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Al rientro, un giorno dopo l’altro

Un giorno dopo l’altro, nel loro succedersi, ci hanno già assuefatto alla nostra vita a distanza, riassorbendo l'impatto del “day after”, sabato scorso, lo shock di ritrovarmi tra le solite mura domestiche quando solo la sera prima la mia realtà fisica era la sua compagnia nel museo Nazionale di Delhi, al Qutab Minar, per la prima volta con lui in metropolitana, la sua presenza nella stanza d’albergo in Delhi cui Kailash mi era accanto nell’ordinare i bagagli e darmi le ultime raccomandazioni, e non trovavo altro modo di accomiatarmi da lui, di sospendere il dolore di perderne la vicinanza e il contatto sensibile, che di accedere via internet al mio conto bancario con il mouse che sostituiva quello che si era rotto nella nostra casa,e di comunicargli il solo estratto conto allarmante del mio viaggio in India , sottacendogli il senso di spreco che mi animava di rancore nei suoi riguardi. Poi nel percorso in cui siamo rimasti insieme fino all’aeroporto, ho deposto ogni mio risentimento, ogni mia avvertenza ed ammonimento <strike>solleciti e preoccupati, </strike>, e non ho fatto che chiedergli perdono di tutto il male che scientemente gli ho arrecato, nella bassezza della miseria che mi ha fatto talmente incrudelire, nuovamente, con una una persone inerme che dipende a tal punto dal mio amore e dal mio aiuto, ho concluso il nostro stare insieme con il ringraziarlo di tutto quanto egli ha fatto, per me, ed ha sopportato di intollerabile del mio modo di essere e di agire. Rientrato egli da Delhi il giorno seguente, dove nel Chandni chwok e nei bazar circostanti Pahargangi ha utilizzato le rupie in eccedenza, che gli ho lasciato, per acquistare un saree per Vimala, pantaloncini d’uso quotidiano per Chandu, "lady saman", articoli per signora più convenienti per il suo negozio , a Kailash questa settimana di apertura del nostro general store è stata bastante per avvertire che baratro possa essere il negozio che mi ha obbligato a realizzare al meglio, pur nella sua aggraziata bellezza confortante con accanito dispendio pari a quanto voleva dilapidarvi dei suoi risparmi: il vero guadagno non supera per ora che poche decine di rupie, il villaggio è spopolato dei dalit sul cui pagamento o sul cui acquisto di rupie con le loro sementi Kailash faceva affidamento, giacchè quanti non permangono nel lavoro dei campi lasciano il villaggio per trovare lavoro come karighar, quali muratori, in Delhi e nell’Haryana, la sera mi telefonava in attesa che ai nugoli di mosche infestanti sopraggiungesse finalmente l’energia elettrica, nelle fasce orarie in cui era erogata, e le morti sospette di due donne l’hanno indotto a far lasciare il villaggio ai bambini che vi trascorrevano la ricorrenza del giorno natale di Khrishna, prima che dissenteria e vomito costringessero lui stesso a rientrare in Khajuraho, a che si allarmasse realmente per quanto può infettarlo, internamente, l’acqua che vi beve dal pozzo a cielo aperto, come e quanto avrebbe dovuto allarmarsi dell’infezione (d’acqua piovana) che da Chandu, di cui ha deturpato tutto il volto,come una lebbra si è trasmessa ora alle mani di Vimala, mentre ho dovuto apprendere da Ashesh, che Ajay per il linfonma residuo resta lontano da scuola. Ieri Kailash ha inutilmente girovagato tra Bamitha e Rajnagar senza trovarvi una ulteriore filtering water machine, da disporre nel negozio del villaggio, innanzitutto per sé e per i nostri familiari, quando vi sopraggiungano, con i soldi che gli ho prontamente trasmesso. Mi è difficile ritrovare un cuore docile con cui parlargliene, se penso a quanto si faceva sordo, e non voleva saperne, ogni volta che in India gliene ho sollecitato l’acquisto, a come e quanto gli ho parlato inutilmente di provvedere ad una doccia nel cortile, ad assicurare almeno un materasso su cui far dormire ogni nostro bambino , a come non ha inteso qual è il nostro solo e vero tesoro, neanche dopo la morte del nostro Sumit… Sempre più ho avuto frattanto la fortuna di ritrovare al telefono Ashesh, che mi ha rivelato i retroscena, e che mi ha indicato le pagine di studio che sta affrontando con Ajay, sul manuale di cui dispongo di una copia. per "aiutarli in linea-" Dove tutto è classificazione e solo scienza della sola materia, non compaiono altri miti o leggende che di Pandora il vaso, i complementi risultano essere”phrases”, e “ which”un verbo ausiliario.

                                                                                   28 agosto 2011

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Che cosa mi dice Chandu al telefono

“Sai che cosa Chandu ti sta dicendo al telefono? Khahan-hé Khahan-hè, ti sta chiedendo dove sei…”! Nel giorno del suo compleanno, che coincideva con la festa dell id, Kailash, che è ancora bisognoso di essere reidratato con delle fleboclisi, talmente è stato spossato dall’ infezione che ha contratto nel suo villaggio, quando l ho ricontattato ha ceduto il cellulare a Chandu una seconda volta, e tra le ecolalie divertite del bambino mi ha individuato il ripetersi della richiesta “aja” “aja”, “ vieni, vieni”, - in cui ricorreva la stessa confidenza divertita che in me riponeva Sumit-, così esortandomi il mio piccolo, quando tra noi un’interminabile separazione di nuovo è appena agli inizi.

1 settembre 2011

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La perdita di un figlio della famiglia del Progetto Alice

Vorrei comunicare a tutti gli amici di Alice che oggi la nostra famiglia e’ triste perche’ ha perso un figlio: un ragazzino di dodici anni e con due grandi occhi neri che erano pieni di luce. Matteo, il regista-fotografo che sta realizzando un documentario sulle nostre scuole, lo aveva ripreso tre giorni fa. “Non ho mai visto un corpo cosi’ pieno di tossine”, aveva detto Matteo, schoccato. “Gli ho fatto una foto, poi gli ho stretto la mano e gli ho promesso che l’avremo aiutato.” “Quando verra’ il Dalai Lama a Bodhgaya – ho detto a Matteo – tentero’ di portare il bambino vicino al trono per una benedizione speciale!” Speravo, infatti, che reggesse fino a gennaio, nonostante la metastasi orrenda che aveva deturpato il corpo con bolle dolorosissime. Tanto dolorose, che chiesi a Tenzin, il nostro presidente, una settimana fa, di far fare delle divinazioni ai lama per vedere se c’era speranza. I Tibetani hanno una puja speciale per casi disperati come questi: se il paziente e’ destinato a sopravvivere, comincia a migliorare, dopo la puja; altrimenti, se ne va, in pace, senza soffrire. Tenzin fece le divinazioni, ma credo non mi disse la verita’. Mi rassicuro’ dicendo che c’era ancora tempo per il nostro studente e che le medicine tibetane potevano aiutarlo. Mandai il bambino dal medico tibetano e poi chiesi a tutti, brahmini, tibetani... di pregare. Il cancro alla pelle non da’ scampo. Ieri mattina, la terribile notizia: il piccolo non ce l’ha fatta. Matteo mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto: “Lo sapevo che non poteva farcela e che non sarebbe arrivato a gennaio per incontrare il Dalai Lama. Quando l’ho fotografato ho notato che non c’era piu’ luce nei suoi occhi!”

Sfortunatamente, mi trovo a Bodhgaya e non posso partecipare alle preghiere e accompagnarlo nell’ultimo viaggio, fino al Gange. Ci penseranno gli insegnanti e i suoi compagni.

Ho mostrato a Matteo la foto dello studente nel cortile di casa, sotto un povero copriletto, circondato dai vicini e dai suoi amici, mentre le monache del nostro tempio di Tara recitano le preghiere per una rinascita piu’ fortunata. “Vedi, - gli ho detto – questo significa pratica educativa! In occidente usate immagini tese a non ferire la sensibilita’ dei bambini. Un fiore che appassisce, ad esempio, per dimostrare l’impermanenza. Forse funziona, ma si nasconde (o annebbia) la verita’ del dolore, la verita’ della vecchiaia e della morte. La verita’ e’ questa: sotto quel copriletto polveroso, da poche rupie. I compagni di scuola e di giochi non sono fuggiti. Non temono il confronto con la morte. A scuola gli insegnamo che c’e’ un rimedio alla sofferenza esistenziale; che c’e’ un rimedio anche alla morte, alla catena di rinascite, che e’ causata dal nostro karma, dalle visioni errate, dalla mancanza di compassione e di amore. Ecco il buddismo in azione, in pratica: assieme alla gente dei villaggi, nella gioia e nel lutto, per aiutarci a vicenda, guardando lontano: oltre il piccolo ego, oltre i pensieri.

Le monache che pregano, il libro sacro sulla testa del piccolo... Grazie, Lama Zopa e Lama Yeshe, per averci stimolati e ispirati per arrivare dall’Italia fino a quel cortile... E grazie anche a voi, amici di Alice, per averci permesso di costruire e mantenere il sogno di Alice. Senza di voi non saremmo mai arrivati in quel cortile...  

(Valentino Giacomin)

                                                                                 2 settembre 2011

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Sumit, povero figlio mio

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Ma più non riaffiori                                                                               dal farsi tue acque morte                                                                        i miei fondali

                                                                       4 settembre 2011

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                          5 settembre 2011

L’elusione felice

Oggi a rispondermi c’era in casa solo Ashesh.  Kailash era stato a Chhattarpur come mi aspettavo, ed  ora si trovava nel villaggio natio,  il che mi ha sorpreso.

Per gli ultimi accertamenti, gli esami del sangue e delle urine, Kailash era dunque tornato dal dottore che ieri gli aveva   fatto le radiografie che lo avevano tranquillizzato sul suo stato di salute. Niente d’allarmante era all’origine della diarrea e delle vomizioni che l’hanno debilitato, l’ambulatorio era affollato di gente che aveva accusato i suoi stessi sintomi, ma che smettesse di consumare gutka o tabacco, il gutka poteva sostituirlo con chiodi di garofano, foglie di pan..

Gli esiti degli esami del sangue e delle urine devono essere risultati particolarmente confortanti, al punto da sveltirne il rientro al villaggio, forse per installare nel negozio il nuovo depuratore d’acqua che ieri ha acquistato in Chhattarpur, abbreviandone il protrarsi della  convalescenza. fleboclitica.

Nonostante le poche rupie che in questi giorni  racimola in ambo i negozi, egli  resta confidente nel suo futuro, a suo dire resta affidabile il giovane che si fa attendere per subentrare all’altro barbiere ch’è  suo socio, ed anche se il nostro piccolo general store tutto il giorno rimane  deserto,  Kailash è speranzoso che i dalit sopraggiungano numerosi tra un mese, quando disporranno come mezzi di pagamento del tilli, della soia e delle lenticchie nere e verdi che avranno mietuto e raccolto.

Io resto invece gravato dalla voragine che si è aperta nei nostri conti ,  dall’incremento del divario tra quanto aumenta il costo della nostra vita e quanto si riducono i miei emolumenti e i suoi  infimi ricavi, dalla realtà della quale la sua mente  sa come eludere ancora una volta il rendiconto

 

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7 settembre 2011

Vediamo il volto sorridente di Dio

Nella luce in cui il fratello vede il fratello:

……………..( Tagore, da Sfulingo)

 

Nel supermarket, quando mi sono riallineato nella coda alla cassa,  ho chiesto all’anziana signora, cui mi sono ritrovato davanti, se le occorreva che la lasciassi precedermi.

Era sorda, ma aveva compreso che cosa le avessi chiesto. Se si toglieva l’apparecchio poteva sentirmi meglio

“ Mi ha chiesto se voglio precederla? No, vada pure prima. Non ho fretta. Non ho nessuno  a casa che mi aspetti. Mi si sta aspettando solo al Santa  Maddalena”

E ‘ il cimitero di un villaggio del circondario.

  E’ lì che ho mio marito, i miei figli”"

E  i coinquilini non salutano e  s’ignorano.

Volevo dirle che mi stava precedendo nel destino comune, pensando, con gratitudine  a Dio, che in Kailash ho chi attendo e mi attende ogni giorno da una sconfinata distanza. Pensando a Chandu che al sentirmi al telefono, invisibile, “ dove sei?”, mi chiede, “ aja, vieni”.Le ho solo sorriso, e lei mi ha sorriso a sua volta.

“Vediamo il volto sorridente di Dio/Nella luce in cui il fratello vede il fratello” ( Tagore)

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                                                                                28 settembre 2011

                                           Solo in te

Kallu, and your family?”

All are sleeping

Kailash, se tutti stanno dormendo, vuol dire che il sonno è più forte di quanto stanno soffrendo..”

“ Che uomo sfortunato sono, “what men I am of bad luck “ mi aveva detto sconsolato solo qualche ora prima, dall’ambulatorio in cui Vimala si era fatta medicare per l'infezione in bocca, Poorti per delle pustole sopra di un occhio,  Chandu  era in visita per la tosse e il raffreddore.Da quanto gli ho detto, Kallu ne ha tratto conforto per riaffidarsi  al sonno da cui l’avevo risvegliato telefonandogli.Ma tu dormi, dormi Kallu caro, caro amico mio, gli ho cantato nella mente, dormi sulla nostra sventura reale, nell’attesa che domani. al giorno odierno in gloria di Shiva,  faccia seguito il primo di Navaratri. Che importa se va sfumando il trasloco nel nuovo negozio, e invano attendi, giorno dopo giorno, che il nuovo lavoro nell'  Hotel Zen ti rechi, oltre al poco denaro, degli stranieri cui tu possa interessare nel tuo interesse.  Dormi, dormi, dormi, sul nostro dolore, amato amico mio, mentre stacco il telefono, e infinitamente da te remoto nel solo spazio, ti guardo e ti sento con lo stesso Suo sguardo e sentire, con tutto l’amore di Dio che solo in te so nutrire per  Lui.

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Mondo di sogno,

ma da che  ne svanisti

che morto incanto

                                           3 ottobre 2011

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                                          My only friend

“Tu sei il mio solo amico, my only friend”, Kailash  mi ha gridato commosso  al risentire  la mia voce, prima di cedere la parola al suo giovane ospite svizzero e cadere nel sonno.

In giornata sono stati alle cascate, dopo avere attraversato il villaggio adivasi e quello natio di Kailash, dove con Vimala sono rimasti Chandu e Poorti, nella ricorrenza di Dusshera, mentre al seguito di entrambi  era venuto Ajay.

Quali sue aspettative erano andate deluse, o in che cosa Kailash poteva avermi recato torto,  di che cosa l 'ospite era rimasto inconsapevole o si era mostrato insensibile, perché Kailash  mi proclamasse il suo attaccamento con tanto tormento? Seguitando a ringraziarmi ripetutamente per il mio solo farmi vivo e prendermene cura ricontattandolo.

Era stato il sentirmi preoccupato per le conseguenze nocive che per la salute dei suoi bambini poteva avere  la  permanenza nel villaggio? O la mia disperazione o il mio sconforto, impotente,  che  l’intero ammontare mensile del misero salario – 1500 rupie- che da fine settembre gli è corrisposto per il suo lavorare attuale- “honest and hard”- dal sorgere del giorno fino a notte inoltrata, da che si reca avanti e indietro alla stazione ferroviaria e al transito per Bamitha degli autobus che vi provengono da Sarnat, Agra e Jhansi fino a che i clienti non  hanno sgombrato la sala dove cenano,  per un padrone d’hotel che lo tratta a suo sentire come un asino," like a donkey, a zebra”, tale emolumento di fame per tanto dannarsi, lo stia dilapidando trascurando i suoi veri “diamanti”, i suoi bambini, per il miraggio di potersi ingraziare un ospite da cui presumeva di ricevere compensi per i cibi che gli imbandiva e i servizi che gli forniva, all’atto stesso in cui gli nascondeva  tutta la  sua miseria, cecitandolo con la volontà di  apparirgli a mie spese benestante?

E tutto ciò si verifica senza che riesca a venire a capo di alcun discorso, con lui, su che senso abbia questo suo fare, il servirsi strumentale delle esperienze acquisite viaggiando con me per interessare e procacciare turisti al nuovo padrone d’hotel e  rendersi indispensabile ai suoi occhi, se all’ idea illusoria di potere poi lavorare sempre di meno per guadagni meno infimi,-nel suo  darsi da fare  sempre più duro  prefiggendosi di ficcare via dalla mente il dolore del lutto, - egli asservisce e pone a rischio tutto quello che ha di più caro  e prezioso, la mia stessa possibilità di preservargli la mia amicizia senza mio nocumento mentale

                                                                                    9 ottobre 2011

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A William Dalrymple sulla ricerca del sacro nella moderna India

Dear William Dalrymple.
I d like to explain you by mail what because of my fragility or delicacy I wasn’t able to explain you in Mantua .
The nine lives of your magnificent book subtitled A search of the sacred in modern India, in their experience of sacred in fact aren’t modern lives of modern persons, because these experiences are ending or going in crisis on contact with the modernity
In my opinion Nine lives is a search in modern India of the traditional sacred, that isn’t the only real sacred , as if didn’t exist a modern sacred.
In my opinion of searcher of God, if the divine reality is, indivisible, all in all the things, ( see Saint Paul or the Vedanta), we cannot reduce the sacred to the religious, according to Dietrich Bonhoffer. who was aiming at a not religious Christianity –, the sacred is the heart of the modernity and of his technology also. Gurgaon also is his ( of the sacred) phenomenal reality, not only Tarapith, not only the realities that are different from the modernity, or that pre-exist or outlive to it, can manifest the sacred . The modernity, for example, can help the believer to dematerialize and spiritualize God, to think God as Energy, out of the space and of the time, by its abstract imagery, or because it ( the modernity) connects in shorter or real time(s) what is far in the world and phenomena of different ages, the modernity can facilitate to cross the “ noche oscura” of the end of the same religious sensibility and imagination, and to worship more and more God in Spirit and Verity ( John, 4, 23-24).
The real mystical experience consequently is to live the fullness and the height of the life, in Kenduli like in the yellow or blue lines of the metro of Delhi .
The following page of Raimon Panikkar, that I tried to translate, can explain you better my point of view about your search of the sacred in modern India .
Raimon Panikkar said:
“ I think that the sacred isn’t in contrast with the secularity. The secular, that is : the secularity, the century, the world, the worldliness, to stay in this world, all the earthly structures of the reality, nothing is different from the sacred. The sacred is different from the profane, profanum”, “in front of the temple”, but the secular can be so sacred as anything, and the crucial challenge of our time is to discover the sacred in what until now we thought secular. All is sacred: the marriage, the love, the body, the politics also,- not the Erastianism, the Sacred Roman Empire , obviously - because the sacred is the soul of all the human activities.”
India is a secular State”, not lay, but secular, because the Indian State must take care of the things of the world”.
Raffaele Luise Raimon Panikkar, Profeta del dopodomani, Edizioni Paoline 2011, pg.145

P. S
.
And according with Panikkar, in my opinion the Nine lives are the other side of us, not the stranger.
Thanks you, again, for everything
And What about Mantua , now? Come back, please, come back for the festivaletteratura at your next book.

 

sabato 15 ottobre 2011

Albert Camus e Dietrich Bonhoeffer Due visioni dell' uomo Recensione


Arnaud Corbic Albert Camus e Dietrich Bonhoeffer Due visioni dell' uomo “ senza Dio” a confronto. Introduzione di Ugo Sartorio Edizioni Messaggero Padova 2011, pagine 91, 8 euro.
Nel suo ammirevole scritto breve “Albert Camus et Dietrich Bonhoeffer, Due visioni dell’uomo senza Dio a confronto”, risalente al 2002 e tradotto e pubblicato in Italia da Edizioni messaggero, Padova, nel 2011, con introduzione di Ugo Sartorio, Arnaud Corbic, ancor giovane filosofo e teologo francese,- è nato nel 1969-, già professore di filosofia contemporanea alla Pontificia Università Antonianum di Roma, pone a raffronto l’umanesimo dell’ateismo dello scrittore esistenzialista francese e l’umanesimo della fede del grande pastore protestante, morto impiccato dai nazisti nel 1945, e per illuminazione reciproca perviene ad un incontro inatteso - ( “Rencontres de deux humanismes” è il sottotitolo originario in francese ),- almeno per chi non è persuaso, o non ha presente, che l'ateismo moderno possa essere un'eresia cristiana1
L'incontro tra due pensatori, “che, per più motivi, taluni potrebbero ritenere opposti a priori”, ha in radice che l’ateismo dell'uno e la fede cristiana dell’altro sono originati dal rifiuto e dalla ricusazione di una concezione “religiosa”di Dio che, per lo stesso Corbic, non è l’ interpretazione autentica della fede cristiana confessata nel Credo.
Secondo Camus il cristianesimo è la fede in un Dio il cui Essere è al di fuori di questo mondo, in un “retro-mondo” che è radicalmente altro rispetto ad esso, è la speranza in un’altra vita, la vera vita , cui si ha accesso solo alla fine di quella terrena, per meritare la quale occorre negare la vita presente e disistimarne i beni, fuggire il mondo e disprezzarlo
Per Camus l’affermazione della dignità dell’uomo, della giustizia e della “fedeltà alla terra” che è insegnata dallo Zarathustra di Nietzsche, l'adesione alla realtà concreta e finita di uomini e cose, significa necessariamente il rifiuto del Dio del Cristianesimo, che è la negazione e la svalutazione assoluta di questa vita, in cui consiste per Camus la nostra realtà originaria ed ultima
Per Bonhoeffer, invece, lo stesso Dio dell’ Antico Testamento benedice questo mondo, ha pronunciato “un sì profondo “ nei suoi confronti, e chiunque “ fugge il mondo non trova Dio, un altro mondo, cioè il proprio mondo, migliore, più bello, più tranquillo, un “retro-mondo”. Chi fugge la terra per trovare Dio troverà solo se stesso” (pg 27), “ è al centro della nostra vita che Dio è al di là” (pg. 28, in nota).
Dio e Mondo, amore di Dio e della sua eternità e amore terreno, ancor più in virtù del vincolo dell’Incarnazione sono “ indivisi eppure distinti”, come lo sono in Cristo natura umana e natura divina , sono cantus firmus e contrappunto di una unica polifonia, asserisce Bonhoeffer mirabilmente( vedi a pg 35)2. “ La terra rimane la nostra madre, come Dio rimane il nostro Padre, e soltanto colui che rimane fedele alla propria madre, verrà da questa riconsegnato nelle braccia del Padre” ( pg.27).
“Già nell’al di quà si vive l’al di là e la vittoria sulla morte , (pg,26) , si impara a credere quanto si è più fedeli alla terra, e agli esseri terreni, (vedi anche a pg 62: “ Più tardi ho appreso - e continuo ad apprenderlo anche ora- che si impara a credere solo nel pieno essere-aldiquà della vità”), appunto come esige l’umanesimo di Camus.
Al credente è richiesto di amare e trovare Dio “precisamente in ciò che egli ci dà,3” ( pg.35), nelle cose penultime cui ci rinvia sempre la realtà ultima di Dio4, grazie alle quali soltanto si accede alla vita eterna e al Regno di Dio.
“Solo quando si amano la vita e la terra, al punto tale che sembra che con esse tutto sia perduto e finito, si può credere alla resurrezione dei morti e a un mondo nuovo…”( pg. 29).
L’uomo, secondo l’ateo Camus, nella sua fedeltà alla terra tuttavia non va riconciliato con l’assurdo del’esistenza terrena, tanto meno si può fare dell’assurdo “il trampolino per l’eternità,” nella conversione che è il salto- kierkegaardiano- della fede che sacrifica la ragione e la rivolta umana contro l’assurdo, contro il male del dolore innocente.
Ma anche per Bonhoeffer non è l’assurdo , la sventura, il luogo obbligato dell’incontro con Dio, come se soltanto e soprattutto aprendosi una via nella fragilità dell‘uomo, in relazione alla morte e alla colpa, Dio potesse essere introdotto nell’esistenza umana, piegandola all’ incomprensibilità consolatoria dei suoi disegni imperscrutabili.
“ Io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell'uomo. Giunti ai limiti mi pare meglio tacere e lasciare risolto l'irrisolvibile”(pg.45)
C’è una via positiva che conduce a Dio, se Dio donatore di vita è al centro della realtà creata pur essendone al di là.
“ Io voglio però arrivare a questo, che Dio non venga relegato di contrabbando in qualche ultimo spazio segreto, ma che si riconosca semplicemente la maggior età del mondo e dell'uomo, che non “si taglino i panni addosso “ all'uomo nella sua mondanità, ma che lo si metta a confronto con Dio nelle sue posizioni più forti,....”(pg 47).
Il Dio che è chiamato a rispondere e a risolvere l’assurdità del mondo, nella concezione ateistica di Camus è il Dio che è chiamato in causa perché è ritenuto onnipotente, responsabile inevitabilmente del male nella sua onnipotenza. Ma il Dio che è amore trinitario, onnipotente creatore del mondo e resuscitatore, secondo la rivelazione cristiana disvelata da Bonhoeffer è l’onnipotenza dell’amore, e l’onnipotenza del suo amore, perché l’uomo possa amare Dio gratuitamente, dello stesso amore con cui preventivamente è amato da Dio, rispondendo “ liberamente con amore al proprio amore”, e non sia costretto a riamarlo, assume liberamente l’impotenza nel Figlio, e lascia libero il mondo e l’ uomo di non riconoscerlo, lascia che a immagine e somiglianza del Figlio l’uomo ne patisca anche lo stesso dolore innocente, che conosca l’abbandono del Padre, e grazie a questo Suo ritiro dal mondo diventi così capace dell’amore gratuito divino,che vince la morte e in cui dal Padre siamo resuscitati
“ Dio si lascia scacciare fuori dal mondo sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e appunto solo così egli sta al nostro fianco e ci aiuta. E' assolutamente evidente in Matteo 8,17, che Cristo non aiuta nella forza della sua onnipotenza, ma in forza della debolezza della sua sofferenza! ...solo il Dio sofferente può aiutare. In questo senso si può dire che la descritta evoluzione verso la maggior età del mondo, con la quale si fa piazza pulita di una falsa immagine di Dio, apre lo sguardo dell'uomo verso il Dio della Bibbia, che ottiene potenza e spazio nel mondo grazie alla sua impotenza”(pg 56). “Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla vita. Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona.... Il Dio che ci fa vivere nel mondo senza l'ipotesi Dio è il Dio davanti al quale permanentemente stiamo” (pgg.57-58).
Ma così siamo chiamati a vivere come secondo l’umanesimo ateistico di Camus deve vivere l’uomo restituito a se stesso, di quell’amore gratuito, e disinteressato, che nella sua prospettiva senza fede e disperatamente solidale contro l’assurdo, secondo lo scrittore esistenzialista francese è garantito solo dall’inesistenza di qualsiasi Dio giudice e castigatore, per il timore dei cui castighi o per la speranza della cui ricompensa, in vista della propria salvezza i cristiani si presterebbero per interesse a praticare opere di carità.
Ma per Bonhoeffer tale religiosità, che finalizza individualisticamente alla salvezza dell’anima le opere di carità, non è conforme alla fede nella rivelazione attestata dalle Scritture, che raccomanda invece la gratuità disinteressata dell’amore verso il prossimo, cui è analoga la solidarietà fraterna degli uomini propugnata da Camus, come in Matteo 10, 8 “ Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (o in Matteo 25, 31-40, ove solo perchè gratuitamente abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto per i fratelli più piccoli, senza cercare la nostra salvezza, inconsapevoli di farlo a Cristo, Egli può dire che salvificamente: “ ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”).5
Tale servizio disinteressato del prossimo secondo Camus deve essere assunto unicamente perchè è il solo atteggiamento autenticamente umano, per sola simpatia, semplicemente per essere un uomo, non già per realizzare la figura ideale, del tutto speciale, di un santo o di un eroe.
E' forse in opposizione al cristianesimo tale ripulsa del perseguimento di modelli di santità e di eroismo?
Non è così, secondo la ripresa di Bonhoeffer della fede cristiana: come il Cristo non si è rivelato in un sacerdote, ma si è fatto semplicemente uomo, pienamente uomo, secondo Bonhoeffer essere cristiani allora significa essere come Gesù non un tipo d’uomo religioso particolare, distaccato dagli altri nell’ambito del sacro, ma semplicemente uomini, pienamente uomini, “ con “ e “per gli altri“, anche nelle situazioni più inumane, così come in Gesù. Dio stesso si è rivelato in un uomo “con” e “per gli altri.”, svuotandosi di se stesso e prendendo forma di servo, in aspetto di uomo umiliando se stesso e facendosi obbediente al Padre fino alla morte, “ anzi alla morte di Croce”, come proclama l'inno cristologico della Lettera di Paolo ai Filippesi.
“Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, fare qualcosa di se stessi ( un peccatore, un penitente o un santo) in base a una certa metodica, ma significa essere uomini: Cristo crea in noi non un tipo d'uomo, ma l'uomo. Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prender parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo. Questa è la metanoia: non pensare anzitutto alle proprie tribolazioni, ai propri problemi, ai propri peccati, alle propre angosce, ma lasciarsi trascinare con Gesù Cristo sulla strada dell'evento messianico” (pg 61).
“ Così il nostro diventar adulti ci conduce a riconoscere in modo più veritiero la nostra condizione davanti a Dio. Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla vita...Davanti a Dio e con Dio noi viviamo senza Dio” (pg.64).
Non già dunque Dio o l’uomo, ma Dio e l’uomo, in Cristo, e con Cristo, senza separazione e confusione, indivisi, ma distinti. Come atei, o credenti, con gli uomini e per gli altri uomini, comunque.

 

La lotta per la vita (E. Bianchi) Recensione

Enzo Bianchi Una lotta per la vita Edizioni Paoline 2011
 
 
 
La lotta per la vita di cui Enzo Bianchi affronta la decisività nella recente opera omonima, è la lotta spirituale della vita cristiana contro i peccati e le tentazioni capitali che contrastano il compimento del nostro essere uomini.
Ogni personalità umana deve sostenere e vincere tale lotta per realizzarsi pienamente, ma può sostenerla e vincerla solo se lascia fare alla grazia di Dio che agisce nel suo “cuore”.
Nell'accezione che il termine assume per la Bibbia e per i padri della Chiesa, il cuore è la vita umana nella sua totalità, di cui è la spiritualità mistica che esprime l'esperienza integrale: “ sede della vita sensibile, della vita affettiva e della vita intellettuale, il cuore contiene gli elementi costitutivi di ciò che noi chiamiamo” persona “ ( citazione da A. Guillaumont, “ Le sens des noms du coeur dans l'antiquité”, pg.33).
L'uomo, nel suo spirito, in virtù di ciò che diventa grazie all'ascolto della Parola e alla vittoria sulla potenza del male che consegue con il concorso dello spirito di Dio, può pervenire allo “stesso sentire che fu in Cristo Gesù,” al punto di poter dire, come Paolo, “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”( Galati 2, 20), che lo stesso “ vivere è Cristo” ( Filippesi, 1, 21). “ Nella mia lotta sii tu a lottare” invocando come l’autore del Salmi ( Salmi 43,1; 119,54).
In tal senso Enzo Bianchi afferma ciò che della lotta spirituale sostiene Mastro Eckhart, allorché ci avverte che “non è attraverso le vostre azioni che sarete salvati, ma attraverso il vostro essere. Non è per il vostro fare, ma per ciò che siete che sarete giudicati”. Solo l’assimilazione del nostro essere a quello di Cristo, infatti, solo l'assimilazione al suo amore nell’incessante arte di riprendere la conformità a Cristo”( pg.62), il consentire alla misericordia di Dio confidando nella costante accessibilità del bene ad ogni nostra ricaduta nel peccato, può dettarci il vero agire salvifico che salva con noi il nostro prossimo.
Poiché la lotta per la vita è la predisposizione del nostro essere spirituale alla “grazia di Dio che, attraverso la morte dell'uomo a stesso, agisce in lui e lo vivifica” (pg 57), tra le otto tentazioni peccaminose capitali della tradizione cristiana risultano particolarmente gravi quelle che precludono l'apertura dell'uomo alla grazia, l'orgoglio, innanzitutto, la vanagloria e l' avarizia che gli sono affini.
L'orgoglio, che è la “radice di ogni male”, secondo le parole di Gregorio Magno, presuppone la convinzione dell'uomo di essere l'origine primaria di se stesso, la fonte del bene di cui ha il senso ed è capace, e consiste, pertanto, nell'“autocostituirsi dell'io come signore di tutto e di tutti”(pg 223), che ne alimenta la presunzione di potersi fare autosufficiente rispetto a Dio, al mondo e agli uomini.
Come afferma Evagrio Pontico, nel passo che Enzo Bianchi premette alla disamina dell'orgoglio, “ Il demone dell'orgoglio è quello che conduce l'anima alla caduta più grave. La incita, infatti, a non riconoscere l'aiuto di Dio, ma a credere che è lei stessa la causa delle proprie buone azioni, e a guardare dall'alto i fratelli, ritenendoli degli stupidi, dato che nessuno di loro sa quanto lei”(pg.219).
La vanagloria, a sua volta, è la ricerca della propria affermazione orgogliosa in ciò che si fa “ per piacere agli uomini” ( Efesini 6, 6), anziché in ciò che si è agli occhi di Dio. “ Come potete credere, Voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene solo da Dio?”( Giovanni 5, 44.).
L'avarizia è per parte sua imparentata con la vanagloria, e l'orgoglio, in quanto l'avaro “ si isola, non solo perché non condivide, ma perché accumula nella volontà di non dipendere da nessuno. L'avarizia è ricerca di un domani egoistico e garantito, un domani in cui bastare a se stessi, in cui gli altri sono esclusi di fatto dal nostro orizzonte” (pg.148).
In una sorta di demoniasi, di perichoresi e di controcreazione antitrinitaria, non c'è tentazione o peccato che non si ingeneri e che non proceda l'uno dall'altro, che l'uno all'altro non inerisca, ma lo snaturamento nella Legione delle Persone dell'Amore trinitario, e della loro creazione continua., opera sempre contro la creatività divina, nel separare ciò che essa pone in comunione, e nel confondere ciò che in essa di indiviso permane distinto, a iniziare dall'unione in Cristo di umano e divino, per originare mimeticamente le comunioni e le condivisioni apparenti, del male che distruttivamente oppone ed oscura.
Radicato nell'orgoglio, soggiacente all'individuazione di tre passioni madri – la libido amandi, possidendi, dominandi,- madri delle otto tentazioni o loghismoi che ne derivano, - ingordigia, lussuria, avarizia, collera, tristezza, acedia, vanagloria, orgoglio- su cui nell'economia di questa presentazione non ci soffermiamo-, secondo l'analisi di Enzo Bianchi sussiste dunque un peccato che è presente in ogni peccato (abbarbicato al quale l'anima resiste al dono di Dio e all’azione di grazia), la secessione da Dio e dagli uomini inoculata dall'amore di sé della carne (sarx ) paolina, la brama che ci “ oppone al desiderio profondo di Dio, quello della comunione tra sé e l’umanità, e degli uomini tra loro”(pg. 71). L’affermazione di sé viene allora snaturata nella negazione degli altri, nell'agire a proprio danno contro gli altri, anziché con gli altri e per gli altri, (cfr pg 23). 1 (nota 1)
A tale comune, grande peccato,2  (nota 2) portando a consequenzialità ulteriore il discorso di Enzo Bianchi, può essere ricondotta la stessa acedia, che ha i caratteri dello stato di perdita del senso che la vita è amore come donazione, quando si diventa inani perché si è divenuti incapaci di condivisione con gli altri del proprio bene. La tristezza, che è invidia e gelosia, può complementariamente essere interpretata come l' incapacità di condividere e di ricevere il bene degli altri, mentre la vanagloria appare la cattiva condivisione, assoggettata e assoggettante, che procede dall'affermazione di sé per imporsi agli altri, dei cui giudizi e pregiudizi si è succubi nel proprio fare ed apparire. Tale vanità si configura anche come peccato di omissione, quando per trarne più fama ci si ritrae dal mondo ( secondo l' acuta analisi di Cassiano a pg. 209 dell'opera in esame ).
Secondo l'esegesi spirituale di Enzo Bianchi così essenzializzata, il peccato originale è il prototipo esemplare del peccato d'orgoglio che figlia il peccato che è in ogni peccato. Adamo nel suo peccato non ha accettato i propri limiti, ha voluto farsi come Dio in un atto di affermazione appropriativa del suo Io, in cui ha disobbedito a Dio perché ciò che ha compiuto lo ha reso antitetico alla vita e alla creatività divina, al farsi dono di sé della Sua natura di Amore trinitario. Il peccato di Adamo, mosso dal desiderio di immortalità, di onnipotenza e di onniscienza, allorché in noi si riproduce è l'amore di sé, del nostro Io, che per la paura della morte ci sollecita alla ricerca della vita in ciò che è peccato e che infonde invece sempre più morte, il peccato originale si riproduce consequenzialmente nella nostra volontà di salvarci il cui anelito ci fa invece sempre più perdere la nostra vera vita, nell'appropriazione e nel geloso possesso delle cose di questo mondo di cui si diventa idolatri.
Nelle varie forme di idolatria, alla realtà subentra la falsificazione dell'immaginario,3 (nota 3) che induce l'uomo a sentirsi tanto più illimitato e permanente, quanto più ha e quanto più domina, in realtà quanto più si fa mortale e caduco, assimilandosi all'impermanenza delle cose di questo mondo di cui si va appropriando e da cui va dipendendo (pg. 72).
L'orgoglio adamitico di farsi come Dio nella divinizzazione dell'Ego, ci pone in antitesi al nostro vero essere, il Cristo che vive in noi, al nostro diventare sempre più umani diventando sempre più a sua somiglianza. La nostra vera divinizzazione, l'entrare in comunione con la gioia di Dio nella vita eterna, esige al contrario il morire al proprio Io ed ai suoi attaccamenti, alle sue identificazioni appropriative, il perderlo, l'Io, con la propria vita, nella donazione gratuita dell'essere che gratuitamente ci è stato donato, in obbedienza d'amore all'essere Amore della creazione divina.

nota 4
E' quanto, in un contrappunto mirabilmente tracciato da Bianchi nella sua trama analitica, ci insegnano la lotta vittoriosa di Gesù contro le tentazioni di Satana, in virtù della Sua obbedienza al Padre e dell'accettazione della finitezza della propria incarnazione, e l'inno cristologico sublime della Lettera di Paolo ai Filippesi. In tale contrappasso, all'impossessamento esclusivo tramite il quale Adamo suppone di farsi come Dio, alla sua divinizzazione dell'Io che presume di scongiurare la morte, mentre proprio così ne diventa la preda perduta, è contrapposto l'autosvuotamento in Gesù del suo essere divino, la perdita della vita che la salva in virtù dell'amore gratuito, che solo può vincere la morte, la kenosis di patire la rinuncia ad ogni geloso possesso della propria forma divina per abbassarsi ad essere pienamente uomo, sin nella forma di servo, sino all'umiliazione ed alla vergogna della croce, in conformità con le volontà del Padre, che per questo l'ha fatto risorgere e sovraesaltato. E sulla fede nell'evento pasquale, che in ognuno di noi vivere possa essere Cristo risorto, “la lotta invisibile si fonda in radice” (pg.56)

Enzo Bianchi Una lotta per la vita San Paolo 2011, pg 244, 16 euro.




Note
1 con gli altri, e per gli altri, che dall'amore di se, o philoautia, possono essere ignorati oppure sentiti come indifferenti, disprezzati, o avversati in quanto rivali, lasciati da noi separati e distanti, oppure vissuti in conflitto antagonistico, ed essere rimossi o sottomessi sino all'estremo della loro mortificazione o distruzione reale, ( invece di pensarli e di realizzarli come un altro polo di noi stessi, a noi complementare nella realtà totale in cui tutto è in relazione con tutto).
2)Come attesta la superbia , il peccato ch'è in ogni peccato è in incubazione in ogni forma di dualismo tra Dio e il mondo e l’uomo, tra l'eternità e il tempo, in ogni processo ideale e reale che li separa in luogo di mantenerli indivisi e distinti, interconnessi e reciprocamente inerenti, e induce a credere che ciò che vale per un ordine di realtà non debba valere per l’altro.
3 Nell’analisi di Bianchi l 'immaginazione è una facoltà mentale dal tremendo potere devastante, quando alimenta il peccato, la lussuria e la collera , particolarmente, secondo un potenziale malefico che ha indotto altri teologi contemporanei a sostenere che la più grande delle attività diaboliche è l’uso della nostra immaginazione divina per creare distruzione” (Matthew Fox, In principio era la gioia pg286), trasformando in una potenza di morte la creatività dell'immaginazione che è Spirito
“Demoniaco e diabolico sono molto vicini , li separa solo una linea sottile”( Matthew Fox, ididem)
E purtroppo le stesse parole e la stessa dinamica, se non c’è carità, possono essere espressione sia della autentica lotta spirituale che della glorificazione dell’ego della fede del diavolo
4 Tale lotta della vita spirituale del credente che sia volto a essere Cristo, ha innumerevoli analogie con la pratica del risveglio alla propria buddhità del buddismo, ne condivide il distacco dal proprio agire mediante l'acquisizione della consapevolezza che ci incentra nel proprio Se interiore- che corrisponde al cuore veterotestamentario, al Dio nel fondo dell’anima della mistica cristiana.
In un teste breve dell'” Arte della vita” Anselm Grun ha fatto corrispondere alla disamina ad opera di Evagrio Pontico dell'uso negativo delle anime concupiscibile, irascibile e razionale, i tre inquinanti fondamentali del buddismo, la brama, l'ira, l'ignoranza, le tre cose distruttive della vita secondo Maometto, l'ira, l'avidità e la presunzione
Parole come le seguenti di Abba Antonio, riprese da Enzo Bianchi per insegnarci come lottare contro le suggestioni delle tentazioni, potrebbero ricorrere in qualsiasi breviario buddista
“Quando appare una visione non si ceda al panico, ma di qualunque cosa essa sia, per prima cosa si domandi, pieni di coraggio: “ Chi sei e da dove vieni?” ( pg.48).
“Suggestione, dialogo, acconsentimento, passione” , possono ugualmente indicare per il cristiano le dinamiche della tentazione del peccato e dell'attaccamento dell'errore per il buddhista, vigilanza e attenzione, possono essere i comuni strumenti di lotta,
Il disarmarsi che invoca Athenagoras I nella “ guerra più aspra, quella contro se stesso”(pg 237), richiama vivissimamente l'abbandono di ogni resistenza difensiva, il lasciare andare, la rinuncia alla separazione dalla vita della meditazione buddhista.
E nella conversione a Dio del pentimento, dalla lotta spirituale cristiana certamente è richiesta nei nostri confronti la stessa precisione attenta e gentilezza amorevole della maitri buddhista, in luogo della vergogna del senso di colpa
Per il cristiano si tratta indubbiamente, come per il buddista , di purificare la brama dell’attaccamento e dell’avversione che è alimentata dalla inconsapevolezza o nescienza del reale,  dall’ignoranza che come ogni altro essere non siamo il principio originario della nostra esistenza, e dalla mancata comprensione e accettazione della realtà che ci limita (pg. 73), ( che in termini buddistici è la inconsapevolezza dell’ impermanenza del tutto e della nostra mancanza di sussistenza autonoma, a  causa dell'interdipendenza di tutto da tutto, in cui consiste il vuoto- di essenzialità in sé sussistenti- del sunyata), - ma diversa è la forza purificatrice che ci risolleva e ci edifica, perché solo nel buddismo devozionale, quale è quello Amida, lo spirito del Buddha può essere attinto aprendosi alla misericordia e alla grazia di un datore di vita personale, come richiede la lotta spirituale cristiana , la quale, insieme all’assiduità con la parola delle Scrittura, che è parola di Dio, richiede la preghiera e l'invocazione del Signore, la confidenza nella sua misericordia, nell’eucarestia come magistero spirituale, il fondarsi in radice sulla fede della resurrezione di Gesù Cristo ( pgg.56-63) ( Confronta P. Knitter, Senza Buddha non potrei essere cristiano, Fazi Editore, 2011) .
 Sono dunque l’accettazione della realtà di noi stessi e degli altri, nei limiti propri e altrui, l’obbedienza, per amore, alla propria creaturalità e all’Amore trinitario, i presupposti della propria attuazione autentica, (pg77), del vero modo di essere a immagine e somiglianza di Dio.

 

15 ottobre 2011-12-29

Raimon Panikkar Vita e Pensiero

Raimon Panikkar, Vita e Parola La mia opera, Jaca Book 2010


Vita e parola La mia opera, raccoglie tutte le varie introduzioni scritte espressamente da Raimon Panikkar, per i vari volumi e tomi della sua Opera Omnia in corso di pubblicazione presso Jaca Book, poco prima della sua recente scomparsa nell’agosto del 2010, e può rappresentare la migliore introduzione al pensiero del grande teologo, o una sua preziosa sintesi, anche per chi intenda riprenderne i lineamenti e l’ispirazione di fondo.
Coloro, poi, che attenendosi al principio “ Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”, (1 TS, 5, 21), nell’accesso primario all’opera di Panikkar, o ad essa di ritorno, muovano dai testi spirituali di quei pensatori religiosi che per innovare il pensiero cristiano, in sintonia con lo spirito dei tempi, si sono contrapposti polemicamente ai magisteri ecclesiastici, vi troveranno il frutto di una mirabile saggezza che tutto ha anticipatamente pensato, recepito e ricondotto nell’alveo, di quanto in esso poteva essere recepito e raccolto, trasformandone le “ tensioni distruttive in polarità creative”(pg.36).
Raimon Panikkar, al contempo cristiano, induista e buddista per tradizione familiare, essendo figlio di madre cattolica, della borghesia catalana, e di padre aristocratico indiano, nel saggio Filosofia e teologia, di questa raccolta, rivela che è la tensione originaria tra le polarità di tali diverse vocazioni religiose che l’intera sua esistenza ha cercato di rendere creativa anziché distruttiva, assumendo tali polarità come complementari invece che esclusive l’una dell’altra, nel tentativo di pervenire a comprenderle insieme e di realizzarne la comunione nella sua spiritualità personale, in un raccordo tra cristianesimo, induismo, e buddismo, che procedesse così come all’interno dei loro orizzonti di fede cristiani, induisti e buddisti, comprendono le proprie credenze.
Tale esperienza intrareligiosa è stata intrapresa da Raimon Panikkar in spirito di fedeltà al Cristo del cristianesimo e nel rispetto dell’assunto, al contempo, di non violare altre tradizioni religiose, perseguendo alla loro luce l’esame critico della cultura contemporanea (pg. 102)
(“ E una volta chiesi a Paolo VI, con il quale ho avuto più libertà di rapporti, se per essere cristiano uno deve essere spiritualmente semita e intellettualmente cristiano,” ebbe a confidare a Raffaele Luise, come questi rivela in Raimon Panikkar, profeta del posdomani, Edizioni Paoline 2011, pgg. 67-68).
Se è il Dio evangelico trinitario il Dio in cui si è consolidata consequenzialmente la sua fede, è perchè in esso Panikkar è pervenuto alla comprensione reciproca delle sue religioni di appartenenza, in quanto in esso, poiché è Trinità, Spirito, nella suo essere Amore relazionale, e non solo Logos razionale,- a differenza del Dio dei greci e della generalità dei filosofi occidentali-, può essere condotto ad unione tutto ciò, che se si è distaccati dalla sua rivelazione interiore, si tende invece a pensare che sia separato, integrandolo in un’unione di polarità che permangono distinte ma che non sono separate, innanzitutto nell’“unione, con distinzione, ma senza separazione, tra umano e divino” nell’”evento cristico”.
“ L’evento cristico unisce la trascendenza ( divina) con l’immanenza (umana), ma senza cadere in alcun monismo- spirituale o materiale-, né in alcun dualismo metafisico. Non solo Cristo è totalmente divino e totalmente umano; anche l’uomo è chiamato ad essere pienamente umano e pienamente divino”( pg.32).
Oltre ogni dualismo, secondo lo spirito indiano advaita-adualistico-, la spiritualità religiosa è l’esperienza integrale della vita nella sua totalità, ossia è l’esperienza dell’interpenetrazione reciproca di Dio e uomo e mondo, (secondo la concezione cosmoteandrica di cui Raimon Panikkar si fa continuatore), in cui l’uomo è coinvolto nella sua pienezza, nella trinitarietà umana di corpo, mente razionale e spirito,- o nell’essere egli,altrimenti, inseparabilmente, corpo, ( soma), psiché, (spirito), polis ( società), e cosmo, una quaternità in cui in noi si trova e si incontra il divino, tanto immanente quanto trascendente.
“Dio- in tal senso- non è altro, un altro, per quanto grandioso lo si possa immaginare. Dio è tanto trascendente quanto immanente” (pg.24). Nell’essere tutto in tutte le cose “Dio non sta au dessus de la melée fuori da tutto, separato. Anche Dio sta all’interno di questa interpenetrazione del tutto con tutto”( pg.64)- dell’eterno con il tempo, nel presente della escatologia realizzata della “tempiternità
L’esperienza integrale in cui l’uomo, in quanto spirito incarnato, gode la pienezza della vita in cui si interpenetrano reciprocamente uomo, mondo, e Dio, come in Dio, in sé, sono perichoreticamente interpenetrate le persone del Padre, del Figlio e dello Spirito-, è la mistica, nel senso proprio del termine, in cui è riposto per Panikkar il futuro del cristianesimo, è l’ espressione della fede che proviene dalla stessa vita e di cui ogni uomo è capace, quando in lui pervengono ad un’unione trinitaria il corpo, nel piacere sensibile, la mente, come esperienza intellettuale, e lo spirito. Lo Spirito è il divino del cuore che in noi, in quanto amore, come identità relazionale, sente di essere il tutto che è tutto se stesso in tutte le cose ( sulla purezza del cuore che presso tutte le culture porta all’azione giusta, Panikkar scrive a pg 86 in particolare), e che nell’amore del prossimo perviene ad amare il prossimo come un’altra parte di se stesso (pg.23).
Il Dio che è Spirito, in quanto è Amore, come Amore non è soltanto Logos, Verità razionale noetica, e dunque non è soltanto Essere intelligibile, un Essere totalmente intelligibile, che si rispecchia nella sola coscienza logica (pg.80), lo Spirito, Sorgente apofatica, “ non inferiore né differente dal logos, ma neppure riducibile ad esso”( pg.83) né ad esso subordinato, in tale sua irriducibilità alla logica razionale è la ragione d’essere stessa della incommensurabilità del reale e della sua non trasparenza, della rivelazione della pluralità del reale nei veli di una pluralità di credenze e religioni,( pgg. 78-80), dell’impossibilità, dunque, di una teologia, o religione generale, che sia universalmente compresa ed abbracciata, come è inattuabile qualsiasi corrispettivo pensiero unico,- Ma lo stesso Dio che è Spirito, poiché in esso tutto è in relazione con tutto, è la scaturigine stessa della possibilità nello spirito medesimo, e non già nella ragione soltanto, di una mutua fecondazione fra le diverse saggezze dell’umanità”, di cui il pensiero di Panikkar è così alta espressione. interculturale e interreligiosa”, in seno al vincolo che nella tradizione cristiana “è lo Spirito, in quella hindu brahman”, in quanto simbolo, mito, culto, “saggezza dell’amore”1

1 In scritti in cui la lucidità critica si fa a volte aridità di tono, è mirabile tale illustrazione esemplare della superiore saggezza spirituale di Salomone “ Le nostre molte soluzioni vogliono tagliare il bambino in due quando non possiamo averlo per noi. La verità è nostra, come lo è il bambino. Ma per mantenere vivo il bambino, per mantenere viva l’umanità, per mantenere viva la polarità delle realtà umane, per mantenere viva la buona fede delle persone, per mantenere viva la libertà come la dignità più elevata, non possiamo giudicare con la Ragione soltanto. Salomone ci ha fatto vedere che il suo giudizio finale era quello corretto, perché quando interviene l’amore, quando il bambino è tuo, tu preferisci perdere, tu preferisci perfino essere battuto, ma il bambino deve vivere”(pg.82).

 

martedì 18 ottobre 2011

una lettera calcedoniana a don Ulisse Bresciani

Caro don Ulisse,
sono Bergamaschi.
Finalmente mi sono risolto ad inviarle la mia recensione de “La lotta per la vita” di Enzo Bianchi, che già mi ero ripromesso di scrivere per inoltrargliela ai primi di maggio, allorchè mi ha incontrato in Sant’Andrea e mi ha chiesto che cosa ne pensassi, senza da me ricevere una effettiva risposta. .
I giorni avanti, infatti, avevo lasciato in sospeso la lettura in cui mi ero reimmerso sotto i suoi occhi, una settimana prima, nella saletta d’attesa dell’ambulatorio medico in cui ci siamo ritrovati alcune settimane or sono, a distanza di mesi.
Nel frattempo sono mutate le aspettative e le sollecitazioni con cui mi sono rivolto al testo , come si può intendere in controluce nelle conclusioni seguenti.
La lotta per la vita di Enzo Bianchi non è una lotta per la vita di natura puramente spirituale nella sua universalità. E' una lotta per la vita eminentemente cristiana. Nella fede nella resurrezione di Cristo è fondata in radice. E non può essere vinta senza l'apertura dello spirito alla grazia divina. E' una lotta che può incorporare la meditazione buddista o di altre tradizioni, ma che non può essere incorporata in una pratica buddistha, o altrimenti ispirata, che sia ateologica.
Per la mia esperienza dell’amore in Dio del prossimo, e dell'amore di Dio mediante l’amore del prossimo, per quanto trovi ammirevole l’opera, soprattutto nel raffronto esegetico tra le pagine della tentazione di Adamo e di quella di Gesù e la Lettera ai Filippesi, non so dirle quanti anticorpi contenga il pensiero spirituale di Enzo Bianchi, per aiutare a discernere se la propria lotta spirituale è animata nella sua dinamica dalla conformità con Cristo o dalla fede dei diavoli.
Opere spiritualmente meno accreditate, o screditate, come quelle di Anthony de Mello, mi sono in questo un sostegno più illuminante
Quanto alle altre letture di cui le inoltro le recensioni, che ho redatto per ordinare le mie idee e per una loro pubblicazione impossibile sulla Cittadella, nonostante tutta la benevolenza di Benito Regis nei miei riguardi, l'una concernente le introduzioni di Ramon Panikkar alla propria Opera omnia, l'altra un raffronto illuminante tra l' umanesimo ateo di Camus ed il cristianesimo di Dietrich Bonhoeffer, lo Spirito unificante che vi ho inteso soffiare, così come nell' ispirazione della generalità delle teologie critiche dei Magisteri ecclesiastici recentemente edite in Italia, è in verità la concelebrazione della stessa cristologia calcedoniana, che è pienamente riaffermata dall'ontologia che le accomuna, ossia dalla loro concezione della realtà divina quale realtà al tempo stesso dell' uomo e del mondo, che s'invera in un'ontonomia secondo la quale la separazione o la confusione di ciò che in Cristo o nello Spirito è indiviso e distinto, costituisce la natura del peccato o l’errore del male, per quanto della realtà del peccato può essere comunque compreso dal lume naturale e dalle altre esperienze religiose-. Quanto sostengo l'ho ritrovato enfaticamente esaltato da Fabrice Hajadi nel suo ammirevole – e urticante- “La Fede dei demoni” ( vedi il capitoletto Il principio di Calcedonia sestuplicità dell'errore e altro..,” a pg. 144 dell'edizione italiana)
La saluto con gratitudine e affetto.
Odorico Bergamaschi
Post Scripta
A) Arnaud Corbic riferisce come “ Bonhoeffer che aveva insegnato cristologia all'università nel 1933, avesse trattato del Concilio di Calcedonia. Aveva dimostrato che non si deve “ cosificare” la formulazione dogmatica di questo concilio ma vedervi l'apertura al mistero concreto dell'Unico. ...Il Verbo illumina ogni uomo e ogni cosa. … Se Dio ha riconciliato in Gesù Cristo il cielo e la terra, né il dualismo né il monismo si concilieranno con un pensiero cristiano, ma solo una polifonia” (a pgg. 36 e 37 dell'edizione italiana di Camus e Bonhoeffer )

B) In India ho riscontrato una profonda corrispondenza tra la concezione cristologica della kenosis e quella hindù, diffusa tra i comuni pandit più che nei testi autorevoli, della umana paro-upkar o donazione di , al pari di come l'albero dona ad animali ed uomini la sua ombra ed i suoi frutti, senza nulla pretendere di ricevere o di potersi attendere in cambio.

(Nota ulteriore,  non integrata nella lettera
 La cosmoteandria non riduce forse la trascendenza divina all' infinità e alla libertà della creatività continua della Natura Naturans che è immanente alla Natura Naturata?
Npn risolve forse Dio nella sua sola natura economica in relazione al Creato, senza lasciare residui all'intima vita divina intratrinitaria, alla sofia increata dell'autorivelazione di Dio in stesso?( Bulgakov).

E ancora. c’è una realtà effettiva (positiva) del male, o il male è solo privazione del bene? è effettuale una ontologia e ontonomia satanica, ci sono comunioni e condivisioni maligne, od ogni reale comunione e condivisione è benigna, e il male è solo unione apparente, sempre oppone e distrugge, tanto più quando sembra unificare e interpenetrare, secondo una dinamica del male mimetica e antitetica al contempo?

 

 

 

lunedì 17 ottobre 2011

Sino all'eccesso

“Vado a dormire ora, domattina devo alzarmi prima delle cinque, per il treno ch’è in arrivo da Varanasi.”, quando Kailash dovrà recarsi alla stazione di Khajuraho per tentare di avviare all’hotel Zen i turisti che vi discendano
Poi Kailash avrà da attendere l’arrivo ulteriore del treno da Delhi, di lì a un’ora, per tentare lo stesso o stesso abbordaggio con i turisti che provengano dalla capitale, e in autorisciò gli toccherà in mattinata di recarsi a Bamitha, o a Chhattarpur, ed esserne di ritorno, per due volte, con altri turisti che vi si scendano per Khajuraho, da uno dei bus in arrivo da Satna o da Jhansi.
Sa oramai alla perfezione come intrigare i turisti, è consapevole che non deve far loro parola dell’hotel dove li farà finire pressoché immancabilmente, ma che è bene che chieda loro dei viaggi che compiono in India di cui ha fatto con me esperienza, e se essi si lasciano così irretire, per Kailash il gioco è fatto e l’esito irresistibilmente ottenuto, il più delle volte, i turisti siano spagnoli, svizzeri, polacchi, indiani, o il brasiliano inavveduto che oggi ha ammaestrato a dovere.
Poi, quando cercherà di fare il proprio di interessi, anziché quello del padrone,  si ingegnerà con scarsa fortuna di ottenere di poter prenotare il biglietto ferroviario, o un mezzo di trasporto per un’escursione nei dintorni, senza ricavarne nulla i turisti li inviterà pur anche a cena a casa propria, quando  entri con loro più in confidenza, ritentando l'azzardo, nella speranza indefettibile  che poi lo ricambino in denaro, a dispetto del riscontro che anche i giorni scorsi le sue aspettative siano andate ancora di nuovo puntualmente deluse, sia con la coppia di turisti spagnoli  che con il giovane svizzero, a suo dire cosi semplice e affettuoso, che asseriva di averlo nel suo cuore, Kailash
- “Io ho offerto loro cibo da mangiare, e non mi hanno dato niente! nothing...”
L’amico si è mostrato talmente capace di attirare turisti nell’hotel Zen, benché esso non figuri più nella Lonely Planet, appare talmente in grado di compensare con la sua intraprendenza uno svantaggio di cui si tormenta ogni giorno (ch’è il tormento quotidiano del)  il  suo padrone bestiale (predatorio), che dopo l’ una adesso può restarsene a casa con la sua famiglia fino alle tre del pomeriggio, ed è il padrone ora a pregarlo di fare ritorno al lavoro, se tarda, anziché minacciare di cacciarlo od  infuriare su di lui con parole, che a Kailash, i primi giorni levavano la pelle come scudisciate, perché il mio amico si riavvii per Bamitha, di nuovo, quanto prima, a calamitare i turisti in arrivo con il bus di Agra, dopo di che egli dovrà stazionare in hotel fino alle dieci di sera, (stazionando egli  in hotel fin che solo alle dieci di sera), allora soltanto potrà essere di ritorno a casa, per risvegliarsi sul far dell'alba se non alle quattro, non oltre le cinque, il giorno seguente, e farsi trovare alla stazione nuovamente in attesa del treno da Delhi, per suo (minimo) sollievo essendo sospeso più volte alla settimana quello precedente da Varanasi.
La paga è sempre la stessa miseria per tanto dannarsi, 50 rupie al giorno, l’equivalente, al più, di un dollaro, è niente, "nothing", come Kailash inveisce, ma per lui non è ciò che più importa, così mortificandosi egli conta di farsi valere, ed al fine di prevalere, come lavoratore onesto, ed io non posso che compatirlo e consentire, benché mi sia insostenibile la sua remissività ad  un simile trattamento da bestie, giacché nel suo fervore succube avverto (sento) che egli è riemerso dal fondo della nostra sventura, e che sino all’eccesso riafferma la vita
E' stupefacente come egli sa nuovamente illudersi e può davvero credere, sospinto dallo slancio, che siano in gran ripresa gli affari dei nostri negozi, che costituiscano chissà quali proventi il quintale di grano e i chili di sesamo e di lenticchie con cui dopo i recenti raccolti i dalit del villaggio sono venuti pagando i loro acquisti, in tutto appena due mila rupie, alla resa dei conti, ma gli acquisti, mi assicura, saranno ancora più in crescita per Dipawali, quando da Delhi faranno ritornano al villaggio i dalit che vi si sono trasferiti per lavorarvi come muratori.
“ Ora penso più al mio lavoro, che alla mia famiglia”, è il suo presente rammarico, tant'è che (e ) solo ora che a Vimala è ricomparsa purulenta l’infiammazione in bocca, si è riscosso al punto di preoccuparsene davvero, e di chiedermi di anticipargli il denaro che può occorrere se la farà visitare da un odontoiatra di Chhattarpur.
“ Sarebbe un vero problema se l’infezione fosse invece un cancro, Vimala potrebbe morire ed io resterei senza mia moglie…” ( è come se sapesse soltanto dispiacersene).

 

martedì 1 novembre 2011

la beatitudine di Kailash

Ma ora appare meno convulsa e più appagata la vita di Kailash.
Si è conquistato più rispetto e più tempo disponibile presso il suo padrone, la piorrea di Vimala è regredita (receduta), e tutti quanti i bambini crescono e stanno bene.
Ajay e Ashesh hanno trascorso nel villaggio le intere festività di Deepawali, e vi sono rimasti ad accudire il negozio ed il bestiame da soli, vi si sono intrattenuti anche in assenza dei nonni, allorché il babbo e la mamma di Kailash si sono recati per alcuni giorni ad Orcha.
Con i turisti Kailash ha riappreso a dare senza attendersi in cambio denaro, ad invitarli a casa sua e ad essere felice di cucinare e servire per loro il dhali, con vegetali e chiappati, anche se non ne sarà affatto remunerato.
But I am happy, Sono felice anche così”.
Così facendo acquisisce comunque good Karma.
Nel suo agire c’è pur sempre calcolo, certo, ma Kailash gli conferisce una natura superiore.
“ Essi mi avessero dato mille, due mila rupie le avrei accettate. Ma duecento rupie, no, - mi ha detto oggi, che è Ognissanti, a proposito della coppia di turisti francesi che sono stati di ritorno a casa sua prima di partire per Varanasi. "Avrebbero pensato che l’ho fatto solo per denaro. Così almeno parleranno bene di me, e faranno sì che a me si rivolgano altri turisti, indirizzandoli al mio hotel”
Beati davvero quelli che piangono, Kailash, perché saranno consolati. I puri di cuore perché come te vedranno il nirvana del regno dei cieli.

 

 

martedì 1 novembre 2011

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Quel che di Kailash ho scritto a Luigina

"Il mio amico indiano si sta ora alienando nel lavoro. “ I like only to bring tourists to my hotel!” mi ha detto oggi al telefono, indispettito con se stesso di non avere recato in hotel il suo tributo quotidiano di turisti. Dal far dell’alba sino alle dieci di sera si sta dannando in tal modo per un padrone animalesco che gli deve ancora corrispondere le 1500 rupie che gli spettano per il mese di lavoro trascorso, Si è così involuta la sua elaborazione del lutto in un lavoro faticoso. Per lui devo ripetermi il discorso delle beatitudini., anche perché nonostante tutto lo so felice, e i nostri bambini crescono bene. Oggi al telefono ne ho curato con gioia la dizione in inglese di una poesia."


Buon viaggio, cara Luigina, ed arrivederci in India a primavera...
Ho dimenticato di dirti il finale per quanto riguarda il mio amico: egli invita a casa sua i turisti che con lui simpatizzano, auspicando di trarne un provento in contraccambio delle pietanze squisite che a loro imbandisce, ed ogni volta finisce per rimetterci tutto quello che spende per loro ma ne è contento. Oggi mi ha confidato che lascia al cuoco le mance dei clienti che serve a tavola, perchè sono dovute alla bontà della sua cucina…

 

 

Venerdì 4 novembre 2011-12-28

due richieste di pietas

Pietà ora per Gheddafi

Che immensa sofferenza deve avere inflitto Gheddafi al popolo libico, che liberazione si è creduto che abbia significato la sua fine, se nessuna forma di pietà ha inibito il giubilo del suo popolo festante, alla diffusione senza ritegno delle scene della sua fine tremenda, in cui non più dittatore sanguinario ma inerme vittima sanguinante, appare suppliziato, oltraggiato, messo a morte ed esposto al ludibrio esultante degli insorti gioiosi assiepatigli intorno, animati dalla stessa ferocia già da lui riservata alle sue vittime. “ Wow”, se ne è compiaciuta Hilary Clinton. E mentre le segreterie europee d’oltralpe hanno accolto in silenzio l’esecuzione orrenda, propiziata dai bombardamenti delle loro aviazioni, in cui è finito massacrato lo stesso Rais che avevano accolto con tutti gli onori solo un anno prima di muovergli guerra, il nostro premier non ha mancato l’occasione per essere e dire l’opposto di quello che avrebbe dovuto essere e dire nei riguardi di Gheddafi: come è accaduto non più tardi dell’altra estate , quando si è prosternato nel baciamano di chi era sceso in Italia per insultare una seconda volta al suo cospetto le nostre istituzioni e tradizioni, o allorché ha manifestato pietà per il Rais nelle circostanze in cui avrebbe dovuto esprimere sdegno per la sua volontà di infuriare sulla ribelle Bengasi, ora in luogo della pietà riservando il proprio cinismo alla fine miserabile e atroce di chi aveva folleggiato d’essere il re dei re d’Africa e l’aveva reputato suo amico, un assassinio che ha liquidato con il gelido ricorso alla stessa formula liturgica, “ sic transit gloria mundi”, che celebra in latino le incoronazioni dei pontefici. Superato in questo solo dai suoi accoliti di governo. Certo, così passa la gloria del mondo, basta soltanto, dopo che si è atteso la scomparsa del messaggio promozionale, per assistere all’ulteriore ripresa del massacro del Rais, voltar pagina, aprire un nuovo capitolo di storia, come richiede l’assuefazione alla realpolitik planetaria.

Odorico Bergamaschi insegnante
Pubblicato sulla Gazzetta di Mantova il 22 ottobre 2011

Nell’imminenza, domenica 6 novembre dell eid al adha, la festa islamica del sacrificio e dello sgozzamento, vorrei intervenire su ciò che in “500 battute” della Voce di Mantova del 21 ottobre 2011, ha espresso Dino Bertolini sulla macellazione islamica della carne halal.
Egli ha allora deprecato che la Lav abbia dato credito alle “emerite bugie” di non meglio precisati mussulmani, che avrebbero assicurato che in Italia gli animali sarebbero storditi prima di essere sgozzati e lasciati morire per dissanguamento, una forma di pietà che del resto essi non sarebbero tenuti a esercitare, perché consente a loro di non praticarla una deroga della legislazione italiana che tutela “gli animali da inutili e crudeli sofferenze”, secondo la denuncia dell’ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali.
Se Dino Bertolini avesse tempo e modo di leggere le pagine che in “ Maximum City, Bombay città degli eccessi”, Suketu Metha ha destinato alla celebrazione islamica di Bakri Id , alle pagine 189-194, avrebbe di che invocare l’apertura delle cateratte del cielo insieme con l’apertura dei fondali terreni.
E’ terrificante la crudeltà verso il mondo animale cui può indurre una religione. Pietà verso gli animali, è sacrosanto e legittimo invocare, con il grande filosofo cristiano -kantiano Piero Martinetti, pretendendo che una legislazione che ne eviti inutili sofferenze sia fatta valere nei riguardi di tutti, nessuno escluso.
E nessun indebito riguardo interculturale può giustificare deroghe speciali, o che un’associazione animalista certifichi il falso, dando via libera alla macellazione senza stordimento preventivo dell’animale che sarà sgozzato. Ma la pietà per gli animali non può mai diventare una legittimazione della nostra disumanizzazione nei riguardi della specie umana, di chi è innanzitutto il nostro prossimo, proprio perché è lo straniero o in esso avvertiamo un nostro nemico.
E’ più che umano, quando la nostra capacità di amare è mortificata dagli uomini, rendersi “ sprezzator degli uomini” e donare tutto il proprio affetto all’innocenza animale. Ma non è condivisibile che l’affetto per gli animali sia razionalizzato in un ripudio argomentato e pubblicizzato di un intero universo umano, quale la immensa civiltà e popolazione islamica..
Rammento ancora vividamente quanto ebbe a dirmi un giovane tunisino della Crumiria, oramai tanti anni fa, raccontandomi delle lacrime che pianse per più giorni, quando per l’eid in famiglia venne sgozzato inesorabilmente l’agnellino che aveva più caro.
Tale festa dell’eid , con il sacrificio rituale di moltitudini sterminate di animali,” un massacro” come lo definisce Suketu Metha nelle sue pagine impressionanti cui mi sono riferito, è una carneficina che ricorda il sacrificio di un montone effettuato da Abramo, sostitutivo di quello che egli stava per compiere del figlio Isacco, perché così credeva che volesse Dio.( rimando in proposito a quanto ne scrive Vito Mancuso in Io e Dio, alle pagine 173-182, che condivido assolutamente).
Ora, prima ancora che della religione islamica, Abramo è un capostipite della religione ebraica e di quella cristiana. Nel suo nome, in cui echeggia il tremendo di ogni senso del sacro, l’uomo di presunta fede perfetta, inossidabilmente cristiano e occidentale, può dunque sentirsi obbligato a compiere in obbedienza al suo Dio un sacrificio maggiore di quello di un animale. Il sacrificio, di cui la Croce è il simbolo eterno testimoniale, che Dio stesso, come Amore trinitario, ha compiuto del Suo Figlio medesimo secondo il cristianesimo. Liberando l’uomo dalla richiesta di ogni ulteriore olocausto che non sia il sacrificio perenne di se medesimo..
Attenzione, dunque, rispetto e riguardo, allorché si affronta in tali questioni ciò che è fondamentale per ogni uomo, stando in ascolto di tutte le risonanze che assume ogni nostro discorso




lunedì 7 novembre 2011

ovunque per acqua e per terra

                                                                   Mantova, 2 novembre 2011
Cara Valentino
sono Odorico. Come va? E come procede il progetto Alice? Quale buona novella? Od implica novità dolenti l’avvertenza che non accettate più volontari?
Quanto al documentario di Matteo Passigato, è davvero molto bello. Ti allego una correzione del testo della versione in italiano.
Sono rimasto commosso, due mesi or sono, dalla scomparsa del vostro bambino così atrocemente sofferente di cancro alla pelle.
Per me in quel cortile si è rinnovato lo scandalo del dolore innocente.
Per quello che riguarda la mia sorte futura, prima di comunicarti come si sta modificando intendo dirti che cosa penso della sinossi del Progetto Alice che mi hai inviato a suo tempo- L'ho riconsiderata in questi giorni, e la sua versione più avvincente mi è parsa Pankash and the daisy.
Io non posso che condividere l’anelito dell’ispirazione della tua sinossi, che da un versante buddista ti anima a condurre le menti all’identica esperienza mistica contemplativa di ogni religione, così come avviene nel silenzio in cui oltre ogni concetto e giudizio e pensiero, siamo tutt’uno – o in unità- con l’essere che è Amore infinito, Pace infinita, beatitudine infinita saggezza infinita ( la mente della chiara luce), per esprimermi con le tue bellissime parole.
Ciò che però non mi trova consenziente è che sia concepita come l’unica forma di esperienza mistica che consenta di accedere alla vacuità del divino, e che per pervenirvi sia obbligatorio credere e indurre a credere, insegnandolo, che non esiste una realtà esterna indipendente dal nostro pensiero. ( pur se riconosci che non si può nemmeno dire -monisticamente- che c’è solo mente).
Io non intendo, così dicendo, entrare nel merito della tua concezione dell’Io-pensiero creatore , che nella Sinossi hai ripreso e riproposto come l’ispirazione di fondo imprescindibile della ricerca educativa del tuo progetto. Considero opportuno, piuttosto, fare appello al criterio buddista dell’upaya-khausalya, come l’ho trovato espresso nel Sutra del loto della buona legge, in ragione del quale mi sembra sconsigliabile impartire l’insegnamento filosofico basilare e inderogabile dell’insussistenza di una realtà esterna indipendente Può darsi e non discuto che implichi tale principiuo il grande veicolo, ma il riconoscimento delle nostre deboli propensioni comuni, e il giusto ricorso conseguente all’abilità nei mezzi, mi fa ritenere che non sia conveniente che si ricorra a tale concezione nell’istruzione generale universale. Invece seguito a condividere pienamente, come giusti mezzi necessariamente impliciti in ogni formazione inter-religiosa e interculturale , compresenti n ogni dimensione scientifica avanzata dell’insegnamento convenzionale, che si trasmettano la consapevolezza e la conoscenza "of the laws of interdependence; the laws of cause and effect; the subjectivity of perceptions and dynamic of projections; the relativity of boundaries; the ever changing nature of our thoughts and feelings.", come asserisce la dichiarazione dei principi formativi del Progetto Alice..
Per quanto mi attiene, il 2 novembre potrò inoltrare la domanda di pensionamento. Se tutto procederà come auspico, sarò così più libero di venire in India, di stare con la mia sacra famiglia indiana e di restare in contatto e di cooperare con te, ad esempio nell’ insegnamento della lingua italiana presso la scuola di Sarnat, non fosse per l’avvertenza che non accettate più volontari

Versione ulteriore


Mantova, 2 novembre 2011
Cara Valentino
sono Odorico. Come va? E come procede il progetto Alice? Quale buona novella? Od implica novità tristi l’avvertenza che non accettate più volontari? Quanto al documentario di Matteo Passigato, è davvero molto bello. Ti allego una correzione del testo della versione in italiano.
Sono rimasto tristemente emozionato, due mesi or sono, dalla scomparsa del vostro bambino così atrocemente sofferente di cancro alla pelle.
Per me in quel cortile si è rinnovato lo scandalo del dolore innocente.
Per quello che mi riguarda, prima di comunicarti come si sta modificando la mia esistenza, intendo dirti che cosa penso della sinossi del Progetto Alice che mi inviasti a suo tempo, che ho riconsiderato in questi giorni, e di cui la versione più avvincente è Pankash and the daisy.
Io non posso che condividere l’anelito dell’ispirazione della tua sinossi, che da un versante buddista ti anima a condurre le menti all’identica esperienza mistica contemplativa di ogni religione, che avviene nel silenzio in cui oltre ogni concetto e giudizio e pensiero, siamo tutt’uno – o in unità- con l’essere che è Amore infinito, Pace infinita, beatitudine infinita saggezza infinita ( la mente della chiara luce), per esprimermi con le tue bellissime parole.
Ciò che però non mi trova consenziente è che sia l’unica forma di esperienza mistica che consenta di accedere alla vacuità del divino, e che per pervenirvi sia obbligatorio credere e indurre a credere, insegnandolo, che non esiste una realtà esterna indipendente dal nostro pensiero. ( pur se riconosci che non si può nemmeno dire -monisticamente- che c’è solo mente).
Io non intendo, così dicendo, entrare nel merito della tua concezione dell’Io-pensiero creatore , che nella Sinossi hai ripreso e riproposto come l’ispirazione di fondo imprescindibile della ricerca educativa del tuo progetto. Considero opportuno, piuttosto, fare appello al criterio buddista dell’upaya-khausalya, come l’ho trovato espresso nel Sutra del loto della buona legge, in ragione del quale seguito a reputare sconsigliabile impartire l’insegnamento filosofico basilare e inderogabile dell’insussistenza di una realtà esterna indipendente Può darsi e non discuto che sia effettivamente il grande veicolo, ma il riconoscimento delle nostre deboli propensioni comuni, e il giusto ricorso conseguente all’abilità nei mezzi, mi fa ritenere che non sia conveniente che si ricorra a tale concezione nell’istruzione generale. Invece condivido sempre di più pienamente, come giusti mezzi necessariamente impliciti in ogni formazione inter-religiosa e interculturale , compresenti n ogni dimensione scientifica avanzata dell’insegnamento convenzionale, che si trasmettano la consapevolezza e la conoscenza "of the laws of interdependence; the laws of cause and effect; the subjectivity of perceptions and dynamic of projections; the relativity of boundaries; the ever changing nature of our thoughts and feelings.", come asserisce la dichiarazione dei principi formativi del Progetto Alice..
Per quanto mi attiene, il 2 novembre potrò inoltrare la domanda di pensionamento. Se tutto procederà come auspico, sarò così più libero di venire in India, di stare con la mia sacra famiglia indiana e di restare in contatto e di cooperare con te, ad esempio nell’ insegnamento della lingua italiana presso la scuola di Sarnat, non fosse per l’avvertenza che non accettate più volontari
Con affetto
Odorico

Caro Odorico

Ho letto le tue osservazioni sulla sinossi. Mi rendo conto che il topic relativo alla realta' esterna, oggettiva, e' difficile, complesso e tale da suscitare perplessita', reazioni forti e critiche.
Ma questo non mi fa retrocedere di un millimetro rispetto alla tesi che sostengo (e provo!).
Non esiste la possibilita' di dimostrare scientificamente e razionalmente l'esistenza di una realta' indipendente dalla mente. Certo, convenzionalmente parlando nessuno nega che esista un fenomeno la' fuori, ad esempio un albero che non e' mente, etc. Ma solo convenziolmente, non "realmente". La realta' fenomenica e' una esperienza e nulla più. La realta' esiste perche' io la percepisco. Gli altri esistono perche' sono una mia esperienza. Che cosa esiste oltre la mia esperienza? Nessuno può rispondere, a meno di non cadere in evidenti contraddizioni. Oltre la mia esperienza non posso andare, se non con il pensiero. Ogni ipotesi, ogni affermazione che faccio e' sempre un prodotto, una costruzione del mio pensiero. Non non ne usciamo. Posso affermare che esiste una realta' esterna che non e' mente. Certo! Ma e' pur sempre una affermazione che viene dalla mente. Posso dire che esiste la mente e la materia che non e' mente. Ma si tratta di una affermazione fatta, appunto, con la mente, quindi pura costruzione psichica. Posso speculare sulla materia, su Dio... ma e' sempre una speculazione frutto di un dinamismo psichico. Attenzione, non sto dicendo che non esiste Dio, che non esiste la materia, etc. Sto affermando che Dio, la materia esistono, ma come prodotti della mia mente. Non sono totalmente non esistenti. Ma non sono oggettivi, come crediamo comunemente. Sono fenomeni soggettivi. Ed e' proprio questo il significato del Sentiero spirituale: andare oltre la mente, oltre il pensiero di Dio, per scoprire, appunto, la realta' di Dio. E come si scopre la realta' del Divino? Attraverso il silenzio, come giustamente osservi tu. Ma dobbiamo metterci d'accordo sul significato di quel silenzio. E' un silenzio della mente pensante, della ragione, per lasciare spazio all'intuizione, al transpersonale. La mia domanda: sei capace di dimostrarmi - con la mente - che esiste qualcosa che trascende la mente?
Mi fermo qui, per ora.
Un abbraccio
Valentino




Caro Valentino,
è come se tu stessi monologando con me.
Ti ripeto che non intendo entrare nel merito dei tuoi principi filosofici, che non intendo metterli in discussione, anche perché sono consapevole che tu sei irremovibile, ed ho troppo rispetto dei tuoi convincimenti per atteggiarmi altrimenti che a un retto sforzo di comprensione.
Quello che ho cercato di dirti è che tali presupposti della tua ricerca educativa a mio avviso debbono restarne il cuore esoterico, che ritengo che non sia proficuo che ne sia impartito l’insegnamento dottrinale a bambini e adolescenti, il cui principio di realtà in generale è troppo difforme da tali principi, in Oriente come in Occidente.
Inoltre ho motivo di supporre che il porli come un requisito imprescindibile per riconoscersi nel Progetto Alice possa alienarti- ed averti già alienato- il seguito di molti sostenitori occidentali e cristiani, perché con le tue conclusioni tu dai scacco matto a ogni possibilità che il vero sia a noi rivelato. Come recitava il titolo di un libro che ho visto esposto in vetrina, presso le Paoline, un cristiano può convenire che “ Dio non è quel che credi”, che Dio trascende ogni nostra immagine e idea che ne sia una concezione, che ciò che Ne pensiamo Ne possa essere una nostra perversione mentale, e come Maister Eckhart pregare Dio che ci liberi di Dio, ma non potrà mai ammettere, come tu sostieni, che Dio sia un prodotto soggettivo della nostra mente. Nel silenzio per chi è cristiano Dio ci si rivela comunque come una realtà che ci impronta, da cui dipendiamo e a cui dobbiamo obbedienza. Pensare che sia altrimenti per un cristiano è il peccato radicale e originale del nostro orgoglio.
Ed è così per un islamico rispetto ad Allah, per un ebreo rispetto alla stessa Torah.
Con affetto
Odorico

Lettera effettivamente inviata


Caro Valentino,
sono Odorico
Come torno a dirti, non ti ho scritto per entrare nel merito dei principi filosofici della tua sinossi, che non intendo tuttora mettere in discussione, anche perché sono consapevole di quanto tu ne sia persuaso, ed ho troppo rispetto dei tuoi convincimenti per atteggiarmi altrimenti che a un retto sforzo di comprensione.
Quello che ho cercato di chiarirti è che ritengo che tali presupposti della tua ricerca educativa debbano restare il suo cuore esoterico, e che temo che non sia proficuo che ne sia impartito l’insegnamento a dei ragazzi, il cui comune principio di realtà ne è troppo difforme, in Oriente come in Occidente.
Inoltre ho motivo di supporre che il porre tali principi come un requisito imprescindibile per riconoscersi nel Progetto Alice possa alienarti- ed averti già alienato- il seguito di molti sostenitori occidentali e cristiani, perché con le tue conclusioni tu dai scacco matto a ogni possibilità che il vero sia a noi rivelato come alcunchè che ci si impone. Come recitava il titolo di un libro che ho visto esposto in vetrina, presso le stesse Paoline, un cristiano può convenire che “ Dio non è quel che credi”, che Dio trascende ogni nostra immagine e idea che ne sia una concezione, può temere che ciò che Ne pensiamo Ne possa essere una nostra perversione mentale, e come Maister Eckhart pregare Dio che ci liberi di Dio, ma non potrà mai ammettere, come tu sostieni, che Dio sia un prodotto soggettivo della nostra mente. Nel silenzio, per chi è cristiano Dio ci si rivela comunque come una realtà che ci impronta, da cui dipendiamo e a cui dobbiamo obbedienza. Pensare che sia altrimenti per un cristiano è il peccato radicale e originale del nostro orgoglio.
Ed è così per un islamico rispetto ad Allah, per un ebreo rispetto alla stessa Torah.
Con affetto
Odorico


Caro Odorico,
ho qui due feed back alla corrispondenz che hai pubblicato sul tuo blog. Forse puo' essere utile sapere che cosa pensano altri...
Love
Valentino

………………………………………………..

Caro Valentino Ti ringrazio. Come ringrazio Sonia per quello che ha detto di così vero e di così bello su Le Saux..Ma debbo invitarti, con lei, a riconsiderare, di quello che ho scritto, il passo in cui ricorreva il verbo alienare e a chiedervi come e perché è stato reinterpretato e distorto a tal punto, mutandone contesto e riferimenti. Ringrazio, inoltre, chi tra me e il cattolicesimo ha messo almeno un e distintivo. Todo modo, per conformarmi alla volontà divina, stando sulla soglia mi si impone la formulazione di un voto di distacco e di silenzio
Love
Odorico.



Ciao Odorico. Mi spiace cogliere una venatura di dispiacere nella tua risposta ai due commenti. Ognuno esprime quello che pensa, ma non e' detto che si tratti di posizioni definitive. Insomma, il dogmatismo non e' una buona qualit°', sia che venga dai cattolici (ne sono maestri!) che da altre religioni o sette. Tu hai le esperienze, le tue certezze, i tuoi punti di riferimento dottrinali, teologici, culturali. Altri si muovono secondo bussole diverse, ma con l'ago che punta, forse, nella stessa direzione. Non te la prendere, quindi. Non si tratta di una questione personale, ma di un confronto.
In fin dei conti, chi ha ostracizzato il Progetto Alice sulla base di una totale ignoranza dei suoi principi e orientamenti? Non sono stato io che ho rifiutato di benedire i bambini indiani "perché non cristiani", ma l'ex Vescovo di Varanasi. Non sono stato io che mi sono messo in rotta di collisione con le suore alle quali avevo intenzioni di lasciare una parte delle proprietà e l'eredita' pedagogica (povero illuso!) del Progetto Alice, ma suor * che in classe, ai chakma, buddhisti theravada, insegnava che Dio ha creato il mondo in sette giorni, ben sapendo che il pilastro base della filosofia del P.A. e' quello della mente che crea il nostro mondo soggettivo e percepito (attenzione alle parole che vengono usate, perché sono importanti!). E suor * era così brava (perché le addestrano con professionalità') che era riuscita a "confondere" gli studenti: primo passo verso una conversione. Non sono io che vado nei villaggi dei poverissimi chakma con il portafoglio gonfio, le scuole prefabbricate in una mano e il vangelo nell'altra per un disdicevole scambio: lavoro, studio, sicurezza economica, in cambio di un'abiura della propria tradizione, religione praticata da millenni. Non sono io che predico che lo yoga tibetano  è dannoso (sic!), come fece questo Papa, quando era a capo del Sant'Uffizio. E nemmeno spargiamo in giro dicerie blasfeme come succede in America,dove i fondamentalisti cristiani attaccano la meditazione orientale perché predica la liberazione della mente dei bambini dalla schiavitù dei loro pensieri. "Guai a svuotare la mente!", sostengono questi grandiosi cattolici tutti d'un pezzo. "Nel vuoto si inserisce il diavolo!". Incredibile!
Scrivo questo perche', tra le righe della tua lettera ho letto una condanna, da parte dei cattolici, del nostro Progetto (là dove parli di alienazione). Peccato, perché credo che i cattolici stiano perdendo una occasione storica di rinnovamento e scoperta del senso profondo del loro essere cristiani, riscoprendo, finalmente. la loro anima mistica, sempre repressa e ostacolata dai "secolari", i pragmatisti del potere temporale della Chiesa (i moderni amici di Berlusconi, che difendono le sue perversioni sostenendo un pericoloso relativismo morale, vedi la bestemmia che va contestualizzata). D'altra parte, che cosa possiamo aspettarci da delle gerarchie che hanno avuto il coraggio di "condannare' i libri di De Mello, al punto che le Paoline sono costrette a scrivere, in prefazione, che le tesi, il pensiero del grande gesuita vanno contestualizzate nell'ambiente i cui viveva. Come dire: deve dire queste cose per adeguarsi alla cultura del posto dove vive, ma... E’ un “ma” che si intuisce, anche se non chiaramente espresso. “Ma la “Ma la verità e’ un’altra!” “Ma non siamo d’accordo!”
Ecco quanto scrive Sonia, ad integrazione della sua precedente lettera.


Ciao Valentino,
Ecco, mi sono ricordata quella formuletta ridicola che mi hanno ripetuto in diversi in ambito cattolico quando venivano a sapere che studiavo le filosofie e religioni (orrore, al plurale!) dell’India, perché temevano che mi “perdessi” nell’errore (forse che diventassi hindu o buddhista???!!!).
La raccomandazione era questa (testuali parole): “ricordati che due cose non ha nessun’altra religione (per cui la nostra è l’unica vera): la misericordia e la resurrezione”.
Ora, dal punto di vista storico-religioso sappiamo che non è vero, ma mi colpiva molto il fatto che pretendessero di “mettermi in guardia”, di “salvarmi” in diversi con questa stessa formuletta (tipo amuleto da portare al collo contro il malocchio).
Eppure, l’approccio dell’Università è puramente “scientifico”: io STUDIAVO storia, fenomenologia, psicologia delle religioni, storia della filosofia e delle religioni indiane, come pure storia del Cristianesimo (che mi serviva per la tesi particolare che c ho scritto). Certo che da una conoscenza, a maggior ragione se approfondita con passione, può scaturire un interesse più profondo, anche per il livello esperienziale, ma quello esulava assolutamente dall’ambito dell’Università. Nessuno era lì per “convertirci” ad alcunché. io ero lì alla ricerca di un guru che mi facesse il lavaggio del cervello, sarebbe stato ben più facile entrare in una qualsiasi settariola che studiare 5 anni per laurearmi in lingue orientali, non credi?
Eppure questo era l’atteggiamento, la paura basata sull’ignoranza. E ne ho avuto la riconferma quando ad un convegno, parlando a tu per tu con dei relatori (incluso un rabbino) avevo espresso la mia speranza che nella scuola italiana venga prima o poi introdotto l’insegnamento della storia delle religioni (almeno). Pensavo che un’ipotesi così “pluralista” sarebbe stata apprezzata e condivisa dagli altri e invece tutti hanno espresso scetticismo e timore di “travisamenti” perché non accettano che un “laico” possa parlare correttamente della loro fede. Pretenderebbero piuttosto che solo un rabbino o un ebreo praticante possa parlare dell’ebraismo, solo un musulmano praticante possa parlare dell’Islam, etc… così come ora solo gli insegnanti selezionati dalla Curia, praticanti “certificati” possono insegnare questa strana materia “Religione Cattolica”. Per forza che chi non ci crede rifiuta l’insegnamento: è inteso come un Catechismo all’interno di una scuola che si dice laica! Mi rendo conto che un tipo di approccio storico/fenomenologico in questo ambito risulta ancora assolutamente inaccettabile, per prima alla Chiesa ma anche agli altri, che non sono migliori. Figurati che impressione può fare la vostra sperimentazione che va ancora oltre (e molto) a questo.
Eppure io che studiavo alla facoltà di lingue orientali non è che mi facevo esonerare dalle ore in cui si parlava di Induismo e Buddhismo e neppure ero lì per convertirmi ad alcunché. Ero lì per conoscere, confrontare, studiare… Pensa che a praticare yoga e un po’ di meditazione ho iniziato solo dopo essermi laureata. Pare impossibile.
Mi è sempre parsa una differenza assolutamente grossolana eppure i cattolici non capiscono neppure questa, figurati la tua distinzione fra i due livelli di realtà. E per finire un’ultima chicca: qualcuno mi ha anche chiesto per che genere di lavoro mi preparasse questa insolita facoltà? Forse da grande sarei diventata un “guru”? (ti giuro che me l’hanno chiesto sul serio!)
Eh magari! Sarebbe stato un ottimo sbocco occupazionale. Se almeno fossi diventata una “guru” donna (accidenti, non ricordo più come fanno al femminile questi sostantivi in u, forse “gurvi”? 5 anni per niente davvero…) almeno adesso non rischierei la disoccupazione! Ma faccio sempre in tempo a riciclarmi, volendo. “

La formuletta! Vale ancora. la ripetono ai chakma, per convincerli che il Buddhismo e’ inferiore alla loro religione. “Noi siamo la religione dell’Amore della compassione!”. Che grande bugia! Personalmente ho preferito approfondire un altro sentiero spirituale proprio quando ho scoperto i limiti dell’amore dei cristiani. Sia chiaro, non ho rifiutato la mia religione di ... nascita, ma ho preferito fare un passo in avanti, integrandola con principi che la completino. Proprio il tema della compassione e’ stato determinante nella mia scelta. I cristiani sono riduttivi nel loro amore: amano solo una parte piccolissima del creato e trascurano una fetta consistente del Regno di Dio (gli animali, ad esempio). Mi viene in mente ancora l’ineffabile suor * che ridicolizzava il rispetto dei buddisti per gli animali. E’ un atteggiamento che non trova alcuna giustificazione per una persona religiosa. L’aggressività che tirano fuori i cattolici quando si parla di animali e’ disturbante. “Perche’ sprecare risorse per un cane quando ci sono tanti bambini che muoiono di fame?” Questo il loro “ragionamento”. Pericolosissimo questo modo di pensare che relativizza, appunto, la compassione, gerarchizzando i valori. Un dolore e’ forse più importante di un altro dolore. il dolore e’ tale per un cane, un gatto, un topo e un essere umano. Ci vuole la realizzazione di Mahamudra per capire questo?
Poi possiamo discutere sulle strategie per affrontare i diversi tipi di dolore, sulle opportunità, sui mezzi che abbiamo a disposizione... Ma non si può transigere sui principi. Ogni essere e’ sacro. Punto e basta. Non c’e’ sacralità minore o maggiore.
Tutto questo per demolire la formuletta sulla compassione insegnata a Sonia.
Resta il secondo pilastro della fede (suggerito dalla formuletta): la resurrezione. Qui ci addentriamo in un terreno minato che tante incomprensioni ha portato tra i cattolici e “gli altri”. I missionari cristiani, ad esempio, quando sono andati in Tibet e hanno assistito a fenomeni miracolosi che non potevano negare (espressione dei siddhi dei meditatori), non trovando altra spiegazione razionale a questi “miracoli” (che solo Dio poteva compiere), non hanno esitato a tirare in ballo il diavolo. Ecco la loro soluzione: e’ vero, anche i non cristiani fanno miracoli, ma e’ opera del diavolo. Così tirando in ballo la famosa Ombra negata (altro capitolo oscuro e inquietante per i cattolici), hanno pensato di risolvere la contraddizione tra la loro fede e quella degli altri.
Tutto questo per dire che non e’ certo il tema della Resurrezione il punto di forza del cattolicesimo, secondo me. Gli yogi buddisti non solo decidono il giorno della loro morte, ma anche del loro ritorno, lasciando chiare indicazioni al riguardo. A volte, come sai, come accadde a Gesù, il corpo dei meditatori scompare per essere trasformato nel “corpo di Luce”. Fenomeni ben noti a chi studia il misticismo delle vette nelle gradi religioni storiche. Per non parlare dell’assoluta ignoranza dei cristiani circa il processo della morte, i vari stadi di dissoluzione degli elementi grossolani e sottili... Ad esempio, i nostri poveri Papi , appena il loro respiro cessa, vengono sottoposti ad un trattamento orribile per l’imbalsamazione. Questo fa inorridire i meditatori orientali, perché  la cessazione del respiro non coincide con la morte, ma e’ solo uno dei passaggi. La cessazione del respiro, e quindi del battito cardiaco, significa, per gli yogi indiani e buddisti, che siamo a metà del processo di morte. Intervenire a questo punto sul morente e’ devastante, sempre secondo la tradizione orientale (tanto disprezzata dai missionari occidentali). Quindi, poveri Papi!
Mi rendo conto che mi sono addentrato in un terreno minato, ma prendi tutto questo come uno scambio di vedute, una informale conversazione, giusto per capirci meglio.
Dove voglio parare? Vorrei che i cristiani diventassero più umili, meno saccenti e arroganti, più rispettosi delle idee e credenze degli altri, senza la pretesa di essere i più bravi, gli unici detentori della Verità, perchè non e’ vero. Se avessero questo atteggiamenti, forse tante suore e preti la finirebbero di andare a destabilizzare i villaggi dei poveri contadini indiani per portare la Fede, la verita’, ma resterebbero un pochino di più con se stessi, alla ricerca di questa Verità’ al loro interno.
Scusa la lunga lettera, ma mi sentivo di scriverla.
Un abbraccio
Valentino

Ciao, Valentino.
grazie della lunga lettera dai contenuti meravigliosi che mi hai dedicato. Avrai risposta non appena cesserò di essere afflitto dalla bronchite che mi toglie il respiro
Odorico

Brevi poster-stories per i nostri studenti.
Love
Valentino



Grazie, sono post- stories bellissime.
Odorico




Tre nuove storie di Valentino Giacomin



The Dead Village and the Wise Old Man

The neighbours just used to switch on the electricity and the sucking machines were indiscriminately pumping out millions of litres of underground water.
“Why are you wasting the blood of Earth?” sadly, asked an old, wise man of the village. The ignorant villagers laughed at him and teased him while eating meat and drinking wine, in night. The more the time was passing the more the villagers became corrupt and violent against each other and against Nature. One dramatic day, the sucking machines poured out only sand. The village agony lasted for a while, and then the exodus started. “Keep our dry land, if you like!” they said, making fun of the old wise man, who refused to leave the dying village. “I will buy it!” said the old wise man. The villagers thought he was crazy and sold their land for a token, making fun of him. At the end, only the old wise man remained with his grandson. One night the old wise man was silently lost contemplating the shining stars in the sky.


The boy asked, “What is the cause of our misery? Only death surrounds us!” “My child, death came from villagers’ heart.” “Why we do not leave this dry land like all the villagers?” enquired the boy. “Death and misery are following the villagers because their hearts are dry. My child, keep your heart alive with love for Mother Earth and for all the Universe and life will be back!” “Thank you, grandpa. I will follow your advice!” Suddenly the sky was covered by clouds and rain poured from the sky for several days. After the miraculous rain, green grass was everywhere. “My child, now I do not have anything more to teach you!” said the wise old man. “You are the wise, because you know the secret of life and death.”
The boy smiled at his wise grandpa and the Nature smiled at him and life returned to the dead village.

Snow father and Snow son

The little snow son said,“Father, I am so happy! Everything is so beautiful here. Life is like a wonderful dream!” “My son, I have to disclose you a secret...”“Yes, father. Tell me!” “The wonderful dream will finish very soon!” “What do you mean? You are strong and healthy. I am young and I have a fantastic life to live...” “Soon the winter will finish and spring will bring back the warm of the sun...” “Then we will enjoy that season too!”“I am sorry, my child, but that will be the end of our life!”


The little snow child was very sad. He did not talk for several days. One night full of shining stars, the snow father decided to break the silence. “My child, I am sorry you are sad, but there is no reason to be worried. Look around us: everything you see has our nature. When spring will arrive, we will merge one into other and become water. We will die as snow child and snow man, but we will live in the rivers and, finally, in the infinite ocean.



Then, the time will arrive that even the ocean will be transformed into energy: the same energy of the shining stars over there, in the sky. We will live as the infinite, one with the entire Universe!” The little snow child smiled and said: “I love you snow father and I love the entire Universe!”
The stars listened to the little snow child and twinkled happily saying: “We love you too, little brother!”


Towards the Great Light


“Grandma, where are you going?” “My child, I have to leave you. This is our destiny: birth and death ! I am going to meet the Great Light!”. “What is the Great Light?” “It is the kingdom of love!” “Can’t you find it without going so far?” “Yes, my child, but I did not succeed and my time is over”. “Shall I meet you again, grandma?” “Sure, my child!” “Where?” “In the kingdom of Love, my child!” “Where is it?” “It is in your heart. Start your journey right now!” “How can I start, right now, grandma?” “Sit quietly. Close your eyes. Look and smile at your mind. Beyond your thoughts there is the kingdom of love!” The child closed his eyes and looked at his mind, he looked and smiled at all his thoughts and he felt peace. Then he smiled at his grandmother, but she was no more there. “Grandma’ – he cried – where are you?” He listened to a voice coming from his inner mind: “I told you, I am in your heart, in the kingdom of love!”

Caro Valentino,
sono Odorico.
In attesa di poterti scrivere di più, ti inoltro tre mie recensioni che possono fornirti qualche ragguaglio ulteriore sulle inquietudini teologali che fervono in seno al cristianesimo della chiesa cattolica. Sono ben consapevole, per come e quanto vi vivo all'interno, di come occorra esservi candidi come colombe e astuti come serpenti.
Il mondo cattolico sa accettare più il dialogo con l'ateismo, che con le altre fedi, e più quello con le altre fedi che quello interconfessionale. Assisto a impreviste cadute di stile degli uomini credenti cristiano-cattolici più ammirevoli, quando il loro discorso, ad esempio, si volge a considerare i testimoni di Jehova, e quando nei loro siti web gli apostolici romani tradizionalisti si misurano con teologi di frontiera come Enzo Bianchi, o con quelli che hanno oltrepassati i confini del principio di autorità, come Vito Mancuso, assumono il sibilo del serpente velenosissimo.
Difficilmente dentro la chiesa cattolica sei ascoltato come innovatore, se non hai indosso l'autorità di una tonaca.
Ma credo che ogni universo religioso, quale di più o quale di meno, più l'islam che lo zoroastrismo, più l'induismo che il jainismo, debba salvaguardarsi dalla venalità mondana, dalla corruzione, dalla credenza fanatiche in un'autorità e dalla intolleranza . Non condivido in tal senso la credenza di Sonia in un paradiso delle fedi orientali, che si schiude radioso non appena si lasci il sordido e oscuro covile del cattolicesimo asfittico e asfissiante.
Nela seconda delle tue poster-stories mi sembra che il Dio che vi figura sia Shani God.
Nel giugno scorso il mio amico Kailash, su mio consiglio, perchè la fede hindu ne corroborasse la mente ancora afflitta dal lutto- pietra su pietra del suo dukan, il mio amico si affaticava a levare dalla mente il dolore del nostro bambino morto- si era rivolto a un santone o pandit indiano, e costui lo ha reso inerte, ne ha paralizzato la mente, suscitandone il timore che il dio Shani gli fosse ostile per le iniziali del suo nome, pur di potere ricavare rupie dalla sua soggezione mentale.
La vita degli indiani induisti, in generale, mi sembra corrispondere all' agire disinteressato al proprio frutto della Bhagavad gita, come la vita degli italiani cattolici, in generale, corrisponde alla kenosis della donazione di sé del Vangelo cristiano.

Post- scriptum

Quanto in una nota dico di cristianesimo e buddhismo, è la loro coincidenza possibile dentro gli orizzonti di fede di Enzo Bianchi. Non esprime le mie effettive posizioni.
Love
Odorico

Ciao, Odorico. Ho letto con interesse la tua lettera.
Una sola precisazione molto importante: nella mia seconda storia, quella del Signore della Morte, ancora una volta ho l'impressione di cogliere nel tuo commento un fraintendimento di base che e' comune soprattutto tra i cristiani "vittime" di visioni dualiste (separazione tra Dio e la sua creatura), ma anche a certi induisti vittime della credenza creazionista induista male interpretata. L mitologia induista, come quella buddista, e' complessa e, se male interpretata, può portare a gravi errori interpretativi. I miti, come ben sai, esprimono l'inesprimibile attraverso simboli e un linguaggio comprensibile a chi e' ancora condizionato dalla coscienza della... buca (cito nuovamente la storia di Sant'Agostino e l'Angelo). Quindi, le divinità vanno viste come un ponte per trascendere la coscienza razionale e arrivare al silenzio (la famosa notte dell'anima di San Giovanni della Croce). Per arrivare oltre le stesse divinità. Oltre Dio stesso. Infatti, e' impressionante il racconto di San Giovanni quando parla del tormento della sua anima che aveva "perso Dio". Bellissimo e profondissimo quel passaggio, quello stadio del percorso spirituale.

Dunque, il Signore della Morte non e' affatto un ghost, un demone, un dio, come crede il tuo amico. Quella e' una intepretazione infantile, dualistica, come i cristiani che credono che Dio abbia creato questo schifo di mondo (per amore!), svegliandosi un bel giorno dal suo lungo sonno eterno e solitario...

No, il Signore della Morte e' una proiezione della nostra mente nel momento del passaggio da una esistenza terrena condizionata dal corpo fisico ad una esistenza di bardo, dove il corpo e' solo mentale (possiamo parlare di anima). Forse ti e' sfuggita la conclusione della storiella: il libro della contabilità non e' nelle mani di nessuno; non c'e' nessun dio che ci giudicherà (lo dice anche il Vangelo), ma le nostre azioni saranno i nostri giudici. Ecco che torniamo ancora alla nostra coscienza che conserva le tracce delle azioni positive e negative e proietta divinità, demoni e il signore giudicante. Niente e' fuori dalla coscienza del bardo. Credere all'esistenza di un dio, come il tuo amico, ripeto, e' infantile e fuorviante. Comunque, non era proprio questo il messaggio che volevo far passare con la mia storia.

Tutto questo per capirci meglio.

Un abbraccio

(
Copia poi riveduta e corretta della lettera effettivamente inviata a Valentino)
caro Valentino,
per carità.
non mi è passato minimamente per la testa di rifarmi alla tua storia ed ai suoi contenuti in ciò che ti ho detto, io ho soltanto colto l'occasione dell'immagine perturbante di Shani God- se è il Saturno indiano che era raffigurato nel tuo documento- per raccontarti di un abuso della credulità popolare evocatami da essa
che in suo nome è stata intentata contro il mio amico.
Quanto a Kailash, ciò che mi importa, delle sue credenze, non meno contraddittorie delle mie, non è quanto siano o meno aduali, ma che non pregiudichino in lui la vita che vuole vivere se stessa.
Incoraggiandolo a non credere alle paure di Shani God, di fatto il dio l'ho riassorbito in lui come una sua proiezione mentale cui non ha dato seguito.
Per me il problema di Dio è eminentemente una questione d'amore- Dio è Amore, e solo crescendo in amore cresco nella sua conoscenza, e in lui ho sempre più vita eterna- Meditazione, silenzio, distacco, un diverso stato dell'essere , per me devono corrispondere all'essere più amore di Dio nell'amore del prossimo, più amore del prossimo nell'amore di Dio, amando il prossimo così come Dio lo ama, amandoci come Dio in noi ama se stesso, in una espressione del suo amore che in ciascuno di noi è diversa da ogni altra. Comprendi ora solo in che misura e come per davvero tutto veramente mi tocca? che l'adualismo mi riguarda perchè solo adualisticamente posso sentire e amare il mondo e gli altri come una parte di me stesso o una realtà di cui sono parte?
Ma adualismo, ripete Panikkar, è non essere due senza essere uno.
Certo, saremo giudicati solo per amore, solo ciò che saremo stati per amore sopravviverà al giudizio, solo per quanto saremo morti a noi stessi sopravviveremo, tutto il resto, tutto ciò cui ci saremmo attaccati egocentricamente andrà perduto.
Di san Giovanni ho l'opera omnia recentemente uscita. Vedrò di procedervi oltre, nella notte oscura. in cui sono entrato con la morte di Sumit, che è diventasta la mia potatura chirurgica.)

Caro Valentino,
per carità. La storia del Dio della morte mi sta benissimo.
Io ho soltanto colto l'occasione dell'immagine per me perturbante di Shani God- siccome mi è parso che nel tuo documento invece di Yama fosse raffigurata tale divinità, una sorta di baffuto Saturno indiano, - per raccontarti di un abuso della credulità del mio amico che in nome di Shani God è stata intentata contro di lui da un pandit ,o santone, in anteprima di quanto ti avrei detto di disincantato sull' induismo indiano, così come viene per lo più praticato e vissuto. Quanto al mio amico Kailash, ciò che mi importa delle sue credenze, non meno discutibili delle mie, è che non pregiudichino in lui la vita che vuole vivere se stessa. Debbo così ricorrere all' abilità dei mezzi in conformità alle sue propensioni.
Incoraggiandolo allora a non credere alle sue paure di attacchi di Shani God, di fatto il dio l'ho così riassorbito in lui come una sua proiezione mentale cui non ha dato seguito.
Solo una domanda in merito a quello che sostieni: dobbiamo inoltrarci oltre Dio, od oltre ogni nostra immagine e idea di Dio?
Da un punto di vista cristiano, a questo interrogativo soggiungerei che Dio è il dinamismo trinitario- che è. in noi immanente, come in tutta la realtà- per il quale io e te ci cerchiamo e ci rispondiamo.
Le tue ultime storie sono altrettanto brevi quanto intense e belle. Congratulations. Nella prima storia le immagini con didascalie si sovrappongono al testo, e tecnicamente ne pregiudicano la lettura.
Post scriptum:
Una puntualizzazione conclusiva: Sono concorde che nel Vangelo di Giovanni Gesù seguita a ripetere che ci giudichiamo . ed eventualmente ci danniamo- da soli, che ci salviamo per quanto perdiamo la vita per amore.
Love
Odorico


Caro Odorico,
prendo atto della precisazione. Non avevo capito che si trattava di "mezzi abili" finalizzati alla comunicazione semplificata.
La tua domanda: "dobbiamo inoltrarci oltre Dio, od oltre ogni nostra immagine e idea di Dio?"
Credo sia ovvia la risposta. L'idea di Dio prevede l'uso di un tipo di coscienza che possiamo definire "razionale" . E' un'idea, appunto. Un prodotto della mente pensante. La mente pensante si esprime in modo duale, polare. Dalla mente pensante nasce quella che definisco la "trinità laica": soggetto (Io), azione (pensare), oggetto (la cosa pensata). Ed e' questa "trinità" la causa prima dei nostri conflitti e della nostra sofferenza esistenziale. Perché? Perché è una pura costruzione mentale che non regge ad una verifica circa la sua esistenza oggettiva. Il problema qui non e’ se esista oppure no Dio, ma se debba essere preso sul serio il contenuto dei nostri pensieri. Cosa intendo per “prendere sul serio?” Intendo questo: dobbiamo credere oppure no alla oggettività del contenuto del pensiero? In altre parole, esiste davvero ciò che pensiamo? Oppure e’ soltanto un fenomeno soggettivo, senza alcun riscontro oggettivo? Non si nega l’esistenza del pensiero, ma viene messa in discussione la sua “realtà”. Per capirci meglio possiamo portare l’esempio del sogno.
Nel sogno, la mente pensa (crea) qualcosa o qualcuno. Per la mente sognante non consapevole esiste un sognatore (Io) e la cosa o persona sognata. Ma esiste davvero un sognatore diverso dalla cosa sognata? Convenzionalmente, esiste, perchè penso che esista. Ma, in realtà, non esiste affatto una cosa sognata diversa dal sognatore. Si capisce facilmente che sia il sognatore che la cosa o persona sognata non sono separati dalla mente e sono della stessa natura. Quindi non c’e’ alcuna sostanziale differenza tra mente, sognatore e cosa o persona sognata. In breve, se cerco il sognatore troverò la mente. Se cerco la cosa sognata, troverò ancora la mente. E se cerco la mente, che cosa trovo? Qui la risposta deve essere trovata non nei libri di filosofia ma nell’esperienza personale. E l’esperienza (che tutti possono fare) porta alla conclusione che se cerco la mente non riuscirò a trovarla.
La logica insegna che se cerco un milione di dollari e non riesco a trovarlo da nessuna parte, forse vuol dire che quel milione di dollari non esiste affatto.
Applicando l’esempio alla mente, se la mente non può trovare la mente forse vuol dire che non c’e’ nulla da trovare e che esiste solo un “vuoto” (cosciente) in cui appare l’idea e l’immagine dei pensieri, incluso il pensiero dell’io e della mente stessa. Come puoi notare, l’analisi si sposta dal contenuto allo spazio che contiene quel contenuto. E quello spazio che contiene o manifesta dei contenuti deve per forza essere vuoto dei contenuti stessi, altrimenti non potrebbe rifletterli, esprimerli, manifestarli.
Lo specchio deve essere libero dalle immagini che riflette. Deve essere vuoto delle immagini per rifletterle. Proprio perché e’ vuoto riflette le immagini. E le immagini appaiono perchè lo specchio e’ vuoto. Se e’ vuoto, le immagini non possono essere trovate, altrimenti lo specchio non sarebbe vuoto. Ma non si nega l’esistenza delle immagini in assoluto, perché appaiono.
Quindi, nello specchio vuoto appaiono le illusioni delle immagini che non sono reali (maya).
Se lo specchio non fosse vuoto, le immagini, i riflessi non potrebbero manifestarsi.
Ecco, mi sono dilungato sull’esempio per far comprendere come la mente possa essere paragonata allo specchio. Deve essere vuota di tutto per poter riflettere tutto. Deve essere vuota di Dio per poter riflettere l’idea, l’immagine di Dio. Ma quell’immagine, quel riflesso non può essere trovato, non e’ oggettivo, non esiste veramente. Quel Dio pensato e’ una illusione, anche se non si può affermare che e’ totalmente non esistente.
Aggrapparsi a quell’idea di Dio sarebbe come se ci aggrappassimo alle apparenze in uno specchio. E’ ovvio che commetteremmo un grossolano errore. Primo: perché crediamo in qualcosa che non esiste assolutamente. Secondo, perché perdiamo di vista la vera essenza dello specchio.
Fuor di metafora, aggrapparsi all’idea di Dio e credere che “quel” Dio pensato esista porta l’uomo a livello di Lucifero e si cadrebbe nell’errore del panteismo: credere che l’oceano sia contenuto nella buca! ( Riduzionismo pericoloso).
E’ evidente che Dio non e’ il contenuto del pensiero, ma va cercato in una dimensione che trascende ogni contenuto (illusione). E questa dimensione trascendente e’ lo spazio luminoso (nel senso che e’ autoconoscente, pura coscienza), vuoto, oltre le immagini, i pensieri brutti o sublimi, oltre le filosofie, le dottrine, i catechismi e la stessa “rivelazione” di Dio (attenzione, non fraintendiamo!). E’ vero che Dio si rivela a noi, ma perché arrivi il suo messaggio, la sua rivelazione dobbiamo liberare la mente da ogni contenuto, quindi anche la stessa idea della rivelazione! La buca deve aprire i suoi confini e permettere all’acqua contenuta di unirsi all’Oceano. Ma quando la buca si apre all’oceano, la buca muore come buca. La mente deve “morire” come mente per permetter all’infinito di rivelarsi.
Mi fermo qui. Scusami il pistolotto...
Valentino

Intermezzo autoriflessivo
Ahimè, Valentino parla tanto dei limiti della ragione, e poi le ha dato il potere di mettere in scacco tutto, il suo gran cuore , la realtà e Dio , la sua e l’altrui libertà, ogni verità possibile.
Si è imprigionato in un inferno mentale dal quale esiste una semplice via d’uscita. Accettare che la realtà esterna c’è, indipendentemente da noi stessi, infinitamente diversa da come crediamo che sia, perché ha la libertà di resisterci se non la rispetti, non la puoi modellare come tu ti illudi. No, io non credo affatto di essere il prodotto mentale dell'io di un altro soggetto che mi venga pensando, un attante del sogno o dell'incubo ch'è la vita che sta vivendo, non lo credo affatto appunto e semplicemente perchè ho la libertà di resistergli, e non sono malleabile com'egli intende plasmarmi. E' ciò che è vero per ciascun essere vivente nel creato. Non posso concedere ad alcun altro io ciò che posso concedere solo a Dio, di essere un'idea della sua mente, un'idea a immagine e somiglianza del suo essere Amore nella mia capacità d'amare.
E quanto alla mistica che pretende di trovare Dio mediante la messa in scacco del mondo comune della ragione e dei sensi, valgano almeno le parole di Dietrich Bonhoeffer:
Chiunque “ fugge il mondo non trova Dio, un altro mondo, cioè il proprio mondo, migliore, più bello, più tranquillo, un “retro-mondo”. Chi fugge la terra per trovare Dio troverà solo se stesso” “ è al centro della nostra vita che Dio è al di là”.



UNIVERSAL EDUCATION SCHOOL
PROGETTO ALICE

Lettera di Natale

Cari amici,
il tempo vola, un altro anno è trascorso e siamo arrivati al nostro consueto appuntamento natalizio. Se i tempi sembrano accorciarsi significa che stiamo invecchiando. Così dice la saggezza popolare. Se è vero per quanto riguarda il feeling della nostra età, è anche vero per l’età del nostro Progetto, che sembra, nonostante tutto, volare, quasi senza che ce ne accorgiamo. Ogni anno, c’è qualcosa di nuovo. Sia chiaro: non che cerchiamo di ingrandirci, ma si tratta quasi di un processo naturale, come la crescita dei figli. Non puoi fermarla, né rallentarla. Luigina funge da coscienza critica per quanto riguarda questa “dinamica della crescita”. “Da diciassette anni il cantiere di Alice è sempre attivo!”, scherza. “Ogni volta che torno, mi chiedo: saranno finite le costruzioni?” La risposta è scontata. Se non ci sono lavori in corso alla sede centrale di Sarnath, sono in corso nelle altre scuole: a Bodhgaya ( Bihar) e Bodisatta ( Arunachal Pradesh ).
La novità più importante di quest’anno è stata l’inaugurazione dell’ostello per ragazze a Sarnath. Abbiamo deciso, non senza trepidazione e conflitti, di iniziare un progetto impegnativo: la formazione di un gruppo di ragazze come residenti presso la scuola, quindi totalmente a carico (in tutti i sensi) della nostra organizzazione. Una responsabilità non indifferente, come si potrà intuire. perché, un domani, nell’eventualità che possano sorgere dei problemi, non potremmo dire: “Colpa della famiglia!” oppure “Colpa della società!”, come spesso capita di sentire di fronte ad un insuccesso educativo. Abbiamo scelto di privilegiare, per questo nuovo percorso educativo di Alice, le ragazze più svantaggiate. Le abbiamo scelte tra i profughi chakma: una minoranza etnica proveniente dal Bangladesh. La scelta non è stata facile, perché, nonostante tutti i progetti del Governo a favore delle bambine, la situazione delle donne in generale non è migliorata di molto, rispetto al passato. Anzi, a causa del tipo di sviluppo scelto da questo Paese (sul modello occidentale), ci sembra di notare una regressione, un peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie dei nostri studenti, che appartengono per l’80 per cento al ceto basso (agricoltori, operai). Le ragazze chakma vivono in condizioni di grande precarietà, in un ambiente ostile e insicuro. Sulle spalle delle donne cade la responsabilità dell’educazione dei figli, della loro sopravvivenza. Sono loro che devono, ogni giorno, procurare l’acqua, che spesso si trova lontano dal villaggio. Inoltre hanno il compito di cucinare, tessere, e, come se non bastasse, devono anche aiutare il marito nel lavoro della terra, lottando contro i nemici naturali (alluvioni, animali selvaggi) e quelli umani (i tribali del posto che mal sopportano la presenza dei profughi chakma e spesso li attaccano fisicamente oppure bruciano le loro case).Raramente, le ragazze chakma continuano gli studi dopo la X classe, perché dovrebbero lasciare il loro villaggio per vivere in costosi ostelli, in città. Come succedeva anche in Italia, 50 anni fa, le famiglie preferiscono indebitarsi per far studiare i figli maschi, nella speranza che questi possano trovare un lavoro capace di rendere la loro vita meno difficile. Alle ragazze non resta che la scelta del matrimonio. Ma l’orizzonte dei chakma rimane oscuro sia per i ragazzi che si diplomano oppure si laureano, sia per le ragazze che interrompono gli studi. È un problema culturale, prima di tutto. I chakma stanno perdendo la loro identità, le loro tradizioni, la loro lingua. Così, non sono né indiani ,chakma. Di qui, la frustrazione, la confusione, il disagio che sfociano, spesso, nella dipendenza dall’alcool dei maschi e, come conseguenza, nella depressione delle donne, che devono subire i comportamenti spesso violenti dei mariti. L’unica alternativa per queste donne è accentuare la loro lotta per sopravvivere, nonostante tutto, oppure soccombere, ricorrendo ad atti estremi, come il suicidio. Significativo, a questo riguardo, il racconto drammatico fattomi da uno studente chakma, arrivato quest’anno alla scuola di Bodhgaya. “Quando ero un bambino, a casa mia i genitori litigavano in continuazione. Mio padre , vittima dell’alcool, ricavato dal riso, insultava e picchiava mia madre. E lei, per evitarmi la sofferenza di questa violenza , quasi quotidiana, decise di mandarmi a vivere dai nonni. Rimasi con loro per alcuni anni. Un giorno, i nonni mi proposero di far visita alla mia famiglia. Tornai a casa , ma trovai solo mio padre. Dov’è la mamma?’, chiesi. ‘Non lo so!’, rispose mio padre. Aspettai e aspettai, ma la mamma non tornava. Allora, decisi di andarla a cercare nella foresta intorno al nostro villaggio. Cercai a lungo finché la trovai. Stava sotto un albero con una corda...Mamma! - gridai – che cosa stai facendo?’ Lei allora gettò per terra la corda e mi abbracciò, piangendo. Non riesco a cancellare questo ricordo dalla mia mente, concluse il ragazzo. Una storia che fa riflettere e, forse, ci aiuta a comprendere perché abbiamo deciso di aprire un ostello per le ragazze chakma anche a Bodhgaya. Si tratta di una nuova costruzione, non ancora finita, che potrà ospitare una quindicina di ragazze, oltre a quelle che già vivono a Sarnath (vedi foto). Il primo gruppo di ragazze adolescenti arrivato a febbraio. Tra loro anche una bambina orfana di entrambi i genitori, che viene protetta, con tanto affetto, dalle sue compagne.

A proposito di protezione, dobbiamo evidenziare un aspetto davvero positivo tra i nostri studenti residenti: la solidarietà. I più grandi aiutano i più piccoli e li proteggono. Il nostro obiettivo era, appunto, quello di formare una “famiglia” , vecchio stile (tipo quelle patriarcali) dove non c’era spazio per i capricci e l’egoismo; dove i bambini dovevano imparare in fretta ad essere autosufficienti; dove la solidarietà era un valore vissuto e praticato, perché serviva per la sopravvivenza, prima di tutto, ma anche perché veniva impartita un’ educazione religiosa e morale di base (non uccidere, non rubare, non dire bugie...). I nostri lettori non più giovani, sicuramente, comprenderanno il messaggio che cerchiamo di comunicare .Ricorderanno anche quanto erano poco costosi i nostri giochi: palloni e bambole di pezza; giocattoli di legno; corde e ... tante corse e salti nella “palestra” dei cortili o dei campi .Ai nostri residenti proponiamo giochi simili, i soli che si possono permettere. Vogliamo far comprendere che ci si può divertire con poco, usando cose semplici. Il giocattolo complesso (la play station, ad esempio),come dire?, dissocia, aliena il bambino; mentre quello non strutturato (tipo una corda, le palline di vetro…) e quello “naturale” ( saltare, correre, giocare a nascondino...) aggrega, favorendo la socializzazione e, soprattutto, non intacca il portafoglio. In tempo di crisi come quello che stiamo vivendo in Italia,f orse, andrebbe ripensato anche il gioco, valorizzando il patrimonio di esperienze del nostro passato. Per completare il discorso sull’ostello, dobbiamo ricordare che un secondo ostello per bambine è in costruzione accanto alla nostra terza scuola: a Bodisatta, nel villaggio di Deban, vicino alla foresta del Parco Nazionale Namdpha. Circa trenta bambine provenienti dai villaggi della zona (che rimangono isolati durante il monsone), potranno frequentare la scuola elementare che segue la metodologia del Progetto Alice, ricevendo, così, una precoce "educazione di qualità" (quality education - la definiscono gli esperti). Noi crediamo che le impronte che i bambini ricevono alla scuola materna ed elementare non verranno mai cancellate negli anni futuri. I messaggi trasmessi, attraverso le storie, le fiabe, le preghiere, il comportamento stesso dell’insegnante, resteranno per sempre nella memoria profonda degli studenti. Forse ricorderete che, due anni fa, in Bhutan si è svolto un workshop internazionale , per una Nuova Educazione, per essere felici. In quell’occasione, Luigina, come rappresentante del Progetto Alice, ebbe modo di parlare con il Primo Ministro, e gli suggerì di iniziare fin dalla scuola primaria il suo Progetto di Educazione alla Felicità. Lavorare in questa direzione soprattutto con gli studenti delle superiori, secondo noi, aiuta molto a risolvere i loro problemi.

Recentemente, Siok Sian Pek-Dorji, responsabile di una NGO, che lavora nelle scuole del Butan, è venuta a visitare la nostra scuola di Bodhgaya, assieme ai rappresentanti di altre NGO internazionali. Dopo aver constatato che nella nostra scuola si “respirava un’atmosfera di serenità” (parole sue), disse che , recentemente, aveva fatto una ricerca nelle scuole superiori del Bhutan ed era stata colpita dal livello di “occidentalizzazione” degli studenti, che si esprimeva soprattutto in una competitività esasperata e un rifiuto palese delle tradizioni e della cultura locale. Era appunto il rischio che Luigina aveva paventato al Primo Ministro!
Ci dilunghiamo su questi temi educativi perché crediamo sia importante precisare gli obiettivi che ci proponiamo: superare gli esami di Stato con buoni voti (cento per cento i promossi in X e XII classe ); sperimentare praticamente l’efficacia di un nuovo metodo educativo, fondato non solo su valori etici e morali che l’Occidente (ed ora anche l’Oriente) ha dimenticato, ma anche su un nuovo modo di vedere se stessi e la realtà che ci circonda. Una ricerca che potrà beneficiare non solo i nostri studenti indiani ma anche quelli di altri Paesi. Abbiamo accennato alla visita dei rappresentanti di alcune NGO internazionali che lavorano nel campo dell’educazione. Molti sono stati gli ospiti importanti quest’anno.
Ricordiamo la visita, in marzo, di due responsabili delle scuole per i tibetani (13mila studenti): Mrs Sonam Dolkar Samkhar e Mrs Tenzin Pelmo. Le due ospiti cercavano nuove proposte per risolvere problemi di disciplina e di apprendimento nelle scuole da loro gestite. Armate di blocchetto - appunti e penna, trascrivevano integralmente le nostre indicazioni , immortalando gesti ed espressioni dei bambini con le loro digit-camera. Convinte che i problemi dell’educazione si possano risolvere ricorrendo a tecniche, se ne andarono soddisfatte, pronte a mettere in pratica quanto “imparato”. Inutili i tentativi di Luigina di far loro capire che non si risolvono i conflitti solo con le tecniche, ma offrendo agli studenti un più alto punto di vista rispetto ai loro problemi. I conflitti, la violenza, la depressione sono la conseguenza di un nostro comune modo di pensare che noi riteniamo non sia corretto. Quindi, se vogliamo affrontare, ad esempio, il problema del bullismo nelle nostre scuole, dovremmo innanzitutto verificare il modello cognitivo che sta alla base del comportamento anomalo. Si tratta, lo ripetiamo, in definitiva, di modificare il nostro modo di pensare, ed era proprio questo che Luigina aveva cercato di suggerire alle due illustri ospiti. Ma ci vuole tempo per questa trasformazione interiore. È più facile ricorrere alle tecniche. Infatti, appena tornate nella loro sede, per migliorare l’attenzione , la concentrazione, la memoria… hanno adottato le nostre tecniche, in alcune scuole del Ladhak. Ci hanno scritto, dopo qualche settimana, dicendo che “funzionano”.

Altre visite:autorità religiose e politiche, che hanno promesso di sostenere e diffondere il nostro Progetto. Tra queste, ricordiamo due docenti universitari della lingua Pali, in America, Bhante Madawala Seelawimala e Bhante Walpola Piyannanda. Il loro commento: “Non sapevamo che esistesse una scuola di questo tipo in India. Di sicuro, unica nel suo genere non solo in India, ma anche in altri Paesi!”.Di recente, è venuto un giornalista di Delhi, Mr. Gurvinder Marwah che ha molti contatti politici. Ha suggerito la necessità di difendere meglio la nostra“proprietà intellettuale”(libri, metodologia, tecniche), ponendo attenzione al copyright, contro i “ladri di idee”.
Notizie in breve: abbiamo già accennato all’esito positivo degli esami di Stato (tutti promossi). Da quest’anno,gli studenti delle superiori, oltre alle materie letterarie, possono scegliere anche scienze e matematica. In questo modo, è aumentato il numero degli studenti delle superiori che sarà destinato a lievitare nei prossimi anni , vista la “fissazione” delle famiglie per le materie scientifiche. I genitori non capiscono che la società di domani avrà meno bisogno di ingegneri elettronici e più di operatori e assistenti sociali, psicologi, consulenti di vario tipo, operatori ecologici, assistenti per anziani, operatori per comunità, esperti in agricoltura alternativa, per la preservazione e la purificazione dell’acqua, inferiermieri/e, meccanici, idraulici, giardinieri ... Quando abbiamo detto all’ Ambasciatore italiano, in visita alla scuola di Bodhagaya, che il nostro Progetto preparava gli studenti anche ad “essere disoccupati”, forse non siamo stati capiti. La nostra scuola offre una preparazione accademica di qualità che permette di superare senza problemi gli esami di Stato, ma non inganna gli studenti, facendo loro credere che, una volta “letterati”, troveranno un lavoro che cambierà la loro vita e quella delle loro famiglie. Noi cerchiamo di spiegare che, molto probabilmente, non troveranno il lavoro che i loro genitori (e loro stessi) sognano. Saranno, dunque, disoccupati, ma possono trovare altri tipi di lavoro, se le loro aspirazioni diventeranno più realistiche e il loro modello di vita meno artificioso e ambizioso. perché, dunque, assecondare le ambizioni degli studenti organizzando il corso di matematica e scienze? perché abbiamo pensato che era una grossa perdita non poter completare la nostra proposta educativa: dalla scuola primaria alla scuola superiore ed, eventualmente, all’Università. Si è trattato di un compromesso da parte nostra, ma con una visione ben definita.


La vostra scuola è meravigliosa, perché voi siete meravigliosi..Siamo stati colpiti dalle vostre meditazioni che vorremmo proporre anche nella nostra scuola. Ma abbiamo bisogno di capire di più, per cui ritorneremo, se voi ce lo permetterete”, ci hanno detto prima di partire.
Recentemente abbiamo avuto come ospiti alcuni studenti, della Scuola Internazionale di Puna, accompagnati da due insegnanti. Sono rimasti con noi per una settimana, durante la quale hanno lavorato con alcune classi. Sono stati a visitare Sarnath e Varanasi ed hanno trascorso l’ ultima notte ospiti nelle famiglie di alcuni nostri studenti. Ai residenti hanno offerto uno spettacolo divertente, prima di partire.Questa positiva esperienza con ragazzi, provenienti da varie parti del mondo, si ripete ormai da tre anni .
La scuola di Bodhagaya, da quest’anno, è stata scelta dall’Università di Sanskrito di Benares, come centro di esami per studenti provenienti da diversi Stati dell’India. Un anno fa, era stata scelta la scuola di Sarnath. In questo modo, le nostre scuole sono state rese visibili e apprezzate per l’organizzazione, le infrastrutture, i servizi e l’accoglienza riservata ai docenti e agli studenti.

Sta per essere pubblicata in Italiano la nuova versione del libro per le elementari “Coniglio Saggio. Chi è interessato, si rivolga a Luigina. Prossimamente, sarà ristampata anche la guida per gli insegnanti “Il Percorso di Alice”. Un’altra pubblicazione, in inglese, “Unknot Your Mind”, sarà pronta per la fine di novembre.Da segnalare, il video prodotto da Matteo Passigato, realizzato in sole tre settimane: compreso il viaggio in tre Stati dell’India. È possibile vederlo su youTube http://www.youtube.com/watch?v=W5Nm9dBByHU
oppure sul nuovo sito del Progetto Alice: www.aliceproject.it
Chi volesse il CD, può richiederlo tramite Luigina.
Una notizia triste: un alunno della scuola elementare ci ha lasciati. Era stato colpito da una particolare malattia (bubboni dolorosi sulla pelle), che in Occidente, forse, avrebbero potuto curare. Come spesso succede, avevamo aiutato la famiglia a pagare l’operazione. Ma quando veniva asportato un bubbone, dopo un po’ ne spuntava un altro, in una parte diversa del corpo. Dopo il terzo intervento, i medici si sono dichiarati sconfitti. Come sempre, in questi casi, accanto all’aiuto economico, la scuola offre anche un aiuto spirituale, attraverso le preghiere degli studenti, dei pandits indiani e di altri religiosi. Il bambino è morto durante il sonno, senza soffrire. Noi crediamo che questo sia stato l’effetto delle “medicine spiritualì”.
L’effetto di queste medicine speciali, secondo noi, è stato sperimentato anche in due gravi incidenti che hanno coinvolto i nostri studenti.
Il primo incidente: un ragazzo mentre tornava, in moto, alla scuola, si scontra frontalmente con un altro mezzo. La parte anteriore della moto è completamente distrutta. Il ragazzo rimane a lungo in coma, sulla strada. Nessuno lo soccorre. Quando Dio vuole, si sveglia. Con il telefonino riesce a chiamare il responsabile della scuola. Viste le condizioni della moto, tutti si aspettano il peggio. Lo facciamo trasportare d’urgenza, con un’ambulanza, da Gaya-Bodhgaya a Varanasi (cinque ore di viaggio!), perché a Gaya non esistono ospedali per questo tipo di emergenze. A Varanasi abbiamo la diagnosi: la mandibola fratturata e quattro denti in meno. Se la caverà con un mese di convalescenza!
Il secondo incidente è accaduto in una notte d’estate. Il caldo è insopportabile. Manca la corrente e i ventilatori non possono funzionare. Uno studente della X classe ha la geniale idea di cercare il fresco sul terrazzo della scuola. Ma non si accontenta del terrazzo, e decide di salire più in alto, su una struttura in mattoni alta un metro e mezzo, larga circa due metri quadrati. Verso l’una di notte, si sveglia per andare in bagno. Non ricorda dove si trova e scende dalla parte sbagliata, precipitando nel vuoto per una decina di metri. Cade su un campo con il terreno duro come un mattone, a causa della siccità. Nella notte nessuno si accorge dell’incidente. Il ragazzo si alza e si trascina fino al cancello principale. Non si sa come, ma riesce, con le grida, a svegliare i compagni, che esitano ad aprire il cancello, pensando che si tratti di un “ghost” (uno spirito – dissero). Alla fine, lo aiutano ad entrare. Non parla, ma riesce a far capire che era caduto dalla terrazza. Chiede dell’acqua , ne beve una bottiglia. (I medici diranno poi che quell’acqua poteva essere fatale!). Pensiamo al peggio. Minimo qualcosa di rotto oppure una emorragia interna. Inizia il dramma dei soccorsi. Prima all’ospedale governativo per una diagnosi, ma non ci sono medici. Perdiamo undici ore in attesa del permesso di trasportarlo in un altro ospedale , più attrezzato. Alla fine, nessun medico arriva e decidiamo di rischiare e portiamo il ragazzo, in taxi, a Varanasi. Arriva a notte fonda in un ospedale privato, dove viene subito visitato. Conclusione: nessuna emorragia interna, nessuna frattura seria, a parte una leggera incrinatura del bacino, curabile con il riposo. Non si tratta di miracolo?
Ecco, il Progetto Alice è anche questo: un miracolo che continua perché speriamo di poter creare un mondo migliore, cambiando il nostro cuore. Grazie anche a voi tutti, perché con il vostro sostegno possiamo assicurare la vita e la continuità della grande famiglia di Alice. Grazie di cuore e Buon Natale!
Valentino
Cari amici,
vorrei aggiungere solo poche righe per ringraziare gli insegnanti ed i bambini delle scuole, le Associazioni, i gruppi e le singole persone che, con donazioni individuali o con iniziative diverse(mostre fotografiche, concerti, mercatini, lotteria, asta di beneficenza...), stanno supportando il nostro Progetto.Molti di voi hanno già aderito alla proposta di acquistare il RISO SOLIDALE della Cascina Teglio di Rovasenda ( Vc ). La vendita ha portato buoni frutti, per cui verrà riproposta anche quest’ anno. Regalare un chilo di Riso Solidale, ai nostri amici, a Natale, potrebbe essere una buona idea! Per eventuali richieste, rivolgersi a: mariadirov@libero.it, info@associazioneriso.org oppure shangri8la@liberi.it .
Auguro a tutti voi un Buon Natale ed un Sereno Anno Nuovo!
Luigina
Sarnath, 21 novembre 2011
Per eventuali donazioni tramite banca è importante che le coordinate siano complete.
Associazione di Volontariato “Progetto Alice onlus” Banca Popolare Etica- Filiale di Treviso,
Codice IBAN: IT43 I 050 1812000 000000116204
Codice SWIFT: CRTIT2T84A (Solo dall’estero)
Codice Fiscale della Onlus, se volete destinare il 5X1000 dell’ Irpef al Progetto Alice: C.F. 94059510266
Ref: Luigina De Biasi – e-mail: luiginadebiasi@libero.it , tel.0438 893325

“Progetto Alice Universal Education School ONLUS” (Friuli) ITALIA
Banca Popolare di Vicenza – Fil Cividale del Friuli (UD)
Codice IBAN : IT41 N 05728 63740 731570528546
Codice BIC / SWIFT: BPVIIT22731 (Solo dall’estero)
Codice Fiscale della Onlus,se volete destinare il 5X1000 dell’ Irpef al Progetto Alice: C.F. 94103860303
Ref: Agata Montevecchi – e-mail: progettoalicefvg@alice.it , aghifly@libero.it , tel. 0432 731021 – 339 4840132

Banca in India
Awakening Special Universal EducationBank of India, branch Bodhgaya, Gaya (Bihar)
Swift Code BKIDINBBCOS – Fcra: BKID0004479 – A.N. 447920100000010

Email: v_giacomin@hotmail.com ; valentino1@rediffmail.com – Mob. 0091/9453908600 – 9670806060
Web. www.aliceproject.org , www.aliceproject.it

 

Per il Dialogo con Enzo Bianchi su "Che cosa sperare"

Io spero di salvarmi perdendomi per amore, e che ciò avvenga perché Dio in noi è Amore e lo è in quanto Spirito, e non solo Logos. Spero pertanto che in quanto siamo spirito partecipe del Suo, anche noi possiamo essere e ritrovarci nella sua vita eterna, non solo in quanto siamo una mente razionale/intellettiva, ma nella creatività dell'immaginazione memore e dei nostri affetti più cari, insieme a tutti coloro, anche i nostri animali, che abbiamo amato di vero amore. Come spero che questa sia la salvezza concessa a tutti, nell'adempimento del compito di umanizzare gli uomini, così umanizzando noi stessi, che è iscritto nel cuore di ognuno di noi

                                                              mercoledì 16 novembre 2011

riflessioni religiose

Il buddismo può essere la religione comune ad ogni religione, incluso l’ateismo, il loro comun denominatore spirituale ateologico, come sostiene il Dalai Lama, od esserne la negazione ateistica alla luce di una spiritualità di natura eminentemente razionale, fondata, nella stessa apertura del cuore, sulla stessa negazione razionale della validità ultima della conoscenza intellettuale

Non esiste la sola mistica della trascendenza del mondo convenzionale della ragione e dei sensi, – fondata sulla stessa negazione razionale della validità ultima della conoscenza intellettuale - esiste anche la mistica della pienezza vitale, che mediante il cuore e la ragione dello spirito, cerca Dio al cuore del mondo e della realtà più tragica, in cui il proprio io muore a se stesso nel suo agire per gli altri, si veda ad esempio già Bonhoeffer, lo stesso Antony De Mello in Il Messaggio ed. italiana pg. 196 -9, Panikkar, attualmente Antonietta Potente.

 

 

 

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