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La morte di mio padre

 
 

Natale 1996

   
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Titolo 3

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Titolo 4

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Titolo 5

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Titolo 6

 

 

Prove

 

" E' di la che fa le prove da morto...."

domenica scorsa, quando sono andato a trovarli, a mia madrre mi son trattenuto dal dirle di mio padre, dopo che l'avevo visto sdraiato supino sul letto, nella penombra della sua camera, allorchè vi sono entrato per dirgli i risultati in corso delle gare di campionato. Ad essi  si è mostrato disinteressato distaccato, indifferente, per il dolore addominale che accusava come un ulteriore sintomo letale.

Era ben meschino il risentimento che mi animava, per come tutti loro quanti si erano dati da fare ed erano stati mobilitati ed erano entrati in apprensione per il suo stato di salute, di settancinquenne, pur se quando la sua la cui compromissione  non si era rivelata nemmeno tale da determinarne il ricovero in ospedale,  laddove io che ne ero da poco reduce, per telefono quando il giorno prima avevo soddisfatto corrisposto a una precedente sollecitazione  di mia madre ritelefonandole, ero stato  avevo dato il destinatario motivo ero stato solo l'occasione di solo a di un suo larvato rimprovero per non averle telefonato appena come sono comunicato quando ero stato sono stato dimesso, il che avevo tralasciato omesso di fare perchè ero già allora irritato che se ne avessi avuto bisogno, tutti loro quanti si fossero dichiarati indisponibili a raggiungere il mio appartamento per a venirmi ad assicurare assicurare il bere e il mangiare dei miei uccellini, e mia sorella e il suo compagno come ieri domenica sono arrivato non si erano nemmeno attardati ad attendermi, presso i miei genitori dai quali si erano intrattenuti a desinare.

Perchè non mi liberano del loro legame affettivo, mi veniva fatto di chiedermi durante il ritorno, e mi vogliono insieme per Natale, e insistono, comportandosi ancora come se mi amassero davvero più di tanto, quando ciò che al fondo sembra per davvero importare a loro, è di non soffrire e di non avere ad atterrirsi a causa mia.

Ed io ho un' esistenza troppo precaria, ho troppo bisogno ancora del loro aiuto, per illusoria che sia la mia aspettativa di soccorso, per poter essere davvero inesorabile e lasciare che venga in chiaro il rapporto tra noi.

Ecco così che per il Santo Natale sarò immancabilmente da loro, come mi chiedono, e farò voto di rinuncia e di miseria, sperando che la neve conforti oltre i vetri al di fuori i miei giorni trascorsi a scrivere nella sola compagnia dei miei uccellini, che ora che avrei le centinaia di migliaia di lire per andare via, nell' Est Europeo a Cracovia o a Varsavia, se non in Occidente a Londra o ad Amsterdam, sono l' impedimento cui ricorro per sentirmi comunque trattenuto ed obbligato ancorato al lavoro di pensiero e di scrittura alla lettura ed alla scrittura nelle mie stanze, persuadendomi che gli uccellini non potrei trasferirli presso i miei, quand' anche questi consentissero, per l' insidia che il traslocarli altrove, in questi giorni di freddo costituisce per la loro salute.

E la privazione continua, e il tempo passa, ed io seguito ad essere socialmente nient'altro che un professore frustrato, che si ripete a consolarsene, nel rinunciare anche alle vacanze cui si apprestano, per lo più in montagna fra le nevi, molti dei miei studenti con le loro famiglie, per riposarsi delle fatiche scolastiche quando dopo che non hanno per lo più nemmeno hanno ancora iniziato a studiare, per davvero, che non può aspirare a ciò che ambisce la massa che pur gode e si appaga, se pretende di divenire ciò che oramai, senza avere ancora edito nulla sulle soglie della vecchiaia incipiente, incapace di ulteriore dedizione ed di inventiva ulteriore letteraria e poetica, oramai è solo l' illusione abbacinante della mia perdizione senza più scampo, in virtù della quale soltanto tollero e sopporto,  tollera e sopporta, e nel disprezzo asfissiante mi sottopongo tiro tira avanti di nuovo.  

 

 

 

 

Natale 96

 

 

Previgilia

 

Al computer, finalmente, dopo che ogni pretesto di indifferibili acquisti, e di indilazionabili compiti mi è servito puntualmente a rinviare l' atto, e dare immancabilmente la precedenza per attendere piuttosto alla mia casalinghitudine od all' insegnamento, sia che ancora non fossero terminati i giorni di scuola, o che pur appena fossero iniziate le mie vacanze natalizie, anche se pur se così seguitando a disertare di scrivere mi sono reso sempre più ingiustificabile, insostenibile, intollerabile al mio cospetto per il mio dibattimento foro interiore in seduta permanente giudicante, ugualmente come al pari di come così come tuttoggi mi erano irrilevanti e irreali, insussistenti, le tante persone che intravedevo od eludevo nelle strade addobbate di intermittenze stellari o nei negozi sfolgoranti di luci e festoni, le quali immaginavo ostentarvisi come qualcuno di chissà che importanza, spregiandole odiose per quanto mi apparivano di inaccessibile riguardo, per gli acquisti che si consentivano o per la ricchezza indossata nell' ammanto di pellicce o di capi in pelle, in un loro annichilimento reattivo

per ciò che presumevo si credessero di essere solo per il loro denaro, che non era che lo sguardo sopraffatto nel tempo della mia inadeguatezza e insignificanza irrisolta, un tormento che è la mia mania d' altri tempi, senza più condivisione, eppure che ancora delira e pretende di valere per gli altri, come se l' ammanco di grandezza, ch' è la mia pena sottaciuta, - in ogni tormentato perseguire e soccombere a ogni obbligazione cui mi attengo- fosse ancora un assillo generale, o importasse ai più  ciò che loro sono o che realizzano e compiono,( e l' accrescersi non fosse e non richiedesse per gli uni ben altro,) seguitare ad accrescersi nel giro più grande, e per i più l' importante non fosse l' esserci, ancora a sera, non essersi ancora lasciati disfare sconvolgere o schiantare e finire sommergere.

Ed io che così malamente non so evitare di scrivere di siffatti argomenti eludere nello scrivere siffatti argomenti, che mi sono prescritto come un musicista degli strumenti dei temi obbligati, anche se li ho a noia non mi interessano disinteressano o li ho a noia, o in avversione, al pari di tutto ciò che è d' interesse delle politica e delle prime pagine, eppure nel ribattere i tasti, per dirne, non ho ancora ceduto, sono ancora vivo ed ancora cerco di essere, di affermarmi nell' e di affermare qualcosa, e vi celebro giunto a sera il mio santo Natale, solo in stanza con i miei due uccellini quietatisi a sera in stanza nell' ascolto angelico dei cori natalizi della tradizione russa, mentre di fuori le tenebre fumigano dall'umidore di un giorno ch' è stato di un chiarore piovigginoso e lattescente, quando un fervore animato ancora che s'avventurava o s' attardava per le strade, in chissà quanti per poi riassaporare con più conforto il piacere di ritrovarsi con gli oggetti e i beni della spesa nel conforto del tepore domestico, di presenze più amichevoli e care.

( Ma) è' troppo tardi per tenerli ancora desti, i due miei adorati angiolini incantevoli e struggentemente mortali come non mai, e (per) non porre fine io stesso al loro meraviglioso posare in ascolto sui trespolini più alti, stendendo il telo che alfine li assonni, che mi consenta di seguitare a scrivere senza più recare a loro il disturbo di una veglia forzosa.

         

 

 

Il Natale

 

E sono riandato in treno dai miei, la Vigilia di Natale, nella continua pioggia di un continuo buio piovigginoso, tra le campagne dove non c' era che qualche raro barlume di luce, finché

l' approssimarsi dei paesi, prima che dai fari e dalle luci  delle strade piovose, era annunciato dagli alberi di natale che nei giardini e negli orti interrompevano l' oscurità dei campi,  nelle grandi città, gli alberi di Natale, ridotti per lo più a una parata a spiovere di festoni e di luminarie intermittenti condominiali.

Ma madre poi non mi ha lasciato nemmeno il tempo di sistemarmi a tavola, prima di trafelarmi annunciarmi chi fosse morto del mio paese, e che sul giornale della nostra città aveva appreso come fosse spirata in quei giorni la tarda e ricca signora che fu la mia pigionante un decennio fa, i primi anni che stazionavo nella mia città per insegnarvi.

Possibile, mi sono chiesto, che nemmeno il piacere di soddisfarmi con le sue pietanze- tortelli e tortellini e polenta e baccalà, prima dei dolci e dell' anello di Monaco finale-, potesse trattenerla dall' aggredirmi odiosamente con le sue angoscie mortuarie, che sia così attaccata alla vita da essere prima che  tutto, una anziana vecchia donna più che mai sordidamente atterrita dalla morte?

Possibile, mi è spiaciuto constatare, che non riesca nemmeno a concepire che un prolungamento oltremisura della sua esistenza la costringerebbe a patire la scomparsa di figli e nipoti?

E mio padre, terminata la cena, quando ha ricevuto dai suoi figli il dono di un radioregistratore per sentirsi i l'ascolto dei compact di operalive che mia sorella gli ha ceduto, non ha fatto nemmeno lo sforzo di compiacersene in ascolto una diecina di minuti, per congedarsi con questo e precipitarsi piuttosto a letto e prendervi sonno, depresso dall' artrosi, presumono i medici, che gli indolenzisce gli arti e non gli ha dato tregua tutto il giorno; cosicchè il discorso di chi è rimasto a tavola, come lui si è assentato si è fatto ha preso subito a vertere sullo lo sconforto di chi deve assisterlo, talmente l' angoscia della morte e del male lo fa irragionevole, in lui riacutizza le sue più costernanti fisime ipocondriache, quali il rifiuto di ogni cibo che sia colorato, si tratti dei rossi pomodori o dei verdi spinaci, o addirittura della stessa spremuta di arance che gli aveva stamane preparato mia madre, e che lui ha aveva respinto con malgarbo dalle sue mani dicendole che c'erano dei coloranti.

" Immettono immetterebbero forse dei coloranti già nelle piante?..."avevo commentato il fatto con mia madre già la mattina per telefono, tentando di volgere mettendo in ridere un comportamento cui ora la consigliavo mia madre di non opporsi, che contrastare mio padre non sarebbe servito a niente in  simili circostanze.

" Restano pur sempre di bianco il lesso, le patate, il sedano e finocchi e quanto altro.... basta poi così poco se si tratta solo di per sfamarsi..."

" Dodici chili Sono dimagrito già dodici chili..." mi aveva detto mio padre sull' ascensore prima di entrare, quando l' ho complimentato dicendogli che lo ritrovavo divenuto un bel vecchio.

E mi ha mostrato le mani del suo aspetto smagrito, la pelle avvizzitasi per essersi scarnita sotto.

Lui temeva e teme ovviamente, senza volerlo credere, di essere divorato nelle sue carni da un cancro, tentando così di impressionare o di rendere sgomento chi,  come nel mio caso, per quanto è il vero da dire,  lui è purtuttavia ingenuo o illuso da ignorare che temo innanzitutto, più che in sè la sua scomparsa, il venir meno con lui di ogni suo sussidio a muovermi e a trasferirmi altrove, l' essere obbligato ad assumere al trapasso il ruolo e le responsabilità del figlio.

Anche se a questo ci pensa, lo so, visto che l'altra volta che sono venuto a Modena, mi mentre sulla sua auto mi conduceva a casa, mi ha chiesto perchè non prenda la patente, che così morendo potrebbe cedermi la sua una vettura che altrimenti andrebbe altrimenti svenduta.

L' indomani, giorno di Natale, ossia ieri, già al risveglio si è visto che stava fortunatamente meglio, fors' anche perchè sono iniziati gli effetti delle cure radicali, e anche perchè mia madre, com' è nella sua natura, ne ha alleviato l' ipocondria con il somministrargli di nascosto sovradosi di ansiolin, il che mi spiegava, quando me l'ha detto, perchè come in mattinata si è seduto a tavola, in ascolto sul lettore che ha avuto in regalo del compact del "Rigoletto", non gli riusciva di a stare desto per leggersi l' articolo di fondo del giornale dellla nostra comune città d' origine, seguitando a ricadere di lato nel sonno sulla sua sedia, finchè non ha scelto la poltrona per restarvi a russare fragorosamente.

L'ho rivisto sveglio alcune ore dopo, quando sono rientrato dal mio giro a piedi nel centro, oltre l'una, portandogli, sotto l'interminabile pioggia, nella sua stanza la confezione di siringhe che mia madre mi aveva detto di acquistargli in farmacia perchè ne era rimasta senza.

" Eccoti il mio regalo di Natale, " gli ho detto anche per fare in questo dello spirito.

" Ah, è bene accetto. Quando una cosa serve..."

Poi quando sono rimasto dopopranzo insieme a mia madre, a sorbirci il caffè, lei è sopraggiunta recandomi il foglio di giornale che recava la locandina funebre della mia pigionante di un tempo.

Vi appariva florida e compiaciuta della sua ricchezza come la ricordavo, nella fotografia sotto l'annuncio della sua serena scomparsa.

Singolarmente l' edizione di quel giorno era la stessa di cui al bar del mio Istituto scolastico avevo letto soltanto la prima pagina (,) perchè nel bere io cappuccino vi avevo scorto la notizia del tragico incidente stradale in cui quell'un uomo del mio paese d' origine era rimasta ucciso.

Aveva 58anni e da tempo viveva solo.

" E' stato un urto tremendo. Dicono quelli che l'hanno ritrovato- non ha mancato di riferirmi nella circostanza mia madre-, che è stato sbalzato fuori della vettura fin in mezzo ai campi.

All' ospedale hanno concluso che è morto sul colpo".

" Meglio così-

" Come fai a dire meglio così..."

- So anch'io- le ho replicato spazientito, - che per lui sarebbe stato meglio fare rientro e ritrovarsi a casa anche quel giorno. Ma piuttosto che patire una lunga agonia..."

" Ma in quel momento, che ne sai che può avere provato in quel momento, quando si è visto la morte davanti..."

" Lo so, perchè l'ho provato più volte" le ho replicato, infastidito del suo sgomento primordiale di fronte alla morte, sorpreso del fatto che in vita sua mai si sia trovato a dover supporre di stare morendo..

Possibile, mi sono detto, che in più di sessant'anni di vita non le abbiano dato modo di elaborare abbia minimamente elaborato il suo atteggiamento rispetto alla morte?

Di di prospettarsela la morte di fatto? Che non se ne sia fatta alcuna ragione ?

Si ricordava invece addirittura, per quanto le avevo detto, una mia vicenda di cui io stesso mi sono  scordato, di quando tornavo verso la mia casa d'origine, già adulto, e a una curva una vettura che proveniva a tutta velocità, in senso contrario, sbandando nel curvare mi aveva dato la certezza che non potesse assolutamente evitare di investirmi mortalmente.

" Non riuscivi in casa a riprenderti."

" Oh, il peggio è dopo, in quegli istanti si pensa ( tu pensi) i soltanto che questa volta tocca a te per davvero. Ti pieghi e provi una reale tale pietà per te stesso, nel sentirti una vittima che non ha proprio più scampo..."

La mia vita, sai se è più la pena di viverla o di perderla ...

Nel parlare poco prima a tavola con il giovane greco che è amico di mio nipote, e con sua sorella, che insieme a me erano i soli ospiti rimasti a pranzo dei miei genitori per Natale, li avevo fatti sorridere, sospirando con sospirare d' invidia, quando avevo sospirato d'invidia, allorchè mi avevano detto che Jennifer, l' amica incontrata a Berlino da mio nipote, che verrà a trovarli in Italia per recarsi insieme con loro a Firenze e a Roma, è un' australiana che vive a New York, da cui prenderà il volo per venire in Italia.

Ma c' era struggimento, in me, anche nel rievocare loro quella sequenza di " Mai di domenica", interpretata da Melina Mercouri, in cui canta il suo desiderio fisico per i corpi atletici di una squadra di calciatori.

Interpretandovi lei la parte mancata della mia vita, di sgualdrina impenitente.

Io invece infelicemente timorato infelicemente, incapace d' essere altrimenti che una puttana rispettosa del decoro della mia sopravivenza. Rispettoso del decoro della mia esistenza.

E quando mio nipote, che è poi sopraggiunto, mi ha accompagnato a prendere il treno, parlando con lui in  auto di vacanze invernali, a proposito di mio fratello, che influenzato, si cura presso la casa di montagna di un suo amico* ch' è situata vicino al Sestriere, gli ho rivelato che non sono mai stato in vacanza d' inverno in una stazione scistica, e che ignoravo per questo tutto della realtà che poteva presentare una stazione invernale , anche della stessa possibilità, di cui mi informava,  di raggiungervi un paese da un altra località, con gli sci, per decine e decine se non centinaia di chilometri di pista in una stessa vallata.

Finchè rieccomi a casa, con i miei canarini, che al mio sopraggiungere, da che riaccendo la musica,  prendono a saltare di posatoio in posatoio e mi riaccolgono con il loro canto, come se li liberassi con il mio ritorno da un' inerzia forzosa, da che riaccendo riaccesa subito la musica che li stimola al canto, loro che se non potrò più disporre di mio padre, che li trasporti a casa loro perchè restino incustodia di mia madre, finchè resteranno vivi saranno l' impedimento a ogni mio viaggio, ad iniziare da quello che ho preventivato programmato in Iran quest' estate,  per compiere il quale sto già studiando l' arte dei Parti e dei Sassanidi, rileggendomi di Attar proprio il " Verbo degli uccelli", dopo l'" Elogio" di Leopardi,, oh, loro ma proprio in questo, sapendoli a me più cari d'ogni Tibet o Ankghor, se per nulla al mondo, adorati, consentirei che il sacrificio della loro vita fosse l' occasione per vedere la Muraglia cinese e viaggiare in Estremo Oriente.

Sentendomi come, e che cosa ancora, poi, per le vie nevose di Cracovia o alla National Gallery di Londra?

Forse che non sarebbero, poi, nello sguardo indelebile di quei loro occhiolini puntolini vivissimi che mi scrutarono in ansia, nel volo in cui si slanciarono soddisfatti sul trespolino, quando si ingorgavano nell' ingorgarsi nel canto  o si precipitavano con nell' ingordigia repentina a riassaltare con cui riassaltano sulla nuova provvista di semi o lo spicchio del mandarinetto, gli innocenti la cui strage verminerebbe la mia anima di Erode, sarebbero il marchio indelebile d'atrocità di ogni mia affermazione e ottenimento conseguente, gli innocenti la cui strage verminerebbe la mia anima di Erode?.

Eppoi basta, mi sono seguitato a ripetere, con l' integralismo sciistico o turistico delle vacanze natalizie, il Verbo onnivalente, ovunque, in luogo di Quello che al freddo e al gelo in Cristo per i derelitti si fece carne, e secondo il quale verbo mondano, le festività natalizie sono state vissute per quanto si è stati via, così come è d' obbligo appena del tempo si rende disponibile, già immaginandoli, i colleghi e gli allievi, e i conoscenti, che al rientro chiedono inesorabilmente se e dove le vacanze me le sono passate altrove via, mi chiedono che posti mi sono fattodi sentirmi chiedere che "mi sono fatto" o che cosa mi sono " preso" durante le vacanze, e mai, non già, piuttosto, che libri abbia letto, quali dipinti od opere di musica riproduzioni artistiche abbia visto od ascoltato di dipinti o di opere di musica, che cosa a mia volta abbia scritto o commentato, anche solo come abbia meditato o rivissuto lo spirito del Natale, su che musiche e immagini e testi...

Che è quanto oggi ero infervorato di compiere, intanto che i miei uccellini si traducevano negli ( erano gli) angiolini che mi cantavano e celebravano la gloria di Dio nell' alto dei cieli delle loro gabbie, mentre riascoltavo ed essi udivano la parte seconda dell' oratorio di Natale di Bach, per poi appassionarmi nella rilettura di Natale di Manzoni, di Epifania di Luzi.

Perchè mai, ogni volta, torno a chiedermi, seguitando il Natale seguitando ad incantarmi e ad appassionarmi tanto ? Nei giorni dell' Avvento attesa attendendone con trasporto il sopraggiungere come un compimento; poi, come ora, cercando di rivivificare, insisztentemente, ciò che vorrei non fosse già trascorso puramente dileguando.

Non credo di credere, e non mi attendo di certo qualche rigenerazione della mia anima o del mondo al riavvento natalizio,  che il mondo o la mia anima abbiano a rigenerarsi nel Santo Natale, si rinnovi, eppure, che sia (si dia) l' infanzia che ritorna, incantesimale, o che altro, di toccante, il Natale è ancora di più un bagliore in cui la mia miseria cerca tepore, la gran luce che irradia dal neogenito divino che la Vergine mette al mondo su poco fieno, tra dei fiati animali a riscaldarloi nel gelo notturno; emanata in terra, la gran luce,  dallo svolio degli angeli nella immensità notturna, tramutata in dall'nell' un annunzio perenne che eppure è solo un vagito, di che si è dischiuso in grembo alla Vergine su di una greppia tra poco fieno, di dentro il nel mantello di che la madre fascia il bambino divino...        

 

 

 

            

 

                         

 

 

 

verso la fine dell' anno.

 

" Buon Anno ai miei uccellini, i miei cari Bibi e bibò", sia pure a matita non mi sono  trattenuto dallo scrivere sul biglietto che ho posto sulla gabbia ornamentale che fronteggia la loro, ove sono raffigurati dei passerottini che amabilmente accolgono,  su delle fronde natalizie, un nuovo venuto che dispiega le ali per frenare il volo.

L' ho acquistato insieme a quelli che ho già inviato a Gregory e che domani invierò in Tunisia a quel giovane che ho incontrato presso Chemtou.

Anche il solo pensarci, prima ancora che il presceglierli e il redigerli e l' impostarli, mi conforta nel tepore della mia solitudine natalizia, allenta la morsa e l' inedia del vuoto affranto, ammolla intenerisce e disgela la vena.

" Nel caro tuo ricordo che non mi abbandona e mi riconforta, affettuosamente auguro buon Anno a te e a tutti i tuoi familari, a ogni persona che ti è cara al mondo", ho scritto a Gregory in Masmechelen.

A Chazoriani Kais, nell' augurargli di pensare e vivere ugualmente grandi cose nella sua Piccola Sorgente, come si chiama in arabo il suo villaggio, ho quindi illustrato la spiritualità dell' adorazione dei magi, di Lorenzo Costa, che raffigura la cartolina che gli ho inviato.

" Si tratta del Bambino Gesù e della Vergine Maria, sua madre, che ricevono i doni dei Re Magi, i tesori di questo mondo che sono nulla al cospetto della divinità del piccolo Dio,

così umile e povero nel riceverli, a lui genuflessi, nella grotta dove senza cuscini nè pannicelli, col mantello della Vergine quale sua coperta, è nato al gelo riscaldato da fiati animali, e vi ha ricevuto in seguito gli onori dei soli ed è stati onorato in seguito  solo da pastori, i soli fra gli uomini ai quali si siano rivolti gli Angeli perchè ne intendessero l'Annuncio".

A intendere la narrazione di Luca e Matteo, nel senso evangelico del loro racconto, è Natale, e Cristo rinasce, solo per chi nella Notte è sulla via con le sue greggi, e sa riconoscerlo nell' infante che giace in una mangiatoia animale, ove fu deposto perchè non potè nascere in albergo, o per chi dall' Oriente, saggio e regale, ha seguito la stella oltre Gerusalemme fino alla sperduta Betlemme, non dubitando che ivi fosse il Re Bambino, al suo apparire quale della Giudea il più piccolo centro.

E La mia notte solo con le mie greggi, è la mia lontananza dagli uomini con i due miei piccoli uccellini da accudire reclusi, insieme con gli altri sette che primo questo e quell' altro, poi riunendosi insieme, si rifanno vivi ogni giorno al mio balcone, per i semi che spargo perchè sopravvivano; mentre il mio viatico sino alla casa di Maria, lasciando il culto delle forme, è la stella che seguo dell' umana miseria sul giornale, per dirne quando ritornerò al villaggio, e dirò che non sarò stato a Bucarest, come avrei altrimenti voluto, come chi vi si è recato per il corpo di un bambino  ritrovato nella greppia delle fogne, nel freddo siderale che inneva le piste degli sciatori e assidera clochards, congela chi lavora e chi pensa e non interrompe i traffici di organi e di morte, che di oro e incenso e mirra dai lontani Orienti, sui nostri mercati, seguiti l' afflusso conveniente prodotto in schiavitù.      

     

      

   

 

 

31 dicembre

 

Ed è scesa la neve purificatrice, della mia lontananza e del mio odio per gli uomini.

La neve della mancanza di senso, e di compiutezza e soddisfazione in tutto quello che faccio.

La neve che impedisce anche a loro, agli altri, come a me, liberamente di muoversi e di godere.

Come la mortificazione delle religioni, come la miseria che appieda le plebi e le costringe a servirsi come me di pubblici mezzi.

Anche per questo io mi ritrovo meglio tra chi sta male, mi dà conforto e necessito di un il mondo di infelicità e di dolore di cui necessito.

E mi angoscia, e mi dà sollievo, quanto di più terribile leggo sul giornale, e la mia condanna antagonistica ne è una commedia, l' anelito a ogni soccorso una finzione patetica, l' ammirazione di chi li presta l' omaggio ineffettuale a una virtù che non diventa esemplare.

Sia che legga o parli in classe dei medici italiani che soccorrono in Kurdistan, o in Afganistan, la popolazione civile amputata e mutilitata dalle mine antiuomini di indubbia nostra fabbricazione, o degli anziani genitori inglesi che devono confidare che i familiari della vittima recedano dalla propria volontà di vendetta, per salvare dalla decapitazione islamica la figlia condannata in Arabia saudita.

O che segua l' immedesimarsi dell'incriminarsi degli atti di terroristi di stato e di terroristi rivoluzionari di strada e di giungla, che si contrarmano e controsostengono e controsostengono ugualmente in affari di narcotraffico, e narcotrafficanti, o quali siano i flussi più recenti di petrolio,  verso la libera America il guardiano dell'ordine,dalle regioni già sovietiche, per il transito sino all' Oceano garantito sul loro suolo da mafie pakistane e dagli integralisti islamici afgani,  che ne traggono  assenso, e complice silenzio, nel confinare nella cuccia di un nero focolare le donne occultate sotto la burka, lapidare adultere e impiccare ad un palo, esposti al pubblico ludibrio, chi spacci e avvi ai nostri mercati, la droga la cui coltivazione nelle retrovie  assicura le armi ai punitori telebani, seguitando il nostro cointeresse a che siano incatenati ai piedi, nel Pakistan a sostegno, i bambini che fabbricano per dodici ore al giorno, e la paga quotidiana del costo di una bevanda in lattina, le nostre scarpe o i tappeti su cui camminano, i palloni da gioco che si calciano a nostra passione negli stadi calcistici, il tutto, in irredimibile irremissibile definitiva, inutile materia di sollevazione e di scandalo di pagine e voci patinate, quando la loro miseria è a tutti gli effetti la nostra ricchezza, l' affare del nostro benessere e del nostro articolo o libro di viaggio, l' atrocità che sostenta la sopravvivenza del nostro privilegio.  

 

Ieri l' altro, di sera, ho incontrato nel freddo un allievo per strada, e non abbiamo che incattivito in disfide calcistiche.

Non altrimenti so o posso comunicare con loro, sappiamo sottacere e comunicare inviti augurali.

E ieri pomeriggio, è bastato che abbia abbassato il volume dell' ascolto della Storia di Natale di Schutz, per sentire le ennesime gride di spavento e di richieste di aiuto della giovane coppia di sopra.

Ho seguitato la pagina, in ascolto del brano,  distogliendomi anche dall'idea ricorrente che lui è un bel ragazzo e chissà quanto dev'essere stanco della sua storia con lei.

Poi quando sono sceso per l' acquisto domestico di una cesta di vimini, un inquilino del piano di sotto mi ha chiesto se avessi rinvenuto la macchia d'acqua di cui gli ha parlato il condomino sottostante il mio appartamento.

Una macchia tanto più dilagante, quanto sembra, quanto meno se ne è avuta traccia.

Per la quale, l' altro giorno, di domenica, come ha creduto di scorgerla sul soffitto immediatamente al rientro da pochi giorni di ferie, il sottostante condomino ha scomodato il mio locatore e il sottoscritto, nella pretesa fattasi  congiunta , e poi venuta meno, che rinunciassi per qualche giorno all' uso dell' acqua pur di consentire di accertare la perdita.

"Eh, si tratterà di far chiamare il geometra, come le altre volte, per gli accertamenti, di fare denuncia all' amministratore secondo la solita trafila....

Può venire se le serve a fare acqua da noi...."

" La macchia, se l' ho trovata?... Si trova ciò che c'è, al mondo  " ho sospirato con l' altro coinquilino, che ha inteso, e mi ha fatto gli auguri, e mi ha chiesto se scenderò presso i miei per le festività rimanenti.

Mi parlava come a un altro meridionale, quale lui è,  che per ricongiungersi ai suoi deve fare un lungo cammino .

A tale sua solidarietà ho risposto che i miei non abitano molto distanti a Modena, e dunque che non mi sarà difficile raggiungerli, volendolo,  almeno per Capodanno, come già è avvenuto per le feste di Natale.

Mi ha sorpreso, con piacere, il calore con il quale nel salutarci e nel ringraziarlo mi ha stretto la mano.

Ma la morsa è stretta e non si allenta con il gelo, nel candore

dei tetti e dei balconi innevati oltre il tendame,  nel riaffacendarsi degli uccellini in gabbia col panìco. 

 

 

 

 

1 gennaio

 

 Era l' ennesima dannazione congiura nelle cose, cui mi sottomettevo, al rientro dal supermarket accorgermi che avre i dovuto farvi di nuovo ritorno prima di sera, perchè certo di non disporne avevo acquistato dei fogli alluminio e dei sacchetti di plastica quando già ne avevo di riserva, mentre ero senza dadi per il risotto del mio cenone di fine d'anno che ho trascorso da solo.

 

Il mio cenone di fine anno ho finito per farlo da solo, con i due mie canarini che ho tenuto desti  a farmi compagnia fin quasi verso mezzanotte, quando li ho messi al coperto del telo e sono uscito a salutare il nuovo anno nella piazza antica della mia città, dove si annunciava intorno alla cena in piazza, dentro un teatro tenda, uno spettacolo di fantasmagorie astrologiche rinascimentali.

Ma la neve che a tarda sera aveva iniziato a cadere fittissima intensamente, aveva sepolto sotto il suo manto ogni iniziativa che non fossero sotto la tenda la cena e la tombola finale, cui all' esterno han fatto seguito solo dei fuochi d' artificio che per l' umidità delle polveri non salivano al cielo.

Sono rimasto nel turbinio della neve sin oltre l' una, per le strade sommerse tra le case infaldate di bianco, ove i lampioni e il ponte prospicievano il rio plumbeo, nel silenzio dei rari passanti rotto solo dal crepitare e dallo scoppio aereo di razzi e mortaretti.

Ma in cuore ero ansioso di che fosse potuto accadere a Bibì e Bibò, per essersi quest' ultimo, più che l' altro, avventati con ingordigia insaziabile, oltre un'ora, sul pastoncino con uova e miele e frutta che avevo approntato a loro per la prima volta, perchè la notte dell' ultimo giorno dell' anno gustando quella prelibatezza potessero unirsi al mio banchetto, un risotto di funghi e carciofi, e del nasello surgelato alla rucola con un contorno di verdure allo yogurt.

E dire che per tanta pochezza avevo seguitato a spendere una gran quantità di soldi anche ieri mattina e nel pomeriggio, quando rincasando dal supermarket distante che avevo trovato aperto, mi sono accorto che avevo acquistato rotoli di alluminio e sacchetti su sacchetti per conservare il cibo quando se solo ci avessi fatto attenzione quando quelli in uso sono finiti, avrei accertato subito che ne avevo in casa di riserva, mentre mancava il dado indispensabile per il risotto, il che mi obbligava a fare comunque  ritorno verso sera nel magazzino, dove l'esigenza di acquistare solo dei dadi alimentari non mi avrebbe evitato di sentirmi sollecitato e obbligato a tutta un' altra serie di acquisti che mi sarebbero parsi imprescindibili: dalla salamoia bolognese ai flaconi di ricambio del detersivi per i piatti e del disinfettante per la casa che iniziavano a scarseggiare, alla mostarda mantovana con i pezzi di mela che mi aveva richiesto mia madre.

Così affondando nella neve intatta e fragrante anche dietro il condominio di casa, nel raggiungere il garage, ho  fatto rientro in ansia, in preda ad angoscia, prima di ritrovarli vivi e assonnati ancora desti sui loro trespolini.

Temevo davvero tanto che l' inizio dell' anno potesse essere costernato dalla tragedia di una loro scomparsa.

Bibò che era ancora sveglio ha dormito stamane sin oltre le nove, per mostrarsi oggi più che mai incontenibile nel moto e nel canto, fors' anche per effetto dell' apporto tutt' altro che venefico del pastoncino, al punto che come l' ho immortalato con la videocamera, ha gorgheggiato al massimo delle sue doti canore durante tutto l'ascolto del Concerto di fine anno dall' auditorium di Vienna diretto da Muti.

Addirittura quando è stata attaccata la Radetzky march, si è staccato dallo specchietto ove rimirava in un altro canarino la la propria immagine riflessa, per riallinearsi sul posatoio di fronte allo schermo e reingorgarsi in posizione di canto, Bibi intanto che non ne voleva sapere che di mangiare al fondo della sua gabbia.

E non è che gli sia inferiore nel canto, la sua zampetta reca l' anellino con la nota musicale di una segnalazione di merito della sua eccellenza nel canto come malinois, canta di meno ma con più invasamento, come ieri sera in una frenesia semirotatoria di tutto il corpo sul posatoio che ne fronteggia nello specchietto l' immagine riflessa.

E' stata anche tale sua condotta differente differenziale, che l' uccellino seguiti a scansarmi e a rifuggermi come mi accosto, mentre Bibò di me è curioso ed ansioso, persiste a seguita a scrutarmi ovunque mi muova e qualunque cosa faccia a lui d'intorno, rivoltandosi indietro dal posatoio dello specchietto o sollevandosi e impettendosi oltre lo schermo della sua mangiatoia, che nel pomeriggio del primo giorno dell' anno ha poi tramutato la gioia commossa per la esuberanza nel canto del caro Bibò, nel senso luttuoso della irreparabilità della sua perdita, della sua insostituibilità con un altro degli infiniti canarini mosaicati che esteriormente gli sono tanto simili.

Ma quando sul tardi  mi sono dato da fare invano per uscire, nel ricontrollare entrambi, messo in apprensione dalla sonnolenza diurna di Bibì in un arruffio di piume, ho constatato come sua la posizione di maggior prossimità alla porta-finestra, che gli riserva più luce e più dimestichezza con gli uccellini esterni, in realtà nel lasciarlo così alla retroguardia delle mie cure e dei miei affetti, l'avesse esposto più dell' altro all' area di freddo nivale adiacente ai trapassi di boffi di spifferi delle vetrate, e al rischio serio di ammalarsi, e mi sono allora su di lui intenerito disponendolo altrimenti, sentendo come colpevole l' attaccamento e il trattamento di riguardo che riservo piuttosto a Bibò.

Sono poi uscito solo a sera, nello spettacolo della sospensione di ogni voce e clamore urbano sotto la neve, la festività stessa che aveva trasformato ogni condominio e palazzo in una dimora ove, come in rifugio in altura, ci si rinserrava negli agi dal freddo, pochissimi i passanti o le auto che si muovevano per strada, la neve ancora intatta nei vialetti e nei giardini e sui tetti delle case e le calotte dei veicoli, ancora immersi e non ancora riusati inusati nella neve caduta, negli spartitraffico delle enormi aree bianche degli incroci del centro.

Uscivo a spasso come i cani menati a passeggio, avido come essi di fresco e di neve, e per parte mia della sepoltura di ogni traccia dell' uomo nell' abitato del traffico urbano.

Ma nel cupìò dei cieli, della solitudine dei vicoli, l' ansia di fare ritorno al mio cubicolo protetto di libri e di nastri e dischi, di stare un pò in compagnia dei miei due animaletti prima di farli dormire, in ascolto insieme con loro della parte odierna dell'Oratorio di Natale di Bach, quella della Circoncisione e del nome di Cristo, si è tinta di fantasie orride, immaginando che  quella barriera di neve che si veniva cristallizzando in ghiaccio fra me ed i miei cari, fosse divenuto l' ostacolo insormontabile tra il mio grido disperato al telefono che mi sarei suicidato e loro che si sarebbero sentiti impossibilitati a soccorrermi da tanta neve per strada, dopo che avessi sterminato i miei uccellini. E come, strozzandoli, soffocandoli con una pressione alla gola, o battendone il capo contro uno stipite? E perchè? Perchè tramite loro mi interdico ogni libertà mondana e mi soggiogo senza vie di sbocco o successo al pensiero e alla scrittura? E mi sottopongo alla figura impotente ed inerme di uomo e figlio e fratello e  insegnante che suscita benevola pena, da che ha tramutato in solitudine e bontà verso gli animali la sua inaccettabilità sessuale?

Certo, anche se avessi successo svilendo il mio presunto talento, sarei altrimenti e differentemente inappagato, e anche ieri notte mi sono slanciato a letto per disfogarmi nelle mie fantasie notturne, tramutando ogni occasione perduta in una immaginazione sollecitante- quel giovane di cui non raccolsi l'invito a dormire nella sua casa in Rabat, l' altro da cui mi ha distolto la polizia che l' ha fatto scendere, sul pullman di linea tra Medenine e Tunisi, chi mi ha pochi giorni fa vanamente chiesto, come siamo stati soli, quanto la mia abitazione disti dal centro della mia città,- sono infelice e mi struggo di non tentare ed assaporare incarnati giovanili, ma c' è una mia impotenza e una mia sottomissione ch' è più radicale, più assoluta, a una situazione a rischio e di perdita totale che ogni giorno mi si ripresenta.

Non so e seguito a non far fruttare doti e avvenenza, perseverando a perseguire senza costrutto finalità artistiche, benchè già gli anni si inoltrino verso la anzianità e nulla di nulla abbia risolto o concluso, di me senta perduta ogni creatività poetica e altrettanto decaduta quanto sterile la mia scrittura prosastica,- compensativa?-, mentre così mi nego, con un sottoimpiego commerciale giornalistico o compromissorio delle mie qualità prtesunte, a ogni piacere e possibilità di vita e di piaceri sessuali e mondani, e tantomeno mi assicuro per il futuro senza più nemmeno o ancora la certezza del mio lavoro e di un domicilio, dentro questa mia dimora natalizia da cui non ho neanche i quattrini e i modi per trasferirmi altrove, se la necessità incombe, - io che non so o non accetto che di guidare biciclette- con le tante suppellettili domestiche e cartacee e su disco o nastro che vi stipo dentro con i due miei canarini.

Con loro due sotto un ponte? Forse tornerei solo così ad essere un magnifico cantore, seguitavo a ripetermi al rientro fra le tante costole librarie allineate negli scaffali, prima di quietarmi nell' estasi dell' ascolto della quarta cantata dell'Oratorio di Bach, del suo fastoso esordio orchestrato con corni da caccia e del magnifico arioso del soprano, della sua meravigliosa aria con eco, quando è insorto repentitamente nel canto Bibì, in un assolo notturno quasi convulsivo, nella fenesia in cui il canto ne induceva il corpo a ruotare su di sè, stupefacente quanto di breve durata.      

E poi li ho coperti e mi sono immerso nella lettura della poesia di Emily Dichinson 525,su perchè all' abete piaccia levarsi su un bordo di neve e godere del freddo, prima che riaccendessi il televisore e vedessi riproposto il servizio televisivo del telegiornale regionale sugli emarginati che sono stati ospiti a pranzo, il primo dell' anno, delle famiglie milanesi anche povere che si sono dichiarate disposte ad accoglierli, accompagnativi dai mezzi pubblici della città.

E mi sono commosso a quelle immagini di vecchi dimessi e di adulti barbuti decorosamente puliti e vestiti, alla vista del loro sguardo grato e prosciugato per un giorno di ogni amarezza e risentito rancore, con cui erano riconoscenti della loro gentilezza ai cordiali tramvieri e agli ospiti accoglienti, ravvisandovi il mio possibile sembiante futuro.         

                          

 

 

2 gennaio

 

Che chiarore nivale, al risveglio, nelle mie stanze, su ogni cosa sparsavi ordinatamente intorno, sull' albore dei rettifili dei libri intonsi, sulle teche di plastica, sui in ripiani e scaffali e mensole e sui nuovi bauli di vimini, indifferibilmente acquistati gli ultimi giorni dell' anno scorso e trasportati a casa nel nevischio, che gli ultimi giorni dell' anno che è appena trascorso ho indifferibilmente acquistato e trasportato a casa nel nevischio, agito, sotto la disposizione a  per reiniziare con più compostezza domestica l' anno nuovo, compulso (agito) sollecitato coatto dal  timore che la vista dello scatolame che conteneva in loro vece gli incartamenti che vi ho riposto, potesse aver indisposto nei miei riguardi il mio locatore, quando domenica scorsa,  riverso sopra il loro cascame, vi ha fatto quel sopraluogo per accertare se corrispondesse al vero la denuncia di una perdita di acqua dell' inquilino tormentoso sottostasnte, il chiarore nivale, espanso dai tetti, lungo la profilatura dei tronchi degli alberi nudi, che si diffondeva e riverberava, fra le coltri, sulle pagine dei libri da terminare di Federigo Tozzi che vi avevo adunato, sulle tante loro figure inminenti di inetti a vivere da rileggere e riprendere, e di stanza in stanza, sulle costolature dei volumi e sulle modanature dei mobili, sulla tazze per il latte e ogni vestigia in cucina già predisposta, tra le trame dei tendaggi  nel chiarore del soggiorno, sui profili accanto delle gabbie e dei loro ospiti che trovavo già ridesti alla gran luce diurna, sulla idea che di nuovo si ridestava ugualmente recepita dal saggio di Debenedetti su Tozzi, e cui venivo ripensando, di come la mia vita sia ugualmente quella di un impiegato della vita, sulla scrittura poi alla tastiera dopo aver presoil caffelatte, che ne riprendeva nel non perdere il tempo l' obbligazione ultima, che interrompo, dopo un poco, per videoriprendere la ripresa del canto degli uccellini all' ascolto ulteriore della musica di Bach, inutilmente attendendone dopo un primo esordio di Bibì, che si invertano anche tra i miei uccellini le parti fisse, e non sia Bibò a levare inesausto il canto più alto, in un ruscello di note, Bibì a seguitare a frugare nelle mangiatoie ed al fondo.     

 

 

2 gennaio sera

 

Cade la pioggia e tutto discioglie, l'ammanto nevoso e l' incanto del bene, disfattisi nel fango della mia impotenza votata all'odio ed alla negazione della umana vitalità altrui, illividitasi, astiosa, nel vedere che con la neve ne finisce l' impedimento generale, la cessazione del traffico, con la neve in disfacimento che mi è grata come ogni fede, e purificazione, come ogni sabbia e nebbia e trasfigurazione trascendenza mentale, in quanto che alienino altri corpi dal godimento che mi impedisco e mi è altrimenti impedito.

" Io sono l'uomo malvagio che deve morire con i suoi uccellini, poichè li ama di tutto l'odio di cui è capace per i suoi simili."

Così nell' oscurarsi del pomeriggio, rientrando per strada sotto l'acqua diaccia che tutta la neve si porta via, facevo ugualmente astiare per strada il mio pensionato Giovanni, nel prelievo- distacco dal mio schifo interiore di una sinopia del mio romanzo impossibile.

Perchè non so concepire e sopportare tollerare, nè so dunque narrare, che il disfacimento generale contempli la misera fine dei miei uccellini.

Né mi interessa alcuna salvezza senza di loro.

In attesa che ritorni ai doveri e ai vincoli impostimi per sopravvivere.

 

Non ho altre Epifanie.

            

 

 

E la sua mortalità

 

E la sua mortalità canta come (fosse) eterna,

( quasi che) come se la sua carne di piume e chi lo adora

non svanissero nel tempo dileguando,

lui che minuscolo in gabbia

più che la mia mano

si assopisce e si risveglia a una vita sovrana

mio signore che di nulla mi è debitore.

Quand' io nel silenzio in cui dorme l' adorato

sento il battito non più tremarmi che di durare tanto

da vederne già ora al fondo l' agonia.

 A inizio pagina

 

 
 


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Ut wisi enim ad minim veniam, quis nostrud exerci taion


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