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La morte di mio padre

 
 

  A Pasqua

   
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In scadenza

 

 

Pasqua

 

 

Di chiudere, quanto prima

 

 

Pasqua 97

 

Ero già sul piede di partenza, quando rimasto da solo con me- mia madre era uscita dalla camera da letto degli ospiti per ritornare in cucina,- mio padre mi ha sconvolto con parole in cui ritornavano quelle che mi aveva detto l'ultima volta che aveva potuto accompagnarmi in auto:

" Ho ancora da starci poco, in questo posto... Lo vedi che sono come un attaccapanni sforato da tutte le ossa.

Settantacinque anni, la vita che ho avuto".

Ho taciuto in silenzio, sgomento, come davanti ad una sua ostinazione fissa irrimediabile.

Ora, a notte fonda, che sono di nuovo a casa mia, solo con i miei due canarini che averli accanto inoltrati nel sonno, non placa la mia ansia per la loro innocente grazia mortale che mi è insostemibile vedere perire, credo che mio padre così dicendo abbia voluto riappigliarsi con me, ai soli termini in cui sia con me giunto quel giorno in auto, a rassegnarsi a una morte che sente vicina. termini ai quali giunse quel giorno in auto, che sono i soli in cui sia pervenuto a rassegnarsi a una morte che sente vicina.

Vedendo il suo deperimento irreversibile nonostante ogni cura, che egli seguita a dimagrire e a non ritrovare l' energia per protrarsi in piedi.

Mi ha detto mia madre che non riesce a guardarsi quando è nudo

nel bagno, talmente la sua magrezza gli fa senso, della pena che lui le ha fatto, quando l' ha sorpreso che si rigirava tra le mani un accendino ed una sigaretta che chissà come si era procurati, non sapendo come resistere al divieto assoluto di fumare ancora.

 Lo vedi, ho le gambe di un bambino," mi diceva oggi a tavola sollevando l'infilatura* dei pantaloni.

Nei pochi minuti che mi sono rimasti prima di avviarmi alla stazione, sono ritornato  a stare insieme con lui di fronte agli schermi su cui seguiva un gran premio di Formula uno, e gli ho rinnovato l' invito a venirmi a trovare nella mia citta, per quell' escursione in motonave sui laghi e lungo il fiume che gli avevo detto, e per vedere nei suoi occhi, intendere dalle sue parole, quanto ciò che mi aveva detto fosse il suo convincimento ultimo, o se fosse ancora attaccato alle vanità dello sport o a una vita davanti di progetti residui.

Stava seguendo l'andamento della corsa, come le Ferrari fossero in gara.

Ed al mio auspicio* che lui e mia madre venissero a trovarmi come la stagione avesse rinverdito gli argini e le campagne, più di quanto già non lo fossero in quella Pasqua Bassa, " quando riavrò energia nelle gambe" si è ripromesso.******

E dire che dopo pranzo, quando mia madre mi ha detto della loro sofferenza di ogni giorno, avevo dovuto raccogliere ogni mia forza mentale per prestarle attenzione, in tutto ciò che mi diceva dell' inarrestibilità del male di mio padre, per quanto mi avesse commosso quando poco prima, carezzando la nuca a mio padre che le sedeva accanto sul divano, - uno dei pochi gesti fisici di amore che ho visto tra loro.

Sì, i suoi spurghi di sangue che lo allarmano, certo, i noduli ai polmoni che si sono anche ridotti, ma ai reni e lungo la spina dorsale ..., un autentico veleno le chemioterapie, l'altra volta gli spumavano acide alla bocca, sì, che vedano pure presso altri centri, mio cognato, mio fratello, quel che altrimenti resti da fare, per questo hanno  fatto firmare a mio padre il ritiro delle cartelle cliniche, lui per fortuna non si accorge del senso di quel che fanno, lei ogni volta quattro volte avanti e indietro con lui in tram, al day ospital, si dice, e poi a farsi prescrivere le medicine, ad acquistarle, non so, lui le ha detto, se io avrei potuto fare lo stesso per te, riesco a capire qual'è lo stato di mio padre, lui che non aveva finora voluto nemmeno  saperne di medici e medicine, capisco, certo, nello sforzo più che altro di restare attento, fin che mia madre finisca di dolersene e di asciugarsi gli occhi, e così mi consenta decentemente di uscire, finalmente per una boccata d'aria, e luce e verde e germogli e boccioli di una domenica di Pasqua smagliante... io che cominciavo a sperare almeno che fosse adesso stazionario.

Quanta attenzione invece, poi, alla sua narrazione interminabile delle fatiche ossessive delle donne di casa delle nostre campagne, quando il bucato di lenzuola e federe e asciugamani richiedeva giorni e giorni di immersione e travaso nel ranno.

Per non dire del risciacquo ammorbidente nelle acque dei fiumi, della distesa dei panni da un albero all' altro di due filari lungo un' intero campo.

" Lo si vedeva dalle mani rovinate con le quali venivano in bottega a fare le compere, che quelli erano stati giorni di bucato" interloquendo mio padre sopraggiunto in ascolto.

E interviene e mi corregge insieme ad essa, a precisare che anche i conigli, come i maiali, erano allevati in un rustico a terra adiacente al forno, per valersene del calore di cui avevo detto che anche allora si cercava di fare risparmio energetico, mentre di sopra era tenuto piuttosto il pollaio cui le galline erano avviate con una scaliera.   

" E' un tumore che hai"- sul treno mi si è rivelato l'impulso di dirgli- due noduli ai polmoni, e altri ai reni. Hai infetto anche il midollo spinale.

Per questo non riesci a stare lungo in piedi, sei dimagrito e devi essere sottoposto a una cura continua..."

Sentivo che ci sarei riuscito, - solo che dagli altri familiari avessi avuto delegato il consenso- tanto è il mio disamore per la mia vita che lui teme di perdere, sempre che sia vero ciò che sento di provare, per una vita che non mi so dare pace di non riuscire a cambiare, che non è affatto la vita che vorrei vivere, soffocandovi d'adipe e d'ansia, angosciato e vinto, senza più nemmeno riuscire a fingere, con mio padre, che abbia ripreso ad fare del moto e a uscire con la bicicletta da corsa ora che la stagione si è aperta, al suo cospetto smagrito da una vita che lo abbandona e lui non vorrebbe perdere a qualunque costo.

Perchè invece, mi sono poi detto, non dirgli altrimenti la stessa verità.

" Qui nessuno sa quanto ti resta , se poco o tanto. Nemmeno i dottori lo sanno.

Intanto ti sottopongono a questo ciclo di flebo, poi si saprà."

E' anche così che stanno infatti le cose, secondo il racconto di mia madre.

" Quando i dottori mi parlano, mi ha detto, sto più attenta alle espressioni che assumono che a quel che mi dicono, per cercare di carpire loro la verità. Parlano per adesso di attendere la fine di questa fase di chemioterapie, gli esiti della Tac e del ceckup..."

Intanto il sole calava in un  globo infuocato, e per la prima volta per davvero in vita mia, sentivo che la curvatura oltre la quale spariva, i campi intorno che imbrunivano con  i campanili e le case dei paesi, era quanto della superficie della terra lì si volgeva alle tenebri celesti in direzione opposta alla sua luce perenne.

E tardavo ad avviare la lettura della "Musa Tragica", senza darmi una ragione perchè seguitassi a svagare la mente, dopo che con l'esigenza di provvedere ai miei studi, di ultimare le correzioni dei compiti e predispormi al reinizio delle lezioni, avevo giustificato a mia madre il diniego a restare con loro anche il lunedì dell' angelo, lasciando loro vagamente indicato da quale finestra e a quale altezza dell'orizzonte, per stasera avrebbero potuto invece avvistare la stella cometa, che intravedevo all' arrivo tra i fili elettrici della stazione nel cielo serale nitente e freddo,  sino a che rientrato in appartamento, felice che Bibò mi accogliesse con un richiamo di saluto, al rimorso e al rimpianto è subentrato il pensiero, piuttosto, ho lenito il rimorso o il rimpianto di non essere rimasto da loro anche stasera, e ho preso a pensare piuttosto di quale sarebbe stata la da che Pasqua di sconforto da cui con la mia presenza ho risollevato i miei genitori , del da che miserabile ottenebramento da cui così ho risollevato anche me stesso, quando ancora stamane, dopo una notte trascorsa a evocare ogni mio fallimento carnale,  il dileggio delle torme di allievi fra cui lascio che finisca disperso il mio talento, il mio malanimo depresso avrebbe voluto fare mancare ai miei cari fino all'ultimo il mio arrivo, per fare scontare, per addebitare proprio a loro e tanto più ora con un' addizione feroce di pena, tutto ciò che patisco e che mi è inflitto e cui soccombo.

  

 

    

    

 

 

Terminale

 

14/15 aprile

 

Mia madre è giunta si è compiaciuta di a definirlo oramai un paziente terminale, quando si è lamentata che il medico non sia solerte a visitare mio padre a casa, se per l'anemia accusa vertigini o brividi.

" Non potrò /posso più, oramai lo vedi,  essere buono a quello che facevo prima, il male che ho mi ha preso troppo..." lui si è sconfortato a tavola poco prima che mi congedassi, dopo che a una telefonata ch' è sopraggiunta di mia sorella, quando mia madre ha risposto " non c' è male",

" è di me vedi che parlano" ha avuto lo spirito di rispondere, al che ho riso e gli ho battuto una mano sulla spalla.

" Vieni più spesso, - mi ha sollecitato mia madre- lui seguita a chiedere quando tu telefoni, anche l' altro giorno e ieri mi domandava se ti sei fatto vivo", al che, per giustificare anche in una simile situazione il mio latitare rarefarmi, l' assentarmi da lui che lo rarefà nella mia mente, che mi estrania alla sua fine e mi rende refrattario e restio a riprendere i contatti, ho accampato che quando vengo a trovarlo lui seguita a isolarsi e a non farsi più vedere dopo pochi minuti.

" Lui è così, per lui c' è lui e poi soltanto lui, si può dire, "ha commentato mia madre.

L' ha detta giusta l'altro ieri, quando mi ha detto" non so che sarebbe stato se fosse successo a te meno male che è successo a me", sapendo che non sarebbe stato in grado, o disposto, ad aiutarmi o soccorrermi in caso di bisogno.

E'successo già tante volte che io mi ammalassi, e dopo una volta o due dovessi rinunciare a fare affidamento sui di lui per il medico o le medicine.

Anche quando andavo a lavorare, a piedi, in bicicletta, e dovevo tornare fradicia o stravolta col vento e la pioggia...

Tre volte al giorno, devo andare avanti e indietro dal policlinico quando vi è ricoverato..."

E mi ma mostrato i segni di una caduta recente in bicicletta.

Piena di sè, del proprio senso vitale, nella stessa presa di distanza, già da lui, di quel riferimento poco prima al suo stato di malato terminale, la cui fine sentivo che mi era più riconcilata, dall' evocazione di quei suoi abiti mentali che la malattia non gli aveva dato di trascendere.

Eppure che pena, ora nel ricordo, a quanto mia madre mi ha detto delle contrazioni e dei guizzi dei suoi arti, pervasi dal tumore, in cui lo sorprende mentre dorme, di come lei debba fare attenzione anche a come apre e chiude le porte, perchè anche così lui accusa fastidio e sofferenza.

"L' altro giorno è sceso, e l' ho trovato che si era chiuso nella macchina ch'era rimasta al sole, perchè il suo calore interno diceva che gli faceva bene..."

E ha preso per questo, a starsene sdraiato al sole sull' uno o l'altro balcone.

(" Ma ha capito, oramai, per quanto gli dica a confortarlo  ora l' uno ora l'altro di noi, che non c' è più niente da fare.  

Fa degli urli di dolore, ogni tanto, smania e poi si riprende".)  

 

 

25 Aprile

 

Quando poco dopo il mio arrivo mia madre si è appartata con me in cucina, mi ha comunicato l' esito che per me era scontato delle chemioterapie.

" Oramai non possono più fargliene delle altre, mi ha detto la dottoressa, sono troppi i controestiti negativi.

" Continueremo con una terapia a casa, anche se meno efficace".

E lui seguita ad avere come prima  male alle ginocchia, lungo tutte le gambe.

Per sua fortuna non ha capito cosa significasse l' interruzione, era addirittura contento di poter così smettere."

Il fatto che le otto fiale dell' ultima chemioterapia non gli abbiano indotto il malessere delle altre volte lo ha finanche distolto dal suo pessimismo consueto delle altre volte.

Cosicchè quando ci siamo seduti in salotto ad ascoltare arie d'opera, ed io ho accusato nel' adiagiarmi sul divano tutti i miei dolori reumatici" anche tu come me senti male alla schiena, dunque" mi ha detto, chiedendomi se questo non fosse dovuto a una mia stitichezza.

E nel riferirsi poi ai conseguenti dolori articolari agli arti- "è del menisco che si tratta, come nel gioco del calcio"- si è appellato al beneficio che pure aveva tratto da quelle che non sapeva essere state radiazioni al cobalto, mentre io e mia madre ci siamo intercettati negli occhi uno sguardo di pena.  

Prima di giungere a casa dei miei genitori mi ero già riproposto di stare attento nel parlare dei successi della squadra per la quale tifiamo entrambi, di non usare espressioni che potessero avere una risonanza drammatica per lui se riferite al suo caso, quali che " siamo arrivati alla finale adesso", nel dire le quali avrebbe potuto cogliere nella mia voce un incupirsi a che potesse per lui significare essere finalista di fronte alla morte.

Ma nel parlarne ho potuto comunque essere contento di vedewrlo ancora interessato ale disquisizione e controversie del calcio, ancora appassionato dalla polemica contro gli allenatori che non fanno giocare i calciatori nel loro ruolo naturale.

E la nostra squadra troppo aveva concesso e lasciato agli avversari, senza opporre uno che facesse pressing sullo stesso portire avversario.

Che a pochi istanti dalla fine, spingendosi in area per tentare il tutto per tutto, non avesse sbagliato lo stop, sarebbe stato lì lì per segnare ed eliminarci con clamore tremendo...

Come l' ho visto interessato a che vincano in Inghiltera nelle elezioni prossime i laburisti di Tony Blair, per rompere l' accerchiamento del centro-destra sulla coalizione progressista dell' Ulivo in Italia.

Mentre sul treno facevo arrivo di ritorno nella mia città di Mantova, " devi venire da noi a M*, per sapere che accade nella tua città" , mi ricordavo divertito che mi avevano detto allora seduti al tavolo di cucina i miei genitori, mentre sfogliavo il giornale della nostra città che loro acquistano e leggono ogni giorno a differenza di me, che a sforzo riesco a interessarmi sul serio ad altro che non ne siano i movimenti demografici, e che nulla di concreto so dei problemi per la risoluzione dei quali andrò a votare domani al rinnovo del Consiglio provinciale.

" Cari, metto su un disco, e loro cantano...." quando me ne ha chiesto, suggellando la mia visita nel congedarmi da mia madre, con il richiamo di che solo mi importi, o mi sia dato di ritrovare e di riavere ad accogliermi nella mia città, monumentale e bella e concretamente così atavica contadinesca e piatta, i miei due uccellini che avevo lasciati quieti e salubri nelle loro gabbie, in un ultimo atto di accortezza, prima di partire, distendendo il tendaggio a schermarli dai raggi del meraviglioso e caldo giorno d'aprile.

Al cui tepore si scaldava sul davanzale dell' appartamento dei miei genitori, la coppia di tortore magnifiche e trepide che vi ricorre ogni giorno.

Ancora all' andata, nel ripercorrere il viale che reca alla stazione ferroviaria, quando mi ero intenerito alla vista di uno storno che restava fermo tra due autovetture al mio passaggio accanto, avevo avvertito quanto invece persista indurita la mia estraneità al mondo degli uomini, che mi fa avvertire in natura la loro perdita, la fine stessa di mio padre, come la fine di entità che la deturpano nella loro malevolenza ingenita, nella loro incapacità semplicemente di esisterci naturalmente, senza perseguire che schifosità o vanità di traffici, laddove è pura tragedia la fine gratuita di un animale, la cessazione della vita e al canto canto di un qualsiasi degli uccellini fra quelle fronde novelli, come quello che si librava meraviglioso traverso la strada da una fronda all' altra degli alberi lungo quel viale.

Sicchè poi non è caduto in alcuno mio profondo sconforto interiore, quanto mi ha comunicato mia madre sulla riduzione delle possibilità di vita ulteriore di mio padre.

Nella solita impasse, di non potere dolermi della perdita di mio padre, della loro afflizione, che perchè lui è attaccato a una vita che invece io vorrei solo concludere al più presto, quanto basta per ultimare e rivedere ogni cosa già scritta, senza dover sopravvivere, per questo, sino alla sola per me insostenibile fine dei miei due cari uccellini.

" Piuttosto, invece che di attendere la possibilità di altri cicli, gli esiti di altre cure, è bene vivere ogni altro suo giorno come un giorno in più, e basta. Felicitarci già di questo" sviando da quei viali verso i miei uccellini in appartamento, era invece il non detto, che al rientro, rimuginavo di comunicare a mia madre la prossima volta che li rivedrò. "Guarda che a gennaio, a esserti sincero, io supponevo che di questi giorni fossimo già alla sua fine".

Sarà per il primo maggio, che potrò parlargliene, per il quale mi cucinerà la carpa ch' era stata lasciata in un secchio a finire di soffocare senz'acqua.

Che mio nipote, sopraggiunto all' una, non aveva voluto saperne di vedervela boccheggiare.

" Se è per questo, il pollo di cui ha poi mangiato il petto..." ha detto mia madre.

Ed io le ho detto del modo come li uccidono in serie in un romanzo di Coetzee, prendendoli per il collo e recidendolo.

Del modo, di cui mi ha chiesto, secondo il quale, come nei lager, i vitelli vengono pressocchè finiti con un colpo di pistola, e non ancora morti sgozzati, e poi..., sinchè non arrivano in filetti e fettine sulle nostre tavole, senza che nessuno possa sentirsene l' uccisore.

Prima che mi dicesse dei giovani drogati che vede ogni giorno bucarsi nei giardini intorno, contattare spacciatori, nascondersi e farsi e riemergere o restarci, tra la gente che quando ha voluto telefonare per chiamare un' autoambulanza, le ha detto che bisognava invece lasciarli perdere, lasciarli morire.

Loro, non lei, al passo coi tempi.

E nelle mie ossa resta intanto la sofferenza reumatica, nonostante il calore del sole che dalle nuvolaglie è riemerso nel mattino fra i casamenti intorno.

Tenterò oggi la bici, di uscire nel verde verso qualche fiume.

Con il fisico, a dispetto della mente depressa, che vorrebbe giovarsene e riconfortarmi un poco, fin che devo pur vivere, che i miei dolori siano d'altra natura che quelli di mio padre.  

   

   

       

 

 

 

Versi


 

 

Tentativi d'aprile

 

 

All' adombrarsi a sera di (della luce per) paesi e campi

il verde che insiste persiste smagliante

( variante uno:il verde che insiste

variante due: il verde smagliante

nella crudità d'aprile

s' inasprisce di fredde recrudescenze

( var: s' ingemina (a sera) di asperità fredde

recrudescenti)

tra il brunito solerte di arativi e case,

 

infiorandosi di muri e campi giardini e broli

nel nudo infiorandosi il glicine ed il melo,

le loro rame gemmee in un cielo

di nevai di nuvole rosate,

 

sono in rotta, diresti,

il residuo inverno nel tramonto

 

avresti detto, (antan,) un tempo,

prematurando albori di rinascite morte,

nella prematurazione di una rinascita morta,

 

 

in una cute sfinita stremata strenua di adipe e d' ansia

ma ora dire ancora

( var: ma ora ancora dire)

è già stupore

ma ora è dire e avere voce

già stupore,

lo stento che resiste, che ancora è linfa

all' appello dei superstiti sui posatoi

lo scampo che con loro ti addormenta a sera.

 

( var: il congedo in linea,  l'annuvolarsene assopito assopendosi sui posatoi 

lo scampo che con loro ti addormenta a sera.)

 

( variante: riassopendoli

lo scampo che con loro ti addormenta a sera.)

 

( variante pregressa: ma ora è dire e avere voce

già stupore,

sentirsi, esserci ancora

in una cute sfinita stremata strenua di adipe e d' ansia

 

lo stento che resiste, che ancora è linfa

(il respiro del)lo scampo che con loro ti addormenta a sera.

 

 

 

 

 

 

 

Tentativi d'aprile

 

 

All' adombrarsi a sera di paesi e campi

il verde smagliante

nella crudità d'aprile

s' inasprisce di che fredde recrudescenze

tra il brunito solerte di arativi e case

 

infiorandosi di muri e broli bruoli

nel nudo il glicine ed il melo,

le loro rame gemmee in un cielo

di nevai di nuvole rosate,

 

sono in rotta, diresti,

il residuo inverno nel tramonto

 

avresti detto, (antan,) un tempo,

prematurando albori di rinascite morte,

 

in una cute strenua di adipe e d' ansia

ma ora dire ancora

è già stupore,

che nello stento, che richiude l' adito,

all' appello dei superstiti sui posatoi

lo scampo con loro ti addormenti a sera.

 

 

 

 

 

 


 

 

Da che può dirsi

 

Da che può dirsi un compiuto avvento, ripulite le fronti,

l' anodizzazione intorno delle anime nei volti,

nelle città di una sola voce fra le mura parlante

l' unto della consunzione dei tempi

è il residuo scampo,

abrasa agli stipiti ogni traccia.

Quel che ne resta

il percolato dei sogni nel vuoto nei letti,

la virtualità di pagine richiuse morte,

assorte in sudari di ritegno le adombrate  salme ,

in sudari di ritegno schivi agli sguardi,

 

la prematura fine

la virtualità di pagine richiuse morte

tra le provviste che sostentano nel viatico,

nei vasi la germogliazione che risorge assistita alchemica,

lo stento, di che altre parole,

a una muta in gabbia risollevatasi dal pasto

verso la sola fuga all'orizzonte di nuvole e giorni.

 

 

 

varianti

 

un compiuto avvento, in luogo di "missione compiuta"

il residuo scampo, in luogo di "una benedizione residua"

la virtualità di pagine richiuse per sempre

vitrea cornea

 

 

 

Altra versione

 

 

Nelle città di una sola voce fra le mura parlante

da che può dirsi un compiuto avvento, ripulite le fronti,

l' anodizzazione intorno delle anime nei volti,

è l' unto della consunzione dei tempi

il residuo scampo,

abrasa agli stipiti ogni traccia.

Quel che ne resti

la virtualità di pagine richiuse morte,

che il percolato dei sogni nel vuoto nei letti,

 

al farci, ricomposti,

in sudari di ritegno adombrate salme,

 

la provvista di certo che non manca,

nei vasi la germogliazione che risorge assistita alchemica,

alla muta in gabbia risollevatici dal pasto

verso la alla  sola fuga all'orizzonte di nuvole e giorni.

in sudari di ritegno adombrate salme.

 

 

 

varianti

 

un compiuto avvento, in luogo di "missione compiuta"

il residuo scampo, in luogo di "una benedizione residua"

la virtualità di pagine richiuse per sempre

vitrea cornea

 

La poesia non è approvata e licenziabile.

 

 

11 maggio

 

Solo ieri sera, di sabato, sei riuscito a ritelefonare ancora a loro; e quando hai sentito il suono del telefono risuonare nel vuoto della loro casa, o invano - come poi ti ha detto tua madre, perchè tuo padre ora non è più nemmeno capace di levarsi in tempo dal letto per rispondere a chi chiama,- solo in quell' istante è riaffiorata in te la loro pena, il dolore della irreversibilità del finire della sua vita con la perdita della mobilità degli arti di tuo padre, talmente è stato uno schianto cecitante e sordido la disperazione che ti ha assalito per la tua vita e il tuo futuro invivibile di insegnante, quando al rinnovato appello e al ritrovarli felicemente assenti, gli allievi di turno, al dovere di nuovo parlare nella confusione distratta, tra il puzzo e lo scherno, ti si è fissata l' immagine del ritorno della stessa pena per anni e anni ancora in classe, prima di potere accedere a una vita oltrelavorativa che si fa oramai esistenza ultraterrena, e di cui ti è assai più desiderabile morire prima, una pena e un dolore soffocante, sapendo che è così perchè la tua sopportazione e resistenza è la valvola di scarico e di sicurezza cui i tuoi colleghi, gli allievi, il sistema scolastico, fanno tranquillo affidamento per giungere alla buonuscita senza patemi e problemi, uno spasimo acuto che si è fatto martedì sera l'angoscia di non saperla fare finita, quando l' immagine dell'orrore scolastico ti è diventata una fissazione stordente, nessun altra idea che più ossigenasse il cervello,  se non il motivo "non posso vivere oltre, non posso...", quando sapevi che non vale la pena niente di niente di tutto questo, e che la vera colpa che ti faceva intollerabile a te stesso il tuo stato, è che il tuo destino scolastico ti fissasse a una materia umana così vile ed abietta, che ti impedisse di seguitare anche solo di leggere e pensare ad altro , di attendere il tuo dovere più alto, che altro non è che la perfezione di scrivere al meglio, con la vita che passa, anche per te, come per tuo padre, nello stesso indolentimento di fibre e di ossa, confinato in casa da inerti ossessioni e disperazione a tentare, tra quelle tante cose che una volta che sarà morto tuo padre, non sai come abbandonare con il tuo fallimento umano, ti sei gridato, se solo ti venga chiesto dai tuoi proprietari di casa di trasferirti altrove, che il lavoro scolastico per cui ti danni ed ossessioni con tale costrutto, non ti dà nemmeno i soldi per fronteggiare la mobilità del trasloco, togliendoti nella sua mortificazione incombente il tempo e le forze e lo spirito per rimediare altrimenti, alienandoti anche le domeniche a dovere correggere e ricorreggere ciò che non puoi più altrimenti ottenere da loro, allievi o studenti, immobilizzato tra scuola e casa casa e scuola, ora che le assenze continue di chi di loro ci gioca, ti obbligano a essere a scuola quanto più ti dannano l'anima, e ti usurano i nervi e ti occludono la mente, costretto a non assentarti dal servizio quanto più la mente è venuta per questo vacillando, avrebbe più bisogno di staccarsene, di farsi altro, se vuoi infine obbligarli a risponderti, interrogarli, poterne trarre quegli elementi di giudizio che ti sono richiesti per valutarli, mentre tu se così ammalorato volessi rimediare ai tuoi mali, dovresti scontare il male che ti fanno senza nemmeno poterti muovere da casa per la visita fiscale, immancabile, e così saresti obbligato a rinunciare per tutto il tempo della tua assenza a raggiungere i tuoi cari, a che tuo padre possa rivederti quanto vorrebbe ancora, impotente a questo per la connivenza dei *comodi altrui, per la ragione confitta del tuo legalismo, di tanto deleterio senso di giustizia che ti asserve al detrimento generale, cui nel traffico tra casa e scuola volevi schiantarti contro, chiedendoti se avevi la forza di gettarti sotto le loro ruote, una delle loro autovetture, prima di sfinire il tuo urlo ansimante in Istituto.

Ma che con il loro assentarsi ti usurino e ti obblighino ad essere immancabilmente a scuola, che loro ti facciano stare male, e che tu per questo non possa salvaguardarti, perchè altrimenti non potresti andare a trovare tuo padre che sta morendo, come può valere, come puoi dirlo, se il male più schifoso che ti sei lasciato infliggere, cui ti sei reso succube, è che nell' accanimento contro quanto subivi, con impotenza, ti sei perso a te stesso, al dolore e alla stessa pena per la fine imminente di tuo padre, nella realtà del loro sopruso e della miserabilità umana di Presidi e colleghi, li hai elevato a un rango, nel loro fango squallido, che ha perso in te quanto soffrivano i tuoi congiunti, la verità mortale delle cose e della vita, nella mortalità di tutto,  cui ti era dolce riaffiorare dal tuo ottundimento, che era durato per tutto il tempo, di tensione esacerbata, che non sono stati più niente e nessuno nel tuo accanimento sofferto, pronto ad avventarsi contro anche di loro pur che tutto volgesse al termine.

Come non hai avuto pietà per tua madre, nemmeno quando nella beltà della sera di maggio infine telefonandole, non le hai taciuto con l'alibi di doverti giustificare per non esserti fatto vivo, che uno sconvolgimento mentale te lo aveva impedito.

Insistendo sul punto ancora oltre, talmente non sopportavi che non paresse soffrirne, che avesse potuto trarre solo un respiro di sollievo, approvando, quando le avevi detto che non eri andato da loro per non scaricare l' acquazzone del tuo il tuo dolore sul loro dolore su altro dolore.

" Ci sono anche le malattie mentali, non solo quelle fisiche che tolgono la vita,la forza di vivere"

" E stai bene, hai superato ora il momento?"

Non sei riuscito a dirle oltre, a chiarirle che il rischio è sempre incombente, perchè non puoi superare te stesso.

" E i canarini"

"O loro stanno bene..."

Come se la loro adorabile vita, che ieri sei tornato ancora ad asccudire appieno, fosse altro che la tua vita.

" Anche le piante, e faticavi a trovare parole, anche le piante crescono bene. La menta sai,e il basilico, e la pianticina con le pallline rosse, il solanum".

Ripromettendoti di andarli a trovare martedì, come che tu stia, nonostante tutto.

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Ut wisi enim ad minim veniam, quis nostrud exerci taion


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