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La morte di mio padre

 
 

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Ospedalizzato

 

 

21 luglio 97

 

Quando i miei familiari hanno cercato di trattenermi prima che entrassi nella stanza di mio padre, per prepararmi a quanto vi avrei visto, erano già stati anticipati da che cosa la porta socchiusa aveva lasciato trapelare: mio padre ora vi giaceva in un letto ospedaliero, rialzabile e con un materasso *ad aria pressurizzata.

Quando l' ho salutato e l' ho baciato, se ne stava rannicchiato di fianco contro le sbarre laterali, nella posizione in cui come sarebbe rimasto accantucciato tutto il pomeriggio seguendo di sguincio la televisione, perchè il male e la bassa pressione sanguigna non gli consentivano -o non gli consentono più- di dirizzarsi o di stare disteso.

Mentre seguiva in tale posizione alla televisione la tappa del tour de France, ha dato segni di patire una fitta sul fianco destro, anche così raccolto.

" Sembri un gatto sotto l'armadio" ha cercato mia madre di scherzarci su, così come dopo che mio padre l'ho salutato e mi sono messo a tavola con mia madre e mio nipote, diventava un modo di alleviare la tensione, riferire agli altri che di come all' atto di partire solo l' ultima occhiata m' aveva m' avesse consentito di vedere che veniva mutandosi in una trappola per il mio primo canarino, l' apparato difensivo che ho allestito sono ero venuto elaborando per proteggerlo insieme al suo compagno dalle zanzare, al fine che senza che  i veli di tulle che li schermivano aderissero alle barre, e non potessero divenire di impiglio letale ai miei canarini.

Per questo, perchè i veli ricadesseo distanti dalle pareti della gabbia, avevo acquistato il giorno prima alcuni posatoi, *fissandoli per fissarli alle gabbie rivolti all'esterno, affinchè (e) vi fungessero da sospensorii dei veli.

Peccato che in tal modo, grazie a tanta avvertenza anche così, proprio così, in quell'ultima occhiata già all' atto di partire, grazie a tanta avvertenza avessi visto interna alla rete una zanzara, irretitavi con il mio uccellino tutto a disposizione delle sue suzioni infette, nelle sue zampine e nelle asole delle palpebre delle sue ignare pupille*.

Quando si dice, l' inutile precauzione...

E sulle braccia, mostravo ai miei cari i residui arrossamenti delle punture di zanzara, a giorni di distanza, per confermare

la tossicità delle punture da esse inferte nella mia città di fiumi e di laghi padani.

Lo sconcerto in cui sono caduto, un certo scoramento, la necessità in quei pochi minuti utili di assicurare in mia assenza i miei uccellini con un pronto intervento,  , di fare in quel breve lasso di tempo, prima che dovessi partire, ciò che potesse rassicurarmi sul loro conto e consentirmi di andarmene partire, mi avrebbero precluso stavano oramai compromettemdo la possibilità che potessi prendere il treno, se non mi fossi imposto di accettare l' inevitabile rischio cui li lasciavo esposti, tanto più che le stesse misure tutelari protettive della vita dei miei uccellini erano potute diventare letali quanto più vi ero stato strenuo erano state strenue di accorgimenti.

Ho comunque avuto modo di controllare che le reti di tulle non avessero altri pericolosi infiltrati, o smagliature, che non ci fossero certuni di quegli ospiti fatali in fondo alle gabbie, e come consigliava la Enciclopedia degli uccellini, di prendere ho preso il pezzo di cipolla che avevo in frigo, di sminuzzarlo l' ho sminuzzato e i pezzettini di sfregarli li ho sfregati contro le barre, li ho poi di cospargerli cosparsi su ambo le gabbie, sempre che sia vero delle sanguinarie zanzare quando sentono acredine aspra di rispetto alle cipolle, cio che vale  per i loro equipollenti umani se avvertono odore d'aglio.

Con me, quando sono entrato dai miei, avevo invece spighe di lavanda, a suggerirne la fragranza per la stanza di mio padre.

Vi sono rimasto pressocchè tutto il pomeriggio dopo che ho pranzato, per seguirvi con mio padre la tappa del tour.

Avrei potuto rinviare a un giorno feriale seguente la mia visita, oggi o posdomani, tanto più che nella loro città avrei avuto occasione di acquistarvi effettuarvi l'acquisto di libri hard o videocassette che non ritrovo o che non sono in vendita nella mia.

Ma ieri, di domenica, al tour si correva la grande tappa alpina con arrivo in salita, a Courchevel, e c'erano tutte le premesse perchè potessi festeggiarvi con mio padre una seconda vittoria esaltante del corridore Pantani, dopo quella che m'aveva commosso sino ad averne il magone il giorno prima sabato pomeriggio all' Alpe d' Huez, quando il suo urlo tagliando solitario il traguardo, è stato* ha echeggiato il suo grido di liberazione da una sfortuna di rovinosi incidenti, e fratturazioni degli arti, che da due anni lo perseguita.

E invece nella tappa di ieri, da che è avvenuto il collegamento, Pantani ha seguitato a perdere i contatti dai primi, accumulando via via un ritardo irrecuperabile.

Io e mio padre, quali spettatori, ignoravamo che stava male, che aveva difficoltà a respirare per una tracheite acutizzatasi, e le nostre aspettative deluse cercavano di darsene una spiegazione che attutisse lo smacco.

" V'era ancora un altro colle da scalare, -io lo giustificavo-, forse credeva che  quella fuga prematura sarebbe rientrata, che tenendo il passo..."

Mio padre era piuttosto di assai poche parole, all' apparenza di rassegnato distacco, ma nei cui umori, se lo incalzavo, emergeva una delusione amara che è venuta facendosi accanimento ingiusto, addirittura sferzante, nei riguardi di chi appena il giorno prima era stato un grande vincitore.

" Lui in ogni modo non doveva staccarsi da chi inseguiva. Ha sbagliato la corsa. L' ha sbagliata di testa, nel fare i suoi calcoli. Eeeh, si è impantanato il nostro Pantani..."

Era la quattordicesima tappa, quella di ieri, una tappa  jellata, si profilava, come era stata jellata ad un tratto evitandolo per pochi centimetri di scarto, il detentore della maglia gialla, il nuovo fuoriclasse Ulrich, ha rischiato in discesa di fare finire un tour già vinto contro un muretto che dava su un precipizio; e il fatto, un' emozione istantanea, ha risvegliato in mio padre il ricordo ch' era ugualmente la quattordicesima tappa, al tour de France, quella in cui mio zio già vincitore del giro d' Italia, invece è caduto in discesa ed è finito all' ospedale, quando con tre minuti di vantaggio era già la nuova e definitiva maglia gialla.

" E' stato per la fuoriuscita del palmer...Fino ad allora era rimasto sempre secondo a 45 secondi... Così, invece di arrivare primo con tre minuti di vantaggio, ha terminato la corsa in discesa con mezz'ora di ritardo...  è arrivato al traguardo per finire all' ospedale.

Altrimenti sarebbe stato il primo corridore italiano, a vincere nello stesso anno giro e tour/ giro d' Italia e giro di Francia... "

Ogni tanto egli si rannicchiava punto dal male, ne aveva una tregua, si assopiva, si risvegliava, e i suoi occhi guardavano si fissavano intenti facendo intorno il  nel vuoto, mi fissavano e non chiedevano, prima che egli tornasse a seguire l' andamento della tappa.

Al traguardo, pur riducendo il distacco, il nostro  Pantani è arrivato con tre minuti di distacco dai primi, perdendo il terzo posto la terza posizione in classifica.

Mio padre ha scosso il capo a una sconfitta che non doveva succedere e di cui non si capacitava e che non mandava giù.

Che fosse ingiusto o nel vero rispetto a Pantani, non me ne importava più di tanto, ciò che per me era più *importante era che ci fosse qualcosa che pur angustiandolo gli stava a cuore,

Quando è sopraggiunta nella stanza mia madre, ero dunque sollevato di riferirle come fosse quella sconfitta che contrariava mio padre, non già il pensiero del suo male da cui l'evento ciclistico pareva averlo distolto.

Prima che lo salutassi per lasciarlo, mio padre mi ha rinnovato l'invito a che torni a trovarlo.

" Oramai ne hai dello spazio qui intorno, per muoverti per la casa come meglio credi", mi ha detto riferendosi a se stesso, confinato entro le sbarre di quel letto che non può più abbandonare, adesso che gli arti che ne avevano fatto una promessa del ciclismo come i suoi fratelli, non può più usarli che per rigirarvisi .

" Eppoi lo sai anche tu per esperienza, gli ho detto già sulla porta della sua stanza, che in corsa non basta in corsa sentirsi bene essere a posto sentirsi bene per farcela essere a posto  riuscire a rendere al massimo, che tu ti senti di essere lo stesso, nel fisico,  eppure oggi distacchi e domani vai a vuoto, vieni distaccato, forse il nostro Pantani ieri per vincere ha vinto ma per questo ha dovuto richiedere troppo da stesso..... si è sforzato oltre quelle che adesso chiamano le soglie anaerobiche... Siamo gli stessi, eppure oggi ci va bene e domani ci va male..."

Appariva persuaso adesso, comprensivo e riconciliato  con il nostro comune campione.

Finito il tour, se ce ne sarà ancora modo, sarà poi discutendo di quanto vi sia di promettente nelle prime uscite stagionali della squadra beneamata da entrambi, delle partite pre-campionato, che potrò parlargli d'altro che del suo male.

 

 

La pena ulteriore

 

Proprio mentre giovedì mattina sono uscito di casa per raggiungere la stazione, un breve piovasco ha raggiunto il massimo della sua intensità sulla mia sola città, inducendomi a risalire per prendere l'ombrello e a farmi perdere il treno a quell' ora, proprio per quel poco tempo che mi è occorso per questo. Sarei potuto partire un' ora più tardi; nel frattempo, schiaritosi il cielo, ho girovagato nel parco vicino, attratto da un ragazzino in calzoncini corti che ne era addetto alla pulizia con un anziano, sono entrato in una cartoleria nel condominio insulare che  fa da spartitraffico in prossimità della stazione, e vi ho fatto fare le fotocopie degli articoli bellissimi di Gianni Mura sulle imprese esaltanti di Marco Pantani al tour de France, all' Alpe d' Huez e lunedì scorso, quando lo si diceva  prossimo a soccombere e al ritiro, ed è tornato alla vittoria esaltante per distacco in salita e in una spericolata discesa a Morzine, che gli ha consentito di riconquistare  e ha riconquistato il terzo posto.

Ne avrei fatto un regalo a mio padre, con il compact disc di Canti di Maremma e d'anarchia di Caterina Bueno, uscito in mattinata allegato ad Avvenimenti, perchè di quegli articoli gli si facessero due posters da mettere in stanza.

Ma quando sono arrivato dai miei, ch'era oramai quasi mezzogiorno, mia madre mi ha detto che non aveva pressocchè chiuso occhio quella notte, in quanto che le cure per ripristinare la circolazione sanguigna gli avevano riavviato il sangue negli arti inferiori gonfiandoglieli dolorosamente.

Ed io salutatolo e baciatolo, in quel volto sempre più smagrito e impressionante, senza dentiera e con gli occhi divenuti vacui e rapaci, gli ho consegnato sommessamente gli articoli ed il compact, ed in compagnia insieme, abbassando l'audio, per riguardo alla sua assonnatezza, abbiamo ascoltato i canti di Caterina di Bueno e d'altri musici e cantori, - "Tutti mi dicon Maremma", " Ecco l'aprile", " Le streghe di Bargazza"... ,- e abbiamo letto tramite la mia voce il primo degli articoli sulle imprese di Marco Pantani, all' Alpe di Huez, tornante dopo tornante; del che ho profittato per chiedergli se usasse anche ai suoi tempi, quando correva, come aveva fatto Ulrich di ricorrere al cappellino per farvi dentro la cacaiola di una diarrea in corsa.

" Eh, è davvero brutto, quando si sta male in corsa, se si hanno certi disturbi..."

Dal cassetto, poi ha tratto traendo una sigaretta, per un tiro, o due, di quello che è rimasto l'unico suo piacere fisico, mentre il cibo mia madre ha dovuto somministrarglielo liquido, od omogeneizzato, in un beverone di cui ho voluto assaggiare un cucchiaio per assicurargli che non era poi così male, anzi, a suo modo una prelibatezza, talmente il brodo la minestra di carne lo insaporiva .

A tavola poche battute nervose con mia sorella, per evitare la sua richiesta che restassi via a Modena, dai miei genitori, al solo fine, temevo, di consentirle di far le vacanze senza che io possa più nemmeno disporre della mia solitudine, e non abbia più nemmeno la libertà di riordinare i miei scritti se non posso andare a via, di ricercare e trovare al fiume, come mi era accaduto solo il giorno prima, quel piacere sessuale che solo d'estate posso vagheggiare, prima del mio lavoro scolastico e della sua mortificazione di sesso ed affetti.

E mi bastava guardare la pelle che ricadeva vuota e grinzosa dalle braccia di mio padre lungo le barre del letto, per sentirmi provocato, fin che la mia età ritarda ad avvizzirmi il volto, ed ancora ho un fascino e sono attraente, a valermene a costo di tutto, di divieti o avvistamenti od infamia, pur di godere e sentire di vivere ancora.   

Forse che loro, venivo ruminando, hanno anche solo provveduto a pensare al fatto che da che mio padre non può più muoversi, io stesso non ho più la facoltà di andare via, senza che lui possa ancora guidare per me, (senza più lui che guidi per me), o venire a che venga a prelevarmi gli animali e le piante perchè li accudisca mia madre, o si rendono conto, o s'inquietano, che con lui ho perso la sola persona su cui facessi affidamento, cui ardissi chiedere di aiutarmi materialmente o nella mia mobilità, loro cui pesa e dà fastidio ogni mia realtà personale, loro che non ne vogliono più sapere che io costitui un problema, un interrogativo...ma che senso avevano basta con le recriminazioni, quando ciò che posso addebitare a loro è quanto loro stessi possono mettermi in conto, in una situazione ove a tenerci insieme è solo il senso di colpa e l'eventualità o l'illusione di potere tornarci utili gli uni agli altri, accomunati tutti verso mio padre, anche nell' impedirci di fare le vacanze per poter accorrere al suo capezzale se entra in agonia, dal presupposto che sia dal sentimento di accettare, e sopportare la cosa, perchè pensiamo che valga per un' estate soltanto, che non tollereremmo che la malattia dovesse cronicizzarsi,  e non venga a debba privarci ulteriormente ancora di sole ed estero e mare e avventure sessuali.

Poi, dopo pranzo, rimasti solo io e mia madre, è stato inutile o non ne valeva la pena, per entrambi, di risvegliarlo da un sonno intermittente sempre più profondo, l'occhio che gli rimaneva schiuso a metà, in deliquio, come in un anticipo della sua agonia.

Mia madre si è valsa di quei tempi che ho trascorso si è intrattenuta con me che oziavo in cucina senza che a mio padre avessi da fargli compagnia, per dirmi quanto sia diventato penoso il suo stato mentale, in quanto che via via che il male procede  manifestandosi sempre più ineludibilmente come una malattia mortale sempre più letale, e ch'egli lo minimizza e lo riduce, nella sua entità letale, a un malanno che non si riesce a far finire anzitempo, quanto più lo priva di facoltà vitali, e si spazientisce con mia madre, si fa sempre più insofferente di cure e sorveglianze, di tutto ciò che deve lasciar compiere per proprio conto agli altri, quel che riduce nella sua entità a un malanno che non si riesce a far finire anzitempo, si incattivisce e regredisce ai suoi sentimenti più deteriori.

" E' addirittura convinto di poter tornare presto in funzione, di avere quel che ha perchè ha sforzato troppo le gambe..."

E' oramai immobilizzato a letto, senza più possibilità di ripristinare l'uso degli arti, non può sentire sollevare unn lenzuolo o sfogliare pagine accanto senza avvertire fitte o brividi, ed i giorni addietro è venuto sgridando mia madre per il disordine in cui temeva lasciasse ricevute e incartamenti, nella scrivania che è a capo del letto e che gli è irraggiungibile, aspettandola che esca, per nasconderle alla vista i pochi soldi che tiene indosso, o nel letto, senza più possibilità alcuna di disporne di fatto.

" Ti prenderei a calci, come mi levo,", mi è venuto da riderne, quando me lo ha detto, per è l'enormità terribile di quanto   che è venuto venuto dicendole, in un istante di avversione collerica.

" Dio mio, mi è venuto da sorriderne,  lui che sugli arti ci crolla sopra non può nemmeno compiere lo sforzo di rialzarsi.

Anche quando sono iniziate le riprese del tour, visto che la tappa non sembrava riservare che schermaglie di poco conto, l' ho lasciato trascorrere dal sonno alla veglia, e di nuovo riassopirsi, fintanto che, a un suo risveglio, gli ho fatto presente che di critico poteva esserci, al più, che il campione Ulrich accusasse crampi e indolenzimenti alle gambe che si frizionava.

" Speriamo che non abbia quello che mi viene capitando..."è stato il suo commento che mi ha sbigottito.

A tal punto, oramai, l' obnubilamento per il quale non sa più vedere e capire che cosa gli viene accadendo, ne fa un essere stupido e incattivito, fa lo fa ottuso sì che stia morendo senza poterlo o volerlo sapere, che viva la sua malattia terminale come se fosse un interminabile, inspiegabile malanno!...

" E la tua società telefonica-ha soggiunto- non è imparentata con la TeleKom tedesca, la squadra di Ulrich?

" Quale mia società?"

" Ma tu non sei..."

No, non ero mio fratello, che è dirigente di settore nelle telefonie di Stato e si disinteresa di sport e di ciclismo, che non ama la musica folk, e non avrebbe potuto parlargli con il quale non avrebbe potuto parlare affatto di Ulrich e del Tour, che non si sarebbe nemmeno immaginato di portargli alcun articolo su Pantani, e che non avrebbe sopportato, che gli restasse davanti tutto il giorno imbruttito senza dentiera...

" E' meglio che mi nasconda" ha detto rigirandosi con fare confuso e scherzoso dall' altra parte del letto, quando gli ho chiarito chi ero.

Mentr'io " Non fa niente.. " gli dicevo, saranno stati gli antidolorifici pensavo, il fatto che i capelli adesso li porto cortissimi come mio fratello, come se non fosse stato niente, non sentissi che disgusto, per quell' ottundimento senza riscatto di quanto si approssima.

E come se per questo, la prossima volta, finito il tour e iniziando le partite pre-campionato, mi trattenessi dal e non  stessi a parlargli della partita d'esordio dei nuovi campioni dell'Inter, del fenomeno Ronaldo, di Ze Elias, di Simeone, della rinascita al calcio di Kanu risanato nel cuore.

Del gran galà delle stars di San Siro, di nuovi sogni di grandi  trionfi dopo quante delusioni.   

 

 

 

In ospedale

 

Mercoledì 30 luglio

 

Era impacciato ora in quel letto all' ospedale, nel porgermi per il bacio un muso unto dell' intingolo della bistecca che cercava di mangiare senza poter usare le posate.

E quando è sopravvenuta mia madre, si è incattivito rabbioso, poichè qualunque fosse la cosa che lei aveva da dirgli, lo distaccava da quel pezzo di carne che tentava famelico di fare proprio, dopo che le trasfusioni di sangue gli avevano fatto recuperare in tutta la sua voracità un appetito che pareva finito.

Era come un enorme uccello notturno in cattività tra quelle sponde, i bracci rattrappiti ad articolazioni di ali spiumate.

E' stato ricoverato, mi aveva detto mia madre in mattinata, per la pressione bassissima,  per i bassi valori di ogni entità *sanguigna.

Nel loro appartamento, prima di raggiungerlo al Policlinico con mia madre, ho voluto entrare nella sua camera.

Ora anche quel letto d' ospedale vuoto, tutto là dentro, di quella sua stanza da letto, il bastone, la poltrona, poi la carrozzella, la televisione spenta e gli articoli sulle imprese di Pantani che mia madre aveva incorniciato in due listelli ed appeso al muro, il suo portafoglio con poche migliaia di lire e i suoi documenti, tutto quanto mi aveva impressionato tristemente, là dentro, in quanto costituiva come i veicoli o il sollievo illusorio /la bugia pietosa di un suo decadimento letale, mi era ora motivo di rimpianto toccante, di uno struggimento alla gola, ora ch'era avvenuta la perdita di mio padre anche di questo per uno stanzone di ospedale, in cui era certo solo l'*ingresso.

Sul comodino, come tutto ripiegato in ordine, in un quieto silenzio,  c'era la Gazzetta dello sport del Lunedi, con pagine e pagine e foto anche a colori, della partita d'esordio della nostra squadra beneamata, l' Inter, iperbolici titoli dei gioielli di cui aveva fatto mostra, con la scesa facendo scendere in campo tutti i nuovi talenti che erano stati acquistati.

L' ho messa nella mia borsa per portarglielo, mia madre che tardava ad essere pronta, mentre prendevo a sudare, a non potermi più contenere, di fronte a quell' idea angosciante che non mi aveva dato respiro già lungo i viali verso la stazione di partenza, quando prima d'avviarmi l'avevo considerata un' inezia, una dabbenaggine, il dubbio, che lontano dal mio appartamento ora veniva assillandomi non di meno che Otello quel fazzoletto, che potessi avere lasciato accesa l' antizanzare elettrico, e che da qualche panno a contatto,- quale mai...- potesse avere preso fuoco e stesse bruciando tutto il mio appartamento, ogni mio libro, ogni mio scritto su dischetti, la carne dei miei uccellini carbonizzatisi, quando per me che felicità solo qualche ora prima, che fossse bastata una revisione, qualche taglio, perchè anche le pagine più anodine sulla mia avventura con Kaled nell' avventura del mio viaggio in Libia, avessero acquisito smaglianza e significatività esemplare, e tutto vi si integrasse a meraviglia.

Il tutto, purtuttavia, permanendo allo stato solo virtuale, su copie di copie di dischetti, senza che pur negandomi ogni vacanza, trovi o mi dia il tempo di ultimare la revisione e passare alle stampe.

Pensavo sconsolato, in soggiorno, a come potesse bastare *quella pochezza di un assurdo, o vano timore, a trasformsare la mia vita da esaltante in un azzardo ove tutto si vanifica per un minimo accidente, e una forza mi spingeva ad andare nel vuoto oltre il balcone,  nella luce e nel cielo di schianto.

Ma tutto di ciò al Policlinico era cessato di fronte a mio padre, del quale, senza minimizzare con lui nulla del  suo male, cercavo di alleviare con il ricorso alle evidenze più ovvie la pena della situazione.

" Vedo che ora riesci a stare di schiena e di fianco, a casa riuscivi a stare solo di fianco contro le sbarre.

" Ma io sento male dappertutto".

" Cerco solo di dirti quello che può darti sollievo, nient'altro."

" Se non avessi niente..."

" C'è chi non ha niente, ha di tutto, e si ammazza anche se è giovane e sano. Sono più quelli che hanno tutto che si ammazzano, che quelli che vivono nella miseria. E' raro il suicidio tra la povera gente, a meno che la disoccupazione, l'usura"non li facciano essere con l'acqua alla gola"

" Perchè questi ultimi sanno soffrire..."

Dell' Inter fantastica, dei boys affollatisi in uno sciame festante intorno a Ronaldo, di Kanu ritornato in campo e restituito al calcio dopo l'operazione alla* valvola aortica, di come in due quegli attaccanti avessero meno dei miei anni, un futuro calcistico immenso davanti per sè e per la nostra squadra, e * del fatto invece che io, neanche se ritornassi in vita dieci volte a lavorare tutta una vita, non potrei guadagnare come insegnante quanto loro una sola stagione, non era più il caso di riprendere o ritornare a parlare, meglio sfogliare *il quotidiano della nostra città e della nostra provincia,* di quel giorno, che gli aveva portato in ospedale mia madre, e parlare del dollaro in ascesa e del rincaro della benzina, delle dichiarazioni dei pentiti su come fossero una sola persona Andreotti e i suoi uomini e i capi della mafia,  evitare di leggergli di morti per infortuni sul lavoro o in incidenti stradali, per leggergli piuttosto leggergli di scegliere quel litigio finito davanti ai giudici e il sindaco e in tribunale, per una pianta di rosmarino su un terreno comune che una giovane donna non vuole espiantare in un vaso, dopo che già è stato lo stesso per le rose e le dalie e quant'altro, convenendo, scuotiamo la testa, che ci deve essere sotto dell' altro...

Lasciandolo quando sopraggiungono due dottoresse e ci fanno uscire, ed i nembi di un temporale si addensano in cielo, anche mia madre è ora in apprensione per lo stato del suo appartamento, in cui l' ha lasciato,  oramai troppo tardi benchè manchino ancora tre quarti d'ora , per essere alla stazione con il prossimo autobus, prima che parta il primo treno utile per la mia città, è estate, hanno dimezzato anche le corse per il Policlinico con la chiusura delle scuole, come se il male e i malati e i più indigenti andassero in vacanza, e l' ansia risale e travolge ogni difesa, la mia casa, i miei uccellini incustoditi...non mi resta che lasciare mia madre lì alla fermata e andarmene a piedi, lungo e attraverso tutta la città, senza speranza anche così di fare in tempo, che importa, almeno un passo dopo l'altro, senza tregua, sfogo  la mia rabbia contro tutto e tutti, la modernizzazione e il postcomunismo di quella città a mutazione avvenuta e compiuta , un' efficienza e un efficientismo, dio ....,  che riservano sempre di meno a chi è miserabile e vinto, l' orologio della stazione che mi conferma  che da dieci minuti è già partito il treno, quando arrivo nel piazzale antistante e mi riavvio verso il centro per smaltirvi camminando il furore rabbioso, sarà a casa mia, in fuoco e cenere od integra che sia, in poco meno che altre due ore e mezzo, così, vagando inutilmente nella libreria centrale dove non c'è, come sapevo già benissimo, il libro sui pionieri del nudo maschile che cerco, e mi esagito sudando, e basta che intraveda il cielo di fuori, livido ad esplodere, per presagire che debbo uscirne e riavviarmi in fretta alla stazione, troppo tardi, per non ritrovarmi sotto pioggia e grandine di un temporale tremendo, già infradiciato nelle mia articolazioni reumatiche, nella mia unica camicia, quando a qualche centinaio di metri dalla stazione al di là del  viale, trovo riparo precario nell'ingresso di un palazzo, *troppo fuori di me e di ogni grazia, per resistere lì porotetto fino a quanto potrei, e pochi minuti prima che finisca il rovescio, qualche decina di minuti prima della partenza del treno, anzichè profittare del beneficio residuo del tempo, non mi getti a torso nudo nella mischia della pioggia e della grandine e delle pozze d'acque che dilagano dappertutto, finendo per infracidarmi nel resto degli indumenti e delle mie spondiloatrosi calamitose.

Arrivando nella mia città, oltre le sette e trenta di sera, rannicchiato a torso nudo in una tenda di vagone, che vi splende il sole più sfolgorante sui più asciutti dei terreni urbani  e dei viali di rientro, inondandone la /di luce anche il mio appartamento che ritrovo in bell' ordine, i canarini che al rivedermi mi adocchiano quieti e vivi occhieggiano la mia vista sui posatoi.

Per accudire i quali, per confortare mio padre, mi sia un dolce sforzo sacrificare l'estate. Pazientando nella mia dedizione ad essi, a che la mia opera diventi reale.

 

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Ut wisi enim ad minim veniam, quis nostrud exerci taion


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