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4cipro

 
     
 

 

 

 

12 agosto, tra Limassol ed Haifa

 

Poi la stessa irresistibile determinazione che mi obbliga a portare a compimento le ragioni del mio viaggio, in virtù nome per la della testimonianza virtuale che debbo rendere con il suo seguito integrale/ coerente, tradotto in parole scritte, è stata la perseveranza che in Nicosia mi ha fatto coatto indotto a persistere nel Museo bizantino, ed indugiare all' interno della cattedrale di Ayos Giovanni, al di là del tempo che mi sarebbe più che bastato, occorso seguitando a non avvertire tuttavia niente fra quelle icone ed affreschi, sebbene per quanto ad una ad una rivisitassi le opere, o tentassi di addurre ai reperti musivi protocristiani le tecniche pittoriche delle successive icone, quali le loro luminature bianche o la sovrapposizione di linee di forza di colore, di timbri diversi da quello del fondo, prima di farsi lungo i viali, tale determinazione, e si è poi fatta la coazione a risalire sino a quel solo distributore di Coca cola che abbia trovato sull' isola, pur di perdere il tempo a smaltirvi quei cinque centesimi, così sudici, che non sapevo come riporre in una mano, nei pressi a localizzare ineludibilmente la della stazione dei taxi di linea  per Limassol, che localizzavo e individuavo ineludibilmente, e come vi ho appreso ch'ero ancora in tempo per rientrare in serata nella città portuale, da cui risalivo immediatamente all'ostello  a ritirarvi lo zaino e la registrazione dell' arrivo, rimasta inaccolta, senza che alcuno nel frattempo si fosse fatto vivo, pur di essere già di ritorno, " all right", a quell' ufficio dei taxi di linea quando erano già passate le quattro, in attesa di una vettura per Limassol , che al suo sopraggiugere,  si è rivelato un furgone- merci, - al che ho mostrato così buon viso a tale sorte, che ho fatto l'atto di salirvi di dietro tra gli altri pacchi, " ma vous n' etes pas un paquet", inducendo a commentare il mio atto maldestro la donna che conduceva il furgone, una giovane rumena splendida, tutta fumo e techno, in pants, calzoncini corti e maglia attillata, che mi invitava, così, ad avere l' onore di salire con lei davanti, per tutto il tempo di una corsa mozzafiato, prima di finire, di fatto, scaricato alle soglie  Limassol come un pacco tra gli altri pacchi, anzi, senza venire nemmeno smistato a destinazione, come è regola a Cipro del service taxi di trasporto delle persone, un maltrattamento al quale, a un anno dalla morte di mio padre, seguitando in questo a commemorare il carattere che da lui ho ereditato , non ho reagito che facendo presente alla driver la manchevolezza, - eh, ma qualcuno prima o poi sarebbe passato per l'agenzia a prendermi, è quanto lei in tutta replica al che lei si è invaccata a dirmi, prima che cessasse di degnarsi anche solo di considerarmi, - ed io, così scaricato, sempre trascinato dall' irresistibile determinazione che mi forzava l' andare, caricatimi addosso zainetti e zaino, provvedevo dunque da solo a trasportarmi per i chilometri di strada che mancavano fino al lungomare, a scendere da solo a piedi invece chilometri di strada fino al lungomare, in quanto che, se così doveva essere, tutto doveva compiersi senza che io forzassi in niente le cose e i tempi, e lasciavo pure che i taxi seguitassero invano a richiamarmi, che uno di loro inutilmente si fermasse due volte per sollecitarmi, perché fosse invece l' autobus di linea a portarmi al nuovo porto, dove nemmeno l'onerosità della tassa di imbarco cipriota, che ne inaspriva il costo, poteva più farmi recedere dall' avviarmi in fila per fare il biglietto, con il quale a dispetto di ogni ragionevolezza economica, mi sono imbarcato alle otto di sera e sono partito per Haifa.

Sentivo, in ciò che mi struggeva impellente, che non volevo che per salvaguardarmi economicamente, per troppo riguardo ad ogni sorta di compatibilità e di mortificazione, mi venisse meno una seconda volta la meta del Negev e del Sinai, del suo mare corallino e delle sue montagne sacre, quando già la prima volta che sono stato in Israele, ho pianto le lacrime del rientro anticipato in Atene per consentirmi un computer.

Non volevo, così, negarmi ciò che il passare degli anni, o l'ammalorarmi, può precludermi irrevocabilmente. Si vive una volta soltanto, si muore per sempre...

ed è oramai troppo tardi per il rinsavimento, ora che nella notte inoltrata, senza riuscire a prendere sonno, mi volgo a prua alle navi che sono al largo già di Israele, nel rimpianto di non avere compiuto e ultimato il mio viaggio come l'esplorazione di Cipro, lungo quei sentieri di Caledonia, di Atalanta, o di Persefone, il cui mancato percorso è lo struggimento del mancato equilibrio del mio viaggio, (con le restanti ragioni della mia esistenza( Tanto strappo, forse, solo per poter riportare di avere ultimato il viaggio in Egitto e in Israele, anzichè di rientro in Epiro e in Albania?...)).  

 

 

Taba 14 agosto

 

La mia avventatezza è già l' avverarsi il compiersi di un  disastro fallimentare.

Sono sì, già in Egitto, in Taba, ma in quanto in Israele, a Eilat, mi era proibitivo anche solo un posto letto, in una delle camerate del più indecoroso ostello.

E in che condizione fisiche e di sporcizia ci sono pervenuto, una gamba che mi bruciava dolorosa ad ogni passo, per un' infiammazione alla coscia, abrasa, acuitasi al contatto degli indumenti intimi, il mio corpo che è dalla sera precedente la mia partenza da Troodos, che non sa più che sia una doccia.

A Taba  ho sonnecchiato qua e là e mi sono aggirato protratto intorno all' aperto, senza che la mia condotta potesse certo essere riprovata imputata per il suo randagismo vagabondo, se a un muretto dello spiazzo tentava/o di appartarsi/mi nel sonno, tra gli Egiziani che sotto i portici, sui marciapiedi, dormivano ancora indisturbati all' aperto, mentre altri seguitavano insonni a vedere dei programmi televisivi nel cafè shop del bazar, improntato ai turisti, .

Talmente non avevo di che giustificarmici, che uno dei giovani soldati che vi montavano di guardia a un edificio pubblico, quando gli ho chiesto dell' acqua per rinfrescarmi ha pur anche deposto il fucile presso il compagno, per fare scendere, per me, da una loro tanica l' acqua con la quale, come gli prefiguravo, mi venivo intanto lavando almeno il volto e le mani, riconferendo un minimo di decoro alla mia persona fisica, maleodorante e dolorante.  

 

Forse è la mia ciambella di salvataggio, l'informazione che ho colto fortunosamente da un italiano sceso ad Haifa con il camper: che ogni mercoledì vi è in partenza una motonave di linea che a bari ha il suo ultimo scalo.

 

 

Sharm - el-Sheik

 

Poi, al fare del giorno, come dei giovani israeliani sono stati essi i primi a sopraggiungere dalla frontiera per la stessa destinazione, ho completato con essi la comitiva del taxi collettivo per Sharm- el- Sheik, via, finalmente, lungo l' ininterrotto spettacolo sempre più fantastico dei rilievi del Sinai.

Venivano succedendosi, nell' inoltrarci verso il Sud, quali delle apparizioni primigenie nella loro remota natura africana di concrezioni plutoniche, a differenza di come, il giorno precedente, i finestrini dell' autobus  mi abbiano filtrato, da Tel Aviv ad Eilat,l'erosione sino al  disfacimento dei rilievi cinerei del Negev.

Le montuosità del Sinai si sono fatte poi un miraggio circostante, nella sospensione dei dirupi ignei tra le fulgide sabbie, che li interpenetravano, dei greti di uadi estintisi od in secca, sino a che tutto è finito in Sharm- el Sheik, col profilarsi della piana popolantesi del litorale.

Per un breakfast di pochi egyptian pounds, lungo la strada abbiamo sostato nelle tende accampate davanti di una caffeteria, attendata davanti, fra lo scenario solitario e grandioso dei dirupi intorno circostanti, la musica dei Pink Floyd, ( I Wish you where here), che da un radio registratore si diffondeva all' esterno stupefacente, 3sinai.jpg (35380 byte) mentre corrispondenze affascinanti mi inoltravano la mente tra quello stazionamento e un' analoga sosta, estatica, nel deserto algerino tra In Salah e Tamanrasset.

( Il testo che segue è stato redatto in Haifa il 17 agosto)

E lungo il litorale dove il tassista conclude la sua corsa, e io vengo scaricato, perchè è lì appunto che la comitiva dei giovani israeliani fissa l'alloggio, io non dubito d'essere in Sharm, che non sia distante debba esservi dove non dov'essere lontano è vicino l'ostello della gioventù, il solo alloggio che vi possa essere figuri per me economico, stando ai dati che ho stralciato a suo tempo dalla guida della Lonely Planey, quando mi ha lasciato che la consultassi liberamente prelevandola come e quando volevo dal suo zaino, intanto che dormiva, il ragazzo danese con il quale sono stato in confidenza/ compagnia sulla motonave tra Rodi e Cipro. Vi viaggiava diretto da Haifa in Egitto, perchè in Hurgada aveva da raggiungervi la sua ragazza, " My girl", si ostinava a ripetermi, in una dizione dura di un termine che all' espressione che nella circostanza ho assunto in viso, gli deve essere apparso in una smorfia quanto mi sia vuota di significato emotivo, quando ho mostrato infine di capire, che si sforzava di denominarmi con quella sua articolazione/ parola di cui non capivo il senso.

Invero avrei potuto consentirmi, in quell' hotel di Sharm, l' alloggio in ciò che ugualmente non intendevo che cosa mai fossero, le "hut rooms" a 38 egyptian pounds, solo che ad ogni modo erano tutte occupate quel giorno.

Mi accomiato, senza rimpianti di sorta, ed al termine di un sentiero che vi immette, inizio a percorrere il camminamento lungo la marina,  nel corso del quale inizio a imbattermi in un primo, in un secondo ristorante italiano, in una sequela di chioschi, di minimarket, di edicole e di spacci di offerte di escursioni, dove l'unica lingua scritta è l'italiano, l' unica lingua che sento parlare nei vialetti d'accesso, dalla stessa gente che si avvia alla spiaggia, oltre la quale, in tutto il suo schiudersi di palme e di sdrai, sotto i capanni, il mare mi appare come non mai invitante nel suo fulgore mattutino, a quanto mi è dato di intravederlo sotto il fardello sudorifero del mio zaino, accaldato e sudicio di fatica insonne.

Ma per affaticato e stanco che io sia, attendo a scaricarmene

solo oltre di lì a poco, quando il mio percorso litoraneo dovrà pur concludersi, sono convinto, per svoltare verso le arterie centrali e l' ostello di Sharm el Sheik.

Intanto, sotto quel fardello che me ne estranea in una figura di lurida pena, mi stranisce la situazione turistica in cui mi ritrovo, anche se avrei dovuto pur supporla, se dato che non c'è agenzia di viaggio, in Italia, che non prospetti il Mar Rosso Di Sharm-el-Sheik tra le vacanze esotiche più agevolmente raggiungibili.

in che vi impersono quanto mi prosterna, pur sempre, ch'io tra quei miei connazionali che così confortati e riposati, con agio benestante si avviano al mare, tra loro discorrendo all' apparenza tanto piacevolmente, debba invece procedere talmente miserabile e sporco, con indosso una così sudicia tenuta sudaticcia, dopo due giorni e più di di viaggio durante i quali, da Cipro in battello e attraverso  Israele e il Sinai in pullman e in taxi, non ho riposato in alcun letto, altrettanto inaccostabile e lurido quanto, a differenza di loro, mi è costato talmente tempo e fatica esere lì, talmente sono miserabile come loro insegnante di stato!...

Ignaro ancora, per mia cieca fortuna, di quanto mi restava ancora di stenti, per la mia meta, anche se avrei dovuto già presagirli, da ciò che mi suggerisce l'agente della  polizia turistica quando l'interpello,  nel consigliarmi vivamente, per raggiungere l' ostello, di prendere un minibus od un taxi, al fondo della via in cui devo svoltare, a destra, e lungo la quale, o nei cui paraggi, mi ostino a credere che sia situato l'ostello.

Ma al termine di quella via devo cedere all' evidenza stremante; lontano, chissà dove, dove portano i minibus e i taxi che vanno e vengono lungo l' arteria stradale da cui ho mosso verso il litorale, e alla quale sono stato ricondotto, è l'ostello ch'è l'unica mia destinazione possibile, me lo ribadisce ogni egiziano del luogo me lo ribadiscono i locali alludendo alla sua distanza remota, quando mostro loro lo stemma dell' ostello con la sua dicitura in arabo.

Solo che pur nel cedere allo sconforto dell' evidenza, è su un minibus collettivo, unicamente, non su un taxi che non so che tariffa mi infligga pratichi, che intendo salire per pervenirvi, intanto che mi si schiarisce in testa che il mezzo pound del quale mi parlava l' agente, è la tariffa della corsa da quell' incrocio a Sharm- el- sheik, - e dove mi trovo, e dove sarà mai? se non ben altrove da dove sono stato appiedato-.

Credo di essermicisi avviato, finalmente, quando salgo su un minibus collettivo che si ferma, se non che l'autista mi inizia  a offrire un suo special service, come special taxi, riservato a me soltanto, per venti pounds che calano presto a dieci, subito dopo a cinque, mentre chi già si accingeva a salire, discendendone, si fa condiscendente all'opportunità che costituisco per i conducenti...

Scendessero anche a zero, a loro volta i pounds, mi è intollerabile che così si profitti del mio stato evidente di prostrazione fisica e di estenuazione nervosa, e da solo mi getto fuori dal minibus con i miei bagagli, di ritorno sui miei passi nel giardino sull' altro lato della strada, dove straparlando di Taba, la mitica Taba, oramai, alle cui frontiere in uscita intendo fare immediato ritorno, scarico quant'è la rabbia sfinita che ho in corpo, sulla guida dell' Egitto che scaravento contro una pianta,     

Ma un egiziano,di me poco più giovane, che sopravviene e che non ha bisogno di speciali spiegazioni, mi è allora di soccorso e ferma per me un minibus, patteggia e mi garantisce il costo di un pound, per la corsa che dopo essersi avviata ed avere avuto termine in direzione opposta, è infine a Sharm el sheik, cinque chilometri distante. dal mio punto di arrivo.

Ma anche da dove sono fatto scendere e mi si dice di avviarmi sempre avanti, sulla mia destra, sono solo all' inizio della fine, e per quale cammino, mai, se non arrancando sotto lo zaino per una salita che curva e curva e non finisce mai, la sua pendenza da me esigendo un ulteriore supplemento di tormento, finchè non ho di fronte una moschea e un edificio civile, che un' etichetta mi dice essere della tourist police.

L' agente che mi riceve nello stato impresentabile in cui gli sono di fronte, è ciononostante, e forse ancor più per questo, di una cordialità ch' è radiante felice di dirmi che " yes, the Youth hostel, yes, " è solo al di là di un edificio in costruzione precedente.

Mi ci avvio e di tale edificio vedo levarsi i filamenti in uno spianamento talmente desolato ed assolato, che dove preavverto, già lo sento, lo so già, che l'esito di tanto patimento ne sarà solo la mortificazione finale

Dell' ostello alle sue spalle non serve a niente, infatti, il chiarore caldo delle pareti esterne, non basta il " wellcome" salutare, all' ingresso, a scongiurarne oltre la soglia la desolazione interna, che mi sopraggiunge nell' odore acre di varechina che si diffonde per l' oscurità irrimediabile di ogni suo vano, in uno stato di spoglio vuoto fatiscente.

Per giunta, quando chiedo di poter accedere immediatamente alla camera, al mio letto, da parte dell' addetto mi si dice che debbo attendere nel vano d'ingresso sino alle due.

Posso intanto usare dei bagni e della doccia- almeno quello!...-, dove è tutto un  impastricciamento , dentro e fuori, di quanti vi si stanno nettando di tutto, alla poca acqua che i lavelli consentono.

Come avevo presagito, allarmandomi, quando il giovane del caffè, innanzi la salita, dove ho consumato una Coca cola per potervi chiedere dove fosse l' ostello, mi aveva indicato la via dicendomi di saperla benissimo perchè vi alloggiava, Devono  essere costoro, mi dico, coloro che poi servono i tanti, i moltissimi, la quasi totalità dei miei connazionali che soggiorna nella marina sottostante, costoro tra i quali, mi chiedo,  per quale mai coraggio, e necessità, mi ritrovo mischiato quale l' unico  turista, e alla mia età, in uno stato talmente miserabile inaccessibile, a quello di ciascun italiano che avevo intravisto affollare le spiagge, e dei cui figli  dovrei essere l'insegnante decoroso e decente. costoro tra i quali, mi chiedo, per quale mai coraggio o necessità, mi trovo mischiato in uno stato ancora più reietto del loro, inaccessibile, nella mia sua infimità di stenti per arrivare fin qui, a quello di ciascuno italiano che in spiaggia o in albergo li signoreggia, e dei cui figli dovrei essere l'insegnante decoroso e decente.   

Finalmente mi allevia la pena, e la mortificazione, che alle due, dopo che pur ho fatto la doccia in quelle latrine, mi si consegnino delle lenzuola pulite, e mi si conduca ad una cameretta che sono ancora il solo ad occupare, dove il ragazzo che mi ci accompagna, prima di congedarsi, avvia addirittura l' impianto del condizionatore, -

non fosse per lo stato precario della serratura, appuntellata alla porta da due chiodi, che temo di non potere richiudere se la riapro...

Solo che mi ci si sistemi e possa partirne..., per le belle spiagge dei tanti italiani, per il sole e il mare come ognuno di loro, che sia fuori al più presto di qui, nello loro identica cornice di agio e di lusso...

Ma lasciato l'ostello, la calura di Sharm, mi evoca l'impressione di entrare in un sogno che nulla preannuncia della realtà circostante, il rientro su uno dei minibus alla marina, - oramai, già sicuro del fatto mio, della tariffa occorrente, di quale sia l' itinerario, mi basta per questo un cenno d'arresto, allungare un pound senza fare parola-, il sito di cui apprendo il nome, Nneama Bay, vi  si profila nella cornice di una irrimediabile distesa deserta, dove con i rilievi del Sinai sembra arenarsi anche ogni sforzo edilizio di popolarla, talmente tanti sono gli edifici vuoti e interminati, nelle loro schiere di arabeschi resort.

E anche gli scatolamenti indigeni che sono stati prefabbricati intorno, che hanno a che vedere con il villaggio turistico in cui finalmente m' addentro, di hotel in hotel uno più biancheggiante e orientaleggiante dell' altro, se non la sagomatura profilata come di cartone, che nel villaggio si arrotonda e impunta nelle ovvietà più ovvie, nemmeno a dirlo, di arcature acute su arcature acute a ferro di cavallo, in un profluvio, come non potrebbe che essere, inevitabilmente, in assenza di qualsiasi immaginazione edificante, di patio e di verde e di fontane sempre più luminescenti.

Ma dalla sequela ai lati di bazar e mini e supermarket, non voglio che distogliere la mente e lo sguardo, per addentrarmi nella spiaggia tra gli ombrelloni, in riva al mare; penso soltanto, di quel che penso, che quel villaggio ch'era poc'anzi un miraggio, non sia poi che in fondo come un caffè turco, da cui è meglio distogliere la bocca per gustare un sorso d'altro, prima che il sorbirlo ne assapori amarevole il fondo seppiaceo. amarevole

E mi distendo con l'asciugamano oltre gli sdrai, prima del bagnasciuga, nelle stesse intensità di sensazioni, in cui mi assopisco, che immagino sia sono tutto quanto possono sentire, e niente più,  gli italiani distesi sugli sdrai a pagamento dei loro costosissimi hotels.

E il mare così tiepido, e celeste, mi offre un sollievo ed un benessere ancora più appaganti, oltre la barriera corallina che i miei piedi imparano a saggiare e ad evitare troppo tardi, pur sempre in tempo, tuttavia, perchè da quanti vi azionano videocamere capaci di riprese subacquee, o vi immergono la testa con la maschera, apprenda per imitazione, con i soli miei occhi, nel loro insuperabile nitore di sguardo per la trasparenza delle acque, a vedere i meravigliosi pesci floreali che vi si addentrano, vi nuotano al margine.

La sera intanto sopraggiunge, le luci si accendono, e quando lascio infine la spiaggia per fare ritorno al villaggio, esso si è fatto uno sfolgorare, un' intermittenza di insegne, dove l' occidente grandeggia nel Mc Donald, l' Oriente ancora più in alto accende il richiamo del Ristorante cinese, l' Egitto nel quale pur siamo, in tutto questo, le sole quinte e i soli fondali di agghindati bazar, di faraoni in serie e papiri a rotoli quali souvenirs. di richiami attraenti di ristoranti e fast food, questo o l'altro, purchè conveniente, dove la fame reclama di cibarsi, non fosse, a calamitarmi lungo la passeggiata prospiciente la spiaggia, che la prima volta che l'ho percorsa in cerca dell' ostello, vi ho avvistato alcuni chioschi, di agenzie turistiche, che avevano in programma l'escursione al monastero di Santa Caterina e alle Montagne sacre.

Non posso recalcitrare ai costi che mi si preventivano, di certo, rinunciassi per questo, che senso altrimenti avrebbe avuto il mio avventurarmi nel Sinai?

Ritrovo il primo dei chioschi, la giovane che vi interpello parla così bene l'italiano, che dubiteresti che sia egiziana.

!40 Lire egiziane il costo. L' escursione è in programma per l'indomani, sabato, alle sette del mattino, ma esclude l'ascensione al monte di Mosè. Solo domani posso andare a Santa Caterina, vengo a sapere, in quanto che di domenica il monastero è chiuso.

Le mie indisponilibiltà, l' improcrastinabilità del mio ritorno

dal Sinai e da Israele,- è il mercoledì venturo, infatti, che da Haifa parte la sola motonave in settimana per Bari,- escludono che possa differire l'escursione a un giorno seguente.

Ma al secondo chiosco, di un'organizzazione turistica più rudimentale, vengo a sapere che per quella stessa notte, alle undici, è in programma e per un costo di poco inferiore, un tour che include lì' ascensione notturna del mOnte Mosè, a vedervi sorgere il sole, insieme con la visita del monastero di Santa Caterina.

La scelta è presta fatta in suo favore, non me ne importa più niente, nel fervore, di sonno e stanchezza da recuperare, mi resta soltanto di cercare dove cambiare l'importo corrispondente alla tariffa del tour, e mi è di enorme sollievo, quando ne chiedo,sapere che per la partenza posso farmi ritrovare all' ora convenuta presso quel chiosco, che non occorre che mi mortifichino, se mi prelevassero all' ingresso dell' alloggio che mi ospita, dal quale che sollievo è non avervi da dormire ( affatto, ) stanotte, senza che nemmeno debba farvi rientro, in quanto che nello zainetto ho quanto mi basta- tutti i conti adesso tornano,  avesssi scelto il confort di un hotel, per quella notte in cui avrei dovuto comunque andare in escursione , sarebbe stato puro sperpero, anche l' ostello può più che decentemente alloggiare il mio zaino ...

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Nell' attesa, di ancora tre ore, posso inoltrarmi a mangiare qualcosa sfamarmi, a divagare, nel Paese delle meraviglie del villaggio turistico, che ho appreso che ha nome Neama Bay, in una fantasmagoria di gioiellerie, e di pelletterie, di lindi souk e di shopping center, di insegne di ristoranti, e di fast food, dove l' occidente grandeggia nel Mc Donald, l' Oriente ancora più in alto accende il richiamo del Ristorante cinese, l' Egitto nel quale pur siamo, in tutto questo, le sole quinte e i soli fondali cartapestacei di agghindati bazar, gli spacci di faraoni in serie e papiri a rotoli quali souvenirs.

Una pacchia d' Egitto, dove come in Italia, al chiosco sul lungomare come alla tua edicola, puoi ritrovare il tuo stesso giornale sportivo,- macché Al Ahram...-, al pub, sulla spiaggia, sorbirti lo stesso caffè espresso che bevi dal tuo barista, al ristorante mangiarti gli stessi rigatoni con la pagliata e stesse fettuccine con la rughetta che da i sapori e le pietanze della cucina casalinga da " noantri"/ da " Mario" o "Nestore" /, nelle boutique abiti e gioielli proprio di stilisti e  orefici nostri...

Di quanti sono gli egiziani che a servirti popolano il villaggio, non uno che disconosca od in qualche modo non intenda il tuo italiano, che non ti dia e non accetti del tu, che non ricambi in anticipo il tuo "ciaao...".

Niente loro lasciti o sentori di sporco, o baksish o ingrata pattuizione dei prezzi, un solo mendico vi deve pur figurare, ma è così carezzevole che ti liscerebbe anche la mano...

E che vi è mai, Maometto e il suo Corano, quell' Islam là di Allah... a sentirli con te parlare, anche gli arabi che qui trapelano ad occidentalizzarsi odiano gli arabi, e gli Egiziani non sono che i consanguinei degli antichi Faraoni!...

E' una Cartoonia, o Città dei robot, tale sito virtuale, - avrei dovuto già capirlo-, dove si è soltanto la finzione animata che l'altro vuole che si sia, ciascuno sia egli l'egiziano nilotico che vi esborsa ad occidentalizzarsi, l' italiano che vi fa il facoltoso nell' esotico tutto organizzato credendo di pagare un' inezia ciò che per il servizievole orientale è una cifra incredibile, che vi paga l'accesso consumando l' inganno, vicendevole, il vicendevole inganno, che sia come essere a casa propria come il proprio abitato il mondo dell' altro,  che sia possibile essere di credersi a casa propria in quello che gli è lasciato credere sia il mondo dell' altro; l' inganno che è salvaguardato a vista dal menagement (dell' allestimento oscenico) per quanto solo possibile in quanto, transennata di fuori, ne è stata estromessa la ripugnanza reciproca che provoca di ogni contaminazione reale.

Per rianimarmi, a un giovane rivenditore di spezie non so evitare di intrattenermi a correggere la dicitura errata, in italiano, delle etichette del " saffran" e del " gingero", finendo anch' io partecipe comparsamordace di un mac fish, nel McDonald più indistinguibile e impeccabile in cui abbia mangiato.

In prossimità delle undici, quando al chiosco la comitiva si forma, siamo tutti quanti degli italiani a costituirla,

anche le guide umane sono in italiano, come in italiano ci informa il colettore del gruppo, nel congedarsi:

" Prima salirete il Monte di Mosè, visiterete poi il monastero di santa Caterina, alla fine sosterete in un hotel a quattron stelle, per il breakfast se arriverete presto, il pranzo se arriverete tardi".

" Speriamo di arrivare tardi," mi è irresistibile commentare ridendo l' alternativa con un' italiana.

" Vedo che si ride, ed è bene, perchè il riso è un buon inizio per ilviaggio", al ne trae pretesto beneaugurante il collettore, prima di richiudere e fare riavvviare il minibus.

Un connazionale non attende nemmeno tanto per accendersi una sigaretta. Il conducente istantaneamente lo vede e glielo vieta in italiano.

" Che ti credevi, di essere in Egitto?", mi faccio forza di interdirmi di commentare.

Il buio più denso circostante,- sono le due quando giungiamo allo spiazzo del monastero di Santa Caterina.

Eccolo sulla destra profilarsi nel cuore della notte, sotto la luna, nelle sue fortificazioni addossate al rilievo sovrastante fra quelle pietraie montuose, mentre ci avviamo sul sentiero che si insinua oltre, incalzati dalla guida che non ci da tregua.

Ed io mi sono forse dimenticato, ahimè, che nei tour organizzasti è innanzitutto interdetto di arrestarsi, per guardarsi intorno e contemplare?

Prima di tutto, nel tentativo di sollevare intorno lo sguardo per vedere e sentire, devo fare attenzione a dove poggio i piedi, scansarli e cedere il passo a cammelli e cammellieri, che stanno appostati a ogni inasprisi dell' erta che affatichi il passo, riduca il respiro, per profittarne ed offrirsi all' escursionista che ne sia già esausto. 

Posso solo intravedere intorno le sagome incombenti dei monti nella notte stellata, ove il firmamento si squaderna nell' abbecedario luminoso di ogni sua costellazione leggibilissima nel suo nitore adamantino, mentre il percorso che ci attende appare una scia serpeggiante, accesa nella notte, delle torce di chi ci precede nel pellegrinaggio.

E salendo si slargano il varco e l' elevarsi intorno dei monti, mentre nella mole rocciosa le cui pareti ci sovrastano vertiginose, nel chiarore lunare, ravviso il monte di Mosè, delle tavole della legge, in cui si inerpica il sentiero aggirandolo di fianco.

Una seconda, breve sosta, ed affrontiamo l'erta più ripida sino a sboccare nella sommità del monte, alfine, ed a ritrovarcisi stipati così fitti, che è arduo trovare dove posarsi sui massi intorno.

" E' come ritrovarsi tutti quanti al ristorante da Mosè", insapidisce la cosa un giovane della comitiva.

" Al restaurant chez Mosé", per parte mia perfeziono la battuta.

" Immagini di essere sull' autobus, sul 35", rende ancora più prosaico l'assembramento la guida che ci ha preceduto, il giovane Andrea, bilingue, che parla naturalmente l'italiano perchè sino a diciotto anni è vissuto a Milano, prima di trasferirsi definitivamente a Sharm, dove ha conservato la nazionalità italiana.

Nell' attesa del sorgere del sole, si sentono levarsi canti infervorati di alleluja, nei cori religiosi che si intonano dei devoti fra i massi sottostanti, intanto che mi è difficile/ arduo raccogliermi in alcuna idea di roveti ivi ardenti e di digitazioni flammee di decaloghi, delle cornee/ cornute rilucenze di patriarcalità mosaiche,  entro la moltitidine con la quale sono convenuto nel gran rito turistico: nell' attesa unanime, che immancabile, il protagonista principale faccia il suo esordio.

E puntuale all'ora profetata da Andrea che ci guida, preannunciato dall' emanazione rosea del suo chiarore su una giogaia, eccolo, come dal nulla, che appare nella celestialità oltremontana cui dà origine, che in uno spicchio che si fa sfera lucente, globo infuocato, viene irradiando l'immensità circostante dei picchi e delle vette, 2sinai.jpg (40931 byte) ogni ancora intatta concrezione del tumulto primigenio del Sinai, ogni divallare dei rilievi, al fondo, in nude e nere pietraie,- le rocce, via via che la luce si fa giorno,4sinai.jpg (41512 byte) vivificandosi fino ad arroventarsi nel loro fulgore granitico. 1sinai.jpg (43623 byte)

L' astro non è ancora sorto appieno, che già si è avviata la discesa, nel polverio ammorbante che i cammelli sollevano al passaggio, e siamo al convento che non è ancora l' ora di apertura.

Benchè a supplire che cosa non saprà dirci l'Andrea italo- egizio, abbia già letto e riletto la guida del Touring, avrò modo di convenire con il nostro, quando ci dice che poco gli resta da dirne, pressocchè ogni spazio artistico, o preziosità di reperti, all' interno del convento è oramai precluso al visitatore.

Durante la visita egli, per parte sua, si dilunga piuttosto a mostrarci la pianta ch'è l'erede testimoniale del roveto ardente, le cui foglioline, se colte, si seccherebbero all' istante, o la carrucola del pozzo la cui acqua fu attinta da Mosè, ed io posso solo dare un' occhiata alle icone antichissime di Cristo e di San Pietro, improntate alla ritrattistica dei sarcofagi del Fayum, e conservarne l' immagine attraverso le cartoline che mi si lascia almeno il tempo di acquistare.

A incalzare la comitiva alle spalle, insieme con chi ci guida, è un giovane egiziano dai lineamenti di delicata bellezza,    ciononostante dai modi, nei nostri riguardi, di un  guardiano di pecore che ci riconduca dal pascolo.

Ma per le tante volte che mi ha risospinto nel gregge,

egli mi ha preso in simpatia reciproca.

Nel refettorio del brekfast, a nessuna possibile stella, il mio pungolatore potrà così confidarmi che studia per diventare ingegnere meccanico, e quando gli dico a mia volta di essere un insegnante, e le materie che insegno,  è felice di dirmi che suo padre è un mio pari, in Egitto, ove insegna arabo e storia e geografia.

Al rientro in Sharm, sul far del pomeriggio,  non ci sono stanchezza, e sonnolenza protratte, anche se è dal risveglio in Troodos che non giaccio in un letto, che possano farmi recedere dal cambiare l'alloggio innanzi di consentirmi il riposo.

Prima ancora che all' ostello, per predisporre il terreno, mi reco all' hotel dove si sono sistemati i giovani israeliaani con i quali a Sharm sono giunto da Taba, e mi basta apprendervi che è ancora possibile alloggiarvi in un bungalow, -è questa una hut room- perch'io faccia ritorno all' ostello solo per prelevarvi il bagaglio.

Ve lo ritrovo incustodito , nella camera che ritrovo è rimasta 

aperta, ove un giovane egiziano è subentrato.

E' uno studente del Cairo e viaggia in vacanza.

Nella sera in cui torno a nuotare, per lussureggiante che sia il tramonto del sole oltre le palme, tra i rilievi del Sinai, nulla può farmi più desistere dalla decisione che assumo, per l'indomani, di partire da Sharm- el- Sheik già al mattino con il primo e forse il solo autobus della giornata.

/ testo scritto il 20 agosto, in motonave, tra Rodos e Cesme/.      

 

 

 

 

 

in Eilat, di rientro dal Sinai

 

Questo caffè, di fronte alla stazione degli autobus , nonostante il frastuono della musica che diffonde e che intonano alcuni fricchettoni epigonali sedutivi a bere, il fracasso del traffico nella via di fronte, è uno degli angoli più quieti e distensivi del centro di Eilat - altrove puoi sentire che trapanano ancora la strada oltre le otto di sera, tra l' odore acre e il fumo delle rosticcerie, e i ventilatori dei ristoranti adiacenti che nebulizzano fumo e vapore acqueo, altre vie invece dilagano fango dalla rottura delle condutture, nella più calda e secca delle estati di fine secolo.

Vi sono in attesa dell' autobus per Haifa delle 23,30, al termine di una giornata il cui risveglio, nella ubiquità più spaesata, è avvenuto sul duro tavolato che doveva fungermi da letto, di quel bungalow number 37 del Pigeon HOuse di Sharm- el- Sheik, quando erano da poco passate le sei.

La mia preoccupazione più immediata è stata di assicurarmi quanto avessero potuto patirne le mie giunture ossee, prima che di sveltire la risistemazione del bagaglio, gli ulteriori preliminari della partenza con l'autobus delle 9,30 per Taba.

Ed anche nel consumare il breakfast, la mia massima preoccupazione era di servirmi una terza volta dello yogurth con dei cetrioli, nella ciotola sbreccata che mi spariva davanti, non so per mano di chi, se di un  altro cliente dell' hotel che la credeva per se predisposta, o di un inserviente che intendesse porvi limite.

E di che cosa avrei dovuto ancora preoccuparmi?

Ieri di rientro dall' escursione sul monte di Mosè, in Sharm mi ero spazientito ad accertare l'ora e il sito della partenza dei pullman per Taba, appena mi sono congedato dallo Youth hostel e dalla desolazione di adattarmicisi, in un eccesso di mortificazione delle mie possibilità di viaggio, e prima ancora di risistemarmi invece in quel bungalow o zeriba o tucul che fosse, senz'altri conforts che un ventilatore, uno specchio, una sedia e quel tavolato per letto, ogni servizio igienico all' esterno, ma che figurava purtuttavia inserito nei circuiti turistici, con una porta che si chiudeva, benchè a stento, anzichè costituire una cella aperta ove ho ritrovato ogni mia cosa incustodita nell' ostello.

Ho chiesto dei pullman per Taba dove erano parcheggiati degli autobus e delle autoambulanze, e un  uomo che vi lavorava, che aveva tutta l' eloquenza e l'attendibilità del caso, mi aveva confermato che di lì partivano.

Anche se erano già passate le 8,30 quando uscivo con lo zaino dall' hotel, di che preoccuparmi, bastava che fermassi uno dei tanti minibus che facevano la spola tra l'area turistica e Sharm- as-Sheik, ed in cinque-sei minuti, sarei stato alla stazione di partenza del pullman, all' ora nella quale anche alla reception dell' hotel, mi era stato detto che vi era in partenza.

Né la mattutinità della corsa avrebbe conferito alcun carattere sacrificale, alla rinuncia che mi comportava dei ristori balneari, che avrebbe potuto consentirmi l'ammollarmi ancora nella Neama Bay.

Nella corsa sul minibus che ho preso di lì a poco, mi confortava anche il pensiero che nonostante ogni tensione e contrattempo, o patimento, nel corso del mio viaggio non avessi ancora ingerito alcun calmante.

Solo che quando arrivavo a destinazione dove ero persuaso di essere alla stazione degli autobus, allora soltanto la destinazione vi si rilevava inesistente,  non vi era alcun autobus o assembramento di partenti, a neanche venti minuti dalla partenza in giornata del solo autobus per Taba.

Eppure era lì che doveva pur essere,- anche nell' ascesa all' ostello, al mio arrivo, che mi aveva assicurato il ragazzo del caffè dove avevo riposto lo zaino, raccogliendo altre informazioni, a ulteriore conferma,  nel frattempo che lui avesse raccolto il resto dei 5 pounds per una Coca cola.

 

Nella Sharm-es-Sheik indaffarata nel viavai dei traffici di ogni giorno, a cinque chilometri di distanza dal villaggio turistico ove non v'era indigeno che chi del luogo chi non sapesse il tuo italiano, neanche bus station riuscivano più a intendere i nativi, o piuttosto ero io che mi ostinavo a pretendere che mi rispondessero  secondo ciò che non era vero, ma pur sempre conforme soltanto alle mie aspettative febbrili ma che mi aspettavo fosse tale,,  che nascosto da una cantonata, o da un affollamento, da chissà quale ostacolo o barriera che lo rendeva invisibile, fosse già pronto a partire un autobus che stazionava invece in partenza e dove mai,  mio dio, se non lì, nei pressi,  non a distanza, di certo, indubbiamente, più convinto che volessero soltanto turlupinarmi, i conducenti di minibus,  che quando li interpellavo, li arrestavo al margine,  intendevano addirittura portarmici, figuriamoci, e per quale  tariffa, mai, se non per raggirarmi nel farmi fare solo il giro di qualche isolato..., fintanto che la ragionevolezza residua/ superstite della mia cervelloticità trafelata, oramai convulsa,  mi lasciava intendere che non mi restava che di lasciarmi condurre dove mi portava il conducente del minibus che consentiva, e sul quale ero io soltanto a salire.

A ogni mia querula insistenza su " the bus to Taba, to Taba", l'uomo confermava calmo annuiva che aveva capito, a tranquillizzarmi, yes, yes, per Taba, anche quando fraintendevo che avesse annuito, perchè non poteva essere che era l' autobus per Taba, quello che gli indicavo, che vedevo stazionare all' altro lato della strada di ritorno alla marina,  sicchè la mia agitazione ansimante si faceva un tormento fisico che si torceva, e dibatteva iroso, al vedere che invece seguitava e seguitava e non svoltava, fino all' altezza, respiravo, dell' unica e vera stazione dell' autobus per Taba, che fra gli altri era a motore già acceso, e il tassista, tale era la mia contentezza, non aveva neanche bisogno allora di patteggiarli, i cinque pounds che gli allungavo con gratitudine piena.

Si spianava poi magnifica la giornata, nella risalita del Sinai lungo la costa del golfo di Aqaba, da che l'autobus deviava verso Dahab, e Nuweila, al cui ingresso ci accoglieva una discarica viaria dei rifiuti, tra il libero circolare intorno di pecore e capre, come già quello dei cammelli negli avvallamenti interni del Sinai.

Non un litorale costiero, quale ne fosse lo stato, ove il mare nelle sue acque non fosse più bello del fondaco azzurrognolo di Sharm-es-sheik, ove la costa, anche nella sua sola distesa litoranea, non fosse più sommossa articolata dell' insenatura in cui è compresa la baia di Sharm, con i suoi vacanzieri italiani speduitivi in volo.

Le acque, turchesi, che si smerigliavano nella barriera corallina, e al di là dello stretto sfumavano nei rilievi  della costa saudita.

Lungo le spiagge, nelle insenature, in contrasto con le rare presenze di estivanti e di bagnanti, si susseguivano di continuo capanni di tralicci e canne, restors, a schiera, e villas e castels inultimati, anch'essi scoperchiati nel vuoto deserto del litorale sabbioso, senza che alcuna impresa apparisse intenta ad ultimare le opere delle quali, sui cartelli, si preannunciava il progetto di hotel e casinò.

Solo quand'ero già in suolo israeliano, qui in Eilat, la giornata è tornata a farsi più che agitata, tra quelle vie del centro, non una delle quali, non recasse impressi gli stenti dell' andata per trovare un ostello.

Le mie vicissitudini vi si sono sommosse quando si è ravvivato il mio intento di visitarvi l'acquario e l'osservatorio sottomarino, a cui nel mio primo viaggio in Israele mi era stato talmente di  sconforto mi ero sconfortato tanto di avervi rinunciato.

Un anelito che si è tramutato in una rabbia esasperata quando all' ufficio turistico ove ho commissionato il costosissimo biglietto d'ingresso, anticipandone lì il pagamento

a compenso del fatto che mi avessero lasciato consenso concessomi a svuotarvi indecentemente lo zaino pressoché in tutta la sua integrità, per ritrovarvi la guida d' Israele ch' era invece in una sua tasca esteriore, mi sono reso conto che se l'avessi ricercata e ritrovata con più calma non appena ho valicato la frontiera,  l' autista dell' autobus per Eilat non avrebbe potuto disattendere la mia richiesta di fermarmi proprio di fronte all' Acquario, se mai era possibile, dato che avrei saputo anticipatamente che sorgeva lungo il tragitto così percorso, e in che punto approssimativamente.

Correvo così il rischio  di vanificare tutto ritardandovi l' ingresso, dato che mi trovavo a dover riprendere lo stesso autobus ch'erano già trascorse le tre e trenta, quando la guida ne indicava l' orario di chiusura neanche un' ora dopo, alle sedici e quattordici e trenta...

Quando vi pervenivo, ch'erano quasi le sedici, e chiedevo il termine dell' apertura al personale d'ingresso, invece mi si recava il sollievo di dirmi ch'era un'ora più tardi del temuto previsto, Thirty post five, ....

Tra l'acquario, due piscine, l' osservatorio sottomarino, la curiosità smaniosa di meraviglie mi faceva anticipare quest'ultimo.

Ma anzichè scendere subito underwater, iniziavo mio malgrado a salire sull' osservatorio, da cui la vista spaziava su Eilat, su Aqaba, sul golfo montuoso, mosso dal vento, di un blu profondo e intenso di luce, su dei bastimenti fermi al largo dell' altra riva in terra giordana, intanto che delle vele, di agili imbarcazioni, ne tagliavano sommosse il seno increspato, che un traghetto,  in prossimità, procedeva poco oltre la barriera corallina sottostante, ove le acque si chiarificavano trasparenti in smerigliature verdi.

iIscendevo, finalmente, nella meraviglia delle meraviglie dell' osservatorio sottomarino, ove, senza dover essere né poter essere subacqueo, mi sono ritrovato immerso nell' artificialità di una barriera corallina naturale, e ove nell' acqua che trascolorava di luce tra ogni forma di fioritura di madrepore e di spugne e coralli, 2eilat.jpg (38879 byte) vedevo sospesi infiniti pesciolini mirabili, e poi apparire, e disparire, stupefacenti pesci di ogni guisa cromatica di striatura e variegatura,1eilat.jpg (48494 byte) quali mirabili fiori cangescenti l' uno nell' altro nelle stesse colorazioni dei più mirabili fiori cangescenti l'una nell' altra, o nella 3eilat.jpg (47257 byte) o quali metamorfosi dei colori più vivi dei fondali rocciosi, in una apparizione continua mente mutevole4eilat.jpg (40277 byte) che immancabilmente continuamente dileguava nel fondo, da cui, ugualmente, poc'anzi era apparsa mirabile6eilat.jpg (45198 byte).

Controllo l'orologio, sono già le 23, e la descrizione è sospesa nell' imminenza della partenza per Haifa, la mente che nel tentativo di evocare le più splendide meraviglie ittiche del reef, troppo rischiosamente si era già  smemorata del tempo.

 

   

 

 

Akko, 17 agosto 1998, presso il Pisan Harbour Restaurant

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Akko, 17 agosto 1998, prsso il Pisan Harbour restaurant.

 

 

Il Restaurant dove non mi sono proibitive solo che la Coca cola che ho ordinato e la baklawa che vorrei concedermi, almeno mi offre quiete ed ombra, la vista che mi ritempra del mare di Akko- intanto che livido schiuma  contro le mura sottostanti, e che dai cui bastioni vi si tuffano dei ragazzi arabi-, solo che la bibita sappia centellinarla come la mia sete, solo che la mia indigenza eviti di ricusarla nella sua irrimediabilità, se per non disastrarmi economicamente, ho fatto il biglietto per un passaggio ponte di tre giorni e tre notti da Haifa a Bari, e se ad Akko, nella città vecchia, una volta che ho ritrovato chiuso lo Youth Hostel, non mi è rimasto, o non sono stato capace d'altro, che di patire il ricovero in uno clandestino ancor più  miserevole.

E' inutile, che come i villeggianti di ogni Agadir o Sharm- el- Sheik, presuma anch'io che le vacanze, i loro luoghi di elezione, mi offrano consentano l'occasione di essere altri da noi stessi, da ciò che siamo, di non essere più ciò che sono, da ciò che intendiamo e sentiamo (e patiamo) di necessità.

Intanto mi si diffonde intorno la fragranza del pesce di cui si cibano i commensali, e che mi piacerebbe talmente consentirmi e gustare, ma di cui non avverto più l'appetito, come non ho più voglia di nutrirmi cibarmi di niente, assaporando la sola fragranza salmastra del mare.

Che la scrittura benestante di altri traveler's writers, di me più fortunati, celebri le delizie di prelibati sapori e di agiate esperienze.

" Why no meat? Why no fish?",

" Why? Because no money", ho appena riso e risposto agli interrogativi ai quesiti del del cameriere arabo, che tra poco mi servirà la baklawa che eppure gli  ho poi ordinato, mentre il sole candisce le nubi, nel golfo ne di lui riluccica e s' infervora il mare.


 

 

Akko, 17 agosto 1998, presso il Pisan Harbour Restaurant

 

Akko, 17 agosto 1998, presso il Pisan Harbour restaurant.

 

 

Il Pisan Harbour Restaurant, dove non mi sono proibitive solo la Coca cola che ho ordinato e la baklawa che vorrei concedermi, almeno mi offre quiete ed ombra, la vista che mi ritempra del mare di Akko- intanto che livido schiuma  contro le mura sottostanti, e che dai bastioni vi si tuffano dei ragazzi arabi-, solo che la bibita sappia centellinarla come la mia sete, solo che la mia indigenza eviti di ricusarla nella sua irrimediabilità, se per non disastrarmi economicamente, ho fatto il biglietto per un passaggio ponte di tre giorni e tre notti da Haifa a Bari, e se ad Akko, nella città vecchia, una volta che ho ritrovato chiuso lo Youth Hostel, non mi è rimasto, o non sono stato capace d'altro, che di patire il ricovero in uno clandestino ancor più  miserevole.

E' inutile, che come i villeggianti di ogni Agadir o Sharm- esh- Sheik, presuma anch'io che le vacanze, i loro luoghi di elezione, offrano l'occasione di essere altri da noi stessi, da ciò che siamo, da ciò che intendiamo e sentiamo di necessità.

Intanto mi si diffonde intorno la fragranza del pesce di cui si cibano i commensali, e che mi sarebbe piaciuto talmente consentirmi e gustare, ma di cui non avverto più l'appetito, come non ho più voglia di nutrirmi di niente, assaporando la sola fragranza salmastra del mare.

" Why no meat? Why no fish?",

" Why? Because no money", ho appena riso e risposto ai quesiti del cameriere arabo, che tra poco mi servirà la baklawa che eppure gli  ho  ordinato, mentre il sole candisce le nubi, nel golfo ne riluccica e s' infervora il mare.

 

 

                               O. Bergamaschi

 

                               Piazza d'Arco 6F

                             46100  Mantova Italy

 

 

 

              


 

 

Akko, 17 agosto

 

 Ai tavoli dello stesso restaurant di ieri, ove ho ordinato nuovamente una Coca cola anche per usufruire dei servizi igienici, mi consento mi è dato almeno il conforto di un mare più luminoso e blu e terso che ieri, prima dei travagli della ricerca in Haifa dell' ultimo ostello, dell' imbarco di domani.

 Ieri ho rivisitato l' Acco islamica, rinviando a stamane di rivedere quella soggiacente degli Ospitalieri di San Giovanni.

Che piacere esserci di nuovo, e rammemorare, ritrovandomici, ciò che altrimenti sarebbe stato perduto per sempre per la memoria, e sentire che tornavano alla mente e recuperavo le impressioni precedenti, via via che mi imbattevo ancora nel Khan el-Umdar, ed oltre il Khan es-Shawarda, rivedevo la moschea el-Jazzar, mi ritrovavo nel verziere della grande corte, tra il gridio canoro degli uccellini che infoltivano una pianta di limone, contrappuntato da quello dei bambini arabi che schiamazzavano, mentre era già l' ora della preghiera.

Nel contempo, se non ho pranzato o cenato in alcun ristorante, ma farcite di kebab, di hummus, d' harissa o di tajne, di triti e salse di verdure piccanti e rinfrescanti, ove il limone di una mistura smorzava l'ardore bruciante del peperone in un'altra, ho divorato più di una focaccia e di una baghette, all' uno o all' altro negozietto della vecchia città araba, o svariando nella nuova città.

Squisito, davvero, il caffè turco al cardamomo, che ho sorbito in un locale che fa angolo nei mercati della vecchia città.

Riandare per quei suk anche stamani mi suscitava sensazioni forti, l' appagamento sensoriale di esservi in una città islamica reale, dove al negozio di vendita di narghilè e di essenze, da bruciarvi, si succedevano quelli dove con gli oggetti d'uso domestico, erano plastificati anche i fiori di gerani da appendere penduli, e i grappoli d'uva da esporre nei vassoi,  per quanto il piede  fosse più intento a sollevarsi, che a posarsi, sul liquame del lastricato nel suo fortore, e non fosse possibile aspirarvi la fragranza di spezie o di frutta, senza odorare il fresco fetore a ridosso del pesce in vendita, o quello più avanzato, nella decomposizione, degli scatolami delle acciughe ch'erano state infilate ad un' esca, ad uso dei pescatori.

Mentre ieri sera ripercorrevo i fossati e le mura di Akko, mi impressionava che nella porta d'accesso all' una o all' altra Akko, lungo il percorso delle mura e nell'avvallamento sottostante che si era abbuiato, stessi transitando la l'invisibile frontiera tra Oriente ed Occidente che permaneva insuperabile in Nicosia, nel reciderne a metà l' antica cinta di mura, che invece in Acco include invece accessibile l'intera e sola città islamica, ma ugualmente destinando alle comunità islamiche loro, - di similari mosche e caravanserragli e bagni turchi, sui resti crociatti, -  il pregio della propria superiore bellezza arabo-turca,rispetto alle più sviluppate e ricche Nicosia greca ed Acco ebraica.

 

 

Quando il giovane di fede cattolica ch' è il sacrestano del prete locale, una volta che mi ha aiutato a ritrovre l' accesso secondario all' ostello, mi ha detto che gli ricordavo suo padre e mi ha chiesto il mio nome, perchè, mai, gli ho detto quello dimio padre invece del mio.

 

 

 

 

 

19 agosto, al largo di Haifa.

 

19 agosto, al largo di Haifa.

 

Erano già trascorse le sette, ieri sera, ma il sole non era ancora calato nel mare, a soli dieci minuti di distanza, diceva un cartello, dallo Youth Carmel hostel in cui avevo già depositato i bagagli nella stanzetta.

Niente di più allettante di un' ultimo bagno nel tramonto, mentre dovevo pur scendere verso la marina, nello shopping center del quale mi era stato detto alla rèception, per acquistarvi le cibarie per tre giorni e tre notti di viaggio sino a Bari.

Sarebbe stato l'ultimo dei miei rari bagni nel corso del viaggio, nonostante tutto il mare che ho costeggiato ed attraversato, perchè no? allora, solo che non mi arrischiassi incoscientemente a lasciare incustoditi a riva il psssaporto e il portafoglio nel marsupio, nelle cui tasche non ho lasciato che gli shekelim e la carta bancomat, night and day, che potevano  servirmi allo shopping center, se avessi avuto bisogno di effettuare un cambio automatico.

Ma via via che scendevo a mare, l' ultimo bagliore diurno si riduceva solo a un chiarore residuale, che una barriera di superstrade rendeva irraggiungibile prima che fosse già sera.

Presso l'avveniristico Palazzo dei congressi di Haifa, erea invece imminente l'enorme Shopping center.

E vi ero già entrato, irresistibilmente, quando intravedevo allora soltanto i corpi di sorveglianza che vigilavano all' interno, e avvertivo il rischio in cui mi ero avventato: nell' esservi, all' interno, forse pressocchè l'unico straniero tra gli israeliani che lo gremivano, senza alcun documento che potessi fornire se ne venivo richiesto... anche l'uscire appena vi ero già entrato, oramai un mio comportamento che poteva risultare sospetto.

Comperare invece pochi alimenti? Per ritornare all' ostello e seguitare gli acquisti con i documenti d'identificazione appresso? Sventata esaltazione del rischio, od altro che fosse, in tutta la sicura disinvoltura di cui ero capace procedevo oltre nell' abbagliante complesso, tra la luminosità dei reparti, fino ad essere già al di là delle oltre le barriere d' accesso al supermarket alimentare, di me attrattore, irresistibile, la mia curiosità di vedervi la globalità impressionante delle merci che vi erano esposte, per constatare accertare che la differenziasse da quella di un ipermercato che uso frequentare in Italia.

Eccole tra intere scaffaluture di soli biscotti, le gallette che per nemmeno 5 shekelim potevo acquistare, ero adesso nel reparto ortofrutticolo, dove come vedevo fare a un acquirente abituale, con le nude mani, senza che si richiedessero i guanti od il suggello della etichettatura con una bilancia automatica, in un sacchetto infilavo tre mele.

Finalmente ritrovavo lo scatolame di insalate di verdure e di carne di pesce, solo nell'ultimo reparto i succhi di frutta, dovevo proprio fidarmi delle immagini illustrative, dato che il mio stato mentale mi impediva di ritrovare le indicazioni degli ingredienti sotto le impressioni in ebraico, una scrittura che nei suoi caratteri così poco differenziati, così minimali, già di per sè mi sembra quella ideale per realizzare la dicitura di non so quale città, di non so quale civiltà, in cui uno straniero si ritrova anonimo e perduto.

"E le posate di plastica?", nell' emozione che tenevo raffreddata come lo era l'aria che refrigerava la vastità degli interni, venivo tra me e me parlandone, per esibirmi più sicuro, ma la faccia di un bambino appresso alla madre che mi guardava stupito, forse che parlassi un idioma ignoto tra la totalità dei presenti che parlava la sua identica lingua, mi avvertiva che proprio i modi della mia disinvoltura (sicura) potevano essermi esiziali.

Ma al reparto del pane, che ritrovavo presso le barre d'accesso, su ogni mia cautela prevaleva la mia perseveranza ad esaurire gli acquisti di alimenti, nel prendermi i rischi del caso, quando alla commessa, come chi è estraneo agli usi abituali, chiedevo che mi consegnasse le forme del pane al sesamo e al cumino, che ho così appreso che sarei stato io invece a dover prendere da solo ed a riporre in un sacchetto.

Non avevo più altro da acquistare, potevo passare ora alla cassa.

Ve ne erano di riservate a chi per chi, come me, non aveva usato un carrello? Con le mani troppo ingombre di confezioni in pacchetti, e di sacchetti riempiti di scatolame?

E se il mio zainetto, alle spalle, avesse insospettito, inducendo all' accertamento di che conteneva, del suo conteuto, l'accorrere di un  sorvegliante che ne controllasse lo svuotamento, con la richiesta terminale di documenti?

Oh, me l'ero raccontata tra un reparto e l' altro, la storia da dire nel caso drammatico:

 

 

" I'm in the Carmel YOuth hostel...My passeport is in the rooom number ... Whi i haven't a passeport? Because i was going to swim, and...i feared that somebody when i was in the sea  can take me everythink ii have with me...sorry... sorry...Why i am here? I am here because i need a fod for my travel tomorrow by sheep...thre days and thre nights on the sea...Do you understand? YOu can control:what i toke it' s what can serve on the sea/ on the boat: the forks, the tuna, the biscuits, the vegetables, yes, the vegetables that keep? ( come dire che si conservano in un simile inglese? ...." , Tutto che si teneva, tutto che ritornava, nella mia spiegazione della situazione più che sospetta:solo, that's the problem, quando se ne sarebbero persuasi? Fino a quando mi avrebbero trattenuto ? Prima o dopo della partenza stamani mattina del battello? E come avrei fatto a sopravvivere in Israele per un' altra settimana?O, dio mio, my god..."

Anche la signora che mi precedeva mi veniva intanto creando  difficoltà, / mi imbarazzava, pretendendo- per quel che capivo dai suoi gesti che accompagnavano la richiesta in ebraico- che mi scostassi perchè le lasciassi recuperare il carrello vuoto.

"I need a bag" dovevo pur chiedere alla commessa, che capiva e non si stupiva, con mio sollievo.

55 shekelim e 20 l' ammontare totale, secondo quanto riportasva la cassa.

Ma che mi domandava, ora in ebraico, ora che le allungavo una banconota da 100 shekelim?

Da come prendeva atto soddisfatta di che facevo in risposta, traevo il respiro di sollievo che avevo indovinato, per fortuna, nel supporre che non poteva avermi richiesto che se avevo i 5 shekelim e 70 centesimi, che le consentissero di semplificare il resto a 50 shekelim.  

Oltre le sbarre ero adesso così sollevato, che avrei voluto cedere a un altro signore quel tagliandino che ero più che certo che fosse un bollino per l'acquisto con i punti di chissà che cosa, senza nemmeno chiedermi se alle casse si facesse ricorso a scontrini e e se quel tagliandino potesse esserlo. 

Tra la folla comune, nella grande hall, ma quel giovane con lanera vestizione dell' ortodossia ebraica mi osserva, si fa incerto se raggiungermi, se ne dissuade perchè evito di incrocuarne timoroso lo sguardo, ed infilo piuttosto la scala mobile lì a due passi, per scendere al piano di sotto.

Al forno ch'era in prossimità dell' ingresso, oramai, che soillievo, a un passo dalla salvezza, sapere come ordinare una ciambella al cumino farcita di olive e ricotta, e gustarla con una bibita, sedendomi a un tavolino, convinto di essere pressocchè al sicuro, talmente che ordinavo a gesti, e chiedevo e rifiutavo un altro soft drink, quando porgevo tre shekelim che non bastavano.

Non bastavano purtroppo nemmeno i sacchetti di plastica utilizzati a contenere gli alimenti comprati, quando mi rialzavo, per uscire, e uno di quelle sporte, troppa ripiena, mostrava uno squarcio da cui fuoriscivano le confezioni, come a un ladro che fosse smascherato dalla sua refurtiva eccedente...

Quella commessa, per mia fortuna, come scoprivo ora in fondo a quel contenitore laceratosi, quando  le avevo richiesto un sacchetto me ne aveva fornito una serie, ed ora potevo redistribuirvi gli alimenti, con l'occhio che correva al vicino reparto arredamento.

Dove una donna che ne usciva, era fermata da una guardia che le chiedeva di mostrare ilcontenuto di una borsa, di esibirle i documenti...

Che non badassi più a nient'altro che a quella decina di metri, soltanto, che ancora me ne separavano, per/a spingerla quella pesante porta d'uscita, senza sorveglianti, libero di respirare la calura dell' aria esterna, fuori di quella refrigerata, tra la folla che liberamemte come me ne usciva.  

 

 

 

21 agosto, la pagina dell' arrivo a Paphos

 

Quando il taxi mi ha lasciato di fronte all' ostello,ho perlustrato a lungo avanti e indietro quell' avenue di periferia, prima di disilludermi che l' ostello non fosse l'edificio che avevo di fronte: un villino aperto che sembrava una dimora dismessa, talmente l' incuria vi vegetava intorno e incombeva nel suo aspetto esteriore:le porte e le finestre scrostate e stinte, seggiole e tavoli di plastica sporchi e in disordine, il terreno circostante tutto ricoperto di fogliame, di pere e di fichi caduti, di assi, di attrezzi inusati, inaffiatoi, rastrelli sparsi intorno.

Nelle camerate lo stesso stato di abbandono di ogni cosa a se stessa.

E il lenzuolo mi sarebbe costato un pound suppletivo, mi dice la giovane procace addetta alla reception, quando alfine si fa viva ad accogliermi.

Non c'è che la mappa appesa a un muro, da tramandare a memoria, a soccorso della prostrazione che sconfortava il mio passo, nel tentativo di raggiungere orientativamente il centro di Paphos, ne confondeva ancor più il disorientamento, ne svogliava ogni meta, in quella successione di arterie, di spiazzi, in cui non sapevo ravvisare il centro in cui ero, quando anche le vie di banche e di boutiques, erano un disfacimento e un rifacimento di selciati e di edifici inaffollati di gente.

Ma a quello sportello del cambio automatico, preso la banca meno appariscente in marmi e vetrate, felicemente mi ostinavo e finalmente in Cipro con il bancomat ricevevo valuta, e svoltando a sinistra ove la strada curvava in discesa, in che angolo ombroso, a darmi pace, sostavo presso quel caffè alla fermata degli autobus, sospeso tra il cielo e un invisibile mare evocato dal verde.

Una soda, un greek café, e ripredevo animo e cammino.

Ma neanche la targa che indicava che il viale che imboccavo era quello dell' Apostolo Paolo,  quello dal quale si accedeva alle ville dei mosaici secondo le indicazioni parziali della mia guida, poteva risollevarmni dal lasciarmi andare allo sconforto lungo quell' interminabile arteria balneare, tra chioschi, ed officine, restaurant e minimarket, ove mi era incredibile immaginare di poter ritrovare basiliche paleocristiane e ville greco-romane, tombe di re o di dignitari ellenistici, quanto camminando e sudando, sotto il sole, nell' inoltrarmici solo con vaghi referti, tra gli altri visitatori che non si dovevano sfinire anche solo per accedervi, muovendo da un sito di miseria quale il mio.

Con che agio festante di europei benestanti, li vedevo superarmi sui loro taxi, sulle loro vetture a noleggio, lungo il vialone che avevo imboccato sulla destra, e che almeno, in altri tre chilometri, stando a quanto indicava una segnalazione archeologica, mi avrebbe fatto pervenire/giungere alle "tombe dei re".

E seguitavo quel percorso di calore e polvere, con la maglia indosso che non si prosciugava del sudore, mentre la mia sete esigeva di bere, voleva ancora del' acqua, mi angosciava che potessi restarne senza nell' area archeologica, sicchè mi arrestavo ad acquistarne una bottiglia in un minimarket, e i passi seguitavano oltre, come la mia anima, i miei sensi, che nelle conoscenze della mia mente, riattingevano alle reminiscenze che potevano riesumarmi quei sepolcri templari, riandando alle tombe di Licia, di Petra, di Vergina e Alessandria, per ritemprarsi, in ciò che sentono e sanno, dell' afflizione mortificante della mia insanabile miseria tra gli uomini.

 

 

Marmaris, Cesme

 

" Pare che abbiamo saltato uno scalo, Marmaris o Cesme..."

" Meglio, così montano meno turchi..." ieri sera diceva e si ritraeva dall' aver detto una italiana con cabina, assimilandosi a non so quale tartaruga di cui poi veniva parlando.

" Poi magari facciamo scalo in Albania...E come minimo ci ammazzano e ci rubano la barca...." faceva dello spirito  un' altra delle signore italiane con cabina, stamane nella sala del bar, telefonandosi, tra amiche, su come con il fisco....

" Li fanno salire con le scialuppe, i mammelucchi... gli ottomani..." era ugualmente piacevole sentire da un' altra bocca, di quella compagnia., " Over the mud, come recita la scritta della maglietta che portano in gruppo.

Mentre è saltato lo scalo a Marmaris sono bastato io, frattanto, quand' ho defecato, a far risalire nel water l' ingorgo che  ora vi ristagna della liquerfazione merdastra.

Via via che scorrevano intanto le isole e gli scogli del Dodecaneso, io non ho seguitato che a immaginare il decorso del rapporto con quel giovane uomo turco, di Nicosia, che nei giardini invano  è stato invitante, in chissà quale misero ambiente spogliandoolo dei suoi sudici abiti smessi e rimessi, intrisi dell' afrore forte che ne emana la pelosità che denudo, che trasudano le ascelle che aspiro e lambisco, mentre negli slip la mia mano glielo afferra caldo e tumescente, ed io scorro e mi ci chino sopra reiterando l'abbocco , la suzione è inesausta, sotto la pressione della sua mano che non mi lascia respiro, ne ho tregua solo per risalirne il corpo e tentarne la gola, le vivide labbra, di/per schiuderle alla lingua che ne vuole l'interno, nel che intanto che mi rispecchio nei suoi occhi animaleschi e languidi di voglia, così belli, così lucenti, ma lui oppone il diniego a che gli insinui la lingua, ed io mi rigetto sul' erezione del membro, a esasperargliela, finchè nella bocca non mi insemina nel piacere del gemito.

 

 

L' Egitto " arabesco" di Sharm- da soap opera.

 

la processione liturgico-turistica dell' ascensione del Gebel Musa.

 

Il corpo di un  turista, in Sharm, nel quale ho visto reincarsi le forme e le movenze di Gregory, lo stesso anche il taglio dei capelli, in una vertigo struggente di nostalgia e dolcezza.

 

 

La dark lady

 

Rientro in ostello, come in un western legando a un albero il mio destriero meccanico, mi accingo in cucina a predispormi del the, e comincio solo allora a notare che in cucina, come in ogni lato o recesso  dell' ostello, non v'è niente che serva, o che si estenda, sia esso fornello o lavello o parete o portello o porta o finestra, non impianto o sistemazione di cose, purchè possa esso fungere da appoggio o da infisso da affissione, che non rechi il cartellino o il foglio di qualche avvertenza.

I moniti dispostivi lì in cucina, con una preveggenza inesorabile, nella loro mente ideatrice, di ogni possibile mancanza di cognizione e di civilizzazione di chi ne fa uso:

"Remember to clean the cooker after using it. Tank you"

" Please wash your dishes, dry them, and put them away. Please".

" Please leave the Kitchen area as you would like to find it".

Un sole che ride, pulito, ad allietare in ogni biglietto di ogni ingiunzione.

Pure sulla stufa, al centro del salone, sta scritto in bella evidenza: " The stove is the sole responsability of the warden".

mentre campeggia sulla soglia d'ingresso, ad ogni limitare di stanza, campeggia immanvabilmente:

" please, close this door!!".

Accedo indi al bagno, e della signora in nero che detiene l'ostello, mi precede sulla soglia l'avvertenza generale :

" Water is precious in Cyprus. Please don't wate it. Tank you.

E' accanto al boiler sul  quale su sta scritto " do not touch the boiler", prima dello stanzino della doccia sulla cui soglia, dalla nostra sovrastante sovrintendente /accuditrice invisibile, onnipresente, è stato punualmente richiesto, come in cucina" Please leave the bathrom as you would like to find it. Tank you".

Vado prima di fare la doccia a defecare nel gabinetto, ed ecco che per questo mi inchino, e che dalla sua Entità preventiva mi ci vedo affisso davanti:

" If you don't want a bloched toilet, please don't put anything into it. " L'idea che vi viene ribadita anche in tedesco: " Papier und ahnliche dinge verstapfer das klo".

Dentro la doccia, ove uno si crederebbe nella sua intimità nuda al riparo di tutto di ogni indiscrezione, quindi mi attende quindi il seguente monito della dark lady: " please wipe the floor after having a shower and open the window".

Nè faccio a tempo a usare il lavello nel corridoi antistante, per lavarvi i miei panni, che lei ha già inteso dissuadermene in quanto vi è apposto sta scritto" please don't use this basin for washing clothes. Use the kitchen sink."

Certune di tali avvertenze, come quella di asciugare il pavimento del bagno o di aprirne la finestrella, dopo che si è fatta la doccia, di non poggiare i bagagli sopra le brande, ricorrono anche puntualmente nell' incustodia generale degli altri ostelli di Cipro, per quanto vi appaiano sbiaditi dall' usura di restare inascoltati.

Ma questi ammonimenti, in questo alloggio dei Troodos, evidenziano tutti quanti l' inchiostratura indelebile di un accanimento indefettibile, già nei seguenti termini di accoglienza, se ritorno sui miei passi alla soglia d'ingresso:

" Please wipe your feet! Tanks!".

Questa sollecitazione, senza riguardi di sorta, intesa dalla lady a onde evitare l'ordura dell'orda, vi campeggia dopo che la felicitazione, per il sopraggiungere dell' ospite, dell' " enyoi your stay",preliminare, e che il tripudio breve " del " Welcome to youth hostel",  già erano stati da colei freddati, in capo alla virgola, dalla manifestazione della più completa disistima preventiva anticipata nel possibile grado di civilizzazione educazione e di autocontrollo dell' ospitato civiltà raggiunto dall' ospitato, espresso già da in un pressante "ma per favore", " But please" " no noise in or around the hostel after p.m.", " Keep all communal area clean." "Tank you".

Al centro del soggiorno d'ingresso, in tutta evidenza,

sovrastando a regolamentare a normativizzare il visitor-ospite, qualora fosse così tardo da non non fosse arrivato a capirlo l'avesse ancora capito, il segnale di tutti i segnali, la prescrizione preliminare di tutto quant' è prescritto :

"Please read all the signs and respect them, Tank you".

Nella mia stanza, ove mi ritiro, mi esorbita inizio a contare tre altre  avvertenze della Nostra Signora, per motivate e necessarie che siano:

" No smoking", " E chi fuma?",  " Don't put your luggage in  the beeds," d'accordo, " please note that the hostel is not at your disposal between 10 a. m and 3 p.m.", ne terrò conto, che vi figurano insieme a un' altra, di un' esplicità compita, che mi ricorda/ è di monito che " a youth hostel is not a hotel" esortandomi pertanto, come già in cucina ed in bagno, " please, leave your room as you found it." Tank you, ovviamente.

Ma che ancora può sorprendermi, nell' ostello -maniero, in tale e tanta spropositata ricorrenza di ogni sorta di ordine e invito,  è in capo al letto il " please", strano," don't move the curtain", a non spostare assolutamente la tenda che ricade fra le brande.

" E' perchè mai?", mi chiedo, istigato a delinquere, pervicacemente, anche solo a tentare di intravedere che cosa la coltre può nascondere, da quello che pare, assolutamente, il titolo di un film dell' orrore, dei più allucinanti... " Non aprite quella porta..."

Tant'è bastato, perchè l' ostello sia venuto trasformandosi La mia dimora si è venuta viene così trasformando in una spiritata casa thriller, nella sede stregata della Troidoitissa di tutte le troidoitisse, della la mia dark lady di tutte le forze dell' inferno/ di ogni forza d' inferno ...

E scosto dunque la tenda come la mia signora in nero ha già inesorabilmente previsto, sicchè mi attende di leggervi, al di là, affisso a una porta bianca retrostante:

" Danger! Do not walk on the balcony.It might collapse!".

E chi più solo vi si attenta a mettervi piede...

Quando basta permanere nel soggiorno sottostante, e inalarvi l' aria satura del gas di ogni impianto in uso di riscaldamento, per avvertire quale possa essere, piuttosto, la fine più certa della nostra signora e dei suoi occasionali ospiti. 

 

 

Il sentiero di Artemide

 

 

12 agosto, tra Limassol ed Haifa.

 

 

Taba, 14 agosto

 

 

Antea

 

 

31 agosto 1997

 

Da Spalato ad Ancona

 

Inizio e già interrompo di scrivere questa breve Nota di viaggio, per trascrivere, prima che me ne dimentichi, il cognome del signor Trumbic presso il quale ho alloggiato così felicemente, in una camera privata ch' era un appartamentino in una posizione incantevole in prossimità del peristilio del Palazzo di Diocleziano, per poi ricercare, sulla mappa di Spalato, senza ritrovarla, il nome della via in cui egli abita, - posso pur desumerla da via Dioclecijanovna, ma nell' indirizzo devo indicare, in qualche modo comprensibile, che è dopo, e verso piazza Narodnj. Ma perchè, anzichè andare a ricercare al rientro nella mia città a  casa mia, e chissà dove, come si dice, per inviare alla signora ch'era con lui, che ignoro se fosse sua moglie o sua sorella, una caffettiera dall' Italia, per consentirle di fare il caffè espresso e non solo alla turca, come me lo ha offerto buonissimo, non lo chiedo alla giovane donna che è seduta su una poltrona accanto, alla quale ho guardato i bagagli prima della partenza.

Dopo? Esattamente come in italiano, verso fatico a decifrare che si dice " ravno" ?    

 

 

Brani

 

... così come oltre le porte d'accesso alla cittadella del  palazzo ( di Spalato) ad occidente si espande splendida e si trasfigura nella fantasmaticità, vivida di tegole rosse, della pietra bianca ( scialbata) delle case e delle torri delle sue piazze medioevali- rinascimentali,

 

..............oltre la cittadella in cui si è tramandato il Palazzo di Diocleziano, la immaginazione riesumatrice delle cui vestigia in corrispondenza con la configurazione dei suoi sotterranei evacuati e ripristinati, è stata una delle mie più affascinanti avventure archeologico-rinascimentali.

 

 

 

 

 

Redazioni antecedenti

 

 

E più non parli

 

E più non parli che con gli agli uccellini e ai i morti,

non deliri che i vivi ti auspichino,

nel disfarsi di nubi all' orizzonte

i giorni mendicanti alle tue porte,

e suggelli in effigi gli scomparsi

ne suggelli effigi,

veli il riassonnarsi

in nuvolii di piume,

-al predisporne i fiori, le sementi,

tu dicendoti amen,

così è il plenilunio e così sia.

 

 

E più non parli Seconda versione

 

E più non parli che con gli agli uccellini e ai i morti,

non deliri che i vivi ti auspichino,

i giorni mendicanti alle tue porte/ soglie

nel disfarsi di nubi all' orizzonte,

e suggelli in effigi/e gli scomparsi

ne suggelli effigi,

veli il riassonnarsi

in nuvolii di piume,

se ancora fossero, come se oramai non fossero dovunque,

le loro pupille in te non si riaprissero al tremore,

- al predisporne i fiori, le sementi,

(così) tu dicendoti amen,

così è il plenilunio e così sia.

 

 

Un mese dopo

 

25 settembre 1998

 

Quando sul far del mezzogiorno mi approntavo infine ad uscire, prima l' uno, poi l'altro,  oggi due passerottini sono infine sopraggiunti di nuovo al mio balcone, splendidi del loro nuovo piumaggio in cui sono usciti appena di muta, tra la fragranza espansavi dal basilico nella sua fioritura estrema.

" Finalmente troverà chi se ne sazi, e non subirà la diagenesi di cementificarvisi,  ne sono stato ulteriormente contento-, tutta la semente ch' è espansa da settimane e ho espanso sul piano del davanzale, mi sono felicitato, e non sarà solo il *ricettacolo delle in altri visitatori che non siano solo le camole che me l'hanno fatta rigettare, e le cui larve che rinvenivo ancora, senza tregua,  fra le cibarie residue del mio uccellino, ad una ad una ad una ad una poi riposto declinato rigettato, come e quando, senza tregua, ho seguitato a riporre fra quei grani sul balcone, ne rinvenivo ancora delle larve in ogni cibaria residua del mio uccellino delle altre, dopo i giorni seguenti il mio rientro dal Vicino Oriente, la settimana seguente al rientro dello stesso mio uccellino da Modena, dove stazionava presso mia madre.

Come nell' appartamento vi si è ritrovato, tra le scaffalature, il piccolino ha fatto un balzo di soddisfazione dall' uno all' altro posatoio, ha favorito di nuovo nell' una e nell' altra mangiatoia, quindi nel beverino, poi nella vaschetta del grit, e allora soltanto mi ha riconosciuto alfine riconoscendomi integralmente,  ed è corso di continuo inesausto correndo inesausto al mio richiamo, ai miei vezzeggiamenti amorevoli, non appena reindividuandomi di nuovo come il mio sembiante si è per lui reinserito in questa sala del soggiorno ove ne scrivo e lui si  è appena addormentato, di notte, e ch' è tutto il suo habitat planetario.

Che mai ne era più, per lui, del suo quieto soggiorno presso mia madre, delle cure con le quali lo ha aveva accudito durante tutta la sua copiosa muta, divisa tra le sue perdite di piume e l' insofferenza della calura del cane Dingo, lei stessa stremata dall' afa incessante, al pari di quanto al rientro nella quotidianità, non ancora lavorativa, si erano vanificate così come che ne era più, per me, le ansie e le tensioni e le esaltazioni del viaggio, delle ansie e delle tensioni angosciose e delle esaltazioni del viaggio, già dissoltesi nel rientro nella mia quotidianità, - che allora non era ancora lavorativa,- al pari di come un  sasso caduto al fondo di acque su di lui placatesi pure /anche nei loro cerchi concentrici, in ragione della per la nella stessa ingratitudine vitale, avida di altro, che mi faceva già immemore di quanto in Cipro, nel Sinai, in Israele, ho vissuto di arduo e di meraviglioso,  di inesorabilmente insuperabile e di sconfortante, e mortificante, o che a costo di tutto ho incantevolmente ritrovato e alfine raggiunto, di stupefacente , di quanti altri mi sono venuti incontro nel viaggio, mi sono stati di aiuto e di esperienza, recandomi l' umano conforto, impagabile, della cortesia e della gentilezza, dell'interesse cordiale per la mia persona.

Ancora le scuole non erano prima ancora che le scuole fossero riprese, e già scenari e vicende e vicissitudini del viaggio, e volti e patemi e soddisfacimenti soddisfazioni, si erano fatti irreali quando ancora le scuole non erano prima ancora che le scuole fossero riprese, evanescenti, quasi che come se il viaggio, al pari del gioco, fosse stata solo una fiction di che cos' è la vita, la realtà vera, di che cosa siano l' autentica gioia e l' autentico dolore, l' angoscia e la tragicità e l' esaudimento effettivi il compimento di sé effettivo... secondo l'inganno che vi sia una realtà ultima, siano essa gli interessi, o gli affetti più cari, alla cui resa dei conti si vanifica il futile e l' inutile, e il tremendo o ciò che vale della vita si disvela (di) fondamentale, ... come se della la perdita estrema di chi più mi ha amato, od ho adorato, ancora effettivamente ne soffrissi la sentissi, e già l'altro uccellino, che credevo irrevocabile, non si fosse reincarnato in questo vivo e sano che adoro mi è ugualmente caro.

Del resto ogni volta che visito mia madre, (non) se ci tengo tenessi tanto a fare ritorno al loculo di mio padre, ogni volta che visito mia madre, è perché lì soltanto, in effetti, lui in me ancora si ravviva, è ancora alcunchè cui mi illudo di potermi rivolgere.

Ed anche i nuovi allievi, nella classe prima, che dopo dieci giorni di scuola mi sembra di avere avuto già da una vita, dove andranno in me avranno da andare non avessero a finire, adempiuti i doveri, se non nella dimenticanza vaga e grata in cui era già precipitata, nei nomi e nei volti, anche la generalità di quelli che ho ritrovato in seconda, o nella rimozione di tutto ciò che per me di sofferto, o di vergognoso, comportava il loro riapparirmi davanti.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 Lettera a Sosi sui miei racconti

 

Cara Sosi,

 

infinitamente grazie di quanto mi hai scritto, di così intelligente e comprensivo sui miei scritti.

Altro che stupidaggini, e tu lo sai benissimo.

La sua lettura trepidante per me ne è stata alquanto emozionale, e mi è occorso dunque del tempo per una puntualizzazione attenta di tutto quanto vi dici.

Del resto l' essere amato, e l'essere letto, è per me tuttuno, credo oramai...

Mi è giunto particolarmente caro, e toccante, quanto vi hai asserito, di solidale, della disincarnazione in scrittura della mia esistenza, nel mio essere diverso e inattuale nel mondo, sotto l'ammanto manieristico o barocco delle forme dei racconti.

Ciò è quantomai vero quale mia determinazione permanente, e a farmi recedere, culturalmente, al di là del fissarsi tragico nel" non confidare negli uomini" ( Singer) della mia condizione umana, - di cui è indizio quanto disperi di venire alla luce editorialmente, come io mi affidi ai " pochi infelici",  nel tempo presente non può essere di certo, pur nelle sue meraviglie incantevoli, l'universo imperante della rappresentazione mediatica dell' esistente, particolarmente per come trionfalmente si è risolto in Italia, ove il primato della  telefonia cellulare sullo stesso personal computer per me altro non attesta, di perturbante, che il trionfo dell' oralità e dell' indiscrezione dissacrante, sul leggere e sullo scrivere invece più intimi.

Ma è altresì vero, di peggio, che sempre di meno i miei sovraccarichi e traviamenti scolastici, o la casalinghitudine, mi consentono la sublimazione di scrivere, e che purtuttavia viaggio, d'estate, e che la scrittura si fa allora per me rammemorazione in atto di esperienza vissuta, un vivere e rivivere, per davvero , ciò che rispetto all' esistente restante e mortificante, domestico e scolastico, si configura anche come altro, nonostante il dolore e la miseria che posso patire nel corso del viaggio, le cui vicissitudini vengo riesumando sino a che nella loro rievocazione, tramite l' opera scritta,  abbia  tregua il confliggervi l' uno contro l'altro di verità e bellezza.

Della genesi di quei racconti quel che non potevi sapere, comunque, è che soltanto la pagina iniziale è recente, e che si tratta per lo più di juvenilia che risalgono fino alla caduta del muro di Berlino, e poco oltre, cui torno e ritorno, tuttavia, con opera di restauratore e di archeologo di me stesso, sicché a questo deve oramai limitarsi la mia opera di intervento, nelle revisioni che mi suggerisci e di cui condivido la natura critica.

Il " Giardino pubblico", infatti, per iniziare dal racconto che ti è piaciuto di meno, è la riesumazione e il tentativo di riequilibrio che anch'io ritengo solo parzialmente riuscito, del testo di esordio della mia intera narrativa.

In esso, che è debitore in questo a Robert Walser, ho cercato di dare la parola a un  " idiot savant",  solo che la natura al tempo stesso ingenua e sentimentale del suo dire, di conseguenza, con la perdita del testo originario, tale dizione nel restauro conservativo non sono mai riuscito a contemperarla tra erudizione e slanci goffi di contatto, con il risultato di una forma troppo affettata o sdilinquentesi.

Anche " Essere uomini", mi sembra, pecca di troppa sostenutezza enfatica, al punto che vi finiscono travisati, e soffocati, i miei intenti originari di non realizzarvi affatto della oratoria ideale, ma la parafrasi in un discorso riprovevole di seduzione, di quanto allora mi infastidiva dell' eloquio di successo di Pietro Citati.

Credo che tu abbia ragione anche per la lungaggine di " La fiera di paese", che della raccolta di tutti ritengo tuttavia il testo più bello e di valore, il più alto, insomma.

Mi rincuora, invece, a conforto di un  altro giudizio favorevole sulla " Petite Histoire" , ed a smentita di una stroncatura prematura del " Necrofilo", che ti siano invece piaciuti questi testi in cui non confidavo granché, dei quali hai colto benissimo quelli che eventualmente ne sono i contenuti meritori.

Per quanto attiene alle tue richieste ultime, certamente tali testi puoi farli vedere a chi ritieni della schiera eletta dei " pochi infelici" (ulteriori?), nella loro edizione che alla luce anche di quanto hai osservato ho ulteriormente e interminabilmente riveduta e corretta, e che ti invio insieme ad un' altra che puoi trattenere per te.

A mio volta ti chiedo, come figura già in questa edizione, se posso inserire nell' opera anche la tua lettera e questa risposta.

                          Ringraziandoti con affetto di tanto

 

Mantova, il giorno di Santo Stefano del 1998.        

                                        Odorico B.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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