all' indice delle pagine di vita scolastica

L'amorosa lotta

 
 

Batijuska

 
 

 

 

Hai solo a lui sorriso mestamente, quando il tuo batijuska ti ha detto che la supposizione che il nascituro non sia normale, che abbia a patire l'isolamento nella vita sociale, è ciò che più giustifica l'aborto.

( " E' inutile mettere nella società un individuo che deve soffrire e non è capace di stare con gli altri").

Gli hai chiesto, mentre si precipitava via, se allora tu dovessi metterti la corda al collo.

Il tuo piccolo padre ti ha risposto che la tua è una libera scelta di vita.

Si vede che davvero so fare con stile di necessità virtù.

Intanto la collega di Fisica ha avuto il bel coraggio, o l'impudenza, di ricordarmi che dobbiamo essere innanzitutto degli educatori.

Lei che li vede con gli occhi con cui si vedono in loro dei bravi ragazzi...

Che ne sa mai di ciò che sono davvero...

Di come si mortifichino a vicenda, in ciò che desiderano e sentono, ed ogni disumanità sociale sia per i più un irresistibile richiamo....

Così l'Educazione sessuale è un'eugenetica e la mortificazione desolante di ogni diversità, la politica la difesa razzistica dei privilegi acquisiti, i più sono opportunisticamente cristiani ed abortisti,  e rispuntano già naziskeens i nuovi virgulti, dopo la polluzione in corso dei leghisti sopraggiunti ai paninari.

Ma il mio batijuska lo so amare davvero, il mio piccolo padre, se lo amo senza nemmeno dover desistere da alcuna pretesa, anche se la normalità sociale è il suo solo valore, il solo termine di formazione e di  felicità   possibile.

Ed io che m'annienti, m'annienti, m'annienti, a tanto interminabile strazio orrore!

Io ch' eppure non desisterò, domani, nell'illustrare a quella classe, alla correzione del compito, che i soli luoghi argomentativi che i più conoscono, sono quelli della quantità e dell'esistente, e a lui, se assecondassi la follia del mio amoroso bisogno della sua dedizione grata, non mancherei di chiedere, in particolare, se la verità sessuale che la sua anima crede di cercare ancora, come asserisce nel tema, sia mai possibile senza soffrire di tutto.

E gli chiederei ancora, quasi che la sua delicatezza fragile potesse reggere l'onere del quesito, quale sia il più forte, tra chi, nel bisogno di amore, eppure si preserva nella solitudine quale esigenza assoluta, e chi per essere per gli altri il migliore, non sa venir meno a fare come fan tutti.

Comunque assicurerà a loro la visione di "Norma ed esistenza", della serie di "campus", dopo che la settimana scorsa li ho fatti assistere alle immagini testimoniali dell'olocausto hitleriano e del genocidio dell'infanzia irakena.

 


 

 

In ritardo 1

 

E' tuttora una sollecitudine che ancora non mi consente di prendere sonno, l'agitazione del mio senso di colpa per la mia diserzione scolastica, quando stamane, risvegliatomi solo dieci minuti prima dell'inizio delle lezioni, per essermi prolungato sino a tarda notte a correggere compiti, piuttosto che marcare il ritardo e venire nuovamente stigmatizzato, ho preferitoi darmi ammalato evadendo le lezioni.

 Ed ora, benché domani sia il mio giorno libero, temo ugualmente di addormentarmi per non risvegliarmi in ritardo.

E che dire dell'incidente di sabato nell'andare a scuola, per il quale debbo ancora strascicare l'arto sinistro, quando dal bloccaggio della ruota anteriore, ad opera dell'intrusione della sporta fra i suoi raggi, sono stato catapultato sul cemento del sottopassaggio in ascesa.

Ah, non m'importava niente del dolore alla rotula, di gonfiore e lacerocontusione, trepido di gioia, piuttosto, che l'incidente

convertisse in merito solerte l'incipiente ritardo al cospetto del Preside.

 

 

 

In ritardo 2

 

E' tuttora una sollecitudine che ancora non mi consente di prendere sonno, l'agitazione del mio senso di colpa per la mia diserzione scolastica, quando stamane, risvegliatomi solo dieci minuti prima dell'inizio delle lezioni, per essermi prolungato sino a tarda notte a correggere compiti, piuttosto che marcare il ritardo e venire nuovamente stigmatizzato, ho preferito darmi ammalato evadendo le lezioni.

 Ed ora, benché domani sia il mio giorno libero, temo ugualmente di addormentarmi per non risvegliarmi in ritardo.

E che dire dell'incidente di sabato nell'andare a scuola, per il quale debbo ancora strascicare l'arto sinistro, quando dal bloccaggio della ruota anteriore, ad opera dell'intrusione della sporta fra i suoi raggi, sono stato catapultato sul cemento del sottopassaggio in ascesa.

Ah, non m'importava niente del dolore alla rotula, di gonfiore e lacerocontusione, trepido di gioia, piuttosto, che l'incidente

convertisse in merito solerte l'incipiente ritardo al cospetto del Preside stesso.

E quando lui medesimo, l'istanza suprema,  mi ha dispensato all'ingresso ( sulla soglia) l'alcool con il batuffolo, era come se un balsamo, onorifico, mi conciliasse radiante con ogni propiziata divinità superna.

Che angoscia, avvilente, di essere anche solo disdicevole al potere, al trovarmi in una posizione con la Legge da sanare comunque.

E' la medesima angoscia che mi tiene in sospensione continua, terrificandomi, se nella messa in stato di accusa dell'attuale Presidente della Nostra Repubblica, anche solo parteggio immedesimandomi con chi l'ha decisa, e che mi ha svergognato lasciandomi atterrire e mancare di riguardo dalle medesime denunce di un bidello, di denunciare al Preside che indugiando nella sala di Informatica ho fatto scattare l'allarme, per cui ha dovuto rientrare nel plesso a disinserirlo.

E tutt'oggi, per placare un tormentativo senso di colpa,  ho ultimato solo nel tardo pomeriggio di correggere con applicazione esemplare i residui Compiti in classe, e ho atteso a pianificare il seguito delle attività didattiche fino a Natale, per recuperare in qualche modo le ore perdute.

E già domanimattina, benché sia il mio giorno libero, mi recherò a scuola a consegnare già il certificato medico per regolarizzarmi, e in anteprima le prove corrette, fuori orario e fuori servizio. 

 

 

 

l tunnel dell'angoscia

 

Quando al rientro da una piccola spesa domestica mi sono predisposto a recarmi a scuola, di primo pomeriggio, non sapevo, nel ripulire il fornello che avevo intravisto sporco, che stavo per addentrarmi nel tunnel di un'angoscia agghiacciante.

La pulitura delle piastre è diventata per ossessione di scrupolo quella concatenata delle manopole, poi delle incrostazioni ravvisate sull'ammattonato all'apertura del frigo, nel riporvi il vasetto della  maionese che avevo appena assaggiato, e quindi dei cirri di sporco intravisti al rientro in sala da letto.

Così sfumava la possibilità di pervenire a scuola innanzi la ressa al bancone del bar, per un fast food prima della lezione, pazienza, il peggio era che mi ghermiva anche l'assillo di scaricare il sacco di plastica ( il contenitore) del pattume, poiché vi erano quelle feste tostate, da immemore tempo riposte in una scansia, che ieri notte, una volte addentatele in assenza di biscotti e di pane, a una loro presenza individua, finita nella marmellata, avevo riscoperto gremite di vermi; e nel riafferrarne la imboccatura, in orrore di contaminazione, mi mettevo i debiti guanti e mi disinfettavo più volte le mani.

Ma l' uscita dall'appartamento per me non si era ancora compiuta, (consumata), poiché non bastava, ridisceso di tre piani, che avessi già accuratamente controllato che i puntolini fossero sull' off, al vaglio delle manopole che avevo girato nella pulitura dell'untume, cosicché, per tranquillizzarmi, dovevo risalire i tre piani di scale, trovando la cura di risistemare di sfuggita alcune sparse penne nell'apposito ( zainetto) astuccio, nonchè le forbici e un fermaglio fuori posto; né mancavo di rientrare una volta ulteriore in appartamento, a sincerarmi di quanto era già stato più volte controllato in ogni risvolto dei pomelli. 

E' da credere che la sortita fosse così conclusa? E' quanto ho supposto io stesso, superate le sbarre rialzate al passaggio del treno, finchè parcheggiando in Istituto la bicicletta, non mi sono accorto che avevo tralasciato in appartamento il video che dovevo trasmettere, in 2C, sui rituali di guerra dei tifosi ddell'Inter e della Roma nella partita di ritorno della Coppa Uefa '91; per cui dovevo trangugiare in un sudore freddo birra e panino, e rieffettuare un rientro frettolosissimo a recuperarlo, nell'intertempo prima che le lezioni avessero inizio.

Poi, in Istituto di nuovo, mancando una manciata di minuti prima dell'inizio, ho pensato bene di risollevarmi nel recuperare, nel Laboratorio di Scienze, la cassetta che vi avevo immesso nel videoregistratore, ieri sera, per registrarvi con il timer "Racconto di primavera" di Rohmer, il cui inizio era concomitante con la fine della messa in onda de "Le Relazioni pericolose" di Frears.

Ma con stupore attonito, e sgomento, vi trovavo spenti e inaccendibili, quali carcasse fuori uso, televisore e videoregistratore e timer.

Agghiacciato risalivo in aula stravolto, stranito già presagendo la mia inevitabile messa in stato di accusa, per il guasto che così avevo cagionato con la mia prima escursione nel geloso dominion ( regno) finora inaccesso, (, impervio e inaccesso,) delle Geografie e delle Scienze Naturali.

Quando in stato nevralgico di trance, terminavo in Storia l'inquisizione interrogante, mi era così di sollievo sapere che nessun guasto sussisteva, poiché era accaduto, solamente, che avendo io acceso la ventilazione nel cercare le luci del Laboratorio, l'addetto alla custodia avesse spento ogni alimentazione dell'interno al rumore delle turbine.

Così in stato di esaltazione ininterrotta, come in un incubo "Fuori orario", riprendevo la trama delle lezioni, in un break di continui richiami e illuminazioni; diaccio e ancora scosso, a iniziare dalla ripresa, sulla lavagna, di quella frase che ho rinvenuto ieri sera ultratardi nel saggio  di A. Green sul Perché del male, acquistato al colo in libreria nonostante il prezzo proibitivo, secondo la quale il male ha origine  nell' escorporazione di ogni cattività interna nell'altro che ne è infettato di ogni male, cosicché, di conseguenza, eliminando l'altro ci si illude di eliminare la realtà medesima del male.

Era ancora l'inestinguibile fuoco che mi divampava, in tale dispendio nel farmi terapeuta del loro razzismo, forse solo illuso, di poterne sventare l'indifferenza a ogni sterminio , quasi che potessi risvegliarli alla primordialità infantile, patologica, del loro ricondurre la rovina d'Italia all'infezione dei terroni.

Ma oggi mi sono disilluso, già di nuovo, nel vedere come ridevano di intesa, tra le perle, allorché ho rievocato che cosa  ha irradiato ieri il termine felice della mia giornata: l'arrivo in un pacchetto da FES, delle cassette di musica araba egiziana di O. K  e di M. Abduallah. speditemi da *.

Del quale non mancherò, domani, di mostrare loro le foto che mi ha inviato della sua favolosa dimora.

  

 

 

Al Signor Preside dell'ITIS ** di **

 

Al Preside dell'ITIS **** di ***

 

Debbo scriverle per comunicarLe che non mi risulta più tollerabile, per certune ragioni che seguono, e che forse richiedono che Lei ne parli con qualche mio collega, l'atteggiamento assunto nei riguardi del mio insegnamento, ed in mia assenza, dagli allievi di 2C nella persona dei loro rappresentanti, i quali non già con il sottoscritto, ma indirettamente con certi miei colleghi,- gli insegnanti di Fisica e di Chimica, ad esempio,   forse proprio perché costoro sembrano pregiudizialmente prestare Loro credito, vengono lamentandosi dell'eccessivo onere di studio che richiedo, o di un sovraccarico di Esercitazioni, quando:

a) pur avendo un orario ingrato- 5 ultime ore di cui due pomeridiane su sette-  sono stato l'unico degli insegnanti, a quanto mi risulta, ad essere sensibile all'esigenza di non interrogarli il giorno seguente le lezioni pomeridiane, mentre l'insegnante di Fisica, ad esempio, in tale occorrenza li sottopone a prove oggettive, così come ho spostato la data delle interrogazioni di Storia, quando risultavano concomitanti con quelle di Chimica;

b)ho predeterminato il giorno settimanale delle interrogazioni e mi sono limitato a sottoporli, dall'inizio dell'anno sino a tutto il 28 gennaio, in Italiano, ad una sola Interrogazione settimanale;

c) dal rientro dalle vacanze Natalizie ho ridotto al minimo lo svolgimento di ulteriori argomenti e l'assegnazione di ulteriori compiti, limitandomi in Grammatica alla analisi degli aspetti lessicali della lingua, quale argomento di alleggerimento, e ad iniziare l'analisi dei giornali in classe, il che mi ha ulteriormente consentito di alleviare il loro onere tramite la trasmissione di registrazioni audiovisive di telegiornali pubblici e privati- e di loro edicole-, così come non ho mancato Giovedì 16, in luogo di una tarda lezione testuale, di proiettare i documenti di Mixer sull'olocausto nazista e della infanzia irakena;

di Promessi Sposi ho svolto si e no la lettura di due pagine del capitolo XIV , ed in Antologia non ho mosso un passo oltre l'assegnazione di due brani- per un totale di 6 pagine-, sulla sintassi appunto dei giornali, insaputa comunque dagli allievi interrogati.

Inoltre le Esercitazioni assegnate non superano la decina, rammassando uno uno per uno gli Esercizi grammaticali, i ritagli di trafiletti di giornale, e i minitest di una, al più di due domande. 

d)Per quanto attiene a Storia, il programma svolto, dall'inizio dell'anno, come Lei può riscontrare confrontando l'indice testuale con gli argomenti contrassegnati sul registro, assomma a meno di 40 pagine, ad esagerare!, ed anche a prescindere dai tagli analitici a cui le ho sottoposte.

Le faccio altresì presente che ogni variazione, per ragioni di necessità, alla determinazione standard delle attività settimanali, che comportasse aggravio per gli allievi, è stata concordata con una consultazione dei medesimi tramite votazione.

IL sottoscritto, inoltre, pur di assicurare un minimo di riscontro alle attività che svolge in suddetta classe, ha puntualmente corretto ogni Esercitazione domestica che ha ritirato agli allievi, ed ha sempre replicato nel solo modo che mi è possibile, elevando più ancora la qualità- non già la difficoltà- di ciò che veniva facendo, a ogni loro atto spregiativo di ciò che venivo intraprendendo.

Il che mi permette di farLe rilevare una asperità che per lo più ignorano gli insegnanti tecnico- scientifici del Suo Istituto, dei quali qualcuno - l'insegnante di Fisica- eppure si raccomanda che sia attento al fatto che siamo innanzitutto  degli Educatori(...), (forse trovando disdicevole qualche mia esternazione, mio sommo malgrado, volta comunque contro i singoli che desolidarizzano con i compagni, inguiandoli all'atto, allorchè tentano di aggirare tramite le assenze interrogazioni ineludibili, o inoltrano in virtù del supporto familiare le più indebite richieste, eludendo ciò che è norma e misura comune.

Degli Educatori, primaditutto, .... quando non io da anni, di certo, avvantaggio inavvedutamente una certa qual carineria ruffiana...

Ora per i summentovati docenti delle materie scientifiche, dal cui apprendimento gli allievi non sono in grado mai di tradurmi in parole (desumermi) che cosa logicamente sia un rapporto, non discuto di certo che sia assai più facile trovare "carini" gli allievi suddetti, e rimettersi ogni giorno in cattedra, senza sconforto, nell'insegnamento di una disciplina tecnico -scientifica che nella versione strumentale corrisponde alla spontanea logica calcolante dei medesimi (gli allievi), - tanto più se l'esito che vi è raggiunto può bastare a deprecare la bocciatura- che per chi, anno dopo anno, vede rimontare nei medesimi, sotto le apparenze distinte di bravi ragazzi, e di un'esteriore disciplina formale, le più spontanee tendenze a condividere  e a compiacersi di ogni forma  di disumanità sociale, secondo la sola logica mentale dell'adattamento e del conformismo, di una difesa del proprio relativo benessere sempre più rapata e razzistica.

 

Faccio ulteriormente presente che obliquamente, nell'aula di Fisica da cui assistevano alla richiesta rivoltami dall' insegnante di Chimica, di essere assai meno esigente nei loro riguardi, a ciò sollecitato dai medesimi,- se potessi esprimermi liberamente parlerei di un abboccamento su suggerimento, od imbeccata -i rappresentanti di classe sembravano assistere alla cosa alquanto divertiti e compiaciuti, insomma " godersela".

Faccio altresì rilevare, in conclusione, che ho richiamato i medesimi rappresentati, eppure non entrambi della stessa risma, e comunque espressione della platea, all'incoerenza ch'è palese, nel loro atteggiamento improntato a una complicità generazionale, rispetto ai compiti di tutelare i propri rappresentati, quando difendono compagni più che in in odore di essersi sottratti ad una interrogazione inevitabile, magari entrando a scuola autorizzati alle 10 ,55 del sabato in questione, giusto allo scadere delle mie lezioni, e altamente infischiantisi, i medesimi, del fatto così di inguaiare chi a scuola è presente attendendo regolarmente ai propri impegni.

E quanto così segnalo è per me grave, essendo platealmente strumentale, in quanto mira per l'appunto a trovare la pronta  comprensione pregiudiziale di certi miei colleghi, che nulla di nulla hanno fatto- e chi si aspettava niente di niente di questo? Figuriamoci....- per rendere meno difficoltoso l'assolvimento dei compiti dei miei allievi nelle mie materie.

Sono ben consapevole che, per i più di loro, i miei allievi già hanno più che assolto l'obbligo scolastico di Italiano e Storia, sottoponendosi all'onere di sottostare disciplinatamente alle mie ore di lezione.

Ciononostante sono comunque impossibilitato per il riguardo che pur ho di me stesso, e per la mia attività e per la personalità degli allievi in questione, a mettere in atto il precetto evangelico  delle perle e dei porci, poiché mi sarebbe( di  un'atrocità) più ancora intollerabile venire a scuola (mimando il mio ruolo e) degradando più di quanto, già non faccia, la qualità e la sensatezza residua e le pretese superstiti del mio insegnamento;

 

                 Cordialmente La saluta

( altrettante cose avrei da togliere e da dire)

 

 

Anche il tuo piccolo amore

 

Anche il tuo piccolo amore, il tuo fratellino mio, il tuo piccolo grande uomo, tu già lo sai, quanto se ne è approfittato del tuo riguardo!

tu che già presagisci, che non verrà mai a trovarti nella tua reclusione, se tu stesso in lui ingeneri l'ombra del tuo trepido timore, da che concependo la trama del racconto di un omicidio, ti sei reso conto che è la sola persona al mondo che potresti uccidere...

Poiché non potresti tollerare che sopravvivesse, se lo inorridisse il disgusto ad un tuo incauto gesto, e la sua ammirazione devota si rivoltasse nella repulsione, inappellabile, che suscita uno schifo che già subitaneo è assoluto,

quando tu per lui divenissi la profanazione di ogni sua superstite stima in un Altro.

E sai nel caso, che prima di rivolgerti su te stesso, faresti a pezzi le prove umane dell'abominio.

Come tu lo ignorassi, già da sempre, che nella tua dedizione pedagogica, di nuovo prona, c' è la sublimazione della tua impotenza a prenderglielo in b.___.

Tanto più esaltato, nel devolverti, quanto più sei disperato dall'impossibilità che accada...

invasato della consapevolezza che già allucinavi (deliravi) nel fissarlo intento...

e com'eri pronto subito a ritorcerti senza mai mordere, come ti accorgevi che il piccolo profittava di ogni tuo riguardo...

Sotto che untuosa maschera pedagogica salvaguardandoti...

Eppure ancora ti dissimuli tra di loro, tra i colleghi che per tua fortuna da anni non intendono, non vedono e non sentono...

nella loro ottusità così mediocre di ciò che succede...

gli affari  (il conto in banca) e il daffare a casa, il lato più sacro  della loro esistenza.

Loro resi inoffensivi, sian grazie ai Numi, dalla incapacità di supporre e intendere ciò che eccede il normale.


 

 

Forzando la mia avversione

 

Anche oggi, in prima C, è solo forzando la mia avversione che ho ripreso lezione, e che trangugiato il disgusto ho accalorato la mia repulsione ad occuparmi di quanto sembra del tutto disinteressarli, per avvivarmi così di (passione per) quanto, nella confusione, eppure di nuovo inutilmente spiegavo a loro.

Ho così reillustrato come i pochi concetti di cui ripetevo la spiegazione, di punto di vista, di ordine, di gerarchia, o quali quelli di prospettiva, di unità, di compiutezza, di coesione e coerenza, che svolgendo la linguistica testuale spiegherò a loro nel futuro quadrimestre, fossero degli utensili mentali, di numero ridotto, eppure di grande rilevanza per comprendere

quant'è complesso di ciò che si comunica, come già lo studio delle funzioni e il calcolo delle presupposizioni negli usi concreti e nei concreti giochi linguistici.

In tal senso ho motivato perché avessi già utilizzato i termini di statico e dinamico, sia pure equivocamente,  per caratterizzare le descrizioni di ciò che nello spazio è in stato di quiete o movimento, o che nel tempo è invariante o in mutamento, rispetto a un'osservatore, che a sua volta, può essere in stasi o coinvolto nel movimento o nel mutamento.

Ho quindi unificato il mio discorso con quello dell'insegnante di Fisica, esemplificando come l'osservatore risulti sempre parte in causa di ciò che osserva, per la stessa imprecisione innanzitutto, di ogni sua supposta misura precisa.

(A un livello superiore, tale distinzione oppositiva di statico/ dinamico potrebbe essere riutilizzata per illustrare, hobbesianamente, come un' entità fisica, o astrattamente mentale, si possa definire tramite la sua deduzione genetica, oppure in virtù delle sue proprietà invarianti.)

Ma un utensile mentale presumibilmente di più vivo interesse esistenziale, è risultato il concetto di "frontiera" che ho presentato loro, correggendoli che non di una delimitazione di un confine terminale si tratta, ma di una linea di passaggio da un ambiente ad un altro vissuti come profondamente diversi, o radicalmente opposti, l'uno ad esempio come familiare, noto, rassicurante, l'altro come estraneo, ignoto ed angosciante.

Riprendendo le letture, già svolte in classe, di pagine dal "De bello Gallico" di Cesare sui Britanni, o dai diari di bordo o di viaggio di Colombo o di M.Stevenson, ho tentato di illustrare a loro come non si dia autentico viaggio, in tal senso, se non si intraprende, proprio malgrado, il rischio o l'impresa di un passaggio di frontiera; così i viaggi organizzati in circuiti chiusi, dentro un gruppo di viaggio catafratto, nel mentre rendono sempre più comodamente accessibile le contrade del mondo, configurano come sempre più improbabile l'avventura o lo straniamento che ci trasformi.

Quindi ho prefigurato, per riprendere il discorso successivamente nella sua realtà viva, come il passaggio di una frontiera, quando è un'esperienza eminentemente conoscitiva, non si realizzi necessariamente avventurandosi fra chi è diverso o nell'ignoto, ma scoprendo i lati più singolari, ed inquietanti, di ciò che ci sembra più noto e familiare, e come quindi, permanendo all'interno della propria cameretta, un individuo possa compiere le più straordinarie avventure mentali, quali magari sono negate in un safari o in una Parigi-Dakar, purchè nel letto ponga la testa dove abitualmente tiene i piedi.

L'esempio, ch'è il più classico, di passaggio di frontiera che ho esposto a loro, riprendendo le concettualizzazioni di Storia, è stato quello, in conclusione, della transizione da un universo cosmico a un mondo caotico, dalla civiltà urbana ove la magia e la religione, o la scienza e la tecnica, danno le apparenze che le forze naturali o demoniche siano soggiogate, a quello della

foresta o della tecnica, ove invece tali forze ci si illude e si teme che siano confinate.

E' con la scoperta del fuoco, al divampare dello spirito con la scaturigine prodotta dalla prima fiamma, che è nato tale  contrapporsi ho detto loro, quale si riesprime in forme superiori nelle grandi religioni; - uno di essi mi ha allora chiesto, come gli ho confermato, se non sia da intendersi in tal senso la simbologia orientale dello yan e dello yen- e quale ci assilla negli aspetti più ordinari della nostra esistenza, nelle più ricorrenti immagini pubblicitarie, innanzitutto, ove l' universo cosmico si è ristretto ad essere quelo dell'igiene e della pulizia domestica, e l'Omino super, o il Lanciere bianco,

sono gli aiutanti domestici, in luogo dei Geni, della donna o dell'uomo di casa, sacrificati alla vana e infima lotta di vincere, contro le forze dello sporco, quelle potenze del caos che avranno pur sempre su di loro partita vinta.

Come attesta, ho concluso tra un'ulteriore domanda agli interrogandi e un ulteriore richiamo, lo scatenarsi del caos più sconvolgente, e il pullulare della sporcizia più ributtante, nel seno del'ordine urbano di una cosmopoli sempre più telematica.

E così, solo investendo me stesso nel tramando ulteriore nonostante tutto, a dispetto di ogni disillusione e disincanto, di ogni dirmi ch'è mansione insensata l'insegnamento, e pio e stolido dispendio nel rapinio generale, ho ritrovato le forze per sormontare anche oggi la stomacazione.

 

 

Perturbazioni

 

Sono seguitate anche questa settimana le mie perturbazioni scolastiche, a vanificazione di ogni superiore indifferenza o disdegno che perseguo.

Quando Martedì 25 febbraio pareva di nuovo ricomposto, in un'operosa sottomissione, il dissidio tra il bisogno di tempo per le mie letture e per la revisione dei miei scritti, ed il tempo invece da destinare alla scuola, nell'alacre lena che avevo attinto dalla reinvenzione delle iniziative didattiche, per cui non mi era stato duro correggere fino a notte inoltrata i loro compiti, attendendo a videoregistrare i servizi di mixer sul mostro di Milwauke e sul caso criminale di Pietro Maso, e più sul tardi un programma "fuori Orario" in cui dei coetanei dei loro genitori discutevano negli anni Settanta dei loro problemi sessuali, la loro indifferenza in classe ha fatto riesplodere di nuovo il dissidio, il mattino seguente, allorchè mi hanno ignorato mentre pur cercavo di illustrare a loro il senso di un'indagine statistica condotta fra i bambini, secondo la quale ne risultano gli idoli, in ordine di successione, il magnate e sponsor Silvio (Berluscon de) Berlusconi, il presidente demagogo della nostra Repubblica Francesco Cossiga, quindi il muscologeno Schwarzenegger, e quarto a distanza Gesù Cristo.

Che vi fosse ancora Gesù Cristo, nella hit parade, è il solo dato che li ha sollecitati, suscitando tuttavia l'ilarità di quanti di loro maggiormente figurano chiesastici.

E' stata una provocazione cui ho reagito con troppa veemenza, a una reviviscenza del mio astio contro ogni sorta di nuovi credenti, di pacifica coesistenza tra cristianità esteriore e condotta di vita senza rigore di scrupoli, quando, avessi esercitato il debito distacco, avrei potuto piuttosto divertirmici della sconfitta che vi registrava la politica di evangelizzazione della Chiesa cattolica, nel perseguire tramite ogni sorta di espediente pubblicitario, e confacendosi ai network, l'audience di un numero sempre più alto di avvelentisi del suo insegnamento nelle scuole pubbliche, piuttosto che la rigenerazione del cristianesimo quale parola vivente per chi è ancora in grado di intenderne il senso.

E anzichè scandalizzarmi che i miei allievi, come i loro coetanei, in maggioranza, siano dei cristiani razzisticheggianti ed abortisti, impersonando il rigore moralista di chi invita a scegliere il diavolo o l'acquasanta, sarei stato piuttosto visitato dallo spirito, nella circostanza, mi ripetevo l'indomani in treno verso Firenze, se avessi inteso come l'acqua santa è l'eau de toilette preferita dal diavolo...

Ma mi è servito a poco, il giorno dopo, recarmi dai miei cari, e quindi a Firenze- a visitarvi le mostre di Caravaggio e di Klimt-

per recuperare l'integrità mentale e il debito distanziamento dalle loro adolescenze mentali, se mi appellavo al rabbioso disdegno della mia stessa reattività incrudelita.

Ed è andato a vuoto, poi nel pomeriggio, ricercare l'abitazione di * *, mentre nell'appressarmi sentivo rinascere e crescere, a ogni passo ulteriore, la nostalgia e il desiderio dell'intimità fra noi d'un tempo, d'un' attrazione contrastata ch'eppure senza rapporti carnali vivevamo insieme, la voglia più intensa, ora che quarantenni, di consumare gli atti che non tentammo da giovani, in una trepidazione fisica che non demordeva, anche quando, al suono del campanello, non l'ho ritrovato in quella sua nuova dimora, eppure fisicamente felice, nella mestizia, di avere sentito rinascere la verità interiore di quante mie immaginazioni solitudinarie, poi negli anni di lontananza, l'intensità di affetto e di desiderio fisico con vitalità dirompente, l'appassionata reviviscenza psicotica con cui per strada finalmente glielo abboccavo (agguantavo in bocca) e glielo risucchiavo, come appassionati amanti ci abbracciavamo e ci insinuavamo lingue e cazzi.

Ero un tremito ardente nella luce scialba, tra le vie storiche e i borghi succedentisi nell'animazione dei traffici, dove oramai nei vari siti di ristoro e di ritrovo, in negozi e uffici e casamenti, l' oltranza ( la pretenziosità) moderna aveva compiutamente marmorizzato, ed acciaizzato, la trasmutata aristocrazia artigianale della città, quale nei miei anni d'Università ebbe ancora a risplendermi oltre verande e serramenti,nei vani d'androni e di botteghe.

Ed oltre quell'usciolo, lungo quelle pareti muffite e gli sdrucciolevoli scalini, era come risalire le scale ad un'antica Italia, fino a retrocedere agli anditi dei trascorsi studenteschi, a fervori ed esaltazioni di un tempo miseri e ardenti.

A lui ho trascritto e lasciato tuttavia un mio saluto, invitandolo a venirmi a trovare nella mia città,, e qualora lo interessasse, informandolo che mi sarei recato in Nord Africa o in medio Oriente quest'estate, nel mentre così mi allontanavo, sentendo commuovermi la più viva pietà di me stesso, all' improvviso pensiero che da quando da anni e anni non lo frequento, non parlo più con nessuno di ciò che di più intimo vivo e sento, tra queste nuove generazioni di adattati ad ogni odierna barbarie, per i quali è più che ovvia ogni disumanità sociale, che nemmeno appaiono capaci di immaginare o di intendere, nonchè di volere, ciò che fu allora sogno e avventura di mondi diversi, quanto ne fu lo spirito di utopia e di critica dell' esistente (rifondante l'esistente).

" Per Carnevale mi travesto proprio da Che Guevara, mi avevo stomacato in mattinata già di udire uno di loro, mentre sollecitava intanto un compagno ad uscire al più presto dalla mostra di Caravaggio.  

Rigiravo per le vie di centro, verso la stazione, in una folla di connazionali oramai tutti di prima classe, in giacconi e pellicce uniformate, tra la sola trasandatezza residua di sparuti irriducibili e degli extracomunitari.

Poi in treno, al ritorno, quando una degli altri viaggiatori del vagone si è messa a discutere del caso giudiziario di Pietro Maso, il giovane assassino per denaro di entrambi i propri genitori, benché avessi intrapreso a leggere le splendide "Memorie dall' oltretomba " di Machado de Assis, ho ceduto all'impulso più forte di dire la mia, ed alla repressività autoritaria di quella mia interlocutrice, che per quel delinquente per lei sorto dal nulla invocava l'ergastolo a pane e acqua, ho contrapposto che il duplice delitto che aveva commesso era particolarmente orrendo, come recitava l'imputazione, per i suoi motivi futili e abietti, e che l'enormità mostruosa ne era la normalità sociale dei moventi, nel contesto di ciò che è divenuta ogni provincia italiana, ove il valore predominante, se non esclusivo, è divenuto acquisire mediante il denaro.

Così, a differenza di ciò che paventavano le sue pregiudiziali

ergastolane, nel ricondurre il crimine del giovane Maso a una matrice sociale, non miravo già a deresponsabilizzarlo e depenalizzarlo, ma nel mostrarne la normalità dei motivi, ero intenzionato a coinvolgervi la generalità dei giovani che ne sono compartecipi, in un' abulia mentale, conformistica, per la quale si è al contempo tutto ciò che convenga indiscriminatamente.

Il seguito della discussione con gli altri viaggiatori nel vagone  è stato poi un teatrino dell'Italia generale, la rappresentazione in atto di quanto ci unisca e ci divida, e di come già uni di cuore nel condannare il secessionismo rigurgitante di razzismo delle Leghe, ci discordasse la demagogia eversiva del Presidente della nostra Repubblica.

Egli che gliele canta, agli oligarchi con i quali trama...

E ritornello solito di ogni discussione politica- è aggallato come nel risucchio autoritario della mentalità nazionale, fosse anche il loro convincimento che i principali imputati se la malavita imperversa, sono i magistrati che perennemente liberano quanti i poliziotti mettono in galera...

Ripensavo poi sul treno da Bologna a Modena, a come contiguità e connivenze, l'isolamento di chi si intende colpire alle spalle quando meno teme che gli attenti e non è in grado di ( non  può nemmeno) capirne il perché, che cosa abbia detto, o fatto, che lo ha perduto o compromesso irrimediabilmente, scatenando le più indebite pressioni e ritorsioni vendicative nei suoi riguardi, siano il contesto analogico di ogni esercizio del potere pubblico, tra la vita ordinaria e la criminalità organizzata.

Così è di tanti bravi cittadini che pure invocano "a gran voce " giustizia, e che protestano contro gli abusi impuniti e impenitenti della partitocrazia, quando per questo o quell'interesse sono pur essi parti in causa compromesse,

al pari nella scuola degli allievi loro figlioli come vi crescono, già scaltriti nell' utilizzare questo o quell'altro suo collega in disarmo a ciò disponibile, quale "ammorbidente" di insegnanti che non transigono, o  questo o quel "corvo" che insinua sospetti e semina discordia(, o ad abusare di facoltà e permessi per eludere accertamenti od incomodi)...

E nel recarmi dalla stazione verso casa, rinfocolavo l'odio sprezzante per chi, ai vertici dello Stato, esorta l'eversione beffarda delle norme, mentre proprio io, come chi è operaio, come tanti lavoratori che non vivono che del loro lavoro, come chi vive nel silenzio sociale sulla propria intimità personale, chi più di ogni altro è in una gabbia, e vi è tacitato e depredato, si angosci di tale irrisione eversiva delle stesse norme ch'eppure ne costituiscono le sbarre...

Nelle mie fantasie carnali sentivo intanto l'amico urgermi in bocca, la sua pulsazione eccitarmi la gola senza mai sfogo finale, ripetendoci tra un bacio e un abbocco, quando mai e perché la cosa potesse finire, o perché non ripeterla inesausti ancora di nuovo, attendati in un'oasi o denudati nella calura di un motel remoto del NordAfrica,ove ogni recesso od ogni occasione era propizia per riessere l'uno nella bocca dell'altro, alla eccitazione del glande non importava che sboccasse più sperma, o che più il nerbo non pulsasse, ciò che contava era essere ancora l'uno nell'altro, l'uno per l'altro ancora di nuovo nella salivazione, bocca, capezzoli, cazzo, lobi, umido ano e madida peluria...

Al rientro quindi in appartamento, senza sfogarmi mi attardavo in erezione a disfare la sacca, quindi riavviavo al punto di partenza il nastro, registrato con il timer, della trasmissione mattutina del DSE, e come mi arrestavo a tavola consumando gli sgonfiotti che avevo appena indorato nell'olio, mi si annunciava l'allettante trasmissione di un dibattito di Paul Ricoeur sui problemi dell' Etica contemporanea; ove la sua applicazione dell'Etica aristotelica del giusto mezzo alla questione dell'aborto, era quanto di più congruo, potessi rinvenirvi, con la mia conduzione attuale del discorso sull'argomentazione che ha assunto  il medesimo tema, e con la mia illustrazione in Storia dell'eredità ellenistica...

E tra eccessi di esaltazione e di esasperazione, in rigurgiti di risentito astio e di dedizione scolastica, ritrovavo i termini stessi di ciò ch' è il mio agone scolastico, nell'amorosa lotta che secondo Ricoeur, riprendendo Jaspers, costituisce la tensione del dialogo interminabile tra allievo e maestro.

Il mattino dopo, pur non avendo scuola, mi svegliavo di buonora

per regolare ogni versamento in scadenza grazie al nuovo stipendio, e ne profittavo, in libreria, per acquistare le poesie postume di Auden e "La corsa del Tempo" dell'Achmatova, riproponendomi di farne sfoggio in classe, nella loro fresca fragranza, insieme con alcuni libri di prose di Yeats e di Gottfried Benn, nel corso della lezione iniziatica sulla poesia.

Quando alle due del pomeriggio rientravo in prima per interrogarli in Storia, alla loro cordiale accoglienza, calorosa, scemava ogni residuo astio nell'erogarmi, differendo la lettura e l'opera di scrittura, ed allorchè alla penultima ora ripristinavo i contatti con la classe seconda, mi straniva una loro più che docile disponibilità all'ascolto.

Come avevo modo di accertare, immediatamente, era appena accaduto che il preside avesse accolto il mio invito a verificare la "strategicità" delle assenze di un loro capoclasse, che erano avvenute in singolare comcomitanza con le mie interrogazioni di Italiano, allorchè egli uscito di scuola con il permesso dei genitori, o vi era rientrato di pomeriggio dopo l'assenza mattutina.

Durante la visione del'intervista di Paul Ricoeur, ho avuto modo, con i debiti chiarimenti, di spiegare a loro com' egli avesse esercitato la "fronesis aristotelica",nell'accertare che la legislazione moderna ricorre al giusto mezzo consentendo l'aborto solo nei primi mesi di gravidanza, e in che consistesse, in termini semplici, l'universalità Kantiana che pone l'uomo come fine, e come, secondo Ricoeur, il principio di considerare la natura di ogni altro uomo come fine in se, e non già come mezzo, implichi l'insostituibilità dei singoli umani.

Era quanto mai efficace l'esempio cui era ricorso, adducendo ciò che si verificherebbe se l'ingegneria genetica rendesse possibile il sommo male, nel senso di H. Jonas, dell'esistenza sul mercato  di sottouomini o di nostre copie di cui prelevare gli organi.

Così mi restava tuttavia poco tempo, poi, per riaffrontare riconciliati il discorso sulla Poesia; quanto bastava, tuttavia, perché si svolgesse un libero confronto su ciò che essi presumono che sia la poesia.

L'uno ha stentato a dirmi che è un discorso di fantasia, e perciò privo di realtà; un altro, dei più refrattari, ha supposto che sia un retaggio dell'infanzia, fanciullesco, un altro si è poi lamentato dell'incomprensibilità del linguaggio poetico.

Nel confronto ho quindi cercato di nobilitare tali pregiudizi,

dicendo come analoghe concezioni siano attestate sin da Platone come proprie dello spirito pratico e politico, o come se ne fregi la filosofia della storia di un GianBattista Vico, ed ho preso partito, provocatoriamente, per il linguaggio poetico sempre più difficilmente comunicabile.

Infine a suffragio di che cosa possa pensare e sostenere un poeta, mentre già era imminente il suono della campana, ho letto un aforisma sull'educazione dei maschi di Gottfried Benn,

" poeta grandissimo", ove esorta i padri a lasciare che ai figli provveda qualche sgualdrina.

" E lei mi dice che quello è un poeta grandissimo?   ha reagito ridendo il mio diletto." Con tutti i rischi da cui i nostri genitori devono difenderci..."

Tali sue amate parole mi sono venute sulle labbra, la sera stessa, quando sfogliando " La Repubblica" ho letto come secondo una recentissima indagine statistica, i più di loro preferiscano fare da soli che avventurarsi nel sesso con un'altra persona.

E per lui espressamente, ho tenuto quell'articolo da parte.

Riconsiderando, dopo avere registrato sul far dell'una di notte l'edicola del Tg3, e Studio Aperto, come pertanto non solo il tifo calcistico mi unisca ai miei allievi.      

       

 

 


 

 

Il bicchierino di zibibbo

 

E quando l'indomani, in prima, messo fuori causa dal bicchierino di zibibbo che per accalorarmi in bicicletta mi ero bevuto prima di partire, e dall'incapacità di giustificare a me stesso, se volevo esserne giudice, che non ne avessi ancora corretti i compiti ritirati da tempo, il senso di indegnità e di colpa mi ha a tal punto inceppato la lingua, tanto malamente, per non essermi preparato a dovere, ritardavo i tempi di spiegazione e sprecavo due ore di scuola, ho capito ancora più vivamente che la mia mentalità non può che riconoscere il vincolo che ad essi mi unisce, se non voglio poi vagare allo sbando in stato confuso,

come mi è accaduto poi in Istituto fin al tardi pomeriggio, ed anzi, secondo l'aurea massima di Epicuro, concludere appagato anche questa settimana, e venire così a sera in tranquillità d'animo, sapendo, che poiché tutto quello ch'era da compiere è stato compiuto, e che con l'ultima pagina ancora da scrivere anche l'ultimo compito ancora da correggere è stato riconsegnato, che posso attendere anche a questa sera come se fosse l'ultima.

 

 

 

Che la catastrofe avvenga

 

 

Servomeccanici di turno

 

Ieri sera ero già rabido al terzo Esercizio che correggevo, tanto mi esaperava erogare il mio tempo per dei lavori così miserabilmente svolti, da menti più disinteressate che incapaci...

Ed anche stamane il mio spirito elitario mi ruggeva dentro, la mia intima ripulsa, che popola la mia emarginazione eremitica di artista, che  presuppone che solo la vita geniale sia degna di essere vissuta, e che si esaspera che io sia inceppato nel mio insegnamento ai soliti iloti, ai servomeccanici di turno...

Poi nell'ora che precede le lezioni pomeridiane, mentre ancora mi indolentiva la mia durezza asperrima interiore, mi sono affidato al fare bene comunque, al dire comunque Messa nelle rovine sconsacrate... confidando che dal fare innanzitutto ciò che è bene, conseguano i buoni rapporti e lo star bene di una vita migliore.

Ho quindi profittato dell'ora vuota prima delle lezioni in 2c, per esemplificare ai livelli più alti che cosa sia la Poesia, ed ho febbrilmente battuto a macchina al computer, e poi stampato,

quattro magnifiche poesie dell'Achmatova, "Vivo come il cuculo dell'orologio", "La porta è socchiusa" " Di sera", " Nè mistero nè dolore".

Mi muoveva la convinzione che occorra affidarsi alle voci più alte e immediatamente e intensamente comunicative della poesia, all'evento di ciò che esse pur dicono all'Anima, per fare intendere perché ancora necessiti la Poesia, e al bivio un Angelo ulteriore sosti pur sempre.

Così subissandomi ai loro pregiudizi, al presupposto che " per il nostro punto di vista avanzato i poeti non abbiano più niente di nuovo da dire", abbiamo invece potuto concordare che la poesia che li aveva più emozionati a una prima lettura, ossia " Vivo come il cuculo dell'orologio", pur se non ci dice niente di nuovo, ci può far sentire come non prima il dolore della nostra vita asservita nel suo canto, in virtù dell'immmedesimazione con l'interiorità del poeta, che nell'indeterminazione stessa della loro risonanza, ci è suscitata da parole eppure tanto comuni e semplici ed essenziali, quali le sa rigenerare la poesia della Achmatova.

La sera stessa, poi, tra me ironizzando con l'amico stesso del mio cuore, l'allievo beneamato che mi aveva appena  restituito il numero di "Repubblica" con i dati dell'indagine sui comportamenti sessuali più diffusi tra i suoi coetanei, raccoglievo i passi più significato del "Saggio su Pan", di Hillmann, immaginando di prestarmi a un'ipotetica digressione su come e quanto si attesti vana la loro presunzione inventiva nella vita sessuale, se le risultanze di quel rilievo statistico erano per lo più masturbatorie, quando già i Greci , al loro tempo, avevano provveduto a onorare in Pan il loro dio della masturbazione, e quando ai miei tempi, già nel musical "Hair", si cantava in coro "Masturbation can be fun..." 

 

 

 

Ad assicurarsi e farsi benedire

 

E' venuta furtivamente comunque ad assicurarsi e a farsi benedire, la madre dell'allievo accorsa a sottrarlo a una mia possibile interrogazione, con l'autorizzazione ad uscire alle 15,45 firmata dal Preside, dopo che l'allievo aveva potuto comunque godersi le due ore pomeridiane di Educazione fisica, e giusto prima dell'inizio delle mie due ore di lezione conclusive.

Aaaaaaaaaaaaaahhhhhh........

 

 

Dopo il sogno

 

Da ieri mi è entrato nel desiderio del sangue, dopo averlo sognato che traeva piacere nel darmi piacere.

Sotto gli altri sguardi, riuscivamo finanche furtivamente a toccarcelo avidi di succhiarlo, nel sogno visualizzandone il turgore del glande sotto il prepuzio.

Poi, appena tutti ci avevano lasciato, subentravano nel letto delle condomine negre con i loro bambini a impedire i rapporti, finché non sgombravano anch'esse la camera, e lui si tramutava nelle linfatiche sembianze grassocce di un altro allievo

senza alcuna attrattiva, il pene che gli dispariva fra la cellulite inferiore...

Poi quando l'ho rivisto a mensa, ho sentito la sua bellezza e la grazia dei suoi modi inturgidirmi (i capezzoli) oramai fascinato, e il suo contraccambiare l'intensità furtiva dei miei sguardi, più ancora numerosi, era l'esca già innescata di un trasporto che spera.

Per distogliermene, durante l'interrogazione perscrutavo l'altro

di loro che sessualmente mi esalta, il cui ridere di simpatia al mio frenarne l'esuberanza delle risposte, era una cascatella inebriante di freschezza incarnata.

Di quale loro grazia sono inconsapevoli!

Quando stamane, accanto a colui che ho sognato ho ripercorso i corridoi solitari al rientro in classe, come Orfeo non volevo nemmeno volgermi a rimirarlo e sfiorarne al tocco l'incanto.

Ma è pur sempre per il mio diletto piccolo grande uomo, nonostante i modi restii e la malagrazia intimidita, che si rinnovano i nodi dei vincoli della solidarietà degli affetti.

Quasi che oramai fossimo inveterati da chissà quanto tempo.

 

 

Azione complicante

 

Parlandone con il collega di Fisica che ho incontrato sul treno da Ferrara, dove mi sono recato a vedere la mostra di Monet, illustravo come i nostri allievi non siano capaci di inventare  storie, perché per la loro insofferenza di ogni tensione e sacrificio, per l'avidità di avere tutto e subito facilmente, non sono in grado di sostenere più alcuna azione complicante in un intreccio.

L'idea mi è sopraggiunta alcuni giorni fa in sala insegnanti, mentre cortocircuitavo la correzione di certi loro raccontini esanimi, con l'ascolto delle solite lamentazioni di una mia collega di Italiano, una delle tanti vestali casalinghe delle Arti e delle Belle Lettere, su tale loro mancanza di tensione acquisitiva.

In realtà la idiosincrasia allo sforzo creativo e interpretante è oramai universale.

Per quanto in prima persona mi riguarda, ogni mia poesia e brano di prosa precorre anzitempo la clausola finale, e brucia così già esanime ogni sua vigoria.

E pur sapendone la vanità mediocre, come nella sua studiosità ottusa quel mio allievo, anch'io anelo a leggere e leggere solo i classici, svolgendo nel contempo ogni spunto creativo, per porre fine anzitempo a ogni lettura e scrittura e poi vivere e basta.

Nella bella solarità di una vita di pura esistenza giorno dopo giorno...

Oblomovismooo!

 

 

Ruota, cassonetto


 

 

Ruota , cassonetto

 

" Cosi, visto che già ti è piaciuto con tuo merito complicarti la vita, nell'investigare un come detective in quel tuo tema precedente, mentre nell'ultimo tema hai invece vivacchiato di una storiellina di neanche un foglio e orrendamente scorretta, ora dovrai indagare perché mai, alle ore 14,30 del 30 aprile 1992, hai potuto captare del tuo insegnante di Italiano la frase che ha detto tra di sè, compiaciuto,  " il passaggio dalla Ruota al cassonetto," e di cui ti sei così maldestramente appropriato,

trascrivendola nel Compito di Storia, come se si fosse inavvertitamente riferito alle innovazioni tecnologiche del Medioevo ellenico, di cui si chiedeva conto nel Questionario.

 

Riuscirà il Nostro a sbrogliare l'enigma?

( Soluzione per il lettore:

La ruota : è da intendersi come ricorre in Libertà, di Verga, che dovevo illustrare e commentare in 2 l'ora seguente.

il cassonetto: è (il cassonetto della vita) quello riproposto in settimana da un dato ordine monastico. 

 

 

Brani di allievi

 

"... quando il proprio futuro è da sopportare, si capisce che codesto uomo ha sbagliato e non ha voluto creare il suo futuro":

 

L'allievo che ha scritto quanto segue, sogna l'happy end di diventare "l'uomo più ricco e fortunato della Liguria: ricco perché i miei alberghi fruttavano molto, fortunato perché avevo una famiglia bellissima composta da me, Elsa mia moglie, tutti che godevano di ottima salute".

 

Invece i genitori di un altro non possono che sottostare alla compravendita calcistica dei figli: "Devi andare a Torino con questo signore a fare un provino per la Juventus".

In un altro componimento, dell'allievo precedente, risulta secondo verità che è è perché sono ricchi e potenti, che Berlusconi e § sono simpatici ai bambini...


 

 

Della Gita nella Valle del Mincio

 

Due sole battute, incalzando l'orario di chiusura dell'Istituto

 

In Desenzano, nel mattino radioso presso una radura amena delle fortificazioni:

" Che bello è fare scuola, così...Perché non andiamo in giro ogni giorno!"

 

Presso la piccola diga di Pozzuolo, sul primo fare del meriggio

" A scuola, almeno stiamo seduti..."

 

 

Crocifissione

 

Poiché le sue insistenze querule non finivano, benché avessi convinto i compagni che lo perseguitano, con suo vittimistico compiacersene, a rimettergli la pila del calcolatore nell'astuccio, " Senti, gli ho detto, interrompendo per l' ultima volta la lettura, facciamo così, domani ti aiutiamo a portare a scuola due robusti tronchi di legno, così li incrociamo, ti ci appendiamo sopra, e potrai crogiolarti di farci il crocifisso, con tanti bei lumini e fiori sotto...

Ti legheremo con le corde, vedrai, non ti farà troppo male...."

 Avevo appena letto, il giorno prima , Tre croci, di Tozzi.

 

 

Inviti a energiche proteste

 

E' l' autentica cifra della falsa coscienza del potere, che nel medesimo frangente che si sottomette qualcheduno al proprio rapinio od al proprio abuso, o nello stesso  istante che gli si nega l'aiuto dovuto, oppure la riparazione del torto commesso nei suoi riguardi, lo si esasperi a farsi valere protestando contro un'istanza contigua.

Liquidiamo innanzitutto, come più ancora perversificato, il tono punitivo con il quale, la settimana scorsa, la segretaria dell'amministratore condominiale intendeva addebitarmi i costi del torto subito, anticipandomi ch'ero io stesso che dovevo pagare l'istallazione di una nuova targhetta, in luogo di quella che qualche gentile condomino persevera a farmi mancare sulla cassetta della posta; quand'io stesso avevo già provveduto ad apporvela, impeccabile, su insistita richiesta ( tramite terzi) dello stesso amministratore, ch'eppure avrebbe dovuto sui condomini divergere l'onere, visto che ogni etichetta provvisoria fin dalla prima settimana mi era stata stracciata sino all'interno.

E a scorno maggiore, benché avessi richiesto, se non l'addebito agli altri condomini dell'installazione della targa ulteriore, almeno di segnalare loro l'indegnità del caso, una lettera di lì a qualche giorno è puntualmente pervenuta a ciascuno di noi, ma che raccomandava di evitare ogni condotta molesta, a norma di regolamento, ad eccezione tuttavia proprio di quella di impedire di ricevere liberamente la propria corrispondenza. 

Voglio considerare piuttosto, a distanziarmene, come il mio Istituto scolastico ed il Provveditorato mi abbiano istigato l'uno contro l'altro, nel dare legittimo corso ad una mia protesta, quando ho accertato che la domanda sostitutiva per essere nominato Commissario d'esami, non era pervenuta al Ministero in luogo della prima, cosicché finivo Commissario d'esami a Modena, come avevo cercato di scongiurare che accadesse rifacendo il modulo, e dato che nell'intertempo l'orario ferroviario è stato mutato, ed ora vi è un treno che vi arriva prima delle 8 e che parte da Mantova due minuti dopo le 6,30, per quei due minuti una stessa immane fatica mi sarà retribuita la metà, ed io dovrò sacrificare ancor più allo stremo le mie possibilità di vita, dato che così perdo metà dell'ammontare delle spese condominiali, e che quei soldi mi sono esiziali, se volessi partire in aereo come non mi è più possibile per le vacanze.   

In Provveditorato mi avevano accertato indubitabilmente che il solo diretto responsabile era il mio Istituto, sollecitandomi a chiedere pezze d'appoggio, riconoscimenti di errori materiali, se intendevo motivare il cervellone centrale a cambiarmi la sede, ciò che altrimenti non poteva più in alcun modo verificarsi, poiché giusto il giorno prima erano scaduti i termini per richiedere modifiche, dato che quattro giorni, e non di più, sono il lasso di tempo che concedeva il documento di revidibilità dei dati, da che mi era stato consegnato la fine della settimana prima, laddove, in un avverbio fatale, si invitava a richiederne la modifica "tempestivamente";troppo breve termine, ahimé, perché io potessi recarmi in Provveditorato di persona nel primo giorno libero da urgenze scolastiche.

Ed io agendo proprio come mi si istigava in Provveditorato, ho ottenuto il gran risultato che il Preside mi ultimasse sgarbatamente che in ciò non lo seccassi più oltre, poiché, comunque, non ne sapeva e non gli risultava nulla dell'affare, e che a sua volta il Vicepreside, che pure mi aveva aiutato di persone a modificare la domanda, mi caldeggiasse a che invece che rompessi e dirompessi le scatole in Provveditorato, dove quando ho preso atto che la frittata era irrimediabilmente fatta, mi si vellicava ancora a prendermela inutilmente con il mio Istituto.

Ho iniziato subito a rimediare al patatrac, sacrificando l'acquisto della bici da corsa, ed i consumi mattutini al fast food della scuola, dove questo pomeriggio, nella sala insegnanti, il figuro che era ancora incazzato che ad un incrocio assurdo gli fosse stato sfasciato in passato il carico di un natante che aveva appena acquistato, mi era uno dei tanti qui in Istituto, che vi incrementano solo i proventi dell'esercizio di una libera professione, e con il quale io dovrei solidarizzare come se fosse mio collega e mio pari di status...

Ed io che dovrei masticare fiele amaro quale il suo di leghista, se ad entrambi è parimenti negato ogni miglioramento retributivo...

Sempre lo stesso giorno, come non bastasse, che ho appreso della mia destinazione irrevocabile quale Commissario d'esami, nel deliquio del patimento mi sono smemorato di partecipare ad un rituale Collegio docenti, cosicché, l'indomani, quando mi sono riavuto dallo ottundimento, mi ha corso le membra il sudore gelido che dovevo presentare alla Scuola certificato medico giustificativo, benché il giorno prima costituisse per giunta il mio giorno libero.

Era un'altra insofferenza del torto che si riacutizzava; infatti, per quella nullaggine, non potendo ricorrere al medico con il quale sono convenzionato, perché mi è concesso di usufruirne dove ho la residenza e non già il domicilio in un appartamento ammobiliato,    che si concede fuori di ogni canone solo ai non residenti per sloggiarli con agio-   ed altrimenti non è dato affittare dovevo ricorrere per quel certificato ad una dottoressa solo dietro pagamento, rinnovellando l'intollerabilità, nonostante i contributi che verso, di non godere nemmeno dei diritti alla salute riconosciuti ad ogni straniero extracomunitario.

Non solo; l'amabile dottoressa mi estorceva più del doppio dell'importo dovuto; e mi stilava un certificato che l'impiegata della scuola reputava di validità nulla, in quanto vi mancava ogni sorta di diagnosi.

Così il giorno seguente risalivo esacerbato le scale che menano a quell'ambulatorio, ove la dottoressa, sentitomi, rovesciava all'istante i termini della contesa, e mi mortificava appellandosi a un mio diritto per il quale dovevo farmi intendere e valere, se aveva tenuto segreta la diagnosi al mio datore di lavoro...

E se avessi avuto una malattia che era opportuno tenere segreta?

Che mi appellassi ai sindacati, che inoltrassi protesta al Preside ed al Provveditorato, non potevo soprassedere, dopo che si era lottato talmente per tale conquista, se poi etcetera, etcetera....

Avrei dovuto sentirmi una schifezza, le fossi stato succube, quando l'ho invitata comunque a rifare il certificato e formularvi una diagnosi, che fosse, certo, la più banale e insignificante, purchè la controversia fosse conclusa.

Com'è successo l'indomani, quando un nuovo gioco delle parti è stato messo in atto dall'addetta della scuola; la dottoressa aveva ragione, solidarizzava, ma lei aveva ricevuto precise disposizioni tassative, nella duplice veste di addetta dell'Ispettorato del Lavoro e della scuola, e dunque etcetera etcetera e dunque lei non poteva etcetera etcetera...

 

 

 

Sogni

 

Era già il termine della lezione, e la bidella non aveva ancora rammassato, scopando, la manciata di chicchi di riso che si erano continuativamente lanciati, in 2c, mentr'io ero intento a parlare a loro di Kafka e Leopardi, nel riferirmelo prosternandomi iracondo (( cagionando che annichilissi nella costernazione (avvilita) iraconda (desolata) il ricomporsi del rapporto con la classe)), quando, assecondando una confidenza umana che ruvidamente doveva essermi frustrata a tal punto, nell'illustrare come la teoria dei sogni quale appagamento di un desiderio mi apparisse una generalizzazione forzosa, confessavo rivelavo loro come purtroppo mi capitassero poco di frequente sogni del genere; e quando pur si verificavano, soggiungevo, accadeva lo stesso che nel " IL Castello" di Kafka,

tutto vi procedeva indecentemente, pur tra le cautele, finchè ero in un luogo pubblico fra degli altri, mentre come accadeva che ci si appartasse, superati ostacoli e differimenti, alle soglie del compimento tutto falliva d'incanto, per la sparizione, il mutamento di identità, o la contrarietà di umore improvviso della persona convenuta in intimità.

Mi sovvenivo di un sogno recente con uno di loro- suppongo, che titillassi con un dito dentro le labbra, lungo un viale pubblico simile a quello che conduce al cimitero del mio paese d'origine, provocando il ragazzo a succhiarlo avidamente senza ritegno, sinchè ci porgevamo le labbra in baci irrefrenabili, giunti all'ingresso di un Museo, che ciononostante, insistevo a voler visitare nell'evolare del sogno.

Ma oggi a ridarmi un alito di vita, a farmi fantasticare e inturgidire al solo pensarci, quel caro allievo dell'altra classe di così eccitante e trepida e fine bellezza, lui, quello del sogno, ha seguitato appartato a  guardarmi come se uggiolasse di desiderio.

Ed io, pur nel ricordarmi che sono pur sempre il suo insegnante, non posso non volere sondare che cosa animi il suo sguardo insistito; qualora possa manifestarmi a lui disponibile, se nei suoi sguardi è quella richiesta o quella domanda che mi è rivolta, usando i termini non compromettenti che consentano comunque, ad entrambi, di sintonizzarci (comunque) in un'amichevole simpatia reciproca.

 

 

Finale di partita

 

 

Situazioni simulate

 

Quest'anno scolastico volge infine  al termine (di una liberazione senza rimpianti).

Si ha l'impressione di simulare ognuno una propria parte. Presidi e provveditori e il signor Ministro, ponendo fine alla farsa di mostrarsi ancora interessati ad un' Istruzione pubblica...

Esaspera allo svaccamento, noi insegnanti, a risolverci negli scrutini in una sanatoria, liberatoria, che la nostra categoria nelle attuali circostanze sia stata precettata ed impedita di scioperare, da un'autorità che ha disatteso ogni impegno e parola data...

Come ci si può chiedere di esercitare il giusto, ci si viene chiedendo, quando si è così ingiusti nei nostri riguardi?

E giusti nei riguardi di chi?

Al cospetto di quale sguardo, di uno di loro, infatti mi chiedo, può sentirsi appellata la mia voce interiore?Non un volto, di loro, che all'atto degli esami costituisca un appello inflessibile a difenderlo a oltranza.

Che decida in un senso o in quell'opposto, purchè uniforme sia la misura, non è forse ugualmente cosa equa e giusta e salutare?

E mi è difficile mettermi in causa, quando, per quanto sempre più minimale sia stato il mio sforzo, era sempre pretendere di troppo...

Ed abbia pagato con la delusione di uno sforzo vanificato, o sia stato dare perle ai porci, ogni conato di tentativo che fosse altrimenti...

Quando i dati della vita che tornano a ripetersi, nel corso massacrante degli eventi scolastici, è che, dagli allievi come da un critico, è vano ch'io chieda come insegnante e scrittore di essere letto ed ascoltato in ciò che dico e compongo, come risulta vano ugualmente ch'io mi sacrifichi a leggere e correggere ciò che loro mi scrivono.

Dovessi trarne un romanzo metafisico, dall'universo scolastico, ne essenzializzerei come l'essenza del potere, che vi si trama, è che nel suo esercizio si finisce per infliggere lo stesso torto che si patisce, e come il generalizzarsi della finzione rituale (imperante) di insegnare ed apprendere, sia l'esito della sconsacrazione dilagante della cultura.

E sempre di meno ci fortifica la tenacia di resistere ai peggiori, quando i migliori degli allievi se ne sono indistinti.

E nell'ora, riuniti insieme, unanimi ci hanno agito contro.

Ma la feccia, al fondo, è che se rimani il più vulnerabile, e fosti colpito, è perché dietro i passi degli altri ti attardasti nel cedere ancora.

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