all'indice delle pagine di diario

pagine di diario, 3

 
     
 

 

 

 

A giustificazione

 

Potrei forse addurre, a giustificarmi, che se puntualmente a scuola arrivo in ritardo, è perchè solo se fino all' ultimo controllo ogni rubinetto e manopola, posso per assicurarmi di non essere la causa della morte per annegamento o asfissia dei miei inermi uccellini in gabbia? che sarebbe la mia stessa morte, immediatamente seguente, poichè non saprei ( come ) tollerarne lo scandalo della fine, talmente i miei piccolini sono per me l' innocenza e la bellezza e la grazia naturalmente vivente?

 

 

Per il pensionato Giovanni

 

Sono loro la sua consolazione quotidiana, il diletto della sola compagnia che gli è cara, quanto è che gli è il solo bene che gli è rimasto al mondo la sola cosa cara che gli è rimasta al mondo, e che lo ripaghi di ogni repulsivo ribrezzo , e inorridito patimento nella frequentazione necessaria e residua

 dei propri simili con i quali ha ancora a che fare.

Ah, già quale pena che egli simula nel suo cordiale sorriso, è la cortesia che deve usare ogni giorno con i condomini e con i negozianti, certo che il riguardo che gli riservano non è che compatimento, e degnazione, inorridimento o disprezzo che la avversione, sussiegosa, di dovere ad avere a che indugiare fare e a che vedere con la per la sua inettitudine penosa di solitario vecchio fallimentare.

Anche il solo adempimento che lo salutino, anche solo se lo salutano, gli grava il presentimento che costi loro un disagio insopportabile, nel fingergli di riverire una sua esistenza che per loro è un' assurdità fallimentare, la miseria penosa di chi a suo tempo non ha fatto famiglia o carriera o ricchezza, non ha conseguito alcun status pur potendo valere emergere, essere qualcuno; avvertendo, in ogni contatto con gli altri, in  loro l' ammanierarsi in loro dell' onda d' urto della diffidenza e del sospetto che egli suscita, per la sua irriducibilità inetta alla vita comune, come si dia che quanto più si affanna ad evitarla, egli diffonda intorno a sè un' irrisione, soffusa, che solo la sua vecchiezza evita che volga in ridicolo, appena solo manifesti il suo impaccio stranito e timido in ogni rapporto, o quanto più si irrigidisce e perde il controllo di sé, per il fatto stesso di preoccuparsi di ogni sua minima impressione che può provocare negli altri ad ogni sua inavvertenza, tanto talmente è timoroso di che può riservargli ogni individuo altro che incontri.

 e in questo Egli è infatti fin troppo consapevole, che ineludibilmente, acutamente,  benissimo, che ciò che avverte negli altri è la sua stessa spigolosità interiore, inottundibile, togliendo ogni anelito il nel nel disgusto e nel il dissapore interiore della amabilità con cui se ne ritrae, li elude, già ne soffoca se deve indugiare.

E' la sua spina, in ogni contatto, che tale compatimento e irrisione e malcelato disprezzo che intravede negli altri, li in loro ne avverta costantemente in essi in loro negli altri, la costante presenza perchè lui stesso è incapace di sentire altro nei loro riguardi, che di provarne avversione, *o al più commiserazione.

Egli nutre tali disposizioni per quanto si senta e si comporti atteggi, insanabilmente, come se fosse in inestinguibile torto nei loro riguardi, e per questo, appunto, tuttora che non è più che un vecchio in disparte, di lui si tenda ad abusarne, a farsene gioco, a chiedergli ciò che se fosse richiesto ad altri sarebbe reputato  sconveniente, quale una deplorevole mancanza di riguardi, e debba starne sempre bene in guardia, senza che nessuno nemmeno si immagini, come per lui  di fatto nemmeno esistano, quant' è la sua disistima di ogni altro di cui ha tanto riguardo. e non siano effettivamente reali, tutti coloro che ha rispettato e che seguita a rispettare più di /che se stesso.

Mentre invece, quando al rientro o al risveglio si ritrova con i suoi canarini, non è più niente di niente di tanto fardello, com' è lieve, e gli è di conforto, stare per ore e ore insieme con loro, cosi semplici e chiari da capire, così istantaneamente appaganti ed appagati, che lo contentano ripagano immancabilmente, di ogni sua sollecitudine e cura,  con il loro solo essere sani e felici di ogni sua sollecitudine, e che per ricambiarlo di tanto, con il sovrappiù estatico e inebriante del loro canto, tanto è quello che gli danno per tanto che gli danno, con il solo sovrappiù estatico ed inebriante del loro canto, non richiedendogli gli chiedono altro che esattamente ciò che fa per loro, di non attenersi che alla loro cura, e nemmeno questo, come fossero certi tanto già sanno che lui non mancherà mai di accudirli, nella armonia prestabilita che si è costituita fra loro.     

Ed egli che ha da pretendere da loro, se non che siano gli uccellini che sono, come può anche solo immaginare e concepire per loro disprezzo, o disistima, o scontento o irritazione e fastidio per ciò sono, così come gli è naturale avvertire per ogni altro suo simile, sempre inferiore e miserevole, meritevole al più di rassegnata o disgustata pietà.        

 

13/12/97. revisionato

 

 

Ancora per il pensionato Giovanni

 

E con gli anni, al vedersi non più giovane e già adulto che invecchiava, insanabilmente talmente inetto a rifarsi una vita, a non soccombere, a non essere ( che un insegnante oberato dai compiti,) che un impiegato che si sovraccaricava di pratiche, sotto il cui fardello restava egli sepolto ed inattuato, e marciva mortificato il suo talento, aveva finito per essere lui che per primo  induceva gli altri a mancargli di riguardo, a occasionare le situazioni per lui più umilianti e ad accanirsi in questo contro se stesso, obbligandosi ancor più ad una feccia di vita quale impiegato/professore risibile, ancor più ad esporsi a in balia di ogni mio superiore e sottoposto.

In questo, a svergognarsi, gli era complice un eccesso di gentilezza gratuita, di timore umano, lo zelo del suo scrupolo accanito, annientato da un senso del dovere sociale tanto più incombente, soverchiante, quanto avvertiva inutilmente che non ne valeva la pena, ( che non ne riceveva che il tormento in cambio di una irrisione continua, in classe, da parte di allievi che si facevano beffe di ogni suo scrupolo, o riguardo, della sua incapacità di non attenersi ad altro che alle regole, e lo commiseravano che non usasse il voto come un' arma di ritorsione punitiva, che su tutto, andando oltre, facesse prevalere la passione ad insegnare comunque, di dire il vero in sè più profondo,- nel sollecitare la cui misera mediocrità di giovani, ancor più aveva mancato di attenersi a se stesso, incrudelito su se stesso e mortificato il suo stato, seguitando a disperdersi senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere.)/ che da coloro per i quali sollecitava una pratica, disbrigava la compilazione o l' invio di un  atto, non ne riceveva nemmeno il frutto di una riconoscenza, o di una gratitudine espressa, che non fossero parole di circostanza con cui sgravarsi e distogliersene, ossessionato e irretito dai per zelo di scrupolo destinamdomi ai più cosicchè mi consegno quali miei aguzzini ai più più sordidi di loro, nell' attenersi alle cui richieste che avrebbero potuto evadere essi stessi benissimo, nell' evitare di scontentare, di dispiacere ai quali, ancor più aveva mancato di attenersi a se stesso, incrudelito su se stesso e mortificato il suo stato, seguitando a disperdersi senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere./

Oh, quante volte per il sovraccarico di compiti che aveva assegnato e corretto di lavoro,/ per il sovraccarico di incombenze che si era assunto, /si era mostrato agli inizi delle lezioni/ del lavoro/ appena in ritardo, ma di quel niente per cui ogni mattina reiniziava il suo lavoro in stato di accusa e di scusa, trafelato ed in deficit con gli altri... e per sovraccarico di libri / di documenti e opuscoli/ era apparso trascurato e in disordine, offrendo il bersaglio all'amabile, implacabile richiamo od osservazione, in sede di lavoro, di essere sempre il solito ritardatario trasandato, quasi che così  presentasse o porgesse il collo all' attacco per sua negligenza, quando era piuttosto per un abnorme assunzione di lavoro, per l' eccesso di obblighi, incombenti, sotto la cui mole doverosa aveva schiacciato se stesso, il suo vero essere, ogni sua possibilità di tentare di trovare il tempo e il modo che la sua vita potesse essere altrimenti, che la sua esistenza non fosse lo spreco d' ogni sua possibilità di realizzazione autentica.

E con la ricerca di una affermazione, di una attuazione del proprio talento espressivo, / Farlo versatile alla musica e al canto?/, era venuta meno anche ogni altra sua iniziativa, ogni ricerca di divertimento e di svago, aveva perso anche il ricordo dell' aspirazione a godersi la vita, insieme con l' idea di potere uscire per andarsene via, in qualche altrove che non fossero le stesse vie e gli stessi interni di quel vuoto stillicidio di giorni.

E quanto più cedeva, acquiescente, tanto più gli altri, gli stessi suoi cari, si era accorto che avevano preso anzichè a soccorrerlo sempre più ad abbandonarlo, come se fosse per loro sempre più privo di interesse, perchè sempre meno era loro giovevole, la madre e le sorelle insistendo sempre di meno che si facesse vivo con loro, mancando oramai del tutto di andarlo a trovare, ma come lamentandosi, aspramente con lui, se nelle principali ricorrenze festive e familiari mancava di andarle trovare.

E perchè recarcisi, se non per sentirsi chiamato in causa per ascoltarne, interminabilmente, angustianti malanni e malevolenze e dispiaceri, e vederle accusarlo inespressamente di essere sempre il solito egocentrico, o ripetergli che ognuno ha i suoi problemi, che vuoi, non c' è niente da fare, bisogna solo sopportare*, non appena accennava a qualche suo malanimo o malo stato economico.

Eppure, in quelle poche ore, come allora tornava egli ad amarle, a sentirne profondo l' affetto, come gli erano vive e care nelle loro sollecitudini quotidiane,  nei loro immancabili risentimenti e rancori contro i coinquilini la vicina o le ristoratrici presso le quali lavoravano in nero, per sentirle poi mancare al suo affetto, non essere per lui più niente, come le lasciava e il vuoto della sua vita, e l'asfissia sociale, tornavano ad essere il suo ambito dintorno.

Allora in lui cominciavano a insorgere insorgevano ogni giorno propositi di morte, tornava egli a chiedersi perchè valesse ancora la scelta di non farlo, di seguitare a restare, deprecando che non lo facesse solo perchè gli mancava la forza di andarsene via, quando bastava affondare una lametta, inoltrare il capo.

E si appellava per desistere all' idea di sua madre, di come ne sarebbe stato tremendo lo strazio, ma sentiva che non era l'evocarlo, che nessun richiamo a come avrebbe funestato i pochi anni che le restavano da vivere, potevano più niente sui suoi propositi, anzi, li lancinava, più determinati, il senso rancoroso di quanto lei e le sorelle l'avessero gettato nell' abbandono, quanto più avrebbe avuto bisogno di essere trattenuto dalla loro comparsa frequentazione, avvertendo, quando la sua impotenza fallimentare, incapace di sopprimersi, bestemmiava ogni dio che lo trattenesse in vita, che in quella bestemmia bestemmiava il ventre di sua madre che l'aveva generato, per averlo messo al modo così come era, incapace di farsi valere nel covile degli uomini per quanto era più di loro in genere .

Ah, quella sua maledetta inettitudine a incapacità di usare i metodi che funzionano, a sapersene servire per quanto glielo imponevano ponevano in causa chi per questo distimava, di porsi sotto i piedi le leggi e giocare sporco e così incutere soggezione, dio, dio, perchè non era stato fatto com' erano già i suoi compagni di scuola, / i tanti suoi allievi che gli avevano rubato la vita e la socialità, nel corso degli anni scolastici, che già sapevano così naturalmente mentire ed ingannarlo, come farsene beffe con il candore offeso con il quale si protestavano innocenti, nel mentre la facevano sotto il naso alla sua sprovveduta canizie, incapace di fronteggiarli perchè nemmeno le era immaginabile, che cos'precocemente si potesse attuare od assumere tale naturale spudoratezza...    

....Ah, come già sapevano prendersene gioco prendersi gioco e giocare con tutto, che avevano saputo farsene di lui, di me che hanno saputo fare , generazioni dopo generazioni di immutabili studenti, come anche oggi quella feccia molesta, si era invelenito al rientro, che quando li ha pregati che la smettessero, esi chiedendogli che dovessero fare, se dovessero rinunciare ad avere la faccia che lo irrideva, lo avevano ridicolizzato deriso di folleggiare nella sua senilità, dopo che li aveva sorpresi a farsene beffe, per come si era intenerito alla vista di/ nel fischiettare dietro a/ due uccellini. E nella gravosità di quell' ora morta, nel sentirsi così tremendamente solo e vilipeso e vergognoso a se stesso, era tornato a bestemmiare dio, a maledire il giorno e il grembo in cui lo concepì il giorno e il gembo di sua madre.

Perchè ho avuto una vita? Se non ho neanche acquisito  l'esistenza sessuale e la dignità di un uomo?

Ma l' uccellino allora aveva levato un cinguettio di richiamo, era volato sul trespolino più alto, quietandovisi bello come non mai.

Oltre i vetri, nel freddo di novenbre, il chiarore lattiginoso lunare.

E nel sentire di amarlo in un trasporto di tutto il suo essere, in un appagamento quale non poteva dargli nessuna creatura umana, senza che nulla di quel suo essere amato potesse mai farlo soffrire od indurlo anche alla minima avversione, nell' avvertire che gli bastava del suo uccellino la  sola presenza, il suo solo stato naturale di grazia per non chiedere altro,"  dio mio, dio, si era prostrato in lacrime, se tu esisti perdonami di averti bestemmiato, perchè questo mio uccellino mi basta ed avanza di compenso per tutto quanto mi è mancato ho sofferto, l' amarlo è valso ogni lacrima e torto che ho sofferto, se ti ho bestemmiato perdonami se puoi, ero accecato dal mio dolore, ti ho insultato perchè sono stato insultato tanto, so che ti resisto, che anche così non ho scusanti, che ti resisto, che senon so vedere che ciò che gli altri hanno avuto ed in cui sono fallito, che ciò che non sono riuscito mai ad essere, o ad avere, ma tu, ora che ho visto, non punirmi, no, come io temo, nel solo modo in cui posso ancora essere punito, lasciami infine, lasciami al mio amato uccellino, ora che ho compreso che vale ogni oro e tesoro del mondo, ogni amplesso e conforto di figli..., lascialo vivere finchè io non muoia".

Lui, l' uccellino, che accorre ora al posatoio ch' è più prossimo ala poltrona dov' è seduto.

" Che gli importa, al mio caro, che sia un vero uomo, o un essere fallito, che ne è per lui di questo? oh, lui ignora discriminazioni, lui non mi irride , nè di me si fa beffe,

per lui già valgo per quanto ed in quanto ci sono, e se mi strilla contro, se mi richiama, è solo per paura, per farmi sentire che sta bene e sentirsi bene con me, bastandogli gli basta che gli sia intorno e a distanza di sicurezza, che non gli faccia mancare quanto gli è indispensabile,.. Con lui di che devo vergognarmi e sentirmi manchevole, quando sono già tutto ciò che è possibile ch'io sia per lui, ed io ho già tutto vicino al mio piccolo..."            

 

revisionato il 13/12/97          

 

 

Ancora per il pensionato Giovanni

 

E con gli anni, al vedersi non più giovane e già adulto che invecchiava, insanabilmente talmente inetto a rifarsi una vita, a non soccombere, a non essere ( che un insegnante oberato dai compiti,) che un impiegato che si sovraccaricava di pratiche, sotto il cui fardello restava egli sepolto ed inattuato, e marciva mortificato il suo talento, aveva finito per essere lui che per primo  induceva gli altri a mancargli di riguardo, a occasionare le situazioni per lui più umilianti e ad accanirsi in questo contro se stesso, obbligandosi ancor più ad una feccia di vita quale impiegato/professore risibile, ancor più ad esporsi a in balia di ogni mio superiore e sottoposto.

In questo, a svergognarsi, gli era complice un eccesso di gentilezza gratuita, di timore umano, lo zelo del suo scrupolo accanito, annientato da un senso del dovere sociale tanto più incombente, soverchiante, quanto avvertiva inutilmente che non ne valeva la pena, che non ne riceveva (che il tormento in cambio di una irrisione continua in classe, da parte di allievi che si facevano beffe di ogni suo scrupolo o riguardo, della sua incapacità di non attenenersi alle regole, a non usare il voto come un' arma di ritorsione punitiva, di non far prevalere la passione ad insegnare comunque, di dire il vero in sè più profondo,)  nemmeno il frutto di una riconoscenza o di una gratitudine espressa che non fossero parole con cui sgravarsi e distogliersene,  da coloro per i quali sollecitava una pratica, disbrigava la compilazione o l' invio di un attoossessionato e irretito dai per zelo di scrupolo destinamdomi ai più cosicchè mi consegno quali miei aguzzini ai più più sordidi di loro, nell' attenersi alle cui richieste che avrebbero potuto evadere essi stessi benissimo,, nell' evitare di scontentare, di dispiacere ai quali, ( nel sollecitare e nel rieducare la cui nullità) ancor più aveva mancato di attenersi a se stesso, incrudelito su se stesso e mortificato il suo stato, seguitando a disperdersi senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere.

, aveva finito per essere lui che per primo  induceva gli altri a mancargli di considerazione e di riguardo nei suoi confronti, a occasionare le situazioni umilianti e ad accanirsi in questo contro me stesso, obbligandosi ancor più ad una feccia di vita quale impiegato/professore risibile, ancor più ad esporsi a in balia di ogni mio superiore e sottoposto, per eccesso di gentilezza gratuita, per timore umano, lo zelo del suo scrupolo, accanito, ossessionato e irretito dai per zelo di scrupolo destinamdomi ai più cosicchè mi consegno quali miei aguzzini ai più più sordidi di loro, nell' attenersi alle cui richieste che avrebbero potuto evadere essi stessi benissimo,, nell' evitare di scontentare, di dispiacere ai quali, ( nel sollecitare e nel rieducare la cui nullità) ancor più aveva mancato di attenersi a se stesso, incrudelito su se stesso e mortificato il suo stato, seguitando a disperdersi senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere.

Oh, quante volte per il sovraccarico di compiti che aveva assegnato e corretto di lavoro si era mostrato agli inizi appena in ritardo, ma di quel niente per cui ogni mattina reiniziava il suo lavoro in stato di accusa e di scusa, trafelato e in deficit con gli altri... e per sovraccarico di libri e di documenti e opuscoli era apparso trascurato e in disordine, offrendo il bersaglio all'amabile, implacabile richiamo od osservazione in sede di lavoro, di essere sempre il solito ritardatario in disordine, quasi che così si presentasse o porgesse il collo all' attacco per negligenza, quanto piuttosto per un abnorme assunzione di lavoro, per un eccesso di obblighi, sotto la cui mole doverosa aveva schiacciato se stesso, il suo vero essere, ogni sua possibilità di tentare di trovare il tempo e il modo che la sua vita potesse essere altrimenti, che la sua esistenza non fosse lo sopreco d' ogni sua possibilità di realizzazione autentica.

E con la ricerca di una affermazione, di una attuazione del proprio talento espressivo, / Farlo versatile alla musica e al canto?/, era venuta meno anche ogni altra iniziativa, ogni ricerca di divertimento e di svago, aveva perso anche il ricordo dell' aspirazione a godersi la vita, l' idea di potere uscire per andarsene via, in qualche altrove che non fossero le stesse vie e gli stessi interni di quel vuoto stillicidio di giorni.

E quanto più cedeva, quanto più gli altri, gli stessi suoi cari, si era accorto che avevano preso anzichè a soccorrerlo sempre più ad abbandonarlo, come se fosse per loro privo di interesse perchè sempre meno era loro giovevole, la madre e le sorelle insistendo sempre di meno che si facesse vivo con loro, mancando oramai del tutto di andarlo a trovare, ma come lamentandosi, aspramente con lui, se nelle principali ricorrenze festive e familiari mancava di andarle trovare.

E perchè, se non per sentirsi chiamato in causa per ascoltarne, interminabilmente, angustianti malanni e malevolenze e dispiaceri, e vederle accusarlo inespressamente di essere sempre il solito egocentrico, o ripetere che ognuno ha i suoi problemi, che vuoi, non c' è niente da fare, bisogna solo sopportare, non appena accennava a qualche suo malanimo o malo stato economico.

Eppure, in quelle poche ore, come allora tornava ad amarle, a sentirne l' affetto, come gli erano vive e care nelle loro cure quotidiane e nei loro immancabili risentimenti e rancori, contro la vicina o le ristoratrici presso le quali lavoravano in nero, per sentirle poi mancare al suo affetto, non essere più niente, come le lasciava e il vuoto della sua vita e l'asfissia sociale, tornava ad essere il suo ambito dintorno.

Allora in lui insorgevano ogni giorno propositi di morte, tornava a chiedersi perchè valesse ancora la scelta di non farlo, di seguitare a restare, deprecando che non lo facesse solo perchè gli mancava la forza di andarsene via, quando bastava affondare una lametta, inoltrare il capo.

E si appellava all' idea di sua madre, di come ne sarebbe stato tremendo lo strazio, ma sentiva che non era l'evocarlo, che nessun richiamo a come avrebbe funestato i pochi anni che le restavano da vivere, potevano più niente sui suoi propositi, anzi, li lancinava più determinati, il senso rancoroso, di quanto l'avessero gettato nell' abbandono quanto più avrebbe avuto bisogno di essere trattenuto dalla loro comparsa frequentazione, avvertendo, quando la sua impotenza fallimentare, incapace di sopprimersi, bestemmiava ogni dio, che in quella bestemmia bestemmiava il ventre di sua madre che l'aveva generato, per averlo messo al modo così come era,  incapace di farsi valere per quanto era più di loro nel covile degli uomini.

Ah, quella sua maledetta incapacità di usare i metodi che funzionano, di sapersene servire per quanto gli altri in causa li distimava, di porsi sotto i piedi le leggi e giocare sporco e così incutere soggezione, dio, dio, perchè non era stato fatto com' erano già i suoi compagni di scuola, / i tanti suoi allievi che gli avevano rubato la vita e la socialità, che già sapevano così naturalmente mentire e ingannarlo, e farsene beffe, con il candore offeso con il quale si protestavano innocenti nel mentre la facevano sotto il naso alla sua sprovveduta canizie, incapace di frontegguarli perchè nemmeno le era immaginabile si potesse attuare od assumere tale naturale spudoratezza...    

....Ah, come già sapevano prendersi gioco e giocare con tutto, di me che hanno saputo fare ( generazioni dopo generazioni di immutabili studenti), come anche oggi quella feccia molesta, si era invelenito al rientro, che quando ho pregato la smettessero, che dobbiamo fare, dobbiamo rinunciare ad avere una faccia, lo avevano deriso di folleggiare nella sua senilità, dopo che li aveva sorpresi a farsene beffe, per come si era intenerito a fischiettare dietro a due uccellini. E nella gravosità di quell' ora morta, nel sentirsi così tremendamente solo e vilipeso e vergognoso a se stesso, era tornato a bestemmiare dio, a maledire ilgiorno e il grembo di sua madre.

Perchè ho avuto una vita? Se non hoi neanche avuto l'esistenza sessuale di un uomo?

Ma l' uccellino allora aveva levato un cinguettio di richiamo, era volato sul trespolino più alto, quietandovisi bello come non mai.

Oltre i vetri, nel freddo di novenbre,

il chiarore lattiginoso lunare.

E nel sentire di amarlo in un trasporto di tutto il suo essere, in un appagamento quale non poteva dargli nessuna creatura umana, senza che nulla del suo essere amato potesse farlo soffrire od indurlo anche alla minima avversione, che gli bastava la sua sola presenza,il suo stato naturale di grazia per non chiedere altro," dio mio, dio, si era prostrato in lacrime,se tu esisti perdonami di averti bestemmiato, perchè questo mio uccellino mi basta eed avanza per tutto quanto ho sofferto, l' amarlo è valso ogni lacrima e torto che ho sofferto, se ti ho bestemmiato perdonami se puoi, ero accecato, ti ho insultato perchè sono stato insultato tanto, so,che anche così non ho scusanti, che ti resisto, che non so vedere che ciò che gli altri hanno avuto e in cui sono fallito,  che cio che non sono riusvcito ad essere, ad avere, ma tu, ora che ho visto, non punirmi, no, come io temo, nel solo modo in cui posso ancora essere punito, lasciami infine, lasciami al mio amato uccellino, ora che ho compreso che vale ogni oro e tesoro del mondo, ogni amplesso e conforto di figli..., lascialo vivere finchè io muioa".

Lui, l' uccellino, che accorre ora al posatoio ch' è più prossimo ala poltrona dov' è seduto.

" Che gli importa, al mio caro, che sia un vero uomo, o un essere fallito, che ne è per lui di questo, oh, lui ignora discriminazioni, lui non mi irride , nè di me si fa beffe,

per lui già valgo per quanto e in quanto ci sono, mi strilla contro solo per paura, per farmi sentire che sta bene e sentirsi bene con me, gli basta che gli sia intorno e a distanza di sicurezza, che non gli faccia mancare quanto gli è indispensabile,.. Con lui di che devo vergognarmi e sentirmi manchevole, sono già tutto ciò che è possibile ch'io sia per lui, ho già tutto vicino al mio piccolo..."            

 

non ancora revisionato 12/13/97          

 

 

Ieri, e oggi

 

24 novembre 96

 

Ieri ero sconvolto per il loro nuovo affronto, a che mi fossi lasciato travolgere dal furore impotente, come hanno concertato di farsi beffe di che venivo dicendo e facendo, quando io mi ero preoccupato assiduamente ed ero già contento di avere trovato il modo che fossero per loro quantomai proficue quelle ore di recupero, e non potessero affatto lamentarsi che li avevo obbligati a venire invano, accanendosi invece nel provocarmi senza ritegno,  particolarmente coloro che fatti quali erano "a immagine e somiglianza di dio", inferocivo anche stamane, che lo facevano per rivalsa del fatto che li ho castigati nel voto per avere copiato, al fine di screditarmi e usurarmi nei nervi.

Intendevano forse così profittare della mia messa in stato di crisi, per poi addebitarmi una scarsa preparazione della classe nelle mie materie, ed al cospetto dei colleghi e della commissione, per questo uscirne "assolti" e "maturi" senza altrimenti darsi da fare.

Poi, tutt'oggi pomeriggio, trasponendo la mia amarezza ed il mio sconforto nel personaggio del pensionato Giovanni, sono pervenuto con lui alle lacrime di gratitudine a un Dio a cui ancora resisto, per avere compreso, alla luce della parabola evangelica dei talenti che ho riascoltato stamane, (in " Tempo dello spirito"), che posso sollevarmi nel mio sconforto oltre ques'ennesimo patimento, e oltrepassare umiliazione e disperazione e volontà di morte, se meditoa, come meditava Giovanni, alla grazia che Dio o la vita mi ha reso a risarcimento di ogni afflizione e lacrima, dell' amore puro di avversione o acredine alcuna che nutro per i miei uccellini, che mi bastano assolutamente, e mi felicitano, soltanto per ciò che sono e in ciò che sono di naturalmente vivo, e che delle cure e di ogni sollecitudine che a loro riservo, mi appagano per il solo fatto di essere in salute gli uccellini che beatamente sono,  senza che nulla senta di chiedere loro, e che nulla d' altro essi abbiano a chiedermi, quando altrimenti mi gridano, che di alimentarli ed accudirli come già faccio, a distanza di debita sicurezza dal loro mondo in gabbia.

Entrambi che con me tranquillamente coesistono, gridavo ieri da solo con loro in un trasporto amoroso, ad essi proteso ad essi nelle lacrime del colpo infertomi," senza discriminarmi o beffarsi di me, i miei piccolini, nulla di nulla essendoci ,nel loro capino, di pregiudizi e derisioni ed insulti od offese, di torti od oltraggi sessisti, cari, cari,...-  l' uno che mi chiede che solo l' ignori, che lo lasci a se stesso e agli uccellini oltre i vetri nel volo e nel canto, l'altro, di me incuriosito, Bibò, che solo il suo ancestrale timore trattiene ancora dal confidare trattenuto ancora dal confidare dal suo ancestrale timore, come vorrebbe nei miei riguardi- entrambi che a sera tuttora gorgheggiano in una ripresa estrema di canto, al suono del violino nel Concerto numero quattro opera 9 di Albinoni.          

 

revisionato. 13/12/97

 

 

Su di me, invece

 

Tant' è la disperazione da me commutata in avversione di ogni rapporto umano, che lo stare con i miei due uccellini è divenuto il mio solo tragico bene, che quanto mi dà da conforto, e mi incanta, nella loro innocenza e bellezza di esserini di neanche venti grammi di carni e di piume, altrettanto mi è insostenibile scandalo perderne la vita adorata, il dover poter sopravvivere alla fine del loro incanto di naturale grazia, in un mondo umano o di divina salvezza, negata a quei piccoli, ove non vedo che prospettive di abuso e di rapina, che il misconoscimento e il ridicolo e l' affronto del torto.

Altro, che consolazione umana, che trarre conforto nell' elevamento a superiori scopi, in ideali di perfezione di cui solo la loro genia animale istantaneamente armoniosa è il naturale compimento, non già una mente umana ch' è memoria volatile di tutto, decadenza di ogni affetto e palpitante sentire, quando non sia più che l' avvertenza che insanabile è il torto e inestinguibile l' odio.

Nella morsa che mi sostenta, così permanere fra chi mi necessita è l' uscire di nuovo a porgere cordialità di saluti a chi fra chi inesorabilmente disprezzo e inesorabilmente mi disprezza a sua volta, per parte mia disprezzando l' altro perchè non è per me che un individuo comune, disprezzandomi l' altro perchè io nemmeno lo sono, un uomo, io che per loro non ho che povertà di reddito e incapacità di uso di mezzi, nessuno statuto virile che possa da esibire.

In tale stato di relatività sociale assoluta, di fallimentarità incombente, quanto più presumo che potrei invece levarmi come un artista al di sopra degli altri, al vedermi talmente inetto a rifarmi una vita, a non soccombere, a non essere che un insegnante oberato dai compiti che gratuitaamente si assume, tanto più son' io che per primo manco di considerazione nei miei confronti, e che  contro me stesso mi accanisco, obbligandomi ancor più ad una feccia di vita quale professore risibile, ancor più ad espormi ad ogni mio superiore e sottoposto, per eccesso di gentilezza gratuita, per timore umano, lo zelo del mio scrupolo, accanito, ossessivamente irretito dai più sordidi di loro, nel perseguire la cui nullità ancor più incrudelisco e mortifico il mio stato, senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere.

Qualora i miei uccellini avessi sventuratamente in vita a perderli, quale dunque bella consolazione, che conforto, mi sarebbe la compagnia di chi inesorabilmente si disistima e ci disistima, e cui eppure si è succubi, spregiandosi, per un  senso di inferiorità per la propria sessualità e individualità  sociale, di identica per la propria inerente inettitudine pratica nell' uso pratico dei mezzi e nel farsi valere , cui nessuna consapevolezza delle proprie attitudini artistiche o della propria dignità sensibile può porre rimedio, intenti fra gli altri a dovere sempre controllarsi ed essere attenti, a stare in guardia, perchè ogni tuo lasciarti andare può essere la debolezza che ti è fatale, nella sola vita sociale e di relazioni in cui sai entrare, tutto di te che ogni giorno vi è in gioco,, il meglio di te stesso ciò che più ti arrischia, appunto quant' è la tua sensibilità e gentilezza nel sottoporli, il dubitare nella legittimità del giudizio e dell' autorità che eserciti quando ti si inganna sotto gli occhi, eppure atteggiandosi a vittime offese del tuo procedere ... .

e loro, i miei cari, i familiari, che seguitano a disertarmi come un incomodo, loro che non vogliono saperne che di parlarmi dei loro di mali,...io non avessi mai risposto, a chi mi ha richiamato come amico, come di me innamorato, per essermi soltanto il ladro di tutto, ... nello sterminio generale, all' adiaccio di affetti, confortandomi la sola memoria per perduta, e disillusa che sia, di chi è rimasto l' impossibilità passata, e presente e futura, di essere più che un vagheggiato e assente in vita e morte fair friend.

Per cui tu ritorna, vita mia la mia vita, al cerchio concluso della sua immagine che ti mi sorride in stanza e dei tuoi canarini in gabbia, che oltre l' aperto c'è solo la morte.

" Ricordandoti di nuovo, Oh, mon cher ami, toujours à moi cher, mio caro amico sempre a me caro, - scrivendogli ancora,- je te prie, est- ce-que tu peux m' envoyer quelque image de toi? ne crains pas, je sais bien que je ne peux aspirer que à ça, pour ne vivre que de ton beau souvenir et de mes canaris, mes malinois  comme toi! C' est la veritè, c'est tout, mon ami, mon inoubliable... "

 

citare La Rochefoucauld,

sulla distanza che nobilita le passioni che le sopravvivono, mentre la vicinanza le immediocrisce tutte.

 

da revisionare

 

I testi successivi sono stati fugacemente revisionati verso il 13 dicembre 1997.                                    

 

 

Ritorna, vita mia

 

Ritorna in stanza, vita mia,

al cerchio intorno concluso alla della sua immagine,

a farti la memoria di ciò che non è stato

il futuro che non è che unione inconcepibile,

a quanto, con lui d' inconsumato,

 (che) l'artiglio per questo non adunca,

non t' insanguina nel fango,

l' unghia non potendolo raggiungere, eretto cadavere,

in un tuo santuario di devozione e lacrime,

di invii di appelli senza che mai più risponda

senza mai più risposte...

 

 

                                  24.11.96

 

                                  12-13- 12.97

 

 

Contrasti 

 

 

Ed oggi, ch'era di domenica il primo giorno freddo di novembre, sul far del pomeriggio se ne stavano i due mie canarini confortevolmente in gabbia, tra lo sciupio sottostante delle spighe di panico, della tanta semente ch' era ricaduta o traboccata di fuori, intanto che oltre i vetri, al sole algido, il Terzo mondo che appresso cercava fortuna, erano i passerottini che a cinque , a sei, di spola tra la ringhiera e il piano del balcone si alternavano nel becchettio dei semi che per loro avevo sparsi, erano un Terzo mondo che appresso cercava fortuna, famelici e fuggitivi come dall' interno facendo rumore approssimavo la sagoma. 

 

24 novembre 96

 

 

Spunti di racconti realistici

 

 

Matroneo

 

Nelle nostre sinagoghe, seguita il suo dire, le donne stanno separate dagli uomini nel matroneo, così si chiama , ch'è oltre la grata lo spazio a loro riservato che vedete su in alto, se vi volgete alle vostre spalle verso l' ingresso.

Il perchè sarebbe che nelle loro attrattive distrarrebbero gli uomini durante la preghiera, data anche la loro irrinunciabile vezzosità civettuola...

Ma, e il tono di lei si volge a un discorso che ritiene più serio, al di la di questo è in ogni modo spontaneo, che nel corso dei riti gli uomini si dispongano con gli uomini e le donne con le donne,..."

Al che lui si guarda intorno e vede, che in effetti, tutti i suoi studenti maschi hanno finito per disporsi sul lato sinistro, e le ragazze e la professoressa della classe ch' è sopraggiunta e la sua collega sul lato destro, ove lui soltanto sfalsa la disposizione, e si sgomenta, sotto un velato sorriso, che tanto più, per questo, effettivamente è così come lei dice, e lui è stato dal loro dio riunito e rivelato al suo sesso reale...

Per chi sappia intendere e credere ai segni, si rassicura, nel vederli come non sanno credere a ciò che pur sanno, ai cenni in cui sembrano alludere a lui.

Avrebbe forse potuto, ora avverte, in presenza di altre donne non  distanziarsi da loro, accomunarvisi in quella ferinità d' istinti, rumorosa e acre, che non si interroga e si trova naturalmente lecita?

E il suo discorso volge alla mancanza ebraica di un  culto dei morti, a Mosè che non fu perdonato, che per avere rotto le tavole, per l' omicidio commesso,  non giunse nella terra promessa...

E' un  tale inflessibile dio che mi manca , si dice, nell' essere lo stesso in colpa e in debito con gli altri, benchè avverta chiunque un inferiore...

Intanto lei dice ch'è verso noi stessi, rima ancora che verso gli altri, che non dobbiamo mancare di riguardo...

Sente che così lei nomina dopo che la sua natura il suo peccato, il suo deficit nel rapporto con gli altri, ai quali tanto più si sottopone, dai quali tanto più è intimidito, quanto più dispera di non avere solo a difendersene e soccombere...         

 

 

Coinquilini

 

Come il sabato precedente, alla stessa ora di notte,...

Quando scende ritrova alcuni dei condomini in fondo alla scala, accorsi all' odore di fumo e di bruciato...

Degli estranei hanno di nuovo  dato fuoco ai cartoni e alle barre di legno che riparano l'interno degli sgabuzzini, forse è stato qualcuno che è qualche conoscente di nuovi inquilini,  salito al seguito di qualche condomino..., si sospetta di un tizio cui è stato aperto, di coloro che vengono introdotti dai due giovani sposi che alloggiano sopra di lui/me, e che si sospetta spaccino droga,- una signora ha anche raccolta una lista di carta che avrebbe contenuto una lista di destinatari, peccato che non l'abbia conservata, e ch'io, quando me ne chiede conferma, non le dica che sento tutto il chiasso che fanno...

Ciò che avverto tra noi, intensificato dalla intensità degli odori dei corpi nell' umidore della pioggia, che scende di fuori e bagna chi rientra,  è piuttosto l' orrore che abbiamo l'uno dell' altro e che ci accomuna e ci trattiene lì sulle scale, impegnati a non perdere la faccia di fronte a chi ci incute il timore di farsi nei nostri riguardi malevolo, mefitico, ad esserne all' altezza della preoccupazione e delle assunzioni di responsabilità che da noi si attendono, in attesa che sopraggiungano i carabinieri cui si è telefonato.

Tra loro mi sento, incapace di sciogliermi, di non essere nemmeno riguardato come un uomo, non essendomi nemmeno rivolto il riconoscimento di uno sguardo.

Loro intanto mettono in atto l' ostentazione, in plateale dialetto,  di un darsi da fare inquisitivo, giustizialista, per non sfigurare l' uno al cospetto degli altri che pure ci ripugnano, nella cura comune del patrimonio condominiale, il condomino in tuta che dice di poterlo rinoscere colui al quale ha aperto, se lo ritrova, e che solo attende di rivederlo, per poterglieli tagliare davanti...

Anche l' anziano pensionato glieli leverebbe, fosse un attrezzo all' occorrenza la pila che agita...

E la donna ch' è al primo piano discende in vestaglia, per dire che sta seguendo dalle finestre l' uomo che rimane da tempo appostato davanti, sospetto, come se dovesse reggere il pilastro del porticato...

Finchè non arrivano due agenti di polizia, per gli accertamenti e le raccomandazioni di riti...

Che facciamo la denuncia, pur in assenza di indizi probatori,

e si congedano, richiamati al cellulare, augurandoci che non ci succeda niente di grave, che ci capiti piuttosto di legarli e bruciarli noi, i responsabili...

Finchè rientriamo ognuno lungo le scale nei nostri appartamenti.

Dopo avere mostrato chi si può diventare, che si è in grado di fare, per salvare il patrimonio condominiale.     

 

 

Riflessioni

 

Come l' era elettronica abbia resa sempre più violabile, e violentabile, un' intimità che ha precluso ai più di capire.

 

Recuperare la forza della scrittura, come superiore a quella più transuente di ogni potere.   

 

 

Per farne materia

 

Per farne materia dellla storia del pensionato Giovanni e del suo uccellino, ritorno sgradevolmente sui miei fatti scolastici- e perchè non fare di Giovanni un professore...-, a quando lunedì, tant' era il senso di una colpa e la mancanza commessa che mi gravava di dentro, per il fatto che mi sarei recato in classe senza potere presentare i compiti corretti, che mi sentivo mancare il passo ed il respiro, come se lo spazio e l'aria d'intorno mi fossero d' attrito colposo.

E in colpa di che per che cosa? se non per essermi concesso la domenica di leggere e e di scrivere per conto mio, e di respirare finalmente l' aria che mi è vitale, nel riaddentrarmi in Celan e Seamous Heaney, e tentare ancora di parlare, anch'io, dopo che vi  pure tutto il sabato pomeriggio avevo atteso a correggerne delle prove, sino a tardare a pochi minuti prima delle sette di sera la consegna in biblioteca del libro di O. Sachs che avevo trattenuto oltre il termine, e per riprendere quella fatica la domenica sera sin oltre l' una di notte, *costretto a sottoporre a dei riscontri incrociati anche quegli  ultimi testi di quella dannata verifica che mi erano rimasti da correggere, a dannarmi l'anima per disbrogliare chi di loro avesse copiato e chi dato da copiare,

E di quella prova, insieme a quella del Compito in classe di Italiano, dovevo anticipare la correzione prima di quella della verifica Storia, che avrei potuto altrimenti ultimare di correggere agevolmente durante quel sabato e domenica, e consegnare a loro quella stessa mattina, quando Storia era in programma, ma che avevo dovuto lasciare indietro, ritardando ogni consegna, poichè in quel loro mare magnum di sotterfugi e di imbrogli, che avevano intorbidato messo in atto ancor più sistematicamente durante la prova di Storia, era solo quanto ero riuscito a districare e ad accertare e sancire in quelle di Italiano, che mi consentiva di metterli di fronte ineludibilmente al fatto compiuto, e ad un quadro generale veridico e impietoso dello stato della classe.

Non avessi ceduto al sonno, dopo essermi preparato per la lezione di Storia, sugli anni del riflusso, tra le due e le tre di notte, ed avessi dato ascolto alla mia ossessione assillante, avrei passato tutta la notte a correggere quei compiti di Storia, pur di non trovarmi la mattina seguente senza nulla da consegnare alla loro tacita insistenza. Ed invece eccomi lì, ancora di fronte allo specchio quando manca appena un quarto alle otto , che per recuperare quel poco sonno di quella notte, mi sentivo che stavo accumulanmdo il solito colpevole ritardo per la scuola, ove sarei arrivato sfigurandovi anche per questo in affanno, entrando in classe affannato e in stato di adeguatezza, come chi si sente crollare ansimante per quanto si fa compatire, 

senza scuse ed attenuanti di sorta da esibire poi a loro, al cospetto dei quali avrei dovuto avviare la lezione nel tacito dileggio indispettito del loro silenzio, senza sentire di poterli nemmeno più richiamare, se si consentivano di arrivare sgranati con minuti e minuti di ritardo,- mentre il sudore che colava alla fronte, anche le parole, sotto il peso del fardello dell' angoscia e dell' ansia, che tardavano a venire, che si facevano pesanti, opache, difficili, di fronte ai nodi complessi delle questioni che si facevano sempre più ardue da fronteggiare, di cui non ti consentivi nonostante tutto di evitare le semplificazioni facili, - il mito del continuo sviluppo di riformismo e sinistre rivoluzionarie,  la fine della centralità operaia per effetto della rivoluzione elettronica,- e i disinteressati che alzano la voce,, ti disturbano, gli altri che ti sfiduciano col restare passivi, il chiudere il libro, ...

Finchè non ho reagito, ho interrotto di parlare, ne ho poi convocato uno dei rappresentati, perchè se si erano così comportati in quanto non mi ritenevano all' altezza del compito, mi sfiduciassero piuttosto presso il Preside, altrimenti...

Seguitando a boccheggiare e bestemmiare e a parlare tra di me in sala insegnanti, sgomento di come a nulla servisse per quanto anche rendermi conto, vedere con chi avevo a che fare, che se ne facessero del mio impegno i miei "studenti", non mi servisse, per niente, minimamente, a evitare di essere in balia di un senso di obbligazione smisurata, senza remissione di sorta, -di un bisogno di sgravarmi di ciò di cui mi sento in debito comunque verso di loro, che mi rendeva (e mi rende) colpevole ogni attività  che compio per me stesso, la quale/che non sia indispensabile, se per essa differisco il mio compito scolastico.

Ed è tale assillo che mi riprospetta ogniqualvolta, ad ostruirmi, quale il masso di Sisifo dei lavori ulteriori che ho assegnato alle classi e che poi si danno per me da correggere, se intendo ritrovarmi finalmente con i miei familiari, andare a vedere un film o una mostra.

Distogliendomi da ogni attività ricreativa o compositiva, quale che esso sia, senza possibilità alcuna di condiscendenza ad alcun principio implorante, al punto che neanche un prete, che pur abbia fede, si sacrifica quanto io sacrifico di me stesso agli oneri scolastici, quanto più me ne scema ogni vocazione al mestiere di insegnante, io che nemmeno più penso ad uscire, ad andare via, nemmeno più so concepire che significhi tentare di vivere, di godermi ancora , cercare di avere ancora incontri o rapporti, talmente mi schianta e mi fa inorridire il solo modo della quale che solo a se stesso mi riduce e mortifica e confina, incredulo di potere incontrare chi possa emendare il genere umano dall' orrore e lo schifo in cui mi getta verso ogni eventualità di rapporto, di coesistenza con altri, tutto quello che devo patire o a cui devo assistere nel mio calvario in cattedra, di fronte al piccolo porco o alla sfrontata canaglia in cui già c' è tutto l'uomo sociale, che seguita a tormentare l' indifeso...

Anche ieri l'altro, uno di loro, della sua vittima aveva appena insudiciato l' abito con la pallottola di carta ove ha rappreso il chevingum che aveva a lungo masticato, ed aveva poi già tutta l'abilità di mentire sdegnato ed offeso, di fronte alle evidenze innegabili che eppure non bastano, o tranquillamente ti disturba se spieghi e si assenta se fissi la prova, o si da da fare solo per copiare lo svolgimento dei compiti, talmente si sente capace di eludermi, di mettermi in scacco, insieme con gli altri egli che e già pensa di profittare della mia messa in stato di crisi per addebitarmi la scarsa preparazione della classe nelle mie materie, ed uscirne "assolto" e "maturo" senza altrimenti darsi da fare.                      

 

 

Nota critica generale

 

Al Signor Preside dell' Itis E. Fermi di Mantova

 

Il sottoscritto, O. Bergamaschi, quale insegnante di Italiano e Storia nella VAET, a seguito dell' atteggiamento prevalentemente espresso nei miei riguardi dalla generalità della classe, visto, per ciò che ho appurato, che rifarmi al Consiglio di Classe sarebbe un penoso passaggio a vuoto, ritiene ineludibile che i rappresentanti di codesti miei allievi debbano chiarirLe, quantomai prima, se è dalla scarsa mia rispettabilità di persona, e di insegnante, che deriva il fatto che nemmeno quando sono venuto regolarmente a scuola pur essendo afflitto da una otite cronica che era una autentica e patente forma di encefalopatia, certuni di loro hanno avuto il minimo riguardo nei miei confronti, mentre ciononostante in quella occorrenza ho pur seguitato a spiegare, e se è da disistima e sfiducia nella mia capacità di essere all' altezza del compito che Lei mi ha affidato in tale classe, che deriva altresì che anche coloro che dovrebbero essere interessati a che li prepari al meglio per le prove d'esame, non hanno fatto nulla di nulla per contrastare che nel configurarsi dell' atteggiamento della classe verso il sottoscritto, caratterizzato, tale atteggiamento, da apatia, disinteresse, clamore ricorrente di disturbo, irrisione provocatoria e beffarda, mancanza di qualsiasi dialogo o confronto anche sulle cose da fare- assumessero la preminenza i più nullafacenti fra di loro, come più di ogni altro sfrontatamente Ghidini Daniele, o chi se non è più prepotente del precedente, vi ristà più ancora vittimistico nella sua trufferia, vedi il caso di Luca Brusini, auspicando che almeno a Lei confidino se è perchè mi dimostro senza discernimento od avvedutezza professionale, che sempre certuni fra i presunti ottimi, e migliori della classe, ( Cavicchioli, Feboli, Maioli)  con ogni sorta di suggerimento e copiatura hanno aiutato vanamente i suddetti a tentare di guadagnare la riva nelle verifiche scritte, che sono diventate il mare magnum di una frode e di di una elusione organizzata di ogni accertamento necessario, con tutto il lavoro di sbroglio degli inganni e dei sotterfugi che ne consegue ancora inevaso per il sottoscritto, allo sfarsi di ogni resto di festività, o di giorni di riposo, nella gravosità per me talmente mortificante della mia attività di insegnante.

  

Mantova, li 18 novembre 1996             O. Bergamaschi

 

Una copia di questa Nota, espunta dei riferimenti al Consiglio di classe, od ai colleghi, sarà da me consegnata a un loro rappresentante, ed un' altra verrà allegata alla presentazione della classe in sede di esami, onde così sventare l'eventuale intento, di qualcuno fra loro, di profittare della mia messa in stato di crisi per addebitarmi la scarsa preparazione della classe nelle mie materie, ed uscirne "assolto" e "maturo" senza altrimenti darsi da fare.

 

 

Giovanni

 

I suoi rapporti si erano oramai pressocchè ridotti a quelli di puro riguardo pura cortesia con la lattaia e l' erbivendola, con la commessa del minimarket ed il barista, nel cui esercizio poteva confidare nel loro interesse, essere certo che avrebbero ricambiato ogni volta la cortesia con la cortesia, e che a differenza d'altri avrebbero omesso di ridere con lui, sicchè per essi loro, com' era nel loro interesse,  sarebbe stato indefettibilmente il Signor Giovanni ogni volta che si fosse a loro rivolto, al quale come ad ogni cliente corretto non si sarebbe mancato per parte loro di alcun riguardo, almeno finché non fosse staro oltre la soglia d' ingresso del loro negozio.

 

( Come insegnante) / Durante gli anni di scuola/ gli uomini gli era bastato conoscerli nel loro ingrandire, per riconfermarsi che frequentandoli, come gli avveniva sempre con le sue classi, non avrebbe potuto sfuggire a chi o a quanti non sanno che prendersi gioco degli altri e profittarsene, si sarebbero presi gioco di lui,  consentendosi allora con lui, o con altri al suo inerme cospetto, la più fredda e divertita ed impunita ferocia.

La frequentazione degli uomini, si era persuaso, anzichè consentirgli agi o vantaggi, soddisfazioni o godimento, non avrebbe che dato modo o questo o quell' altro di loro, prima o poi, di profittare senza tregua o remissione della sua incapacità di prevederne l' inganno, ingenuità sua o di chi come lui, come è nella ingenuità di chi non sa prevedere la menzogna perchè è incapace di mentire, di ridurre al danno e al  ridicolo chi è più ancora smaliziato ingenuo od inerme.

Ogni anno volti nuovi, con i vecchi, chi tra di loro si rivelava già una carogna canaglia provetta, che bastava appena avesse un seguito, e in lui avvertisse l'inerzia, lo schock sgomento, prima ancora che la reazione stranita in ritardo di fronte a un affronto, per rendergli una disperazione  lo stare in classe/l' insegnamento/, in cui finiva prima o poi nel mirino diretto di quel suo sottoposto...

 

 

Per racconti fantastici

 

 

Lungo le vie del centro

 

E'prima un tipo dalle guance incipriate, in tricorno e farsetto, che entra nel palazzo del centro con una giravolta scherzosa.

Poi nel centro urbano ad apparirgli sono due dame galanti, senza la cappa, lo scollo velato a ripararle dal tepido fresco.

La gente sembra neanche considerarli non  li considera per niente, indaffarata, al punto che diresti nemmeno li veda non sembra nemmeno vederli, nel traffico e nel viavai della sera in cui è uscito per rianimarsi.

Sul giornale ha letto di un film storico in costume che si sta girando in città, e vuoi come comparse di un cast, vuoi per una festa da ballo rievocativa, non è raro vedere figuranti in costume nella sua città d'arte, uno dei massimi centri dell' età rinascimentale.

Ma ancora a quell' ora, quando sono già le sette di sera passate...

E poi nel fare rientro a casa, vede altre due dame in abiti sfarzosi, una coppia successiva, che si interna in un palazzo storico più periferico.

Vorrebbe chiedere all' una o all' altra di loro di che si tratti, che sia, ma volge alle due a loro solo uno sguardo furtivo, perchè non se ne avvedano, timoroso di apparire quantomai un provinciale nella sua curiosità.

Quasi che fossero chissà che cosa di strabiliante, o che il chiedere loro una ragione dei loro abiti in costume, fosse altrettanto disdicevole che chiedere a un ambulante maghrebino che ci stia sia a fare nella sua città, o che ci venga a vedere a un nipponico o a un germanico.

Anche gli altri passanti, suppone, per le stesse ragioni si atteggiano senza farsi caso, come se nemmeno li vedessero, sembra che nemmeno li evitino, ai i personaggi in costume, che sopraggiungano alle loro spalle o procedano alla loro altezza sull' altro lato della strada.

Ma lui non riesce a trattenersi, e alla fin fine si arresta davanti al palazzo in cui svoltano, per chiedere a una di quelle donne in costume di quale ricevimento mai si tratti.

" Vossignoria che intende mai di grazia, con l' usanza di quel termine, -lei gli replica- col parlarmi come fa di " ricevimento"? Ne sai tu alcunchè Adamante?"

Ma si prendono così gioco di lui nel recitare lì in strada la farsa?

" Mi scusino, mi scusino, tolgo il disturbo alle vostre illustri persone di comparse in  lustrini".

E' rabbioso, se ne va via senza volerne sapere oltre.

Ma non riesce a non volgere indietro lo sguardo, tanto lo sconcerta l' impressione, appena compostasi, dello stupore che alla sua replica, sul loro volto, ha visto imprimersi ancora più sorpreso stupefatto.

Era E' un vero, vivo sconcerto, quando si sarrebbe atteso che le due donne in costume di dama ridacchiassero d' intesa.

E non vede più nulla di loro, oltre la soglia quando si gira

di nuovo, nessuno nell' androne di ingresso, nel cortile, come si addentra, le rampe di scale vuote,  gremite solo delle luci che via via si spengono, nelle sale divenute degli uffici vuoti di  vuote agenzie.

Che...? Ma non può essere, si dice, quando più nessun suono sente uscirne, mentre stravolto deve evitare che lo investa, in bicicletta, il muso dell' automobile ch' è sporto da una via laterale, fare quindi attenzione all' incrocio, nel segnalare a chi sopraggiunga alle spalle che svolta a sinistra.

Un disguido nei tempi..., sì, come se non bastassero i disguidi quelli presenti, ... no, ( no), come se con tanti che ne succedono, non potesse darsi, chi lo sa come, anche l' interferenza del passato nel presente ch' è in linea...

        

 

 

Vertigo

 

 

Di ritorno

 

Riapre la porta di casa,  con i nuovi acquisti dentro le borse e sporte con le quali è di ritorno dall' ospedale, del disco di Cori della tradizione russa per il Natale, (e) dell' ultimo numero della rivista letteraria fresca di stampa, intimamente certo, se indugia ad entrare,  che li ritroverà vivi e vegeti i suoi uccellini, i quali appena si sporge, e li saluta, è come si scrollassero da una lunga letargia vegetativa, e quando risolleva le persiane della porta finestra, e socchiude le ante di questa a un filo d'aria fresca nell' aria stagnante, ad un freddo sole di dicembre nella penombra calata sui loro giorni, si liberano ad un canto di gioia ininterrotto, prima ancora che lui abbia riavviato sul lettore l' ascolto dell' Oratorio di Natale di Bach, riaccolgono con tale il loro benvenuto salutare così' riaccogliendo il loro padrone di ritorno dalla degenza, così come, oltre i vetri, come già è riapparso in perlustrazione il passerotto sul davanzale, in rinnovata attesa che lui vi torni a diffondere la manna dei chicchi che ha imbandito loro fino al giovedì precedente, quando dopo essere stato di ritorno a casa per rivederli ancora, per essere ancora tra loro prima dell' incontro collegiale , la vertigine lo ha colto giù nel cortile, e il cielo si è fatto la terra, la terra il cielo, atterrato impedito a risollevarsi sgominato da una nausea rabbrividente e fredda, da in un ultimo pensiero a quei suoi piccoli, se l' ora fosse venuta della sua fine, talmente lo stato ch' era sopraggiunto gli pareva incompatibile con il suo vivere oltre, superiore allo sforzo del suo corpo di annetterlo senza uno schianto...

Ed ora, invece, quale gioia, che felicità inattesa, essere lì ancora con loro che si rianimano e cantano, come si scrollassero da una letargia in sua assenza, lì ancora come lui di nuovo esultanti e vivi, e al loro contrappunto sedersi in poltrona, all' ascolto di nuovo dell' arioso a due voci di Bach: " Jesu du/ mein liebstes leben/...Komm!/Ich will dich mit Lust/, mentre tra i condomini, nella luce fredda come una diaccia lamina celeste, le nubi irradiate dal sole sfilano remote oltre le quinta murarie dei condomini di fronte, veleggiano nel mare celeste di una profondità arcana,  hanno luminescenze e riflessi della sua immensa arcana felicità interiore.

Potesse non disperderla Non la disperdesse in fatti e cose già da riprendere, godendosi di non avere assilli, urgenze incombenti, la parità finalmente raggiunta con i suoi doveri scolastici, dopo che in ospedale ha oltraggiato gli occhi, e la condizione assegnatagli di riposo, nella correzione dei compiti che gli erano rimasti dentro la cartella che aveva con sè, quando quell' ultima volta era uscito di casa...

Ma che pace, che tranquillità ottenuta, là dentro,

prima di essere dimesso e dichiarato di nuovo abile e arruolato alla vita civile, di nuovo con doveri e infingimenti di simulazioni e cortesie di rito , senza neanche il pranzo da predisporsi tutt'oggi, per essersi attardato in ospedale, una volta dimesso, a consumarvi il pasto premeridiano di una scodella di pastasciutta e di un quarto di pollo arrosto con le zucchine...

 

 

Due angioletti

 

Due angioletti che non riescono a sortire dalla loro destinazione animale...

 

 

Prove

 

" E' di la che fa le prove da morto...."

domenica scorsa, quando sono andato a trovarli, a mia madre mi son trattenuto a stento dal dire questo di mio padre, dopo che l'avevo visto sdraiato supino sul letto, nella penombra della sua camera, allorchè vi sono entrato per dirgli i risultati in corso delle gare di campionato, ai quali si è mostrato disinteressato distaccato, indifferente, per il dolore addominale che accusava come un ulteriore sintomo letale.

Com' era Era ben meschino il risentimento che mi animava, per avere avvertito quanto come tutti loro quanti si erano dati da fare ed erano stati mobilitati ed erano entrati in apprensione per il suo stato di salute, di settancinquenne, pur se quando la sua la cui compromissione non si era rivelata nemmeno tale da determinarne il ricovero in ospedale, laddove io che ne ero da poco reduce, per telefono quando il giorno prima avevo corrisposto soddisfatto a una precedente sollecitazione  di mia madre, ritelefonandole, ero stato  avevo dato il destinatario motivo ero stato solo l'occasione di solo a di un suo larvato rimprovero per non averle telefonato appena come sono comunicato quando ero stato sono stato dimesso, il che avevo tralasciato omesso di fare appunto perchè ero già allora irritato che quando avevo detto loro di averne bisogno, tutti loro quanti si fossero dichiarati indisponibili a un sopraluogo nel mio appartamento  che avevo lasciato come si trovava quando ilmalevmi ha colto, ad assicurarviil bere e il mangiare dei miei uccellini, così come  mia sorella e il suo compagno quando ieri domenica sono sopraggiunto non si sono nemmeno attardati ad attendermi, presso i miei genitori dai quali si erano intrattenuti a desinare.

Perchè non mi liberano del loro legame affettivo, mi veniva fatto di chiedermi durante il ritorno, e con insistenza mi vogliono insieme per Natale, e insistono, per questo, comportandosi ancora come se mi amassero davvero più di tanto, quando ciò che al fondo sembra per davvero importare a loro, è di non soffrire e di non avere ad atterrirsi a causa mia.

Ed io ho un' esistenza troppo precaria, ho troppo bisogno ancora del loro aiuto, *per illusoria che sia la mia aspettativa di soccorso, *per poter essere davvero inesorabile e lasciare che venga in chiaro il rapporto tra noi.

Ecco così che per il Santo Natale sarò immancabilmente da loro, come mi chiedono, e farò voto di rinuncia e di miseria, sperando che la neve conforti oltre i vetri al di fuori i miei giorni trascorsi a scrivere nella sola compagnia dei miei uccellini, che ora che avrei le centinaia di migliaia di lire per andare via, nell' Est Europeo a Cracovia o a Varsavia, od a Bucarest, se non in Occidente a Londra o ad Amsterdam, sono l' impedimento cui ricorro per sentirmi comunque trattenuto ed obbligato ancorato al lavoro di pensiero e di scrittura alla lettura ed alla scrittura nelle mie stanze, persuadendomi che gli uccellini non potrei trasferirli presso i miei, quand' anche questi consentissero, per l' insidia che il traslocarli altrove, in questi giorni di freddo costituisce per la loro salute.

E la privazione continua, e il tempo passa, ed io seguito ad essere socialmente nient'altro che un professore frustrato, che si ripete per consolarsi trarne  consolazione, nel rinunciare anche alle vacanze cui si apprestano, per lo più in montagna fra le nevi, molti dei miei studenti con le loro famiglie, per riposarsi delle fatiche scolastiche quando dopo che non hanno per lo più nemmeno hanno ancora iniziato a studiare, per davvero, che non può aspirare a ciò che ambisce la massa che gode e si appaga, se pretende di divenire ciò che oramai, senza avere ancora edito nulla sulle soglie della vecchiaia incipiente, incapace di ulteriore dedizione ed di inventiva ulteriore letteraria e poetica, oramai è solo l' illusione abbacinante della mia perdizione senza più scampo, in virtù della quale soltanto tollero e sopporto,  tollera e sopporta, e nel disprezzo asfissiante mi sottopongo tiro tira avanti di nuovo.  

 

 

 

 

Il napoletano

 

 Ero/ era felice, al rientro dall' ospedale, nel freddo sole che di fuori lo accoglieva di fuori al suo rientro a casa, di una felicità che non era solo la contentezza di riappaesarsi in ogni cosa di ogni giorno, ma l' intima soddisfazione che perchè di quell' esperienza della degenza potesse serbare il deposito perchè era stato era stato capace di accettarla accoglierla, e non l'aveva solo patita disdegnata respinta solo patita, adattandosi sino dalle traversie del ricovero al confino nel l solo letto, alla vita di corsia, poi al viavai tra l' ospedale e la casa nei permessi di uscita, a quanto gli era possibile fare nell' ozio forzato, alla frequentazione continua delle persone con le quali doveva era obbligato a convivere e dividere il giorno e la notte.

"E ' come aver fatto ritorno alla vita di caserma", aveva detto *al primo rientro, nel padiglione, *all' uomo con il quale era stato ricoverato nella stessa stanza a due letti, un uomo alto e stempiato di lui più avanti negli anni, originario di Napoli, che era altrettanto rispettoso o disinteressato della sua vita privata quanto si era fatto intrusivo in ogni sua necessità di malato, incapace invece di tacergli alcunchè di sè, di *tacitare *ritenere con lui i propri umori contrari, talmente in breve lo aveva preso in fiducia e in  confidenza.

Aveva cominciato già come lo aveva visto riprendersi dalle vertigini, con il regolargli la luce e l' oscuramento della stanza, con il lasciargli perchè vi orinasse il proprio pappagallo, finendo già con l' imporgli il mattino seguente, come ogni mattino, le proprie esigenze di rinfrescare l' aria tenendo sempre aperto il finestrello superiore, per riversargli chiacchierata dopo chiacchierata, l' intero spaccato della propria vita e delle proprie fisime ed idiosincrasie; cui egli si era acclimatato senza infastidirsene, talmente, se vi si prestava, poteva leggervi una intera storia nazionale, ch' era il negativo speculare di quella ch' era stata ed era la sua esistenza nello stesso periodo*coeva (correlativa).

Non è che li separassero molti anni, quell' uomo gli aveva detto il secondo giorno di averne cinquantadue, sicchè solo otto erano gli anni che li dividevano, ma erano già l' abisso tra chi appariva e si sentiva un attempato anziano giovane giovane già anziano, e chi era un adulto già precocemente vecchio, nonostante il portamento eretto e la sicumera esteriore, di chi era ancora ciononostante un bell'uomo e n'era vanitoso.

Se n'era accorto per quanto si profumava la mattina, e per come come, appena lasciava il letto dopo la fleboclisi, s'aggirava in stanza e nelle corsie soltanto in vestaglia da camera.

E non aveva mancato fin dalla mattina seguente al suo ricovero, la prima volta ch'erano passati per le pulizie, di fare le sue osservazioni critiche su come era maltenuto quell' ospedale del Nord.

Aveva scostato per questo il comodino, al fine di per mostrargli la polverosità retrostante per terra.

" Eh, puliscono solo dove passa il vescovo...", i primari di divisione ch'erano poi sopraggiunti per gli accertamenti 

Solo il terzo giorno, la sera, l'aveva visto intento al suo cospetto in una necessità intima, quando si era reso conto che lo scroscio che seguitava a sentire non era, come non riusciva a capacitarsi che potesse fare, il suo orinare nel lavandino, ma il fiotto dell' acqua cui sottoponeva la dentiera per ripulirla.

Non si spiegava era riuscito ancora, i primi giorni, a spiegarsi l' ostinazione con la quale scrutava allo specchio l' estendersi dell' ematoma sopraccigliare, di esigua diffusione, che gli si era prodotto a seguito dello scontro d'auto in cui era stato non gravemente coinvolto, e come mai avvicinandoglisi insistesse a chiedergli quanto si notasse,  quando oramai il gonfiore era cessato, e il livido restava confinato tra le pieghe cutanee.

In realtà, come si sarebbe reso conto nel seguitare a parlargli, gli importava quanto ne avrebbe scapitato la sua figura dietro il banco del bar, particolarmente con le belle donne con le quali abitualmente si intrattiene.

" Eh, non se ne preoccupi, le da un' aria da pugile, da uomo vissuto..." come ne aveva inteso il carattere gli aveva risposto scherzoso in risposta si era messo a scherzare, certo che all'altro non sarebbe dispiaciuto il suo spirito.

Anche la cessione a lui del suo pappagallo, aveva corrisposto a un rifiuto del napoletano di esporsi in pubblico fisiologicamente, mentre a parole si esternava senza ritegno, riversava continuamente bestemmie senza riguardo di sorta.

E *con una bestemmia *con lui aveva attaccato con lui discorso, quando lo aveva visto intento già a leggere non appena si era ripreso, e gli aveva detto: " che cazzo, porco d., mi fanno solo schifo a me i libri..."

La ragione originaria, di tanta avversione, da lui l'avrebbe appresa la sera seguente, quando gli aveva raccontato che gli era successo con la più carogna e fetente delle professoresse degli Istituti di Napoli.

Dovendole scrivere in un tema di un periodo illustre della Storia d' Italia, giusto perchè su quello aveva delle idee da dire, senza alcun secondo intento, non aveva egli fatto l'apologia del Duce e del Fascismo?

E quella tre gli aveva dato per voto, seguitando a volergliene male, a non dargli più scampo, finchè un giorno l'aveva istigato al punto che le aveva scaraventato addosso un calamaio d' inchiostro...

Quindici i giorni di sospensione, l' anno perduto, per lui le scuole in cui per lui non tirava più aria... Così, a diciassette anni, aveva partecipato a un concorso nelle poste e l'aveva vinto, e da allora addio alla scuola e su e giù per l' Italia, a Siena in Calabria e a Torino, e nella sua città...

Ed era dai giovani d' oggi, dai suoi studenti, che aveva iniziato intratrapreso a parlargli ed a farsi conoscere fin dal primo giorno.

I giovani oggi non danno più valore allo studio perchè non assicura importanza rilevanza e denaro? E tu vali per quanto hai e puoi mostrare di avere? Se sei un genitore devi assicurargli l' automobile a disposizione come hanno ottenuto la patente?

" Io, quando ero a Torino, negli anni settanta, e chi parlava o pensava di uscire di sera? di andare in vacanza? Sempre e solo a casa si mangiava ogni giorno, e pressocchè sempre quello, il solito intingolo, o sempre la stessa insalata, prima che la televisione e poi a letto.

E la moglie e i figli che venivano e ci si dovevavo adattare pur essi adattavano.

I soldi erano quelli e ti dovevano bastare, senno sai che fatica rientrarci a farli quadrare di nuovo?

Poi l' allargamento delle condizioni di vita, un primo benessere, come era avvenuto anche per lui in quanto professore, a poco a poco, con gli elettrodomestici e la prima televisione a colori che avevano acquistato, quando negli anni Ottanta avevano cominciato entrambi a conoscere il primo agio materiale benessere quali dipendenti pubblici.

Ma negli Anni Novanta, quando quell' uomo si era messo in proprio ed aveva acquistato un bar lungo una via d'accesso nella loro città, che le loro sorti si erano divaricate a forbice.

" Solo che si cominci Ma se si comincia a metterli da parte i soldi, gli uni si aggiungono agli altri fino a farsi tanti fare una somma.

..."

Quando lui, il professore, aveva dovuto smettere di andare via in viaggi, di acquistarsi beni durevoli, per come si era risolta la crisi di un paese sull'orlo della bancarotta per la corruzione e il dispendio generale, immiserendo i salari e gli stipendi sino all' indigenza di quegli anni, l' altro era diventato un signore per essersi fatto barista con i risparmi messi da parte., come quanti dei suoi connazionali, che già avevano profittato ed avevano potuto seguitare a profittare.

" Ora la sera  non si ha voglia di stare a casa? Si va al ristorante, e si spendono due, trecentomila lire a testa, senza badarci".

Fattigli i conti, solo che uscisse con la moglie e i figli, il suo stipendio di un mese una sua mesata.

" Vado in città, vedo un cappotto in un negozio che mi piace? Entro e me lo prendo".

Anche se profittava di saldi e svendite, delle conoscenze che aveva, oltrechè di gestori di ristoranti, di possessori di boutiques che come lui fossero napoletani trasmigrati in quella loro città del Nord, per profittare di ogni occasione di vendita. Ma Lui comunque,  come ogni suo figlio, disponevano di una vettura a testa nel garage.

E di che vettura...          

Suo figlio, quello minore,l' aveva pretesa- ed avuta- già il giorno stesso in cui aveva superato l'esame ed ottenuta la patente.

" mio figlio, quello minore, l' ha pretesa il giorno stessa della patente."

 

E tanta fortuna economica l' aveva fatta in pochi anni, da che era uscito dalla sua divisa e dalla sua sorte di postino, ed aveva potuto profittare come la generalità dei lavoratori autonomi, dell'imposizione dei costi sacrifici della crisi a chi era rimasto operaio e dipendente.

L' ultimo giorno gli ha elencato quante siano ora le sue giacche e le sue camicie.

" Provi a indovinare, ilnumero ddi giacche che ho nell' armadio. Una trentina.

E di camicie ne aveva ordinate di recente 135.

" C' è n'è anche una con le pieghe davanti ch' è una vera sciccheria".

Per non dire delle scarpe, in pelle di daino cervo come un guanto.

.........

Certo che quell' uomo sì che sapeva come disporne, come fare ad essere ora un signore, si era tenuto dentro di sè il professore, che a un pensiero del genere ormai si rifiutava aveva disdegno anche solo di a dare un seguito, talmente non riteneva che avesse più per lui senso alcuno discutere di come e dove finiscano i soldi, quali siano le mani e che uso mai ne facciano, che cosa sia mai volgare o superiore... 

Senza che tuttavia potesse evitare di riaccusare che il vicino di letto napoletano, risentirsi* di che cosa gli aveva ribattuto il napoletano, quando una delle sera precedenti, dopo essersi lamentato che i conterranei del professore, gran lavoratori e risparmiatori, non c'era che dire, fossero però dei volgari bestemmiatori, questi non avesse mancato di fargli rilevare quanto lui stesso che deprecava il dire blasfemo la blasfemia, non risparmiasse certo Dio o la Madonna nel suo intercalare proprio non lesinasse bestemmie.

" Ah, ma io, aveva risposto quel napoletano con la prontezza di chi suppone di poter replicare con una sottigliezza superiore, non bestemmio in presenza di chi è una persona superiore, di un certo grado ..."

Al che il professore aveva sorriso solo tra se e sè, per il conto in cui l'altro così  confessava di tenerlo, dato che in sua presenza una bestemmia tirava l' altra sulla bocca di quell' uomo, in una sequela continua senza ritegno e contegno.   

.............................................   

Particolarmente si accaniva o inveiva con le infermiere, con due di loro in particolare, ligie alle norme e scarsamente amorevoli.

" Si dicono  disponibili a tutto quando il lavoro ancora lo cercano, poi quando ce l'hanno non muovono più un dito".

Le aveva prese in avversione, senza remissione, quando la sera prima del ricovero del professore, una di loro si era rifiutata di servirgli un contorno misto, in conformità alle norme che imponevano le bietole o il purè.

" E che, p. dio, che le costava..."

E se ne era avuto talmente (a) male, che per giorni si era contentato delle polpette, prima di lasciarsi iundurre dal professore ad assaporare l' arrosto o il petto di di pollo.

Erano le stesse infermiere che al professore avevano richiesto che non lasciasse nessun bagaglio per terra, e facesse un pò d'ordine nei cartocci di frutta e biscotti che teneva sul comodino.

E come apparivano di turno, l' uomo di Napoli si rifaceva all' interno della stanza e diceva le volgarità più terribili, sulla loro scarsa sapidità, e inavvenenza e astiosità, di vergini donne inacidite.

Per farsi alloro cospetto riguardoso sino al servilismo, quando il sabato notte, di turno, una di loro aveva chiesto se avessero giornali o riviste da prestare da leggere.

Invece, il giovedì di due sere prima, come gli infermieri di turno avevano lasciato intendere che non avrebbero detto niente, aveva avuto già l'idea di ordinare all' esterno pizze e bevande, insieme con gli altri degenti con i quali abitualmente chiacchierava e giocava a carte.

Ma la mattina seguente, quella successiva al ricovero del professore, era invelenito che tutto il reparto l'avesse saputo, e da chi, si chiedeva sapendolo benissimo, se non dall' unico del gruppo che si era rifiutato di ordinare all' esterno.

In tale circostanza, il professore si era reso conto come con i soldi l' uomo di Napoli fosse ligio al dare e all' avere sino all' ultimo centesimo, quando, com'era sopraggiunto il figlio, gli aveva immediatamente reso le poche migliaia di lire  che gli aveva prestato, per acquistarsi sigarette e caffè allo spaccio.

Dei suoi figli, venivano a trovarlo e a portargli o a ritirare degli effetti personali solo i minori, mentre il maggiore dei quattro non s'era fatto vedere una sola volta.

" Ah, ma Lei lo diseredi...., aveva scherzato il professore, che per parte sua, come i suoi congiunti avevano potuto rassicurarsi sulle sue condizioni di salute, aveva potuto accertare quanto relativo fosse l'affidamento che poteva riporre in loro, perchè si prendessero almeno cura del suo appartamento e degli uccellini che aveva lasciato incustoditi.

Ma l' uomo di Napoli scuotendo la testa, lasciando cadere le braccia, con il tono di voce, non aveva avuto bisogno di altro per rivelargli quale ne fosse il senso residuo della possibilità di rifarsi alla propria famiglia, di credere ancora alla sua consistenza affettiva, egli che credeva piuttosto nella solidarietà dei corregionali o dei concittadini.

Dei figli, che erano oramai napoletani soli nei tratti fisionomici, senza più inibizioni di vincoli non aveva avuto ritegno a dirgli quale ne fosse il tenore di vita .

Il maggiore, divorziato, era oberato di amanti e delle loro pretese impossibili, gli altri dei nottambuli certi, più che dei presumibili futuri padri di famiglia.

Ma con le donne delle sua provincia, anche al professore ch' era scapolo consigliava di non sposarsi, si prendesse piuttosto una emiliana, una comunque originaria di altrove, secondo i convincimenti in cui si era radicata e di cui era persuasa la sua convivenza con i conterranei del professore.

Questi su di loro gliene aveva chiesto un pare già la seconda sera seguente a quella del ricovero, supponendo che come meridionale potesse avere patito emarginazione e rigetto lì  al Nord, particolarmente negli ultimi tempi, quando aveva iniziato a spirare il vento mefitico della secessione leghista.

Avrebbe voluto fare ritorno a Napoli?

" Se si potesse avere a Napoli quello che la situazione che c'è qui al Nord, da voi a **

Ma per il resto, era finito tra la peggior gente della peggiore provincia di Italia.

Gli abitanti di città e di provincia vi facevano circolo chiuso, inospitali ed arcigni, tutti ripiegati sui loro soldi e su se stessi, sulle robe materiali e le biolche di terra  grano o di soia.

" Lo sa, secondo quanto conosceva di loro per essere stato postino in provincia, che molti non sanno nemmeno di piazza Sordello", ch'era la piazza principale della città.

E quanto più erano gretti, tanto più non valeva per loro che il loro modo di fare e di essere, che quanto di casalingo si riducevano a mangiare, sempre a ripetersi negli stessi gusti e pietanze.

Nella cucina, poi,... quasi che non esistesse di buono che il vostro mangiare, risotto alle salamelle e agnolini e tortelli, buoni, sì, per quanto pesanti e alla lunga stanchevoli, ma " lei vada anche solo a Venezia, e veda che ne sanno del vostro  " risotto alla pilota", quando invece se chiede un "risotto allo scoglio", tutti lo conoscono, e in ogni ristorante glielo sanno cucinare".  

E che dire della volgarità più che di ogni altro dei liberi professionisti concittadini del professore?

Architetti, geometri, ingegneri, pieni di boria e senza uno straccio di idee o progetto, arraffoni ed affaristi

interessati solo a farsi l' un  l'altro le corna e a scambiarsi le mogli.

E glieli mimava, nel bar, i suoi stessi avventori, quando bastava che vedessero entrarvi una donna, perchè anche il più vecchio e in disarmo di loro si sentisse in obbligo di ringalluzzire, per poi, come ne usciva, non esimersi dal dirne che ci avrebbe fatto, che non poteva che starci, anche con la più inguardabile di quelle.

Le donne della sua provincia ne erano il naturale complemento, tutte superbia e capriccio quelle quando nemmeno ti guardano, " come se la fica ce l' avessero solo loro",...

Le sposasse sposale poi, e tali e tante ne sarebbero state le pretese impossibili, incapaci come sono di vivere come lo consente la realtà di fatto, che separarsi e divorziare sarebbe risultato inevitabile.

" Vada, vada in tribunale, e vedrà che nella sua città sono più i divorzi e le separazioni che i matrimoni che si celebrano..."

Non voleva crederci il professore, consapevole come almeno per chi lavora e dipende lo stare uniti si imponga, costretti a fare fare di necessità virtù.

Ma di fronte a tanta acrimonia vero i suoi conterranei, in quell'uomo che a lungo aveva dovuto adattarsi ad ogni sorta di gente dell' Italia insulare e peninsulare, gli viene da chiedersi se non ci sia del vero, in quella riprovazione di una grossolanità arcigna e di un sedimentarsi in loro inestirpabile dell' attaccamento a consuetudini e usi, che a torto egli ha ritenuto fosse anche altrove ovunque così rinvenibile.      

......................

Quando l' uomo di Napoli se ne è andato, da moglie figli si è fatto portare l' abito buono.

Il saluto che ha riservato con il pane raffermo al professore, aveva già la freddezza formale di un rapporto cadavere.

Il professore ne considerava intanto l'abito; di un taglio

desueto, come si confezionavano in un' Italia che non è più.

Nonostante tutto, per ricco e inserito che diventasse sempre di più, come era rimasto inveterato quell' uomo. 

                   

         

 

 

           

 

 

 

 

 

Di me e del pensionato Giovanni

 

Come l' orrore di immedesimarmi in mio padre che mi preclude le trattiene (mi trattenga) dalle donne, ugualmente (così come) mi induce a reagire ad ogni modo di tentativo di prevaricarmi, se solo avverto di essere un vile al cospetto degli altri quanto lui ha patito di esserlo, lo è stato, di stare anche solo cedendo e disfacendomi sfaldandomi in un sorriso acquiescente.

 

 

Senza testo

 

 

Senza testo

 

 

Su di me, invece

 

Tant' è la disperazione da me commutata che ho commutato in avversione di ogni rapporto umano, che lo stare con i miei due uccellini è divenuto il mio solo tragico bene, tragico perchè in quanto al pari di come mi che quanto mi dà da conforto, e mi incanta, nel il loro spettacolo di nella loro innocenza e di bellezza in loro congiunte in due di esserini di neanche venti grammi di carni e di piume,  altrettanto mi è insostenibile scandalo perderne la vita adorata, il dover poter sopravvivere oltre la fine del loro incanto di naturale grazia, in un mondo umano o di divina salvezza, negata a quei piccoli, ove non vedo c' è per me che prospettiva di abuso e di rapina, che il misconoscimento e il ridicolo e l' affronto del torto per non esserlo per altri.

Altro, che consolazione umana nell' umano, che trarre conforto nell' elevamento a superiori scopi generali, in ideali di perfezione di cui solo la loro genia animale istantaneamente armoniosa e perfetta è il naturale compimento, non già una mente umana ch' è memoria volatile di tutto, decadenza di ogni affetto e palpitante sentire, quando che non sia l' avvvertenza di ciò che è insanabile torto e inestinguibile odio; il domani che mi attende, l' uscire di nuovo a porgere cordialità di saluti a chi insanabilmente disprezzo e reciprocamente mi disprezza a sua volta, per parte mia perchè l' altro non è per me che un individuo comune, l' altro perchè io nemmeno lo sono, un uomo, io che per loro non ho che povertà di reddito e incapacità di guida o di uso di mezzi, nemmeno  meccanicie lo statuto di uomo da esibire un uomo che non è un uomo omosessuale solitario da esibire, , e di esserne incapace per eccesso di scrupolo, o di doverosità negli altrui astratti riguardi, e che quanto più presumo che potrei invece levarmi come un artista al di sopra degli altri, al vedermi talmente inetto a rifarmi una vita, a non soccombere, a non essere che un insegnante oberato dai compiti che inutilmente mi assumo, tanto più son' io che per primo manco di considerazione e di riguardo nei miei confronti, e che mi accanisco contro me stesso, obbligandomi ancor più ad una feccia di vita quale professore risibile, ancor più ad espormi a in balia di ogni mio superiore e sottoposto, per eccesso di gentilezza gratuita, per timore umano, lo zelo del mio scrupolo, accanito, ossessionato e irretito dai per zelo di scrupolo destinamdomi ai più cosicchè mi consegno quali miei aguzzini ai più sordidi di loro, nel perseguire la cui nullità ancor più incrudelisco e mortifico il mio stato, senza più vie di uscite verso l'alto e l' emergere.

Quale bella consolazione, che conforto, qualora i miei uccellini avessi a perderli, la compagnia di chi inesorabilmente si disistima e ci disistima, e cui eppure si è succubi, per un  senso di inferiorità per la propria sessualità e individualità  sociale, di identica per la propria inerente inettitudine pratica nell' uso pratico dei mezzi e nel farsi valere , cui nessuna consapevolezza delle proprie attitudini artistiche o della propria dignità sensibile può porre rimedio, intenti a

dovere sempre controllarsi ed essere attenti, a stare in guardia, perchè ogni tuo lasciarti andare può essere la debolezza che ti è fatale, non attendono altro, e non c'è altra vita sociale o di relazione che questa, per te, tutto di te vi è in gioco, e il meglio di te è ciò su cui più contano per farti la pelle, appunto quant' è la tua sensibilità e gentilezza nel sottoporli, il dubitare nella legittimità del giudizio e dell' autorità che eserciti, ingannandoti sotto gli occhi eppure atteggiandosi a vittime facendo le vittime offese del tuo procedere, ... e loro, i miei cari, i familiari, seguitandomi a disertare come un incomodo, loro che non vogliono saperne che di parlarmi dei loro di mali,...(ed) io non avessi, poi, mai risposto a chi mi ha richiamato come amico, come di me innamorato, per essermi soltanto il ladro di tutto, ... nello sterminio generale, all' adiaccio, confortandomi la sola memoria per perduta, e disillusa che sia, di chi è rimasto l' impossibilità passata, e presente e futura, di essere più che un vagheggiato e assente in vita e morte fair friend.

Per cui ritorna, la mia vita, al cerchio concluso della sua immagine che mi sorride in stanza e dei miei canarini in gabbia, oltre l' aperto solo la morte.

" Ricordandoti di nuovo, Oh, mon cher ami, toujours à moi cher, mio caro amico sempre a me caro, - scrivendogli ancora,- je te prie, est- ce-que tu peux m' envoyer quelque image de toi? ne crains pas, je sais bien que je ne peux aspirer que à ça, pour ne vivre que de ton beau souvenir et de mes canaris, mes malinois cherìs, comme toi! C' est la veritè, c'est tout, mon ami, mon inoubliable... "

 

cit da La Rochefoucauld

sulla distanza che nobilita le passioni che le sopravvivono , mentre la vicinanza le immediocrisce tutte.

 

da revisionare

 

I testi successivi sono stati fugacemente revisionati verso il 13 dicembre 1997.                                    

 

 

Ritorna, vita mia

 

Ritorna, vita mia,

al cerchio intorno concluso in stanza alla della sua immagine,

alla memoria di ciò che non è stato,

al futuro che non è che unione inconcepibile,

e (che) l'artiglio per questo non adunca,

non insanguina nel fango,

non può raggiungere, eretto cadavere,

in un tuo santuario di devozione e lacrime,

di detti e invii di appelli senza mai più risposta...

 

 

                                  24.11.96

  a inizio pagina