In Turchia

 

L'inizio del viaggio

 

 

Melancolie

 

L'inizio del viaggio

 

L'inizio del viaggio nella tranquillità più assoluta.

Eppure stanotte ero ancora agitato nell'angoscia e nell'apprensione, internato nella depressione in cui era defluita l'esaltazione dei preparativi iniziali.

Già con il cessare delle obbligazioni scolastiche, il conseguente abbandono psichico mi aveva esposto ai rigurgiti di incontinenze.

Ma la stessa immaginazione esotica non era che un'esuberanza della mia malinconia.

Ed Istanbul era l'apparizione di milioni di uomini inutili in un grigiore levantino.

Nel frattempo venivo riordinando la mia vita come se questo viaggio ne fosse il termine.

Così ho sottoposto la mia interiorità alla severa disciplina (formale) della lettura iniziatica dell'opera di Krautheimer sull'arte paleocristiana e bizantina,  profittando a tal fine( per soggiogarmici) del concorso meteoropatico favorevole del maltempo.

Fino a che le sorti del viaggio sono state tratte.

 

 

 

 

 

 

 

Ringhi ed urla

 

23 luglio, Dragoman

 

Ma i timori che avevano iniziato ad alterarmi già a Venezia, l'altro ieri, si sono rivelati purtroppo non già un'incubazione solita dell' ansia, bensì preveggenti supposizioni reali.

Ed eccomi qui, adesso, ( Ed eccomi qui,ora,) fermo appena oltre la frontiera bulgara, trattenutovi a forza con altri miei giovani connazionali ed un gruppo di inglesi, in quanto noi tutti, al pari di alcuni poveri arabi, risultiamo sprovvisti del visto di transito, isolati in questa sala d'aspetto ignari del tutto del nostro destino.

I poliziotti ci hanno trattato come entità prive di diritto e di ragione, opponendo ringhi ed urla ad ogni nostra richiesta.

Ben sventurata è la sorte degli arabi, da giorni rigettati tra Dimitrograd e Dragoman, da una frontiera all'altra che li respinge.Sempre a calci ed urla la polizia bulgara.

 

 

 

Allucinante

 

La malaventura bulgara si è risolta l'indomani secondo copione con il nostro rinvio oltre frontiera.

Ma a Nis, io ed i giovani italiani ai quali mi sono unito, anzichè ritornare a Belgrado per ottenervi il visto di transito all'Ambasciata bulgara, abbiamo deciso di seguire un altro percorso, e di pervenire ad Istanbul per Tessaloniki.

Dove ( A Tessaloniki) abbiamo dovuto patire l'allucinazione di una ulteriore notte in bianco alla stazione, dentro il caos di un bivacco generale di sacchi a pelo, tra la fauna notturna girovagante intorno della città, nell'allucinazione ulteriore che l'avventura del viaggio verso Bisanzio è ancora ben lungi dal terminare. Ci attende infatti ancora un viaggio di 22 ore, 22 ore per percorrere i 600 chilometri ancora di distanza.

Io vi ho approfittato delle ore notturne per vedere l'esterno, alle tre di notte, della mirabile chiesa vicina dei S.S.Apostoli, fungendo da guida stravolgente a due miei giovani amici studenti.

Poi, vinto il tracollo del sonno, tra le 6,30 e le 8 ho visitato le Chiese lungo la via Egnatia di S. Maria Acheropita e della Panagia Chalkéon, l'esterno dell'Agios Giorgios e l'interno dell'Agia Sofia, la cui spazialità, specialmente nella tensione slanciata dei suoi arconi, nell'identico ordine unico percorso da un pontile, e non già articolato in una galleria superiore, mi è apparsa uno dei prototipi possibili di S. Marco di Venezia.

 

 

Istanbul

 

 

Allah, supremo

 

La monumentalità di Istanbul è magnifica.

Vi si erge nella sua riedificazione e nel suo ampliamento continuo in forme occidentali, tra le sostruzioni antiche ed i fondali di miseria del moderno.

I quartieri fuligginosi e più vecchi di Eminoum, figurandovi una sopravvivenza in via di demolizione dei quartieri di una San Francisco del primo Novecento.

Nella visitazione iniziatica dei monumenti del Corno d'Oro ,la visione  di Santa Sofia mi ha avvalorato la concezione della sua continuità con l'architettura ellenistica.

E che aerea apparizione fantastica, è la Moschea Blu di Sinan, ella davvero smaterializzantesi entro l'aria nei suoi minareti sublimi, nella sua tensione eterea di absidi e cupole.

Ma non è una favola architettonica la Moschea Blu.

Bensì l'espressione che ogni ruotare dei moti si slancia nella tensione suprema, che tutti li comprende, dell'orbita celeste di Allah che tutto possiede.

E di fronte ai fedeli oranti a mezzanotte nella moschea, intravistili dal suo severo cortile, in me è sorto di nuovo, come in Tunisia, il senso che nei cuori degli uomini Allah è più potente e più grande del Dio occidentale(dei cristiani).

Fra i miei amici ho finito frattanto per legarmi a Michele.

Egli è un giovane che è bello sia fisicamente che psichicamente, di un'intelligenza sensibile e a me cordiale.

Ed oggi al Topkapi, nella brezza affacciati sul Bosforo, mentre degustavamo yogourt e baklava, con lui ho toccato un'acme della mia felicità sensibile. Tutta quanta mi è la beatitudine possibile dei sensi.

 

 

Alle isole Agladar

 

Ieri con Michele alle isole Agladar.

Languidamente spossati nella carrozzella  tra il verde, verso la spiaggia, poi a differenziarci al mare, e in battello, nei riguardi degli estivanti turchi.

E' senza pietà il suo odio per i deboli, la sua repulsione di ogni etnia diversa. Lo stesso spregio razziale per islamici, zingari e uomini di colore, circola fra la varia gioventù d'Europa in moto verso Istanbul e l'Oriente per ostelli e in sacchi a pelo. Anche fra i quali crescono le future élites dominanti del vecchio continente.

Ora uno storpio nella moschea di Sehzade mi sta chiedendo cose incomprensibili e si allontana.

Io intanto vado ripensando gli schemi architettonici di Sinan:

aticolazione tripartita delle pareti con arcone centrale rialzato, libera comunicazione delle navate mediante la riduzione se non l'abolizione del diaframma parietale, quattro vani absidali triconchi articolati da campate d'angolo quadrilatere. Il tutto iscritto in un quadrato di base che fiorisce in un quadrifoglio di conche di cupole.

 

 

 

 

 

 

 

Per Ankara

 

Martedì 29 luglio.

 Gli altri giovani italiani sono già partiti, chi per Izmir, chi per Bursa. Io invece ho voluto indugiare in Istanbul un altro giorno per restare solo. In quanto voglio visitare l'Anatolia con le mie sole forze.

In gruppo tendo piuttosto ad una passività enclitica e risentita, avendo necessità e timore di tale solitudine.

Ed ora che all'autogar della porta di Topkapi sono già in partenza per Ankara, penso a quanto sia stato infinitamente più semplice di quanto paventassi, nel mio timore angosciato, lasciare Istanbul con un biglietto di viaggio per la capitale centrale.

Io temevo le complicazioni più innumerevoli di orari e prenotazioni, difficoltà insormontabili a spiegarmi, anche solo nel fare il biglietto per il tram che mi recasse all'autostazione.

Quando ( Ma) oramai in Istanbul era la stagnazione più insostenibile, nonostante venissi dall'avere appena visitato le mirabili chiese bizantine della Fethye e della Kyrie Kami, le più magnifiche moschee di Sinan, e senta tuttora l'incanto piacevole di sostare contro le maioliche smaltate d'azzurro della moschea di Rusten Pasa, mentre dal mercato egiziano salivano entro l'interna frescura aromi di spezie e le grida dei venditori tra il brusio incessante.

Intanto la marea umana di cui ero esausto, ora non cessa di

commuovermi, nel suo viavai continuo tra gli strilloni delle agenzie di viaggio che la richiamano, lungo le sequele continue di venditori stabili e ambulanti.

E' stupefacente come costoro sappiano profittare di qualsiasi occasione di transito per appostarvisi con qualsiasi genere vendibile di merce, come al porto di Sirkeci l'acqua saponata per lavarsi le mani e i piedi.

I bambini i più incessanti nei lavori più umili, con il loro trabiccolo di lustrascarpe o i loro contenitori di acqua fresca.

Ed io sono sinceramente contento di essere ora così solo fra la gente turca, senza più il filtro tossico, d'intorno, dei pregiudizi irreducibili dei miei ex-compagni di viaggio.

A irretire nel tiraemolla della miseria del loro compenso un piccolo lustrascarpe, o a considerare lo strano di una domenica passata fra i disgustevoli Turchi.

 

 

Ankara- Cappadocia-Konya

 

 

In Ankara

 

Del Museo delle civiltà anatoliche mi hanno interessato soprattutto le testimonianze dell'espressionismo dell'arte frigia, oltrechè gli eccezionali reperti di Catal Huiuk e di Hacilar.

Poichè non mi sono invece parsi considerevoli i reperti degli Ittiti, e non mi sono mai risultati rilevanti altrimenti che nell'arte diplomatica, non mi entusiasma recarmi a Bogazkali, per cui, sia pure in contrasto con le resistenze vivissime del mio senso culturale del dovere, mi dirigerò direttamente a Kayseri ed in Cappadocia.

 

Ho visto in Ankara un vecchio, sotto il pergolato di un bar, che si aggirava per racimolare soldi misurando la pressione.

 

 

Goreme

 

Cappadocia

 

Questo paesaggio straordinario permarrebbe pur sempre una inerte

meraviglia naturale, se il monachesimo non l'avesse così commoventemente spiritualizzato.

E' toccante come i monaci abbiano comunque cercato nelle chiese rupestri di realizzare un ordine, con un nartece, delle navate anche solo abbozzate, un transetto e delle absidiole sia pure sghimbesce.

E la Chiesa delle mele ha una pianta quinconce!

 

Innumerevoli sono i bambini con la bilancia in cerca di chi li paghi per farsi pesare.

Ma il popolo turco non è stato precedentemente colonizzato.

Pertanto, io credo, conserva quella( io credo che per questo conservi una) sua dignità nella povertà, nel chiedere in particolare, che i maghrebini sovente invece hanno perduto.

 

 

 

Newsheire

 

 Per dare un senso a questa sosta prolungata, non essendomi riuscito di recarmi a Kaimakli per  visitarvi la città sotterranea, mi sono inerpicato sull'acropoli di Newsheire. Ove tutta la miseria rigettata dalle popolazioni insediatesi nella città bassa vi aveva ricetto.

I bambini, come nel corso della mia infanzia, vi giocavano con ogni sorta di rifiuti: accendendovi fuochi con pezzi di carta, o trasformando in un aquilone un foglio di giornale strascicato, usando come un cavallo il rottame di una bicicletta, o giocando a canestro in una rete rotta da pesca.

Già in Istanbul, altri bambini avevo visto giocare come quand'io ero piccolo a lanciare una pietra.

Ed una bambina dagli occhi immensi e dal vestito di stracci, or è poco mi ha parlato gentile, ed ancor più gentile mi ha invitato nella sua casa a bervi del cay.

Deve ignorare del tutto che cosa sia una dimora umana; altrimenti non mi avrebbe con tanta naturalezza aperto il varco d'ingresso a quella sua grotta.

Ne ricordo solo due antri oscuri, uno dei quali una latrina aperta, ai lati d'uno spazio aperto ed in pendenza, poi l'ingresso, per una serie di scalini ricavati nella roccia, nella abitazione vera e propria adddossata alla china del colle, e sua madre rannicchiata davanti con il velo tra i denti, che stupita e timorosa chiedeva spiegazioni alla figlia della mia venuta.

Dopo che io le avevo detto con i modi più rassicuranti che ero italiano, non tedesco come le aveva anticipato la bambina, si è rinchiusa sparendo alla mia vista in un altro vano oscuro, donde mi ha porto il più squisito e gradito cay tramite la figlia.

A costei si era rivolta raccomandandosi vivamente che chiudesse la porta.

Ed anche sua figlia a sua volta mi ha lasciato; così sono rimasto in compagnia di alcuni altri bambini del circondario.

Spero che la loro presenza sia testimonianza ora più che valida che nulla si è compiuto tra me e quella donna.

Poichè quando sono uscito, con sguardo sgomento e stranito mi hanno sorpreso alcune donne del vicinato.

Ed in un atteggiamento compromettente, mentre cioè mi reinfilavo ed allacciavo la camicia.

Così ho cercato di farmi notare  ulteriormente e simpaticamente nel mio passaggio, commentando gestualmente in modo umoristico un assordante battibecco tra donne in cui mi ero imbattuto lì vicino; proprio come chi è espansivo perchè nulla ha da nascondere.

 

 

Konya

 

Ieri ho lasciato Kayseri per Konia.

Ed ora Konya per Antalia.

Quale centro è veramente una meta del mio viaggio?

Arrivo in un sito ed è già un andare oltre.

Se da Bergama non risalgo verso Bursa, può dirsi ora conclusa una prima parte del mio viaggio, quella tra le testimonianze dell'arte selgiuchide e ottomana.

La guida, abusando di vieti stereotipi turistici, afferma che è difficile resistere al fascino di Konya.

A me è invece risultato difficile resistervi anche una sola giornata.

L'accesso alla tomba di Rumi, la visione di splendidi portali selgiuchidi e di qualche rilevante reperto archeologico, per me ne costituiscono l'intero significato storico-artistico.

L'esperienza dell'arte selgiuchide avendo costituito il senso stesso della mia visita di Kayseri.

Tale arte mi è parsa di un intenso valore estetico; particolarmente nel contrasto della tornitura o della squadratura plastica degli edifici, della geometria nitida e solida dei poliedri murali, con il variare sottile dei rilievi dell'ornamentazione, graduantesi dalla grafia cufica agli scavi addentrantisi nelle nicchie a stalattite.

E in me si è subitaneamente formata la congettura, tutta da verificare, che il senso nitido e plastico delle masse proprio dell'arte dei Selgiuchidi, sia a loro derivato dalle forme delle chiese bizantine dell'Armenia che già sottomisero.

Solo che la mia depressione immaginativa è tale e tanta, che al suo bisogno di varietà e di ricchezze di esperienze non basta quanto ho ritrovato in Konya per giustificarvi una sosta.

Così ho lungamente oziato per le lokande e la pasticcerie, a zonzo come i militari oziosi che vi sostavano, poi attardandomi nell'animatissimo mercato domenicale.

I contadini della regione vi vendevano direttamente i loro prodotti, spesso le donne, così come in Cappadocia, intraprendendo il commercio e le transizioni in luogo del marito.

Mi piace a tal punto rievocare la gustosa scenetta, apparsami dai vetri della corriera, all'altezza pressappoco  di Aksaray: lei, la bayan, le mani ai fianchi che comandava sovrastante dal pontile, lui, il bay, che del tutto docile zappava ai suoi ordini.

Lui comunque, suppongo, l'assoluto servo-padrone.

 

 

L'Asia Minore

 

 

Side

 

 

 

Il candore dei marmi nell'eternità del mare,

le schiume del palpito e il rigore,

la rovina diruta che si fa visione,

la carne

consumazione e forma,

quando il turchese lumina dell'acque,

la brezza ne spira che ti vivifica.

 

                                   Side, lunedì.

 

 

Giorni aurei, giorni di fango

 

Non ho più scritto nulla nei giorni successivi alla mia visita di Side. Era la mia esasperazione delle difficoltà e dei contrattempi che mi inibiva a farlo, quando s'io avessi oggettivata tale esasperazione nella scrittura, avrei potuto evitare atteggiamenti e decisioni avventate od esaltate.

Vi sono giorni aurei e giorni di fango, è così, e sono i disagi e gli imprevisti che danno corso all'avventura e all'esperienza;( ,) eppure non vorrei conoscere scacchi e avversità, le contrarietà che movimentano e così arrischiano ed arricchiscono di senso un viaggio.

Perchè, giunto a Kas a sera tarda, anzichè cercarvi un alloggio tentare  di notte l'autostop impossibile del rientro ad Antalya? Solo perchè la stanza ed il viagggio a Termessos vi erano già prenotati? E perchè infierire su te stesso deprivandoti, quando ti ferisce l'imbecillità degli altri nella tua dignità?

Qui in Antalya imperversa una recezione davvero miserabile quanto pretenziosa: servizi più cari e peggiori che altrove.

Stanze crematorio nelle quali è impossibile isolarsi dal rumore esterno, scarafaggi e blatte nel loculo del bagno dell'hotel *,

con finestre e porte incastrate nel letto e nel lavabo, la consegna di stanze senza chiave a turisti soli nell'hotel Huyuk, i cui camerieri ti pedinano  implacabili non appena tenti l'accesso a una miserabile veranda con tetto in eternit e poca vista sul mare, ove sino a mezzanotte si esibisce la monotonia assordante di un'anonima cantante con il suo complesso.

E via via seguitando.

Il restaurant di Kas dove paghi il pesce una cifra iperbolica per la tua mancata contrattazione, eppoi, ieri sera, il restaurant al porto dal quale te ne vai imprecando al cameriere che ti ripete la sera seguente uno stesso gioco, e si ostina a mentire che è finito tutto quanto richiedi di meno esoso, per importi la sua volontà predatoria quale unica possibilità di consumazione...

La mia iracondia è stata certo una manifestazione di dignità ferita,ma altresì una mortificazione del mio desiderio di piaceri sensibili.

Comunque incantevoli, permangono nella memoria monumenti e visioni di questi giorni: dall'alto del teatro crepitante, lo splendore del mare turchese di Side; oltre le bougainvilles, e la moschea, bluescente nella calma assorta del meriggio; poi le fascinose rovine di Perge, i suoi colonnati mozzi e i residui nel tramonto delle sue torri ellenistiche; o il trascolorarsi delle calette tra Finike e Mira, e l'apparirmi poi magnifico dell'articolarsi di alterne lingue di terra e di mare della baia di Kas.

Nei musei di Antalya e di Side inoltre ho ammirato sarcofaghi e statue di grande rilievo, come entrambi gli Hermes, l'uno in torsione, l'altro con kouros, o le rappresentazioni idealizzate dell'eccelso Adriano.

E quale suggestione, infine, Termessos ed il suo teatro montano, in quel paesaggio rupestre impenetrabile nel suo fascino, quanto allo stesso Alessandro fu inaccessibile il sito (la città ora in rovina,) quasi quella parete a picco sul teatro, rivolta in lontananza al mare, suggellasse i misteri mortali che nei sarcofaghi, e nelle tombe rupestri, suggella la invalicabile porta che custodisce Hermes.

E in compagnia dell'alacre architetto romano, tra l'alitare del vento in altura, mi è parso così di rivivere il turismo di solitari amanti delle rovine dei secoli scorsi, le fortunose scoperte di luoghi segreti per i (riservati a) pochi felici.

 

 

A Denizli

 

Rieccomi di pomeriggio qui di nuovo, nella stessa stazione degli autobus ove sul far dell'alba cercavo comunque un orientamento nel braccaggio dei tassisti.

In partenza ora per Didime.

Pamukkale val bene una sola mattinata.

E gli scavi di Hierapolis risultano forse solo una promessa di ritrovamenti significativi.

Quelle candide conche e cascatelle rapprese, derivate dalla discesa erodente dell'acqua calcarea, non costituiscono nient'altro che uno spettacolo naturale.

Ma ciò che davvero vi era insostenibile, era il clima turistico che vi appariva diffuso, di termale favola bella per corpi sani stesi al sole.

Ho ora davanti agli occhi, nella sala d'aspetto, la visione più salutare di una donna enorme e sporca che si masturba, mentre un'altra vi è dispersa in vaniloqui.

 

(Ieri, di ritorno da Aspendos, si sono fermati all'autostop un signore con il suo motorino, ed un contadino con il suo trattore agricolo, sistemandomi su di un ripiano di legno quale piattaforma elevabile e spostabile. Soli tra quanti cui ho sporto il pollice, compresi numerosi italiani per i quali ero ben identificabile come connazionale, per la comune guida turistica che ostentavo loro.

No comment.)

 

Sono stanco. Nell'attesa incubatrice di una delusione continua. 

 

 

Efes- Aydin

 

Il pullman in sosta presso l'autogar di Aydin.

In due soli giorni ho visitato domenica Didim, Mileto e Priene, ed Efeso lunedì.

Il mio intero viaggio così ha avuto una rapida accelerazione.

Ed ora ridiscendo nell'interno verso Kaunos.

In questi due giorni, in virtù della disciplina strenua cui mi sono sottomesso, e della metodicità nelle visite archeologiche che mi sono comandato (imposto), sono infine riuscito a controimpormi alle mie tendenze depressive, quanto alla loro saliente indifferenza.

Così all'ingresso degli scavi, il piacere di  ristorarmi non era solo la manifestazione del desiderio di godere l'arte nel migliore stato fisico.

Ma il godimento che più del richiamo delle venerande rovine, potesse la sollecitazione dei minuti piaceri.

Per corroborarmi ho dunque acquistato la guida migliore che offre la produzione libraria turca, di Ekrem Akurgal " Civilisations et sites antiques de Turquie".

 

 

Efeso

 

Dei siti archeologici che ho visitato eccellono, con Efeso, quelli ove gli edifici furono ideati urbanisticamente in relazione alla configurazione dell'ambiente e della città, come Priene e la fronte aperta al porto di Mileto.

Seduto sugli scalini, ho cercato di mirare con l'immaginazione

l'antica veduta dalle cavee dei teatri di Mileto e di Efeso, rievocando, oltre la scena, le vie colonnate digradanti nello sciamare di genti verso il porto, e al di là, la vista del mare insinuantesi fra il digradare dei declivi ove ora è la pianura, oppure in Priene l'immersione nelle falde del monte a strapiombo del suo teatro; ed in questa rievocazione dell'opera come forma della natura, e della città come un un organismo scenico, ho così rivissuto l'espressione e la suggestione per me più significative dell'architettura ellenistico-romana.

Nella natura tramite lo spirito antico.

 

Ed in Selciouk, ieri sera, vagando nella sua piazzetta gremita di turchi e turisti che giocavano a tavla, sotto la quiete ombrosa dei platani o dinnanzi ai bar spalancati, calma e tranquilla la mia vita è trascorsa riposata e felice.

 

Due cicogne avevano il loro nido su un pilastro, di fronte alla mia cameretta nel gradevole hotel Hoskay.

E con il simpaticissimo giovane addetto alla reception, ho potuto ieri sera imbastire un certo discorso nel mio abominevole english.

Egli mi ha detto del suo interesse per i pittori italiani del Novecento, ed io gli ho espresso quali siano per me i maggiori.

Quindi si è parlato del differente costo della vita e dei differenti stipendi in Turchia e in Italia.

Gli stipendi sono miserevolissimi in Turchia. Egli percepisce 30.000 lire turche, un professore di grado pari al mio percepirebbe 70000/ 80000 lire turche;  quando il cambio è di una Lira turca per 2,5 lire italiane.

Ora è vero che poi ne risulta almeno tre volte maggiore all'interno il potere d'acquisto, ma è pur vero che al mio interlocutore occorrerebbe l'intera retribuzione annuale per trascorrere a stento un mese in Italia!

Infine mi ha chiesto quali conoscenze si hanno in Italia della storia della Turchia, ed il mio giudizio sulla situazione attuale del suo paese.

Gli ho risposto che i miei giudizi sarebbero stati comunque superficiali pregiudizi, ed ho rovesciato a lui la domanda, chiedendogli perchè si è instaurato in Turchia un regime militare dal 1980.

" Perchè la gente per avere più soldi vuole lavorare per i capitalisti".

Non è forse per la stessa ragione, che nei paesi industrialmente avanzati la democrazia è diventata sempre più vuota?

 

 

Pergamo- Troia

 

 

In Ayvalik

 

Quindi, dopo Efes, ho voluto ridiscendere sino a Kaunos e Fethye per vedervi esempi di tombe licie.

Particolarmente suggestivo, a Kaunos, il viaggio caronteo fra i canneti, sotto i templi mortuari nella roccia sino alle vestigia remote della città portuale.

Ed in Fethye, nel frontale ricavato nella roccia dei templi funebri, è il sereno dell'irrevocabilità eterna del nostro destino mortale che vi ho sentito spirare.

Quindi Pergamo, oltre Izmir.

Lo sconcerto all'inizio, esausto e riarso, per la strada centrale affocante di polvere e sole, l'orientamento e la sistemazione precaria; poi, ad una prima escursione, la rivelazione emozionante già dell'Asclepion, al vedervi, pur se insozzate, ancora superstiti le fonti e le piscine terapeutiche di cui parla Elio Aristide, la loro scaturigine stessa e la voragine della quercia sacra di cui fa menzione,  riandando per il percorso sotterraneo e gli spazi dei riti di suggestione degli ierofanti di Asclepio; come già a Didime nell'accedere al temenos della Pizia, fra le alte mura dei suoi penetrali e lungo la ieratica scalinata d'accesso, verso gli stessi pozzi alle esalazioni dei quali si esaltavano le profetesse.

In due tempi poi ho visitato l'Acropoli: ed è stato quantomai duro e stremante portare a termine la ricostruzione dei reperti superstiti.

Ma quale visione mi si è resa così immaginabile, ascendendovi dalla città bassa alla città alta, per i Ginnasi dei fanciulli, degli Efebi, dei giovani, fra templi e portici alternantisi in una successione verticale lungo lo svolgersi sinuoso del percorso, sino alla vertigine del teatro a perpendicolo sotto il Traianeum, e i templi e i palazzi ufficiali della città alta, o al calmo spirare di pini e di querce fra i resti dispogli dell'altare di Zeus.

Tra l'una e l'altra visitazione, nello sfolgorare del sole, tra le sue possenti rovine, nel tempio di Serapide mi sono esaltato del senso del culto delle divinità sincretistiche, e come già in Atene nell'Olimpeion, fra i suoi resti immani, o in Tunisia a Dugga e Sbeitla, mi ha strutto di nuovo il rimpianto della fine del paganesimo, la sola religione nella quale vorrei credere.

Poi il secondo giorno dell'escursione all'Acropoli, la visita è iniziata nella calura canicolare antimeridiana, già lungo l'ascesa, all'afa e la sete, in ogni ombra ricercando il solo scampo  all'arsura in assenza dell'acqua.

Per mia fortuna, da un giovane che portava da bere agli addetti agli scavi ho potuto ottenere acqua da bere, perchè al culmine dell'acropoli l'unico rivenditore era sprovvisto di bibite.

Ho lungamente poi atteso il rifornimento, ma il ristoro che ne ho avuto (concessomi) è stato precario.

Così ho dovuto onorare gli dei ed i miei limiti, e desistere dall'investigazione ulteriore dell'heroon e del tempio di Atena, utilizzando le energie superstiti per la discesa fino al paese, al contempo pregando gli dei che mi prestassero soccorso al compimento della visitazione delle loro vestigia.

" Ed egli nell'avvampo del meriggio, giunto all'altezza delle antiche porte, riparò esausto all'ombra ove curvava il sentiero.

E Atena, che sempre soccorre chi coltiva le Arti, con il concorso di Mercurio protettore dei ladri e dei viandanti, gli fece scoprire un fico sul suo capo, gravido di frutti ancora maturi e di frutti ancora acerbi.

E così la figlia di Zeus parlò al suo cuore:

" Ora gli dei accorsi in tuo soccorso ti concedono i frutti di questa pianta.

Ma tu sii attento a cogliere solo quelli maturi, lasciando che gli acerbi giungano in altri tempi per altri a maturare, senza scerpere invano le fronde.

E se porrai questo limite alla tue fame, ne avrai ristoro bastante a giungere con le tue sole forze alla città degli uomini".

Ed egli ascoltò le parole di Atena, e non colse che i frutti maturi che gli si offrivano, senza scerpere fronda alcuna, e potè così giungere allo stremo delle forze nella città moderna."

Dove fermandomi nella prima lokanda che recasse l'insegna-réclame della birra, ho miscelato nel mio stomaco il farmaco-veleno che doveva corroborarmi o devastarmi: birra, più raki e cacik.

Dopo i più acri e sconsolanti bruciori, sono così uscito dal' oscura lokanda ebbro e vincente, euforico di uno stato di leggerezza esaltata, recuperato il vigore e la confidenza in qualsiasi avvenire futuro.

Così, giuntovi in autostop, eccomi il giorno dopo ad Ayvalik, ritemprato dal sole e dal mare in cui andrò a rituffarmi.

( Nessuna fretta di ultimare il mio viaggio a Troia, di raggiungere la Grecia e le Cicladi, ove riposarmi del viaggio in Turchia, prima della ripresa defatigante del tirocinio scolastico).

 

 

 

Nel tempio di Serapide

 

 

Voragini di cielo

si sono squarciate fra le Vostre rovine,

sono latrine le conche e le tombe

ove escrementano turisti e turchi.

Torpide comitive del Sol Levante

il transito d'ora fra le vostre colonne.

Fra le quali non pensano che a immortalarsi in flash.

Invano fra le fronde è il Vostro respiro,

e la fronte del tempio volge a Occidente.

Barattoli e risa (che rotolano) sui deliri pitici.

Irriconoscibile è l'effige nei marmi erosa.

Ma Voi più ancora parlate nelle Vostre rovine.

E' nel gracidio dei corvi la Vostra voce.

Nel Sole che più sfolgora alto fra i desolati ( dirupati )archi.

 

 

In partenza per Cianakkale

 

Ho tentato più volte e più volte stracciato, o cancellato, un'interpretazione impossibile dei caratteri della vita nazionale della popolazione turca.

Nel corso di un viaggio, infatti, come ci si può ragionevolmente inoltrare oltre la descrizione dei siti o la narrazione di eventi, specialmente se si è turisti?

Sarebbe presumere di tramutare in profondità essenziali ciò che è superficiale impressione di cordialità o scortesie, il riscontro di giustezza o iniquità dei modi.

Eppoi io non ho che nausea di ogni sviluppo levantino, e non ho simpatia che per la miseriadi screta di questo popolo. Mentre non intendo essere reazionario...

 

 

Cianakkale

 

Nel ristorante sullo stretto la gente sgranocchia intorno brustolini e sorbisce cay, intanto che una televisione a colori trasmette il varietà del sabato sera,la cui musica seguono le persone intorno tamburellando con le dita.

Dinnanzi brillano le luci notturne dell'estrema propaggine dell'Europa, mentre la tenebra è già calata ove Europa ed Asia si protendono ravvicinate e si schiudono nel mare aperto dell'Egeo.

E in questa terra incantata nel sole, oggi non ho potuto non pensare a quante guerre ne hanno insanguinate le acque e i lidi per il loro possesso, mentre ripercorrevo questo estremo lembo verso Troia, meta estrema di questo mio viaggio. E mentre il sole ferveva allea svolta delle mura della sesta città, e il mare s'increspava turchese oltre i lidi d'antichi accampamenti, la mente si è commossa e confusa alla rammemorazione di quanto mito e di quali figure ha generato la loro resistenza.

Per varie ore la mia attenzione si è attenuta alla realtà storica di Troia, intenta con angoscia dubitosa, delle sue capacità, a decifrare il grandissimo travaglio di scavi e di reinterpretazione di quelle rovine, compiuto da generazioni di archeologi, attenendomi tra le vestigia alla guida esemplare dell'Akurgal,ed  appprezzandovi le ragioni della distinzione tra la Troia VII di Priamo, Paride ed Ettore, che fu invincibile

dai Greci, e la Troia VII, più mediocre nei suoi resti, essa sì, conquistata dagli Achei, dopo che un sisma e sconvolgimenti di popoli ne debilitarono l'antecedente grandezza, e la ripresa dell'osservazione di Dorplfed Blegu, di come le case trapezoidali, con la parete più lunga a mezzogiorno, appaiano conformi all'ampliarsi successivo, da Nord a Sud, della configurazione urbana successiva di Troia.

Ma mi è bastato poi riformulare qualche nome immenso, pensare a Omero, ai tragici e a Baudelaire, od all'Eneide libro secondo, ripetere i verdi di Kavafis sugli sforzi di noi sventurati, gli sforzi stessi dei Troiani...

E in questa cittadella dirupata ho allora pianto le mie stesse origini.

 

 

 

Grecia

 

 

Lesbo

 

Ora al di la del mare di Lesbo è la Turchia, ove l'altra notte, tra motel e dancing vidi riflessa splendida la luna di Saffo.

In waiting list, ora sono in attesa del volo per Atene.

E tu mare placa la mia angoscia continua, quietami nel fresco respiro del tuo fluido incessante, sii mio refrigerio e calma nel tuo intenso celeste.

 

 

Atene

 

Dopo la sosta coatta di tre giorni ad Ayvalik, in attesa del traghetto per l'isola di Lesbo, in neanche ventiquattro ore sono già in Atene.

Mi sono messo alle due e quaranta in lista d'attesa a Mitilene, e dopo cinque ore, non già dopo due giorni e due notti come già a Rodi, ero già partito col secondo aereo.

Atene mi è apparsa ancora più bella e moderna e meno folcloricamente caratteristica di due anni orsono: e che gioia è stato ritrovarvi all'angolo di Platia Omonia il gran caffè Bretania, ove ho riassaporato lo yogourt con il miele e la crema alla cannella più buoni che ho mai gustato...

Ed avere di notte dinnanzi agli occhi non ancora stravolti, dalla veglia insonne, il capolavoro sottile della Mikri Mitropolis.

 

 

 

Amorgos

 

Da Atene, il viaggio tra la vegkia e il sonno verso Amorgos, che si è rivelata l'isola cicladica che vagheggiavo.

La sua natura interna è aspra e rocciosa, calcinati nel sole biancheggiandovi rari abitati di poche case, dei quali incantevole è la Chora al centro dell'isola, con le sue scoscese stradine ad aprirsi in piazzette amene di alberelli fruscianti e di piccole e candide ecclesie; il bianco delle facciate, e l'indaco di cupole e persiane e balconi, profilandovisi nel più puro e intenso azzurro dei cieli, il suo fermo colore smorzantesi al limine nel glicine e nel cremisi, in un bagliore (luminore ) di immacolate tinte e di tonalità smorenti...

Ed oltre la Chora la roccia precipita a vertigine nell'aperto sconfinato del mare, in un meraviglioso arco della costa, ove in contrasto con le rupi in ombra, nella luce le rocce assumono le colorazioni (tonalità) più vivide, fra le quali l'ocra e il rosso s'avvivano del loro contrasto.

Ed in tale sereno e sublime confarsi di costa e di mare, alle falde della roccia dirupata precipite, s'erge impervio il biancore annidato dei contrafforti e delle mura del monastero della Koriotivissa, ove la vita monacale sembra raccogliersi nella contemplazione continua della gloria di Dio, nella bellezza perenne rimirandola dell'Egeo sconfinato.

 

Ignavia

 

E ieri, presso la spiaggia immonda di Paradissia, lasciato il mare a furoreggiare sporco tra incantevoli scogliere, nell'estiatorion adiacente, di fronte all'ignavia di quel vecchio greco, che vi teneva le bibite a frementare in acqua sporca, di fianco a un bancone che non offriva che qualche scatola rugginosa e delle gallette rafferme, indaffarato a vuoto tra un fornellino per il caffè e delle panche a soqquadro, divaricato a sedervi tra il pendere dal soffito di una carta moschicida rinsecchita, negli occhi la paura della propria vergogna e l'angoscia che vi lampeggiava dell'altrui disprezzo, la supplica allo straniero di risparmiarlo, l'impulso a scrivere mi fermentava di dentro come da una ferita, scaturendo dal bisogno di redimere così quest'isola da tale miseria, come dall'orrore di chi mi è prossimo che mi ricordavano.

Ma l'arte solo se ne esprime l'intimo orrore, può celebrare la realtà.

 

 

Apollo

 

Poi domenica da Amorgos ad Atene, e lunedì a Delfi.

Ove invano ho invocato Apollo di serenarmi nella sua quiete, e di farmi così desistere dalla miseria degli altri, mentre coloro ammollavano e asciugavano  mani e piedi, ove dalle voragini scaturivano le linfe del dio.

" Ch'io ti riascolti nel chiarirsi dell'acque..."

Ma il dio mi parlava invano alla fonte Castalia.

Le mie patologie mi ottenebravano, stravolgendomi continue le tensioni intime, e davanti al ceruleo incanto del golfo di Corinto, mentre nel tramonto candidi velieri vi veleggiavano immobili, invano ho aperto Holderlin.

Era la sua immagine di una Grecia verde di olive e di querce che avevo dinnanzi: ma inutilmente ne evocavo il quietarmi.

L'agire convulso, e la troppa violenta corrente del Tempo che lamentava Holderlin, ora impedivano a me stesso di sostare calmo nella grandiosità serena.

" Sterile come furore resta il sudore dei miseri".

E sterile furore è stata poi la difesa violenta della mia dignità ferita.

Ed ora in Olimpia, ultima meta, io invoco ancora invano il placarsi del nero tormento che mi attossica l'anima.

 

 

Nella pace di Olimpia

 

Al placarmi in Olimpia ho compreso alfine il compiersi dell'agire di Apollo.

" Io sono il chiarirsi del solo tremendo.

Non rampollo che dalla cenere di ogni agone e spasimo".

Così nella verde e fulgida pace di Olimpia mi ha parlato il dio.

Numinoso nella forza del dolore che si domina, ad affermarvi l'eterna vittoria dei Lapiti compositi, su ogni Centauro inebriato nel sangue.

Rammemorandomi che siede la Pizia sul tripode donde esalano le membra di Dioniso.

Fra il folto splendore di cipressi e querce, così ad indicarmi nell'assolato stadio di Olimpia la fine del viaggio.

Nel cui vuoto desiste ogni commozione.

E ciò che rimane del tempio di Zeus, è la mia desolazione residua e di ogni vivente.

 

 

L'isola

 

 

Non c'è un ultimo approdo,

e il mare ancora aperto si distende,

appena spira il vento

la deriva reca ancora rantoli e frantumi,

e dove non era che il vento e la roccia

riconducono tracce a orme trascorse,

e vi sono ancora tratturi e dimore e casematte,

i diroccati fortilizi in abbandono della pirateria,

e i rifiuti scoscendono i dirupi residui.

Verso l'isola ulteriore

così ti sospingi nel lasciare la riva,

e la tua partenza è il nuovo ritorno

finchè il varco respira del mare.

 

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