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IN INDIA E NELLO SRI LANKA NEL 2009

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Anuradaphuram 25 luglio


E' già passato prossimo il mio risveglio in Delhi, mentre il treno perveniva alla stazione di Nizamuddin e mi era insostenibile l'acuta fitta della perdita fisica di Kailash, dovermi affidare alle sua sola voce al telefono per riaverlo vivo, il prefigurarsi, nella mia partenza per lo Sri Lanka, del nostro distacco ulteriore per oltre un anno, la folla poi in Nizamuddin dei devoti islamici e dei mendicanti che suggevano al miele della loro caritatività,quindi il mio dilungarmici in cerca dei reperti devozionali per i clienti musulmani del negozio di barbiere di Kailash, l' per andarmene oltre il volo dei corvi sui liquami luridi che separavano l'operosità miserrima e i postulanti di Nizamuddin dalla vita più agiata del quartiere in cui facevo confezionare il telo del plico postale dei reperti acquistati, - tutto quanto è già trascorso e oramai remoto, al mio ritrovarmi, in Anuradaphura, nella luce del mattino dello Sri Lanka, tra il rigoglio della sua vegetazioone che sommerge gli edifici dell'hotel e le dimore circostanti, attutisce nel suo silenzio in traffico nella vicina strada.

La mia vita vi si è come tripartita, tra l'impellenza di visitare i dagoba e gli altri monumenti dell'antica capitale, la nostalgia della vita di tutti i giorni in Khajuraho di Kailash e della sua famiglia, la sospensione di ciò che senza rimpianti ho lasciato in Italia e che dovrò riprendere.


26 luglio

" Questo sta succedendo perché io viaggio realmente,- ho detto al giovane inserviente dell'hotel che mi aveva raggiunto con un altro addetto, in bicicletta, nel ressort dal quale avevo telefonato in hotel perché mi ero smarrito sulla via notturna del rientro, mentre ci ritrovavamo tra la moltitudine sterminata dei fedeli buddisti che nella notte restavano accampati intorno al biancore immacolato dell'enorme Ruvanvelisaya dagoba, per la ricorrenza del grande Vasak, che aveva affollato il centro religioso di Anuradaphura per l'intera giornata. Tra loro c'era la madre stessa del giovane, che la stava ricercando con il cellulare per portarle del cibo.

Per questo, anziché fare ritorno con me in hotel, i due inservienti che erano venuti in mio soccorso mi avevano ricondotto tra la folla immensa in cui già avevo trascorso l'intera giornata, a iniziare dall'accesso alla reliquia attorno alla quale gravitava l'intera città santa di Anuradaphura: lo Sri Maha Bodhi, il sacro albero della Bodhi, come tanti altri consimili cresciuto da una talea della pianta dell'illuminazione di Buddha che con il suo culto era stata recata in Sri Lanka dalla figlia di Ashoka, Sangamitha.

Era già pomeriggio inoltrato quando ho lasciato il sito sacro per raggiungere in bicicletta, più a Sud, l'Isurumunia vihara, e ammirarvi gli splendidi rilievi rupestri dell'uomo e la testa di cavallo, degli elefanti che si spruzzano l'acqua, su una parete fratta come quella dell'Arjuna's penance in Mamallapuuram, le sculture museali degli amanti, o di re Dutugemunu con il principe Salya, Asokamala per amore della quale, di non nobili natali, perse il principe il diritto al trono, e la figura ulteriore di un servo, immagini scultoree di una incantevole naturalezza gupta, nelle pose gestuali dei corpi sovrannaturali..

Oltre il bacino cisterna della tank della Tissa Wewa, la Mirisavatiya Dagoba poi, edificata dallo stesso Dutugemunu, sul sito della spada con la reliquia del Buddha che non si riuscì pi ad estrarre dal suolo, quando egli uscì dal bagno che fece nel vicino specchio d'acqua, narra la leggenda, la Basawakkulama Weva, affollata di moltitudini di pellegrini lungo le sue rive, che si ritempravano o si purificavano nelle sue acque non profonde, l'antico Thuparama dagoba, intorniato dei cerchi concentrici delle colonne del vatadge, quando già il tramonto con le sue dita di rosa ne ingentiliva le divergenti inclinazioni,il solo miraggio notturno dell' immensità del Jetavaranama dagoba, infine, prima di perdermi tra le deviazioni del traffico nella tenebra serale.


25 luglio, domenica

stamane ho riudito al telefono la cara voce di Kailash, che mi riconduceva ai problemi della nostra famiglia comune.

Ieri sera è finita la bombola dcedl gas, ed egli ha dovuto alimentare il fuoco con sterco secco di vacca, Ajay è infettato in tutto il corpo, come lo è in parte Sumit, domani il primo non andrà a scuola, per entrambi egli andrà di nuovo dal dottore..

Mi ha chiesto, per tutto questo, se può prelevare cinquanta degli euro che tiene in deposito Vimala, sotto chiave.

Il mio pensiero è ricorso ai nugoli di mosche che affliggono la sua casa, al cortile dove le stoviglie e i piatti giacciono a lungo con i lotro avanzi in cui si infittiscono le mosche, come si depositano a nugoli sui rifiuti e sui pani di sterco di vacca, a quante volte le mani dei bambini del mio amico raccolgono di tutto, recuperano dalle stuoia e dal suolo ogni cibo che vi cade, di tutto portano alla bocca senza che mai se le lavino.

Ma per il dottore pare che a causare le infezioni sia l'acqua dei monsoni in cui sul terrazzo e nel cortile i nostri bambini hanno guazzato.

Così, per riprendere le parole del mio amico, in parte sono nello Sri Lanka, inn parte in India, in parte in khajuraho, in partew in Anuradhapura, e sono felice che tale condivisione mi serbi distante dalla mia vita e dalle mie relazioni in Italia, in cui nulla mi sollecita a fare rientro.



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27 luglio 2009 Dambulla

Se l'estate prossima sarò di ritorno nello Sri Lanka con Kailash, voglio consentirmi di visitare Anuradhapura in tutta la calma che merita il suo quieto splendore.

Ieri ho ripreso a ripercorrerla in bicicletta, a iniziaree dal Jetavanarana dagoba presso il quale la sera, con le sue tenebre, ha interrotto il mio primo itinerario.

Mi sono riaggirato nella pradakshina intorno alla sua immensità, dilungandomi tra le rovine del contiguo monastero, della sala capitolare, del mandapa delle udienze, del Bodhigar che ospitava il santo albero della illuminazione del Buddha e una sua immagine.

La vastità delle rovine del vihara dilatava ancor più le dimensioni del dagoba in cui trovavano termine.

La strada che imboccavo verso le rovine settentrionali mi immergeva di nuovo nella foresta in cui l'antica e la recente Anuradhapura è sommersa tra i bacini lacustri, di cui ogni monastero si era attorniato costituendovi il circondario della propria clausura, il Jetavanarama, quanto il Mahavihara, come l'Abhyagiri dagoba delle sette ereticali della Foresta segreta, di cui già le vasche gemelle che raggiungevo facevano parte..

Sotto tralicci e pontili, l' Abhyagiri dagoba celava l'aspetto forestale in cui lo stesso Jetavaranama si presentava, prima che il restauro ne ricostituisse il cerchio terrestre, ne ripristinasse l'irregolarità curviforme dell'anda, ne disinfestasse i resti del'harmika dagli arbusti che vi erano cresciuti.

Ne precedeva la radura , tra la boscaglia, il Samadhi Buddha, presso i resti del Bodhigar in cui un albero santo era venerato, vi facevano seguito le rovine di pozzi, di porte di guardia, di edifici assembleari e di culto, con una splendida pietra lunare dinnanzi a una soglia popolata di ganas, del vicino monastero Ratnaprasada, vigilato da un radioso guardiano naga, fiammante di vitalità vibrante, alla stregua dei cobra che ne attorniavano il capo, dei makara sovrastanti.

Oltre il monastero una seconda pietra lunare precedeva la scalinata di una sala sconnessa lungo il pendio, la contraddistingueva una raffigurazione circolare ancora più intensa , che nella pietra precedente, della sofferenza dell'esistenza nella sua ricorrenza animale, cerchiata dal fiammeggiare della vitalità terrestre, delle spirali floreali del desiderio che l'anima, fintanto che la virtuosità delle anime disposte in successione come oche, non l'estingua illuminandosi della devozione, come alla luce radiante si schiudono i petali dei fiori di loto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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