In Marocco

all' Indice del Viaggi nel Maghreb

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All'Indice degli Scritti 

degli anni 1986-1994 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Marocco

 

 

Marrakesch, 18 agosto

 

Ieri, benché il caro Mebrouk Djalil neghi che nel Marocco ci sia il deserto, ho attraversato il Sahara marocchino.

E ora di nuovo sono (nel tripudio esotico di) in Marrakesch, assistendo nel tramonto, oltre le seggiole e i tavoli immersi nella penombra del caffè, tra le zaffate di urina dai cessi, all'animazione perenne vivida di colori lussureggianti della Djema-el Fna.

Già ieri sera, in Er Rachidìa, mi sentivo stranito del gremitìo di vita del Marocco, ed era come se ogni aspetto, che ne rivivevo, intendesse essere vissuto per la prima volta, svanendone ogni memoria che cercavo di riattingere del viaggio precedente.  

Dopo la miseria socialista algerina, ora tra gli archi coronati e le effigi dappertutto della monarchia marocchina, mi straniva tanto stridore di vita, di dignità di cenci e volgarità di sfarzo, tanta commistione di tramandi folclorici e di oltranza occidentale, il più puro candore delle djellaba tra le fluorescenze del rayon, quel frusciare in sete e tessuti sintetici di ammanti di tuniche e cappe, tra gli stracci variegati di toppe di straccioni non meno magniloquenti, nell'incedere curvi sul loro bastone come re folli e mendicanti.

Ed oggi, nel corso del viaggio, ripercorrendo in autobus la vie delle Kasbe fino a Ouazarzate, poi risalendo in un paesaggio sempre più fantastico la valle della Draa, l'immaginazione ( irrealizzava) nella natura rapprendeva un identico tumulto di forze, come se all'immensità infinitamente trasmutata dal vento del Sahara algerino, fosse subentrata la rappresentazione incantata di una drammaticità originaria, e l'orogenesi dell'urto delle placche, in cui i monti d'Atlante si sprigionarono dal fondo del mare, fosse la scaturigine rafferma di forme e colori strabilianti di monti e di rocce, all'inesausto succedersi della sedimentazione fantastica di ogni tonalità mineraria, di ocre calcaree rosse, verdi, brune, gialle e grigie luminescenti, ove sul verde argentato degli oleandri del fondovalle, si sovrergevano, annidandosi, ksour e villaggi di case a terrazza (di montagne), fusi nei toni smorzati o di fuoco di una medesima argilla, eppure dissonanti di una nota più viva dai crinali circostanti, benchè tratti e arrotondati dal loro medesimo impasto.

Finchè disceso l'estremo declivio del TizinTika, non è stato il tripudio di palme prima di Marrakesch, ove nella sera la Djema el-Fna si viene ora arrosando e affumicando delle rosticcerie delle bettole.   

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A fatica gli occhi dal fango

 

In Marrakesch ho cominciato a faticare a levare gli occhi dal fango. Il senso d'orrore per ogni forma di vita( intenta),che vedevo brulicarvi, veniva così significando che l'incanto del viaggio volgeva al termine.(Così) Ho allora intensificato le mie peregrinazioni, rivisitando le tombe sadiane e la medersa di Beni Youssef, perdendomi nella medina, e poi cercando di ritrovare l'ordine interno ai souk.

Ma è tale la vitalità di Marrakesch, che nonostante l'afa piovosa che alitava fetori e aromi e decolava liquame, la sua animazione alacre ha trasceso il mio orrore incipiente.

Ma a deteriorarmi, ciononostante, era piuttosto che non potevo levare gli occhi su un volto o un aspetto, o volgermi intorno in cerca di un riferimento, senza che mani e voci, intollerabili, sopraggiungendo non insistessero per invitarmi ad entrare in un bazar o per offrirsi da guida.

" Va t'en, va t'en foutre", era la reazione rabbiosa di artigiani e offerentesi, quando agli uni, ad esemnpio, ribattevo che i loro brancicarmi irritanti non erano che l'attestato del loro sottosviluppo commerciale, agli altri che la loro miseria non li autorizzava di certo a impedirmi la più inviolabile libertà personale, sudata con il solo frutto del mio disconosciuto lavoro, di viaggiare da solo, e affaticato e stanco, per fare e vedere di consentito ciò che volevo.

Così l' alterazione ha deturpato ogni riguardo in gesti di furore intollerante ed insolente, non senza sortire, tuttavia, che più di una voce non riprendesse le mie stesse ragioni, che un garzone o commesso con me non giungesse a levarsi contro la " gente emmerdante" de Marrakesch", che come il proprio padrone costringe i suoi pari ad umiliarsi anche solo per una bazzecola in quegli inutili richiami infastidentissimi.  

 

Il viaggio seguente, fino a Fes, non è stato che il farnetico di un dormiveglia sudolento.

Dopo avervi trovato in un battibaleno l'Hotel che cercavo con ansia sulla guida, nel disperdermi già nel lunghissimo itinerario fino alla medina, vi ascendevo il Calvario già di Marrakesch, finche, intenzionato a concedermi la cena in un ristorante dei più lussuosi, per mia buona sorte non vi sostavo presso un videoclub, sortendone il felice incontro con il giovane che lo gestiva in luogo del fratello.

" Con Saddam Hussein gli arabi hanno risollevato la testa," è il motivo che mi ha ripetuto al discorrere iniziale già della Guerra del Golfo.

" In Marocco- mi diceva tra le sue cassette di film di violenza, -, il re, la polizia e i grandi mercanti sono contrari a Saddam Hussein, mentre invece con Saddam Hussein è il popolo intero.

Gli ho raccontato, e ne abbiamo riso insieme, della favola candida di quell'islamico fervente che ho incontrato a Marrakesch, e ch'io ho contraddetto con indulgenza nella sua devozione fanatica, per l'amabile sorriso che ne mitigava ogni discorso di fatwa, il quale, quando ai suoi vaniloqui antipapisti contro gli ori e i tesori di Giovanni Paolo II, le cui posizioni sulla Guerra del Golfo è venuto falsificando in un appoggio benedicente l'invio dell'armata americana, ho replicato che in ancor più ori e tesori naviga lo stesso suo re Hassan secondo, mi ha controreplicato, convinto, che tutto ciò che riceve il suo re lo dà ai poveri.

"Qui c'è gente che non ha un centesimo, mi ha soggiunto il giovane,il quale ha annuito senza contrastarmi, a tutto quanto  gli obiettavo sull'intelligenza politica e il valore di Saddam Hussein, della sua sfida a tutto il mondo, senza che ciò significasse, beninteso, che le sue parole non seguitassero a lumeggiarlo ai suoi occhi quale un idolo eroico.

Ciò che comunque lo ha compenetrato, é stata l'intransigenza con cui ho denunciato tutta la gravità dell'antigiudaismo arabo, che aggallava in certe sue espressioni, richiamandogli le differenze di posizione sulla stessa questione palestinese (che sussistono all'interno del) interne al mondo ebraico, e che tale ostilità razzisticheggiante inibisce a farsi valere oltrechè sentire.

Anche a seguito del dialogare con quel giovane, un dato ( una cosa (conclusione)) per me é comunque certo(a): come la generalità dei miei interlocutori maghrebini sia dogmatica nei contenuti dei suoi asserti, ma dialogica e tollerante del contrasto nel confronto, laddove la generalità di chi interloquisce in Europa, specie sui media, è relativista e pluralista nell'etichettarsi, ma di una intolleranza faziosa e settaria nei toni e nei modi.

E quando al giovane ho confessato di avere sperimentato, di persona, l'ipocrisia della sua gente che si ammanta tanto spesso di fervore islamico, egli si è riconosciuto in quanto gli dicevo, annuendo che per il denaro sono disposti a fare ogni cosa. 

Dovevo già lasciarlo, data l'ora tarda, per recarmi al ristorante, e così iniziavo di nuovo a disperdermi, inoltrandomi oltre il fondouk el-Nazarin in restauro, dove sostando avevo potuto dialogare brevemente con uno studente grande conoscitore dell'opera di Tahar Ben Jelloun, ruotavo in un turbine vano intorno alla Grande Moschea, di cui non avevo il tempo che di adocchiare affascinato le sale di preghiera, affidandomi dapprima vanamente a un bambino di bottega che mi veniva allegato, e poi ad un uomo ricurvo troppo intelligente per la mansione che simulava di assumersi senza obbligarmi a un compenso, se nel condurmi in un dedalo biancheggiante e interminabile di vicoli fino al ristorante Al Fassi, prolungando senz'altro il tragitto per elevare il mio "libero" obolo, aveva modo di complimentarmi per l'esperienza di solitudine che avevo intrapreso nel mondo islamico.

E con che diplomazia si era abilmente sottratto a una mia incomoda domanda, nel rispondermi perchè che quella sera avrebbe ascoltato il discorso alla nazione del proprio re, nell'anniversario dell'Indipendenza; " sarà senza dubbio interessante".  

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Lo sarebbe stato, certamente, come avevo modo l'indomani di constatare integralmente su ogni prima e doppia pagina,per chi avesse voluto rianalizzare come l'appello al nazionalismo, in nome della marocchinità dei sahouriani e della sahourianità dei marocchini, che vanificava a dire del sire ogni necessita di un referundum che legittimare l'annessione del Sahara spagnolo, sia utile pur sempre a chi governa, come per un suo trucco di prestidigitatore, a occultare lo scenario della miseria infinita dei propri governati, ogni stridore di contraddizione e contrasto che alla sua vista si leva, al cospetto del popolo grasso della corona.

Quella sera, nel restaurant, era musica egizia contemporanea che ascoltavo, scambiandola quale musica malouf per la sua arcaicità strumentale, nel delibare nello squisito interno le più squisite pietanze, allorché ne chiedevo conto all'inserviente,  che aveva così modo di  riprovare a viva voce in arabo la mia risibile gaffe.

E rientrato in hotel a mezzanotte inoltrata tra gli ulteriori insolenti, eluso uno splendido ragazzo intento a prendere sonno in un angolo di strada, mi sono risvegliato agitato alle quattro, rigirandomi, rialzandomi e ridistendendomi a prendere sonno, nel chiedermi intanto se l'indomani dovessi o meno recarmi a Rabat, a verificarvi di che temperamento, effettivamente fosse, il fratello di quel delicato giovane incontrato l'estate scorsa sul treno da Tanger a Fes, che dopo un esordio invocante che Allah sia benedetto, mi aveva scritto una strana lettera ambiguamente invitante.

Riprendevo nel mentre in mano la lettera; rileggendo la quale mi accorgevo sorpreso che gli errori non erano errori, che la sua stranezza era solo presunta, e che soltanto la mia sessualità interessata l'aveva fraintesa. Poichè Aicha in vero è una donna. E pertanto, ciononostante, mi recherò a Salè a incontrare la sorella del bellissimo giovane.    

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Stamane, 21 settembre

 

La caduta di Gorbaciov

Solo stamane, 21 settembre, acquistando un giornale ho appreso dell'evento immaginabile e possibile che più temevo: della caduta di Gorbaciov.

Tra il pane e la libertà politica, la scelta del popolo sovietico che è maturata al vertice è ora chiara del tutto.

E' evidente, tra un ritorno all'ordine totalitario e gli aiuti occidentali, quale credito è prevalso.

Intanto Ibliss, già di primo mattino, ha ricominciato a metterci le corna anche nelle mie faccende: ogni autobus per Rabat oggi è completo, e la montatura degli occhiali si è rifratturata.

 

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Il retroscena a doppio fondo

 

Stupefacente, stupefacente oltre ogni dire, il doppio fondo della vita del giovane  del videoclub e della sua famiglia.

L'avevo già reincontrato e salutato lungo la Tallat, mentre risaliva intento a un carico e a un impegno.

Quando, dopo avere rivisitato le mederse di Bou Inafia e di El Attarin, sono poi ritornato a mezzogiorno nel suo videoclub, mi ha invitato a pranzo a casa sua prima che partissi.

Nel locale, in attesa, gli ho proposto uno scambio postale di audionastri (registrati), chiedendogli in cambio di registrazioni di musica ala e di melodie egiziane di Oum Kaltoum e di M. Abduallah, il cantante arabo qui più famoso fra i giovani e recentemente scomparso, quale musica occidentale dovessi inviargli. Ed egli, quand'io temevo ben diverse candidature,  mi ha fatto un solo nome consolantissimo:" Mozart".

La sua situazione domestico-abitativa, in cui intanto m'addentrava, non aveva definiti contorni nei suoi accenni, poichè mi è venuto solo  alludendo a una sua casa "ancienne", poi ad un'altra più imprecisata, parlandomi della scuola dove vive il padre quando vi fa il guardiano estivo .

E risalendo la medina, una volta chiuse le serrature a più lucchetti del negozio, è in quest'edificio scolastico che mi ha condotto, quantomai anonimo e scrostato nella sua obsolescenza, dove il padre, benchè fosse un mercante, per una ventina di giorni era appunto succeduto a due suoi predecessori nel custodirlo.

Aperto l'uscio, tra malcelate risatine, e con una mia certa sorpresa, mi accoglieva uno stormo succinto e allegramente nomadesco di fratelli e sorelle, lì accampati con le suppettili domestiche insieme al padre e alla madre.  

E tra banchi e in aule vuote e scassate, ci siamo aggirati

a lungo non sapevo bene in attesa di che cosa.

Ero sconfortato di quella destinazione così poco sapida, mentre riguardavo, di fronte, l'altissimo muro di cinta della vastissima dimora- mi diceva il giovane-, di un famoso e ricchissimo mercante morto da anni, e che i suoi figli disabitavano da tempo.

Con mimica facciale sempre più stirata, ostentavo comunque buon viso ad avvilentissima sorte.

Finché, d'improvviso, sopraggiungevano entrambi i genitori, recando non capivo bene da dove le vivande, lui con un certo fiero portamento, lei vivacissima e allegra, alla apparenza selvaggia, quanto, pur tuttavia, può sembrarlo una donna preservata integra da ogni sapere riflesso.

Il giovane, in negozio, mi aveva anticipato che avrebbe richiesto alla madre di prepararmi delle specialità della cucina di Fes: ma ciò che veniva imbandito alla mia attesa (delusa) frustrata, su due banchi di scuola riuniti sotto una tovaglia stracciata, non era che un'insalata di pomodori e cipolle cosparsa di un pò di prezzemolo.

Io, via via che fratelli e sorelle confluivano a tavola, attendevo comunque anche l'arrivo di posate e bicchieri:

attendendolo non senza una vaga apprensione, ed a ragione, ne dubitavo dell'arrivo, poiché messici a tavola, quando si sono uniti i genitori, la nidiata, al pari dei grandi, iniziava a intingere i tozzi di pane e a prendere tutto con le mani nel medesimo piatto( comune).

" Mangez, mangez,..." si insisteva intanto calorosamente a ch'io facessi altrettanto,( nel rinnovarmi unanimi l'invito a fare altrettanto,) com'io mi sottoponevo per educazione e rispetto ad adempiere con sincera ritrosia, non senza che il capofamiglia, per educazione a sua volta squisita, non alludesse, divertito, al fatto ch'era così andata delusa la mia attesa stravagante di usare forchette (ch'io mi attendevo la stravaganza di usare forchette.).

Il piatto sostanzioso, e più luculento, erano quindi delle patate giallognole di zafferano in un rado sugo di pomodori e peperoncini,( e che mai altro,) che sormontavano un piccolo pezzo di carne di cui calorosamente ho declinato l'invito.

" La viande ici coute chère", mi ribadiva il giovane comprensivo.

Quando poi é sopraggiunta una vicina, i resti del pane, che avevo sbocconcellato, hanno costituito gli avanzi di cui è stata commensale.

Così essendosi mestamente fatto già tardi per il treno per Rabat,

il giovane mi ha condotto  per i vicoli della medina, almeno a vedere quella sua fantomatica casa "ancienne"; finchè addentratomi privo di aspettative in un lurido vicolo intralciato di calcinacci, ha aperto al fondo un'antica porta, sfasciata e fuori dei cardini: oltre l'ombra del cui andito (dell'andito ad essa seguente), mi trapelava, stupefacente, lo splendore favoloso in rovina di un antico palazzo, costituito da una duplice galleria di sale attorno a un patio, splendido di ceramiche e stucchi e fontanili, benchè fatiscenti, mentre agli angoli del lucernario squarciato, si sfacevano ( si sfarinavano) le residue vestigia di un mirabile rivestimento di cedro.    

Dopo avermi fatto intravedere dalla toppa lo splendore, filtrato di luce, dei vanni e veli e cuscini della camera violazzurra del padre, il giovane mi conduceva quindi in soffitta, dove un pollaio escrementava una gattabugia superstite.

Mentre poi scendevamo, dal lato più in rovina, un miserabile sparuto faceva mostra della sua nudità in slip, il solo inquilino, come il giovane mi diceva, delle famiglie alloggiatevi che avevano affollato e degradato più ancora il palazzo, a seguito del flusso migratorio delle campagne, infliggendogli sorte analoga a quella di tanti altri palazzi ugualmente splendidi e fatiscenti della Medina, che, come mi indicava il giovane, ne costituiscono il 50% delle dimore.

" E l'altro che possiedo è ancora più bello, soggiungeva, mentr'io strabiliavo," peccato manchi il tempo per vederlo".

Mi spiegava, altresì, che tali palazzi in rovina non costano cari, a differenza di quelli restaurati, e come il padre avrebbe voluto venderli entrambi, pur di insediarsi in un quartiere della Ville Nouvelle, e come solo le resistenze di loro figli lo avevano fatto tuttora desistere.

Trasecolato, gli dicevo che se in Italia avessi posseduto e potuto restaurare due palazzi simili, e ne avessi ceduto anche uno soltanto, sarei divenuto ricchissimo per tutta la vita in un ambiente di fiaba; ed assillato quasi ne fossi divenuto comproprietario, l'ho sollecitato a resistere con i fratelli a quei malintenti paterni; ancora un poco, e gli avrei scherzosamente suggerito di farlo internare...

L'ho quindi salutato nel pomeriggio inoltrato, sulla soglia del suo negozietto che veniva riaprendo, mentre le sue ultime ripetute parole erano: " N'oubliez pas, n'oubliez pas ", di inviargli ( che gli inviassi) gli audionastri promessi.

E già nell'avvicinarci lungo la Medina alla sua casa antica, ed avendogli chiesto che cosa ne pensasse del mio punto di vista su Saddam Hussein,  se per lui fosse davvero un eroe, ora mi confortava che mi avesse assicurato che avevo ragione in ciò avevo detto, e che anche per lui Saddam aveva fatto davvero delle cose cattive. 

 

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Nel tripudio dei fiori

 

E' bene, che il mio tour iniziatosi sulle coste mediterranee di Cartagine, trovi la sua conclusione ( si concluda ) sulle coste atlantiche di Rabat, ove si respira un'aria più libera che altrove nel Marocco, come attesta che posso scrivere queste parole sul retro di "Le Monde", la cui titolazione fortunatamente riporta le gravi difficoltà in cui versano i golpisti di Mosca.

Intanto, nel giardino degli Andalusi, ricerco l'occasione che due anni or sono qui ho perduto, ma il volto a me accanto è quello abbrutito di un giovane padre.

Mentre scrivo la menzogna che mi sono recato da Aicha e che non l'ho trovata.

Arriva ora un giovane, incantevole, (scabrosissimo) dai lineamenti scabrosi e luminosissimi nei i nerissimi occhi, il suo cagnolino che si smarrisce ogni tanto.

Finché anch'io m'alzo e mi perdo nel tripudio dei fiori. 

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Aicha

 

Nel caffè più vicino ho atteso sino alle 15, 30 che rientrasse dal lavoro, dopo che la sorella più giovane, tramite una ragazza del vicinato che faceva da interprete, mi aveva detto la ragione per la quale non l'avevo trovata in casa.

Bella di una maturità precocemente intensa, con semplicità di modi mi ha salutato ed accolto nel soggiorno, un interno costituito da un ripiano lungo tutti i muri su cui sedersi, rivestito di una coperta e di cuscini, disposto intorno a un ornato tavolino in rame, il tutto fragrante di nitore ed ordine.

Intanto che mi osservavo intorno, lei terminava di leggere le parole che le avevo scritto in un notes, quando ancora non credevo di rimanere ad attenderla, incaricando la sorella in mia vece che gliele recapitasse.

Avevo cercato di essere nei suoi riguardi quantomai sincero, confessandole la mia diversità dalla norma degli uomini, e la mia distanza morale dalla legalità dell'Islam, che costuivano alcuni alcuni dei motivi soltanto, per i quali non avevo risposto alla sua lettera, mentre le ulteriori ragioni per le quali non le avevo risposto, erano evidenti nello sconcerto con il quale rigirava fra le mani la lettera che mi aveva inviato, e che le avevo rimesso, rigirandola quasi fosse un atto  commesso con leggerezza che non le apparteneva, e di cui la mia venuta era la conseguenza imprevista che doveva fronteggiare.

" L'ho scritta su (dietro) richiesta di mio fratello" era la sua ammissione reticente di quanto le leggevo negli atti, eppure ha seguitato (a chiedermi e) ad impegnarmi a dirle perchè mai non avessi risposto a quella sua lettera, in cui si era ridotta ad apparirmi " toujours souriante, une personne qui se fait des amis de suite et partout".

" Je ne suis pas étudiante à la faculté de Science économique, comme je vous avais écrit, J'étais étudiante à la Faculté de geographie, chimique et biologie", era l'ulteriore correzione che apportava alla sua rappresentazione di se stessa, in quella lettera, mentre la pena vivente della sua esistenza apriva già il varco alla confessione delle " difficoltà e dei problemi", malgrado i quali, nella lettera aveva finto di apparirmi "toujours souriante".

I suoi genitori avevano divorziato da tempo, e lei aveva dovuto interrompere gli studi per mantenere i fratelli, assumendo un incarico precario di segretaria d'azienda, che nulla aveva a che vedere con le sue ragioni di studio, con la sola promessa incerta di un'assunzione futura.

Forse si sarebbe iscritta ad una scuola serale, ad un corso d'Informatica, ad esempio, pur di sovvenire le necessità famigliari.

Mi ha chiesto se anche in Italia le cose stanno così.

Le ho risposto che è così anche in Italia, e che più spesso è vero invece il contrario, che i miei giovani allievi sprecano e non traggono profitto dai loro privilegi, e che i loro privilegi li rendono ostili e ciechi alla miseria degli altri.

" Voi non immaginate quante volte mi abbiano a scrivere:

"Chi oggi non possiede e non dispone di questo o di quello?"

Per sincerarmi che gli svolazzi religiosi di quella sua lettera non esprimessero uno slancio integralistico, ho seguitato parlandole di altri inevitabili argomenti, a onore del vero, ossia di ciò che nell'Islam è più repulsivo alla mia coscienza; lei ha protestato, a differenza di ogni fanatico cultore dell'unica legge rituale, asserendo che vi sono più modi di intendere l'Islam, e che potevo essere la voce di un pregiudizio razziale.

Alle sue obiezioni ho soggiunto che l'Islam che rigetto è il mondo di vita in cui è cresciuta la mia infanzia, l'universo di barbarie fallica che ho rigettato crescendo, la sordidità che svilisce la donna a terreno da seminare, e per la quale è inconcepibile l'uomo singolo e solo,, e non le ho sottaciuto

quanto susciti avversione in me, come in molti degli Occidentali, elevare perpetuamente Allah tra se e gli altri, tramutandone il nome nella ricorrenza di ogni ritornello e indovinello

Ho cercato quindi di farle comprendere come nell'occidente capitalistico anche per i credenti Dio si è ritirato dal mondo,

per lasciare gli uomini assolutamente liberi, e che ciò che più conta anche per la moderna coscienza cristiana, più che la fede, che è un dono, sono gli atti di bene che si compiono, ciò che uno fa della sua vita per gli altri, motivandole, conclusivamente, come per me un ateo che fa il bene in sè e per sè, sia assolutamente superiore al credente che lo compie solo in vista dell'Ultimo Giorno ( solo per guadagnarsi il Paradiso ed evitare l'Inferno).

Mi era evidente il suo sconcerto, le sua difficoltà su ciò che le dicevo a confrontarsi, così le ho chiesto di questioni sociali ed economiche, del regime monarchico  del suo paese, provocandola con il dirle che mi sembrava che il suo re usasse" una mano differenziale" con i suoi sudditi, che cioè assicurasse più libertà in Rabat, Tangeri o Casablanca, che nel resto del Paese, così per meglio sussumere una protesta operaia o studentesca altrimenti esplosiva.

Il suo diniego è stato netto, a qualsiasi concessione di magnanimità al suo sovrano; Aicha non ha inteso concedergli il minimo benevolo intento,( al suo sovrano,) nei riguardi del "suo caro popolo".

Di libertà, a suo dire, non ne aveva concesso che "un peu", e "très, très limitéé", ed ha convenuto, ripetendolo in arabo per confermarlo meglio a entrambi, solo sulla mia proposta del termine "dittatura", per definire il regime di Hassan II.

Sulla condizione della donna, nel Marocco, ha invece convenuto che ha conosciuto dei miglioramenti, indicandomeli principalmente

nella conquista del diritto al lavoro,( "prima era l'uomo che guidava tutto"), e nella possibilità di ottenere l'affidamento dei figli in caso di divorzio.

Si è parlato ancora di altri argomenti, delle condizioni degli emigrati in Italia e del problema dei profughi albanesi, io teso, con le mie domande, a rompere il silenzio in cui lei ricadeva assorta.

Intanto la sua sorella più giovane, che si era riabbigliata con una giacchetta attillata di velluto su una gonna intonata, si era venuta a sedere a lei d'accanto.

Poi nell'avviarmi a lasciarci, per intensificare ciò che sottaceva il suo sguardo, le ho riassicurato che ne comprendevo tutta la pena, il dolore ch'era nel ritegno delle sue parole amare, quanto la tormentasse avere dovuto stroncare gli studi all'incombere delle necessità familiari, in un fermo orgoglio che la conferiva la fierezza e lo sdegno che d'un tratto le faceva dire, categoricamente, che non le importava niente di ciò che di lei pensassero gli altri.

Nel lasciarla, assicurandole che le avrei scritto una volta in Italia, l'ho esortata comunque a tentare di riprendere e seguitare gli studi. "  Forse non è che una chance, che un filo di speranza, le ho detto, ma è forse per voi, come per tanti giovani che ho conosciuto del vostro Paese, la sola speranza che rimane."

E sull'autobus, al rientro a Rabat, che mi serrava la gola era la riaffermazione che avevo ravvisato  della sua dignità ferita, in quell'ordine domestico pulito e confortevole, in quella cura di se stessa e del proprio decoro, che Aicha veniva così trasmettendo nell'indigenza ai propri fratelli.

Che non solo per la mia coscienza, è uno dei modi più alti di un'anima di pregare Dio o la vita.      

 

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Racisme

 

Oramai, sul pullman al rientro per la Spagna, la mia insopportazione dei Maghrebini è divenuta intolleranza fisica.

Non tollero vederli ancora e il sentirli parlare, non sopporto più le loro gutturazioni raschianti, quel loro irriducibile afrore di sudore e di polvere, la loro implacabile miseria ignorante e fervente.

Mi invasano di orrore stremato,  come ogni razzista ne avverto la presenza come un intollerabile virus.

Finchè lo spregio si esaspera nell'odio di ogni realtà di massa,  (degli estivanti alle stazioni,) (stravaccati e bercianti nei) dei carnai immondi di europei estivanti, al sentirli come pappagalleggiano e squittiscono, per esibire la più ottusa sufficienza che non sente alcuna mancanza,  quasi bastasse tra una chiacchiera e l'altra, il solo loro consumare formicolando,  finchè l'acme  è lo schifo dell'italianità, così come prorompe, sui vagoni,  in queste orde di giovani italioti senza ritegno ,  via via più straboccante ed eruttante , ( e )che ritrova in loro i suoi connotati più autentici, nazionalpopolari, nell'essere tanto (così) prepotente e  vaffanculeggiante, per come sbocchineggiano in oltraggi ogni straniera finchè non pianga,

o ( per come)  vomitano insulti anzichè cedere i loro posti occupati abusivamente (nello scompartimento di prima classe) a chi (sopraggiunto) ne ha diritto, in tutto così simili, già fetenti,  ai padri e ai padri dei loro padri,  e che non sanno a parole che cazzeggiare, in discorsi che non esprimono che gusti e disgusti da schiavi.

Si passa la frontiera nel giorno della messa fuorilegge del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, del crollo finale del Comunismo per esecuzione testamentaria dello stesso Gorbaciov, e il solo giornale che immediatamente appare in ogni vagone, a Ventimiglia, non è che la Gazzetta spetazzante dello Sport.  

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E rigurgito la stomacazione, ininterrotta, dello schifo al pensiero  di chi loro ha fatto da padre

 

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