ALL'INDICE GENERALE

La critica del moderno e la crisi nichilistica della cultura in Nietzsche

PREMESSA

NOTE

  Per Nietzsche, dagli scritti giovanili fino agli ultimi, prima della crisi fatale di Torino, è la cultura- sia che ponga al suo vertice l'arte, sia che vi ponga la filosofia o le scienze- che sempre è per lui il fine ideale dello Stato, laddove nella realtà del suo tempo, com'è accaduto in Germania con l'avvento e l'ascesa del Reich, è lo Stato che subordina la cultura alla sua volontà di potenza.

Il genio, per il giovane Nietzsche, il " vero spirito libero " per l'autore di " Al di là del bene e del male", sono la potenza di cui lo Stato dev'essere strumento, gli individui ai quali tutti gli altri vanno sottomessi, poichè " ogni uomo, con tutta la sua attività, acquista una dignità- scrive già in " Lo Stato greco", solo in quanto sia, coscientemente o inconsciamente, uno strumento del genio; onde si può dedurre senz'altro la conclusione etica che l'"uomo in sè", l'uomo in assoluto, non possiede né dignità né diritti né doveri: solo come essere pienamente determinato, al servizio di scopi ignoti, l'uomo può giustificare la propria esistenza".

E' pertanto incontrovertibile che" la schiavitù rientra nell'essenza di una cultura" ( ibidem).

" La venerazione e la distanza fra uomo e uomo- riaffermerà nell'Anticristo- " è il presupposto di ogni elevazione, di ogni sviluppo della cultura".

" Perchè esista un terreno vasto, profondo e fertile per lo sviluppo dell'arte, la stragrande maggioranza degli uomini dev'essere al servizio di una minoranza, dev'essere sottomessa- in una misura superiore alla sua stessa miseria individuale- alla schiavitù dei bisogni impellenti della vita. A spese di questa maggioranza e attraverso il suo lavoro supplementare quella stessa classe privilegiata dev'essere sottratta alla lotta per l esistenza, per produrre un nuovo mondo di bisogni e per soddisfare a questi".

E' nella stessa prospettiva che in " Al di là del bene e del male" Nietzsche polemizza contro i " falsi spiriti liberi", contro i livellatori democratici, per i quali le cause di tutte le miserie  e degli insuccessi umani sono le vecchie forme di società, sicché, perchè gli uomini si sviluppino autosuperandosi, occorrerebbe battersi per l'uguaglianza dei diritti e l'abolizione del dolore, dei pericoli, e delle difficoltà, rendendo così felice, facile e sicura la vita sociale.

Per Nietzsche, invece, pressione e coercizione, durezza, violenza e schiavitù, il dolore, il pericolo, le difficoltà e la malvagità ( " la potenza è sempre malvagia" , già aveva affermato in " Lo Stato greco"),  quanto la segretezza enigmatica della maschera e la solitudine insocievole, sono in realtà le condizioni stesse di espansione della volontà di potenza degli uomini che sono " veri spiriti liberi" ( aforisma 44).

Il filosofo del futuro, il vero spirito libero si servirà dunque dello Stato e della Religione, nella loro natura coercitiva, per educare le vere nature forti, gli spiriti aristocratici, a " vincere le opposizioni al comando su se stessi", che sorgono dagli istinti interiori; eventualmente, come i brahmini d'India, delegando ad altri il  governo politico, per tenersi in disparte rispetto " alle necessarie sozzure di ogni politica attiva", in vista di " compiti più alti e superiori a quelli di un re". Il codice di Manu fornirà a Nietzsche nell'Anticristo, in opposizione al cristianesimo,  il  modello gerarchico entro il quale sono gli uomini spirituali che comandano,  mentre i nobili guerrieri ed il re sono invece gli  esecutori che li sollevano da " tutto ciò che vi è di grossolano nel lavoro complesso di governare" coloro che esercitano le attività professionali ed i lavori più umili, mediocri ed infimi nel potere e nel desiderare. " La disuguaglianza dei diritti -sostiene appunto Nietzsche- è la condizione prima perchè si diano dei diritti. Un diritto è un privilegio" ( Anticristo, 57).

In tal senso la religione servirà agli uomini spirituali per nobilitare e santificare nelle coscienze degli inferiori, giustificandola, la miseria e la meschinità della loro esistenza , che è quella delle grandi moltitudini , gioverà a far loro sopportare la durezza del duro ordine reale in cui vivono, ch'è indispensabile ad assicurare, grazie al loro pluslavoro, l'esistenza privilegiata degli spiriti superiori. Tuttavia  le religioni hanno una valenza positiva  solo se sono uno strumento di educazione asservito ai nuovi filosofi; ma guai se diventano sovrane. Come le attuali religioni, ed i valor attuali della modernità-uguaglianza, giustizia, democrazia-, tenderebbero allora a conservare le forme di vita più deboli  a scapito e danno dei più forti ( Al di là del bene e del male, aforisma 51).

Ma quant'è schiavitù dei più  per assicurare la supremazia degli spiriti superiori, per Nietzsche  la grande cultura ne è l'autodominio.  Egualitarismo, anarchismo ed utilitarismo sono ulteriormente criticati da Nietzsche in quanto appunto non comprendono che ciò che c'è di libertà " nello stesso pensiero, o nel governare, o nel  parlare e convincere, nelle arti come negli usi e costumi," ciò che c'è di più " naturale" non è il risultato di un lasciarsi andare, ma di un'obbedienza infinita a innumerevoli  leggi, di una interminabile coercizione morale, pur anche di una riduzione necessaria delle prospettive, che con la schiavitù dei più e l' autodominio degli spiriti liberi, eleva una necessaria stupidità di limitati orizzonti,  insieme con la " forza attiva di dimenticare,  a condizione di vita e di crescita. ( "Al di là del bene e del male" aforisma 188).

 

Per Nietzsche l'al di là del bene e del male del dominio della cultura degli spiriti liberi, viene così a configurarsi non già come una società senza più contrapposizione di valori, ove valgono solo le equivalenze, ma come il rovesciamento  dell inversione dei valori naturali della vita nelle sue leggi selettive di sviluppo,che è stato generato  dalla rivolta millenaria dei  deboli e degli schiavi in morale, dalla cattiveria spiritualizzata della loro vendetta reattiva contro i forti. Ne sono il trionfo appunto gli ideali moderni di uguaglianza, di democrazia, di giustizia, di cui si è detto, nonchè di disinteresse e di obiettvità,  nelle relazioni e nella conoscenza, affermatisi con il Cristianesimo prima,  poi con la Riforma , quindi con le moderne rivoluzioni, icon  principi ed i movimenti anarchici e socialisti del suo tempo,  che avevano semplicemente tradotto nel sangue e nel crimine l'apprezzamento cristiano di ciò che sia valore, che afferma l'eguaglianza delle anime e dei corpi.

Tale rovesciamento, o transvalutazione , dell'inversione dei valori contronaturali della modernità, è la restaurazione della contrapposizine di valori della morale aristocratica originaria, ovverosia della morale dei valori che esalta la nuda forza assoggettante, nel corso di una autentica " negazione della negazione" di una fenomenologia dialettica della morale, per il tramite civile, al suo orizzonte storico, della " grande politica" di un imperialismo ariano.

In tal senso l'al di la del bene e del male non è " al di là del buono e del cattivo", ma " al di là del buono e del malvagio" della morale moderna degli schiavi( genealogia della morale, I, 17), dell istinto gregario dell'obbedienza a discapito dell'arte del comando, la cui  critica con il cristianesimo, l utilitarismo borghese, il socialismo, l'anarchismo ed il femminismo egualitari, la democratizzazione di massa quale mediocrizzazione e rimpicciolimento dell uomo. investe nell'ambito dei saperi del suo tempo il positivismo in quanto emancipazione della scienza specialistica , obiettiva, storicizzante, dalla filosofia sovrana degli spiriti liberi, creatrice di valori e legislatrice arbitraria).

Ciò affermato, tuttavia il modo di esistenza concreto ed attuale degli spiriti liberi sarà caratterizzato  dall'accettazione che vigano in atto i valori vitali naturalistici dell'assoggettamento e dell'appropriazione vulneratrice, più che dal loro esercizio in rapporti di forza in cui entrino,  e con la sofferenza, il contrasto, la guerra, il disagio, l imprudenza, l insicurezza quale staus vitale, li contrassegneranno la volontà di essere se stessi e di staccarsi dagli altri, il pathos della distanza e dell'ampliamento dell'animo, l'appartarsi nella solitudine, nella segretezza enigmatica, nel non attaccamento,  l'essere sempre al di là, nella pacatezza.

Codesto non attaccamento implica tanto il rifiuto della compassione, quanto l inibizione dei sentimenti reattivi del risentimento e della vendetta, in virtù della " forza attiva del dimenticare", di non reagire e rivoltarsi.

Il modello di grandezza, di tale tenore, dello spirito libero che raffigura uno degli aforismi più significativi di "Al di là del bene e del male",  il 212,  è contraddistinto dall esercizio della volontà di potenza prevalentemente come resistenza alle potenze esterne prevaricanti, per quanta realtà problematica e difficile il suo spirito riesce a sopportare.

E invece la  coesistente configurazione della volontà di potenza del superuomo, che ne è la riproposizione come  esercizio di sfruttamento e di assoggettamento della volontà del più debole, l'affermazione come volontà di menzogna sopraffattrice, che menzogna secondo differenti centri prospettici d'interpretazione è ogni presunta verità.

Ogni porsi " al di là del bene e del male "di volontà di potenza superiori , si fonda comunque su una critica di ogni ideale della modernità, a commento di " Così parlò Zarathustra e come " prologo di una filosofia dell'avvenire", che presuppone un naturalismo che riconosce valore solo all Essere reale del mondo sensibile e del divenire,

e alla assiologia  che implica,  che è un dire sì dionisiaco al flusso e all'annientamento di ogni  esistenza particolare, al contrasto e alla guerra.

 E' l'affermazione dell'eterno ritorno come circolazione incondizionata e infinitamente ripetuta  non già tra unità cosali, enti, ma tra " pluralità", " centri di dominio", di " puntuazioni di volontà",  il cui  senso vitale è dato dall'essere mai sazi abbastanza ( II, 75, 76),  qualsiasi forza ricercando solo cikò che dispiacendo resiste con ostilità.

" Ma questo dispiacere agisce come stimolo di vita e rafforza la volontà di potenza.

 II. 78 " Gli uomini più spirituali, se si presuppone che siano i più coraggiosi, vivono anche le tragedie di gran lunga più dolorose; ma per questo rispettano la vita, perchè essa contrappone loro la massima ostilità".

E' in quanto è così fondata naturalisticamente, che codesta critica della modernità, che in Nietzsche è permanente,  non è da lui esercitata che in nome del tipo opposto di uomo,  da lui già esaltato negli scritti giovanili, che rappresenta il ritorno in avanti al tipo nobile arcaico che afferma apertamente la vita  naturale  nella crudeltà delle sue leggi di sviluppo , di cui quelle sociali non possono essere che un continuum, quale irriducibile conflitto tra potenze che anima gli stessi deboli e buoni, allorchè perpetuano il loro sforzo millenario riuscito vincente, per il loro stesso numero maggioritario, di separare i forti dalla loro forza. Una rivolta dei deboli in morale, che provocando il rivolgersi dell'aggressività dei forti verso l interno, contro se stessi, ha ingenerato in loro il senso di colpa, che con le nozioni di " grazia", e "redenzione", serve a dare una giustificazione morale al dolore,  quale sanzione del male commesso, e con la fede nella vita eterna ha rimosso la tragicità dell'annientamento quale fondo della vita.

La critica nietzscheana della modernità,  nella sua consequenzialità radicale,  al tempo stesso  in cui  esalta  in contrapposizione l uomo nobile arcaico,  è volta contro ogni preteso " miglioramento" dell uomo, ogni presunta sua "umanizzazione",  contro ogni "concetto morale " che sia  in contrasto con " ogni concetto scientifico" della vita quale realmente è ( si confrontino ad esempio la lettera a Burckardt del 22 settembre 1886,  quella a Malvida Von Maysenburg del 24 settembre 1886, o quella al barone von Seidlitz del 26 ottobre 1886).

E' tale concetto di realtà., che in opposizione all 'uomo moderno  accomuna lo spirito libero al superuomo dell'avvenire, nella comune volontà di riconoscere effettualmente la realtà com'è, di essere " identico ad essa" ( Ecce homo, pg.97), in quanto contraddizione, dolore, mutamento, annientamento; Pur se, a differenza del libero spirito, il superuomo ha da plasmare ulteriormente la realtà,  assoggettando conformemente alla propria volontà di potenza, anzichè limitarsi a riconoscerne e tollerarne gli aspetti più problematici e difficili.

La battaglia di Nietzsche contro la modernità,  insieme con l'affermazione che ha valore solo l 'Essere e ciò che lo afferma, ossia, in conformità ad esso, il naturalismo che è la visione  del mondo che ne consegue, e l'uomo spirituale che  secondo le leggi di sviluppo  della vita attua la propria volontà di potenza, implica interminabilmente la critica dei presupposti metafisici di una modernità che asservisce tali uomini spirituali alla mediocrità delle masse, inibendone l'affermazione. Tali presupposti fondano un ordinamento etico del mondo per cui esistono premi e castighi, in cui il dolore assume un senso quale conseguenza espiatrice di un peccato , e consistono, essenzialmente,  per l inconscia signoria delle funzioni grammaticali di Soggetto, Predicato Verbale e Complemento Oggetto,  nella superstizione dominante dell'"atomismo animistico", che crede in agenti autonomi separati e distinti dall'azione, e da ciò che raggiungono o realizzano come loro oggetti. Ne ha origine la credenza in un Soggetto od in una Sostanza   che in se stessi hanno la propria origine, nell 'Io  quale centro libero ed unitario di un'azione causale moralmente responsabile, da esso distinta nei suoi effetti , al pari di come realtà distinte sarebbero la coscienza e gli  istinti.  L'istintualità , od inconscio, è invece lo stato globale più vasto di cui la coscienza è solo lo strumento razionalizzatore, o la superficie, che  insieme con il senso di colpa ne risulta dal rivolgimento  all ìnterno dell'aggressività, quando non le è più dato di scaricarsi all'esterno. Gli stessi valori , di vero, di bello, di buono, vengono concepiti quali realtà autofondantesi  rispetto ai  disvalori in opposizione , mentre in realtà tutti gli opposti  sono legati in unità, e tra verità e falsità, tra altruismo ed egoismo c'è  legame e derivazione reciproca, essendo funzioni di forme di vita che tendono a conservarsi a scapito di altre.

2

Nel corso del 18886 e del 1887, sulla critica della modernità inizia a prevalere nel pensiero di Nietzsche la critica di quelle forme di critica della modernità che non si risolvono nell'affermazione del tipo opposto di uomo, aristocratico,  che è in grado di affermare nella sua volontà di potenza il si alla crudeltà della vita di una cultura superiore , ossia prende corpo la critica di tutte le forme di " decadence" del nichilismo a lui contemporaneo, fenomeno che nella considerazione di Nietzsche assurge a " pericolo dei pericoli".

Generativo del nichilismo è innanzitutto il rifiuto del valore, del senso, di qualsiasi desiderabilità della vita, un sentimento di insensatezza del tutto, che ha origine dallo stesso valore di verità della veracità  cristiana, per un processo di autodissoluzione della morale, allorchè la credenza che " Dio è verità" precipita nella convinzione opposta che tutto è falso, per cui crolla il valore della verità medesima, e la vita non si disvela che come falsificazione senza senso e senza mete.

Nella complessa fenomenologia del nichilismo , di cui la stessa modernità è una manifestazione originaria e originante, Nietzsche individua preliminarmente il nichilismo di chi, in cerca della verità, disprezza il mondo del divenire, rifiuta il mutamento, ma non è più capace di creare l immagine immutabile di un mondo permanente dell'essere ad esso contrapposto, e di credere ad essa. Il mondo qual è, che cambia, si trasforma, egli ritiene che non dovrebbe essere, perchè è causa di contraddizione, di illusione, di dolore, mentre il mondo quale dovrebbe essere , il mondo vero del permanente, sola garanzia di felicità, egli ritiene che non esista. L'esistere nel solo mondo che esiste, il mondo del mutamento, non ha dunque senso.... Il mondo  reale è così divenuto il mondo apparente di cui dobbiamo liberarci, di cui dobbiamo essere il contrario per attingere la perfezione.

Oltre al debole della reattività della morale moderna, da Nietzsche caratterizzato nella Genealogia moderna, la cui coalizione maggioritaria mira a che chi è il forte si infranga rivolgendo contro se stesso la propria forza, Nietzsche rilevò in tal modo il diffondersi di una forma ulteriore di debolezza, quella del debole che vuole il nulla perchè il mondo non ha più valore per sè,  e che pertanto vuole distruggere per essere annientato. E' così che pensava ed agiva il terrorismo  del suo tempo.

Un ulteriore forma di debolezza che recepisce è l'idiotismo, dostoevskiano, di chi non vuole più perchè si contenta di stare in pace; ogni contatto, ogni  resistenza che oppone, suscita in lui un'estrema sofferenza ed irritabilità, per  cui  non è più ostile a nessuno e non oppone più resistenza al male. A sommo esempio di  tale debolezza Nietzsche assurge lo stesso Gesù, nelle sue affinità e differenze con il  Buddha. ( nota 1). Sono " La mia religione di Tolstoi" e le opere di Dostoevskij, soprattutto, che sensibilizzano Nietzsche alla diffusione di tale forma rigeneratasi di debolezza, che come fenomeno ad egli contemporaneo in Ecce homo definirà  come il "fatalismo russo". Il debole, per tale sua variante, non è più identificato rigidamente, come nella Genealogia della morale, con la determinazione del risentimento, quale unica manifestazione della sua natura.

Ma il nichilismo può altrimenti essere sintomo di forza crescente, di una forza di volontà che può fare a meno di credere che il mondo così com'è già in sé abbia un senso, e che suppone che il mondo così come dev'essere non esista, che il mondo sia privo di qualsiasi senso, ma  appunto per questo  vuole creare un mondo così come dev'essere, che è ancora inesistente. Egli inizia così a organizzare " ciò che è prossimo e vicino", anzichè limitarsi a  stabilire " che cosa è",  come i filosofi " obiettivi" che " lasciano tutto com'è, la cui " volontà di verità" è in tal modo " impotenza della volontà di creare "

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Nietzsche definirà le  due forme di nichilismo così individuate , nichilismo passivo , la prima, le cui  varianti sono il terrorismo suicidario e l'idiotismo che non resiste al male, nichilismo attivo la seconda,   di cui è evidente come sia il corrispettivo nichilistico della figurazione vitalistica del superuomo.

Nichilismo passivo e nichilismo attivo  assurgeranno per Nietzsche a manifestazioni principali della crisi della modernità, ed egli riteneva che avrebbero improntato il suo ed il nostro secolo a venire,  costituendo il processo contemporaneo in  cui i valori antinaturali integralmente si svalutano.

Di tale svalutazione degli attuali valori supremi ( il vero,  il bello, il buono; la libertà, l uguaglianza,  la giustizia che esaltò la civiltà moderna), in ulteriori frammenti Nietzsche  individui i seguenti momenti genetici:
1) la realtà del divenire ( del dolore, della contraddizione, dell illusione) appare l unica realtà, la si vuole affermare  ma non è accettata;

2) si acquisisce la consapevolezza che con il divenire non si perviene a  niente, poichè il divenire non ha un fine o uno stato terminale, il cui conseguimento diventi un valore;

 

3) il divenire appare privo di una superiore unità cui si sia intrinsecamente connessi,  in una sua progressione, essendo il divenire sempre identico a se stesso in ogni momento;

4) l'incredulità, nell'al di là di un mondo consolatorio metafisico, vero e permanente, che sia l opposto del mondo del divenire.

Si acquista così "coscienza del lungo spreco di sforzi  metafisici ",  e "ci si vergogna di fronte a se stessi", come se ci si fosse a lungo ingannati; ma, ugualmente " non si sopporta questo mondo che pure  non si vuole negare".

Le categorie di fine, unità, essere, con cui si è cercato di introdurre il valore del mondo, ovvero uno scopo del divenire da raggiungere, un tutto che in sé opera che è un bene infinito, un mondo vero al di là di quello irreale del divenire, si dimostrano inapplicabili al mondo, " ne vengono da noi nuovamente estratte," ma anzichè svalutare questi valori e queste categorie, ed affermare la vita,  l'unica realtà del divenire che annienta,  chi è nichilista seguita a svalutare il mondo così com'è, per parte sua " si sono conservatin i valori che condannano e nient'altro"; cosicchè, ed è questa la sostanza negativa più propria del nichilismo, " non si sopporta il mondo che pure non si vuol negare".

"Non si sopporta il mondo che pure non si vuol negare": e quando N ietzsche ha definito meglio la sua stessa più intima lacerazione interiore, il nucleo energetico del suo pensiero e della sua individualità?

Nietzsche, del resto, considera se stesso il primo perfetto nichilista, che però ha già vissuto fino in fondo il nichilismo, al punto da considerarsi " un decadent e l'inizio", un suo  epilogo e il principio del contromovimento conseguente.

Secondo la sua filosofia immorale della storia, solo quale esito del perfetto nichilismo, in quanto critica e svalutazione logica e psicologica dei valori della modernità,  la cui necessità è data dall'eesere " una logica pensata fino in fondo dei nostri grandi valori e ideali, perchè dobbiamo prima vivere il nichilismo per accorgersi di quel che fosse propriamente il valore di questi valori,",  subentrerebbe  l' ulteriore transvalutazione dei valori, che per Nietzsche è il suo progetto finale.

 

3

Ma nelle ultime opere pubbliche di Nietzsche, successive alla Genealogia della morale, che resta la sua opera spiritualmente più nichilistica, ossia " Il caso Wagner" " Crepuscolo degli idoli", " l'Anticristo", " Ecce homo", in contrasto con frammenti coevi, l'interpretazione del nichilismo come svalorizzazione dei valori contronaturali che non riesce a rivalorizzare la vita, - quale nichilismo passivo-, perde molto della sua rilevanza significante particolare.

Nel " Crepuscolo degli idoli" Nietzsche ne  conserva soprattutto la critica delle categorie tradizionali della metafisica e della morale, in quanto ordinamento etico del mondo.

Ma se di tale nichilismo si parla ancora, è prevalentemente sotto le specie più generali del concetto di "décadence", che includendo la volontà del nulla e della fine del nichilismo passivo, assai più genericamente viene a significare ogni movimento di valori che nega la vita effettuale, il solo mondo reale dell'apparenza, in nome del mondo vero di un " al di là di valori supremi" che invece è il  nulla: il cristianesimo, ovviamente, ogni ulteriore morale gregaria idealizzatrice, l'abnegazione della rinuncia e del sacrificio, la metafisica occidentale di matrice platonica, il pessimismo romantico-decadente,

L' opposizione di valori che Nietzsche riprende in tali suoi scritti, è di conseguenza quella anteriore tra valori contronaturali cristiani e valori naturali aristocratici.

Ma al contempo sembra non sussistere più, in tali opere, l 'opposizione che struttura la terza dissertazione della " Genealogia della morale", tra volontà artistica di menzogna, che celebra la vita nella sua pienezza sopraffatrice ed assoggettante, e volontà ascetica di verità,  da negarsi in quanto autodiminuzione, impoverimento ed indebolimento dell uomo che presta ancora fede al valore della verità, ignorando che la falsificazione è l'essenza di ogni interpretazione. La nuova  opposizione di valori è ricondotta al contrasto tra la negatività della volontà di menzogna del prete e la positività della volontà di verità dell'uomo della conoscenza,  di cui è avvenuta la transavalutazione del riconoscimento che è in grado di pensare la realtà senza più ricorrere alle falsificazioni metafisico linguistiche, rispetto alla molteplicità del reale, del mondo fittizio di soggetto, sostanza, io, ed ulteriori unità omogenee. od alla distinzione in eventi ed esistenti. In sintonia con la rivalutazione dell 'uomo della conoscenza, l'arte dionisiaca è celebrata, più che come volontà di illusione e di menzogna, come volontà di apparenza, ovverosia come volontà del mondo reale del divenire, nei suoi stessi aspetti più tragici, o detto altrimenti come volontà di realtà sensibile ( cfr. ad esempio " La "ragione" nella filosofia nel " Crepuscolo degli idoli").

Come riafferma, ad esempio, nei frammenti 47, 117, e 169 del Quaderno 14 e nel " Crepuscolo degli idoli", l'arte tragica, in quanto volontà di apparenza, è la divinizzazione della vita ad opera dell'esistenza artistica, che appunto nella forme d'arte raggiunge la pienezza e la perfezione della propria forza, che è quella potenza dell'ebbrezza che l'artista al contempo suscita in chi fruisce della propria opera. La volontà di parvenza dell'arte è volontà di realtà al massimo della potenza, " significa quella stessa realtà riaffermata nella scelta, nel rafforzamento, nella correzione..."

 

Al contempo, in altri coevi frammenti postumi,  ad pera di un'autocontraddizione irrisolta, l intuizione e l'affermazione dionisiaca della vita, il dire di sì ai suoi aspetti più problematici e tremendi, permane sussunta alla concezione della vita quale volontà di assoggettamento e di interpretazione falsificante. La volontà metafisica dello spirito di far proprio l'estraneo, di ridurre il nuovo al già noto, il molteplice all uno, anzichè essere definitivamente negata ed oltrepassata da Nietzsche, come attualmente (1982)  sostiene il pensiewro della" differenza", è illimitatamente riaffermata dall'autosuperamento da egli riproposto della verità, riconosciuta di nuovo nichiulisticamente nient'altro che come menzogna, finzione logica convenzionale, falsificazione continua del mondo, al servizio, nel " nuovo filosofo", della volontà di potenza gerarchica degli istinti dominanti.

E mentre in alcuni dei suoi frammenti Nietzsche afferma il necessario diritto di esistere dei deboli, e come in " Ecce homo", valorizza la ricchezza affinante della resistente debolezza, o la necessità di saper fare un buon uso delle proprie malattie ( riprendendo, come successivamente Marcel Proust, un grande tema di Pascal), in altri, esasperatamente, proclama la necessaria distruzione dei deboli, il divieto a qualsiasi cristiano di generare...

Non già il rispetto per ciò che vive ed ha vissuto, dunque, per la naturale molteplicità e differenza, o l'affermazione dell'abiezione del negativo, è dunque l'esito univoco o predominante della critica nietzscheana della metafisica e della relativa contrapposizione morale dei valori, bensì, in tali testi  la riaffermazione, disvelata, della volontà metafisica di assoggettamento e di assimilazione, perpetuata dal superuomo post-moderno.

E nello stesso tempo, il frantumarsi, sotto l'incedere della sua criticità di uomo verace, di ogni possibilità di verità, sfocia nell'autocontraddizione tra il Nietzsche che ricerca onestamente e autenticamente una verità che è per il suo pensiero solo un genere di errore, ed il Nietszche che vuole "santificare" la menzogna e la violenza, mentre la veracità filologica di mite permane la sua passione umana. Certo, il pensiero di Nietzsche che ne fa, per usare le parole di Thomass Mann" il più grande critico e psicologo che l'umanità abbia conosciuto", è astringibile in tale irrisolta autocontraddizione solo usandogli la stessa violenza cui Nietzsche lo sottopose, allorchè  l'intuizione dionisiaca della vita  che ne è  la scaturigine  dalla sua vulnerabilità, in contrasto con ogni forma reattiva di difesa dell'arte e della civiltà apollinea del suo tempo, fu da lui  condotta   all'oltranza esclusiva di una volontà di potenza vulneratrice e falsificante, il che entrò in conflitto con l'affermazione in tutta la sua positività,  di quanto di debole,  di inadeguato, di delicato, fu la sua più propria ricchezza reale.

Ma la palese refrattarietà, che al fine risulta, del pensiero di Nietzsche ad una sistemazione filosofica coerente, il suo essere, nella sua complessività, una rigenerazione continua di antitesi irrisolte, proprio nella sua aderenza alla contradditorietò ed illusorietà vitale  della realtà ambivalente, può considerarsi solo un limite del suo pensiero sperimentale per tentativi? O non conferisce un senso reale definitivo al suo pensiero, il senso del suo autentico nichilismo, nella cultura prenovecentesca.

In quanto la più potente  testimonianza, non solo del suo tempo,  dell impotenza della veracità, se conseguente, a rendere ancora filosoficamente pensabile la vita.

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