di lasciare compassionevole i morti ai morti*.

" Di notte, poi, mi sogno ancora di essere in famiglia, di esservi ancora dentro e di dovere ancora subire senza sapere che dire e che fare, come oppormici e reagire... E mi risveglio ancora agitata e ferita...

Non si poteva dir nulla, o fare niente in proprio con tua nonna, era lei alla testa di ogni cosa, e occorreva chiederle il permesso di tutto, per qualsiasi compera o necessità, anche se si fosse dovuto chiamare il medico.

Quando tu avevi già più di un anno e già camminavi, ed è stato necessario ingessarti per la lussazione alle anche, ho dovuto ricorrere allo zio Gino, perché almeno lui facesse venire a casa il dottore.

Camminavi sbilanciato ora su una gamba ora sull'altra, avevi bisogno di tenere in mano qualcosa per non oscillare, oh, ti rivedo ancora, che per stare diritto tenevi in mano un peperone...

E quando il medico è venuto- lei, " Chi è che sta male? Chi è che l' ha chiamato?- gli ha inveito contro rabbiosamente.

Era poco prima di Natale, e mi ricordo ancora come se fosse adesso, che cosa poi mi ha detto, dopo che il dottore ti ha inviato dallo specialista e se ne è andato via: " Almeno tu avessi aspettato che fossero passate le Feste!...".

Capisci, quando io, come gli altri, ti vedevo camminare così male, ed ero talmente in angoscia...

Ed in città ho dovuto andarci da sola, della famiglia, in compagnia per mia fortuna della merciaia.

Sembrava dapprima che tu non avessi niente, poi le lastre, al pomeriggio, hanno confermato che ti si doveva mettere il gesso che già quando già camminavi.

Come urlavi, dentro alla sala, quando ti hanno divaricato le gambe, l'ortopedico ha perfino dovuto darti una sberla ti ha anche dato una sberla, sentivo utto stando di fuori...

Ed adesso come faccio mi sono detta, quando mi sono ritrovata con te che avevi tutte e due le gambe ingessate. Come ci arrivo alla corriera? E come ti potevo trasportare così a casa?

 La merciaia che è venuta a vedere come procedevano le cose, mi ha detto allora di non muovermi, di aspettare lì, che lei sarebbe tornata a casa in corriera prima di me, e avrebbe chiesto in famiglia che venissero a prendermi.

" Ma come si fa?" mi ha detto.

E solo allora si è mosso tuo padre, ha ricordato mia madre tacendo ogni commento, e l' ho visto infine venire a raggiungermi con la Topolino".

Sei mesi ho portato il gesso. Poi il mare e la sabbia di Riccione

hanno reso rapido il recupero.

Così dicendo, mia madre che già non riusciva a cessare di avversare mia nonna, seguitando a detestarla, e a patirne le imposizioni, anche vent'anni dopo che era morta, di mio padre ricordava con disagio la condotta la poneva a disagio ricordare la condotta di allora, nella sua perdita ancora recente.

" E' ancora come se tutto mi fosse presente- ha seguitato a ripetermi- come se fossi ancora in famiglia a dibattermi, me lo sogno di notte, quel travaglio, e la mattina sono tutta in tensione...".

Quella pagina di Mc Court, come lei ha cessato di sommuovere ricordi, ho finito quindi di leggergliela.

Papà Mc Court - un terrorista, così come mio padre era stato un partigiano-, finalmente si era deciso ad andare in comune a protestare per il gabinetto, lamentandosi che la sua pestilenzialità, in famiglia, avrebbe potuto sterminarli tutti.

Siamo in tempi pericolosi, aveva riconosciuto il tizio del comune.

Per me era invece tempo di accomiatarmi da lei.

Da come, così, cerco almeno, nel mio estremo ritardo, in spirito di verità di ravvivare il possibile tra me ed i miei familiari.      

 

 

Ninì mio

 

Come si accanisce ninì, l'uccellino mio, nella sua bella avidità sul radicchietto di campo, per poi sorseggiare alcune gocce d'acqua e ripetere il richiamo.

 

 

Salsa

 

Vedi il file autonomo così titolato, e revisionato il 15 luglio 98

                          Salsa

 

 

Nel caldo mattino d'estate di quel venerdì di giugno, -l'afa precoce che mentre innaffiavo i fiori diffondeva  un afrore di fradicio,- non avrei voluto ascoltare che quel ritmo irresistibile di macarena, che lo sfrenarsi ancora della salsa provocante, intanto che mi rinfrescavo e ritempravo sotto la doccia, mi rivestivo di toni grigio-azzurrini, finalmente in anticipo sui tempi di inizio delle lezioni, per consentirmi una breve visita, di estremo commiato, prima delle esequie fissate per le dieci, di lì a poco più di un'ora.

Nell' obitorio, ch' è poco distante dalla scuola, avrei dovuto  pur entrare con le mie pesanti cartelle, i suoi strumenti di lavoro, non c' era per me tempo, altrimenti, di confortare l' amica e collega per la improvvisa perdita del figlio, anche solo con la mia rinnovata presenza e un cenno solidale.

"Balla tu cuerpo allegria macarena...eh macarena ", ma non volevo, senza soluzione di continuità, trascorrere da tale invasamento alla desolazione che avevo ghermito e schiantato l' amica, che quando ancora il martedì pomeriggio precedente, quando l'avevo intravista senza che lei mi notasse, era nella pienezza divertita della sua vita, mentre in bicicletta si aggirava e veniva sostando alle vetrine di quel negozio di abbigliamento, solo poche ore prima, quella sera, di precipitare nella inconsapevole vittima, di lì a qualche ora, della sventura più inattesa e tremenda.

Mi ero soffermato con lo sguardo sulla tinta dei suoi capelli nella solarità inoltrata, di una tonalità che ne dissimulava la canizie più di quanto non la celasse, il bel volto di lei tutto preso da quello che il negozio ostentava in vetrina.

Alle otto di quel martedì sera il figlio, non ancora trentenne, le avrebbe detto che intendeva andare a letto poiché si sentiva stanco, dove di lì a un quarto d'ora lei l'avrebbe ha ritrovato già morto, quando era tornata al suo capezzale per sincerarsi se avesse iniziato a dormire.

Così avevo appreso a scuola ch'era avvenuta la tragedia, quando il mattino seguente aveva iniziato a trapelare la notizia...

Sul *riproduttore, per predispormi, in luogo dei ritmi latinoamericani mettevo (pertanto) un disco di musica portoghese, vi ascoltavo la voce e i fado di Amalia Rodrigues, il suo canto struggente che nel cielo del mattino mi schiudeva evoca un oceano di sconfinata mestizia, nel suo aprirsi gridato alla vita, da cui attingevano una brezza di luce e respiro il verde delle  piante di cui inumidivo il terriccio,  il canarino che nella luce recente del nuovo giorno si era quietato trova quiete in gabbia sul su un posatoio, rivolto lì accanto alla finestra dischiusa aperta, dopo che gli avevo rinnovato l'acqua e le sementi e la mela.

" Starà a casa anche domani, allora, ..." ricordavo ancora sgomento sconcertato che la mattina seguente la morte di suo figlio, era tutto quanto i suoi allievi erano stati in grado di dire, quando dopo che quella ragazza, la loro rappresentante di classe, era sopraggiunta riferendoci come se si trattasse di  una comune indisposizione, della  assenza della loro insegnante e di  quale ne fosse la causa .

" C' è in giro la voce che la profe di Matematica sia assente perché le è morto il figlio, e dunque pare proprio che non ci farà lezione le ore seguenti..."

Come se nell' attesa degli imminenti mondiali di calcio, niente dovesse anche solo scalfire il loro piacere di scherzare e di fare battute sulle reciproche squadre.

Rimasi Sono rimasto io stesso senza parole, alla loro reazione che si rifiutava di realizzare, già disponibile soltanto alla spensieratezza in capo a un istante, al solo chiasso ch' erano in grado di suscitare su quanto avevano appreso.

Comunque fosse li avevo poi convocati, i loro rappresentanti, consigliandoli che  piuttosto che esprimerle pubblicamente e ufficialmente le loro condoglianze, con una partecipazione al suo lutto sulla gazzetta locale, cercassero di esserle vicini  personalmente, che qualcheduno di loro, anche a nome degli altri, si recasse a farle visita presso la camera ardente,  ...

Ma quando quel pomeriggio, solo sul tardi, mi ero deciso io stesso a farle visita presso la salma del onorandole il figlio, -il tempo ch' era incerto tra il permanere del sereno e le avvisaglie di nubi,- all' obitorio non avevo trovato allestita la camera d'ardente, il che era quanto era da attendersi, dato che quella morte improvvisa aveva indotto i medici all' autopsia del cadavere.

Prima di recarmici, indugiando, a lungo avevo riordinato la casa, e mi ero riassicurato più volte che il mio  abbigliamento fosse curato, mentre ero anche allora in ascolto di musica sudamericana, riassaporando il piacere di ritrovare nella mia vita a posto ogni cosa, almeno per quanto, a un' apparenza momentanea, vi era intatto di esteriore.

Mi inquietava/turbava in particolare, nel mio indugio, l' affrontare la vista della salma di un giovane uomo, per quanto non l'avessi mai visto da vivo, io che da quando, allorché vivevo in paese, mi recai in visita a quel ragazzo comunista ch'era rimasto stroncato su un campo di gioco da un arresto cardiaco, di giovani defunti non avevo avuto modo di vederne più altri.

Ogni cosa a posto, della mia vita ordinaria, non fosse stato per l' esito della telefonata a mia madre...

Che mi aveva fatto sapere che loro, tutti quanti, lei, e mio fratello, sarebbero convolati a Londra, la settimana seguente, da mio nipote che vi studiava.

Dunque per il suo primo volo in aereo, e il viaggio a Londra, non le era di impedimento la malattia recente, l'operazione subita, il motivo per il quale adducendo la quale si era  giustificata di seguitare a non potermi venire a trovare, continuando a aveva continuato a ripromettersi vanamente di farlo, poi, ovviamente, che fosse eventualmente stato io a recarmi da lei a trovarla.

E nella sua voce c'era quel tono di incomprensione infastidito, quasi che io la mettessi a disagio, la imbarazzassi, nell' atteggiarmi ancora a suo figlio, a loro congiunto, e che io, il mio caso difficoltoso, non ne costituissimo più che un appendice superflua, che un imbarazzo fallimentare di cui non volessero in effetti più saperne.

" E' patetico, è patetico, mi ero ripetuto, staccando il telefono, che mi ostini ancora a pretendere, alla nostra età, che lei mi sia madre, che io le sia figlio, che esiga ancora in loro un appoggio, come se in loro avessi ancora qualcuno che mi è un familiare in cui confidare.    

" Dev' essere per l'autopsia ancora in corso", mi ero poi detto quel tardo pomeriggio, nell' allontanarmi dall' obitorio,  sentendomi invero risollevato dal contrattempo, perché mi agevolava in quello, che poi, sapevo che sarei comunque andato a cercare in riva al fiume, a volervi fare, di scabroso, con la stessa bocca che avrebbe dovuto rendere le sentite condoglianze.

Non dubitavo, infatti, che vi avrei trovato chi vi cercavo, chi la sera precedente avevo finto di non riconoscere in quel dimenarsi di corpi nudi, a ridosso di un' auto nella radura.

" Non ti fidar di un  bacio a mezzanotte...", seguitando a canticchiare imperturbato .

All' atto poi dell' approccio, prima del suo compimento,  mi ero guardato intorno nel folto circostante verso le acque, addentrando lo sguardo in quella folta sodaglia ch'era il sottobosco di ontani e pioppi, e avevo risposto al canto degli uccelli, confortandomi che la vita mi fosse comunque possibile, che seguitasse ad essere per me uno spettacolo che da quella tragedia n'era solo turbato, anzi, nel quale la parte mia prossima, imminente, sarebbe stata quella certa di godere.

Nella reciproca stretta, poi, mentre assaporandolo ne odoravo la fresca fragranza, chissà, avevo pensato, che cosa lui mi direbbe, se gli confidassi che la camicia scura e i pantaloni eleganti che ho indosso sono ancora gli abiti, che non ho voluto togliermi, con i quali avrei or ora dovuto fare visita a un morto.     

La mattina seguente, a rendermi ancora più esaltato, avrei ritrovato anche mia madre, nella sua telefonata, quando nella sua voce ho sentito che si preoccupava veramente di quando avrei potuto andare a trovarla, dei miei travagli di trasloco.

Era avvenuto poco prima che facessi lezione nella classe di cui era insegnante anche la mia sventurata collega, e che vi tenessi la lettura del giornale locale, della notizia di quel decesso, che recava con l'immagine  del defunto.

Ma quando ebbi a chiedere a loro quale notizia di quelle che avevo letto li avesse interessati, chi di loro era intervenuto si era preoccupato piuttosto di sapere altro, se la squadra che avrebbe dovuto affrontare avrebbe disposto dell' atleta che si diceva fosse rimasto ferito e  infortunato in tafferugli.

La visita avvenne quel pomeriggio - e quando mi apparve il morto, io in quei suoi lineamenti oscurati, grevemente maschili, non vi ravvisai la dolcezza degli occhi e dello sguardo che ne figurava in effigie, non ebbi di fronte che un' estraneità inerte, ma nella sua rigidità stessa, così inanimata e persa, potei cogliere/ colsi l' abisso che la disgrazia aveva gettato tra gli astanti e la ripresa a vivere.

Lei, alla quale feci solo un cenno, che non piangeva, che sembrava vigorosa/forte nella sventura, non l' avessi sentita uno schianto che tremava e si faceva forza, anche per /nel reggersi in piedi, quando con tenerezza/teneramente ci abbracciammo l'abbracciai.

Suo marito, bello ed elegante, stava all' estremità superiore della bara, e nel suo cospetto avvertii tutta la sicurezza e il riparo che seguitava a offrirle, chi e che cosa, lei,  l'aveva preservata così positiva e dinamica e aperta alla vita.

Mi allontanai di lì a poco, che non c'era più ragione che ci sostassi oltre, se ero dibattuto dalla volontà di assistere alla corsa ciclistica che poi mi avrebbe entusiasmato, il Giro d'Italia, e del cui esito, la vittoria di Pantani, mi  felicitai con l'uccellino stesso che rimase sorpreso in gabbia del mio trasporto emotivo, e con l'immagine cui mi volsi di mio padre defunto, che rimpiansi non fosse a felicitarsi, nella sua casa a Modena, dell' impresa ciclistica che ripagava quel campione di quanta sua sfortuna. 

 

"Non immaginavo di vederla così giù...." il mattino seguente mi disse l' allieva stessa ch'era parsa più degli altri colpita e sollecita.

Oh, fosse stata solo inconsapevolezza giovanile della morte... purtroppo, per loro, quando appresi che l'intera classe si era assentata per il funerale del giovane, venne adombrandomi e prese corpo il sospetto di quanto poi fecero.

Per sincerarmene uscii con il permesso della Presidenza e mi recai alla chiesa, e di loro, chi trovai invece che sostava al bar, chi mi avvidi che a scuola, saltando le mie ore, da casa era sopraggiunto direttamente, a differenza di quei pochi, tra i peggiori nel profitto, tra i più indisciplinati in classe, che erano pur rimasti durante il rito sui gradini della chiesa, dentro la chiesa avevano partecipato alle esequie, si erano anche comunicati.

Ma che valeva adirarsi con loro, con chi li giustificasse,  parlarne al preside perché provvedesse, restio o incapace, anche costui, di fare altro che stendere un velo pietoso...

A sera, essendoci intravisti in chiesa, ebbi modo di discorrere di quella morte con una mia coinquilina, che venni a sapere allora soltanto ch' era stata un' insegnante, ora in pensione, che si era recata alle esequie perché il giovane defunto l' aveva avuto come allievo alle medie, " Era così gentile, così riservato, un alunno di quelli che non ti dimentichi..."

Io le dissi a mia volta che vi avevo presenziato *per parte della madre, ch' era una mia cara collega, la quale proprio per destinarsi solo ai figli, stava per entrare allora in pensione.

" Un padre, una madre, se ti muore, te ne fai una ragione, è nelle aspettative prima o poi di perderli -lei mi disse-. Invece quando ti muore un figlio.."

" Io non ne ho di figli, ma credo che sia nell' ordine dei sentimenti naturali che una madre preferisca di essere lei a morire prima, piuttosto che di dover assistere alla morte di un figlio.

" Mostravano forza, coraggio, ma ora, chissà, finito tutto..."

Ed a questo ci congedammo..

E' così che avevo perduto mia madre in quanto madre, pensai quando fui da solo in appartamento.

Quando ebbi a capire che per lei valeva la sua vita più della mia. Non che gliene avessi voluto per questo, no non è questo. Solo che dopo, lei non aveva più potuto essermi tale.

E pensai allo schianto che avevo provato quando mi era  morto di recente l'uccellino adorato, il solo dolore, che avessi vissuto, che fosse assimilabile al lutto di un genitore.

Forse era anche per sottrarmi a tanto, che la mia vita era stata così solitaria/sola.

Così refrattaria a ogni affetto straziante.

Ma la rifiutavo, io allora, questa vita che sopravviveva?  al *mio canarino adorato? Dell' adorato animaletto come era impallidito già il ricordo, nell' affetto sovrappostosi dell' altro superstite, che intanto mi richiamava, mi voleva di nuovo perché lo accudissi e gli fossi di compagnia.

Innaffiai le mie pianticine.

La baciai, la primula, che a stento era fiorita e seguitava ad ergere il suo fiore.

"Ma si muore tutti allo stesso modo- mi dissi nella sera celestiale- Ugualmente  reclinando il capo sullo stelo o sul collo.

Senza che nulla possa più darti alimento, o esserti d'appetito e di conforto, sia esso il complesso di scambio nel terreno, o che altro di organico, la trama degli affetti e dei divertimenti o di quanto persegui, che per usura, o di schianto, cessano a quel punto di recarti la vita".

La sera smagliante, oltre i vetri aperti, - per me ancora invitante l'ascolto di salsa e di samba.

 

 

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