2016

 

Ottobre  Dicembre 2016

 

Odorico Bergamaschi

 

 

 

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BLOG ODORICO AMICO

 

 

OTTOBRE  DICEMBRE 2016-

 

 

Tutta la verità, vi prego, sull'amore

Yet each man kills the thing he loves( Wilde)

Se la vera vita della regola sovrana ne è l eccezione di cui è decisiva, la verità dell amore è l'odio letale del diritto di vita e di morte nei riguardi di chi si ami, in cui l'amore si commuta quando chi si ama leda le pretese del suo sacrificio vitale. Nella vita ordinaria ne uccide più l'amore o l inimicizia? Cosicchè l'amore che è più forte della morte è l'amore che è più forte delle sue valenze criminali.

16 ottobre 2016

l'empietà della "sacra religio"

E' esecrando, sotto le fattispecie di ogni religione, chiedere a Dio di privilegiarci modificando il corso degli eventi in virtù delle nostre preghiere., mentre infedeli e miscredenti restano consegnati alla necessità fatale dell'andamento ordinario delle cose, se non al suo malvolere certo alla sua indifferenza. Se il Divino è Spirito, la sua azione di grazia che viene a ognuno in soccorso è la forza d'animo di sopportare le calamità che ci occorrono o di non lasciarci accecare da fortuna o successo, nella consapevolezza che ciò che accade non è il suo volere a cui accondiscendere o cui sottometterci come gli antichi sottostavano al fato o al destino ( che senso avrebbe pregare altrimenti che con il nostro stesso concorso " sia santificato il suo nome"" , "venga il suo Regno" o "sia fatta la sua volontà", se già la realtà ne è la perfetta espressione ?), al fine di sapere così trarre del bene cui altrimenti non saremmo ispirati anche dalle circostanze più tragiche

17 ottobre 2016

Kailash,  non temere,  e  sono qui  vicino a te”

 

“No, my dear, ricevo la tua voce per telefono,  il tuo denaro,  ma tu non sei vicino a me. Come era diverso quand’eri in India, anche quando andavi via restavamo sempre insieme”

Mentre nel dolore del distacco rigiravo le mie stanze, pensavo a come per  sormontare le nostre distanze,  avessimo parlato al telefono ancora una volta   per quasi un’ora, mentre quando eravamo insieme in India, se non erano delle tensioni furiose a dividerci,  lunghi silenzi  ci accomunavano quando ci ritrovavamo insieme,  in dolorosi discorsi in cui cercavamo di ripristinare o svolgere un’intesa.

Dopo che ero stato costretto a dirgli della situazione critica dell’ ottenimento del visto,  e che egli  si era ripromesso di ottenere e di trasmettermi l indomani, quanto prima,  un secondo documento d’assunzione dal principal,  che venisse incontro alla richiesta che era stata avanzata dai funzionari indiani, d’un testo d’assunzione  meno scarno di quello già consegnato,  le che fosse il facsimile non meglio precisato d’un contratto, o  anubhand, venendo egli  incontro alla mia istanza che parlassimo d’altro,  meno angoscioso, era salito di giri nel dirmi quanto lo avessero reso felice in  giornata le tre donne indiane che si erano intrattenute a lungo nel suo  negozio, dicendogli quanto lo trovavano bello, ammirando che vi fosse esposto quanto non si ritrovava in nessun altro. Erano alloggiate in un ashram ed avevano voluto sia  fotografare il negozio che farsi fotografare con il mio amico, prima di acquistare tre statue in metallo di  Ghandi.

Era un Kailash ben diversamente animato da quello che alcuni giorni fa, nel parlarmi del suo protrarsi in  negozio per ore e ore in attesa di clienti, così mi aveva detto della necessità di permanervi a lungo “  I clienti sono come la morte. Non sai mai quando arrivino”.

Poi  eravamo tornati a parlare dei nuovi treni di linea  lungo la tratta che collega ora Khajuraho a Lalitpur, via Chhatarpur e Tikamgarh, ed il mio amico aveva avuto modo di diffondersi su tutti i treni che avrebbero stazionato ogni giorno nel  sito ferroviario di pochi binari di Khajuraho,  la cosa comportando che non vi permanesse quello  che lo collegava ad Udaipur, il cui percorso sarebbe stato per questo prolungato fino a Bhopal.

 Era il giorno della festa di marito e moglie, e già in precedenza mi aveva detto che si ritrovava  senza soldi per poterla festeggiare con  Vimala,  di come Ajay si lamentava di ritrovarsi ora senza cellulare, mentre certi compagni ne avevano certuni che costavano almeno sette mila rupie.

“ Ero ricco quando tu eri in India, sono un povero ora”

Gli ho ricordato a tal punto  che quando ero in India  si lamentava sempre che non gli lasciavo mai un soldo, quanto lo trascurassi , lui e l’intera famiglia, avendo a suo dire in mente a solo quell’altro mio amico, il ragazzo Mohammad. Quanto ad Ajay, ora che era stata sistemata la pompa idraulica, e che  il  costo della riparazione era risultato non particolarmente oneroso, un cellulare usato poteva pur acquistarglielo.

K iniziava allora a dirmi, seguitando a distogliere entrambi dall assillo del mio  mancato ottenimento del  visto,  di come le complicità della Cina con il Pakistan, i suoi silenzi sugli attacchi terroristici all India che vi avevano preso corpo, stessero provocando in India un rifiuto di tutto ciò che fosse originario della Cina, rendendo quasi impossibile reperire prodotti fabbricati in Cina che vi fossero  in vendita ai prezzi più bassi, e dunque un cellulare ai  costi che gli avevo preventivato. 

Divagava quindi in politica estera sulle imminenti elezioni presidenziali americane,  per dirmi in particolare del candidato Trump, che voleva fare tanto per il suo paese, ma che si era compromesso per ciò che di cattivo aveva fatto alle donne, con il “ toccarle”, il  “ baciarle” pubblicamente.

“ I’ m not educated, but I’ ve mind, and knowledge

E Mohammad ? mi chiedeva. Avevo perso le sue tracce anche in facebook.

He’ s very stupid”, sbottava senza astio verso il ragazzo, “tu lo aiuti e lui non studia”, proprio mentre Narendra Modi starebbe facendo di tutto perché gli studenti indiani possano andare a scuola fino  al dodicesimo anno di studio e  ricevere una preparazione a un lavoro.

 

Solo una volta che  mi sono ritrovato da solo,  già  con una malinconia immensa del suo discorrermi con tanto fervore., mi sono venute in mente  le clausole contrattuali che si potrebbero suggerire  al principal della scuola come obblighi aggiuntivi,   da inserire in una lettera ulteriore  per il consolato di Milano

Le ho  riportate  in una e-mail che avrei prontamente inviato al mio amico,  perché ne fotocopiasse il contenuto e lo sottoponesse al principal, e sul tardi  ho ricontattato al telefono Kailash perché ne sapesse

Ma già la sua voce  cupa  e il frantumarsi roco delle sue parole,  mi diceva dello sconvolgimento che era avvenuto nel frattempo della sua mente , immaginavo perché sopraffatta dall angoscia per gli impedimenti frappostimi all’ ottenimento del visto.

Era come se le sue parole fossero il filamento bavoso del suo furore  contro i madarchod  tutti quanti che gli congiuravano contro, quei farabutti  togliendogli l unica possibilità di salvezza al mondo che io costituivo per lui

“ Andrò per te fino dal primo ministro, tu non sai quanto  ti rispetto, ma tu hai rispetto solo per quel ladro, quel ladro madarchod! – Mohammad contro cui riesplodeva l’accanimento del suo odio, gridando al telefono  quanti erano gli euro di cui mi avesse derubato…

Era a causa  del ragazzo che mi ero screditato agli occhi del principal  e che ne avrei perso l’aiuto, seguitando a prestar fede al ragazzo quando il principal aveva già  o che capito chi fosse, o quel che era accaduto, nel confondersi mentale dell’amico, era che il principal  mi aveva aiutato perché a  mia volta avevo aiutato Mohammad ,  come lui un muslim, ma  ora non lo avrebbe fatto più, dopo quanto era successo che aveva interrotto i miei rapporti con il ragazzo…

Era sulla via del rientro a casa, mi diceva prima di disconnettere la comunicazione.

Quando avevo modo di riparlargli, era nel mercato dove solo, nell’affollamento generale,  si sentiva più povero che mai, non potendo comperarvi nulla per Vimala, nel giorno della festa tra marito e moglie.

Eccola, così a raggiungermi in diretta tra le mie stanze in Italia ed a lasciarmi  sgomento , la realtà cui dispero di non poter fare ritorno.

Dopo tentativi ripetuti di ricontattarlo, per essergli accanto nella sua rovina mentale, chi rispondeva all’ ennesima mia chiamata era Ajay.

Il papà era rientrato in casa, e stava già forse dormendo, ma il suo sbraitare orrendo che insorgeva  a distanza contro Vimala,  smentiva le rassicurazioni del  figlio, che doveva chiedermi di interrompere quella comunicazione, e la seguente, prima che Kailash  si fosse davvero sedato.

20 0ttobre 2016

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Occidente e “part maudite

Odorico Bergamaschi se la moltitudine dei devoti cristiani non avesse pensato e non seguitasse a pensare " fin che s'ammazzano tra loro..." ci sarebbero stati e vi sarebbero meno cristiani uccisi.

Simone Lanzi

Simone Lanzi Sono d'accordo. Ma è anche importante capire chi e perché uccide i cristiani asiatici ed africani, non crede? S'ammazza per caso l'infedele? E' sempre colpa di noi occidentali più o meno devoti cristiani?

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi certamente, sempre che non si dimentichi che chi li uccide ammazza anche seguaci di altre religioni, o ancor più apostati o correligionari d'altre sette , e sempre che il fanatismo religiosi non ci tocchi nell'animo solo quando le vittime sono dei cristiani o degli occidentali.. E' sempre ugualmente esecrabile. e le vittime hanno pari dignità. Non è un caso che l'articolo sia comparso con quel taglio su Il giornale anzichè su l'Avvenire o l'Osservatore romano.

Simone Lanzi

Simone Lanzi Non sono così esperto di Avvenire ed Osservatore Romano. So, però, che alcuni esponenti del Cattolicesimo Romano (anche importanti) sono preoccupati dall'aggressività di certe religioni (sì, lo so, lei dirà: "Aggressività di certe persone, non religioni"). Tutti noi occidentali dovremmo fare un bel ragionamento sull'Occidente (e l'Occidente è anche Ebraismo, Cristianesimo e Cattolicesimo Romano). Tanto per sapere che cosa vogliamo essere in futuro, specialmente ora che tra l'aggressività di certe religioni (sì, ho a mente la sua obiezione) e di certa finanza, siamo sotto attacco.

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi Alcuni esponenti del Cattolicesimo Romano ? Anche importanti? Ma qual è il criterio di verità? Il potere che uno esercita ? E' come se il mondo cattolico, di cui mi sono rifatto alle posizioni ufficiali, come prima ancora il cristianesimo non fosse pluralistico e composito, e non albergassero in esso posizioni ostili allo stesso pontefice e anticristiane. ad esempio da ateo devoto , maiuscole incluse, servendosi del cristianesimo contro il suo spirito.( il cristianesimo le ricordo di passaggio, come lei sa meglio di me, che non è solo il cattolicesimo apostolico romano, come attestano le stesse moltitudini di ortodossi presenti anche in Italia, per i flussi migratori dall'est europeo. L occidente inoltre è già anche islam e induismo e buddhismo o quant altro, nella sua storia e nel suo presente, ci piaccia o non piaccia. Alfine anche noi da lungo tempo stiano attaccando, la guerra l'abbiamo già portata, e la stiamo ancora recando, in Afghanistan, Iraq, Libia , Pakistan, nord e centro Africa, Palestina, solo per citare .qualche esempio attuale, magari sostenendo e finanziando la guerra di certi paesi arabi contro altri., come nello Yemen Lo stesso Isis di cui auspico lo sradicamento totale e i curdi contestano confini coloniali che non reggono più- Mi spiace , conclusivamente, ma come papa Francesco preferisco proprio parlare di aggressività implicita nel fenomeno religioso stesso, prima ancora che nei singoli, cui resta la responsabilità ultima, perchè un conto è il testo rivelato, un conto è come la ragione del cuore lo interpreta, trascegliendo ciò che più l ispira..

Simone Lanzi

Simone Lanzi "Alcuni esponenti del Cattolicesimo Romano? Anche importanti? Ma qual è il criterio di verità? Il potere che uno esercita? E' come se il mondo cattolico, di cui mi sono rifatto alle posizioni ufficiali, come prima ancora il cristianesimo non fosse pluralistico e composito, e non albergassero in esso posizioni ostili allo stesso pontefice e anticristiane. Ad esempio da ateo devoto, maiuscole incluse, servendosi del cristianesimo contro il suo spirito".

1) Mondo cattolico e mondo cristiano dove è ancora possibile esprimere il proprio dissenso senza essere brutalmente massacrati. (Sì, so delle eccezioni, ma so che comprende la differenza e quello che sto dicendo).

 

"Il cristianesimo le ricordo di passaggio, come lei sa meglio di me, non è solo il cattolicesimo apostolico romano, come attestano le stesse moltitudini di ortodossi presenti anche in Italia, per i flussi migratori dall'est europeo".

2) Non metto sullo stesso piano Cattolicesimo Romano e Cristianesimo, lo so che sono due cose differenti.

 

"L'Occidente inoltre è già anche Islam e Induismo e Buddhismo o quant'altro, nella sua storia e nel suo presente, ci piaccia o non piaccia".

3) Lo sarà anche, per me no, comunque non ESSENZIALMENTE. ESSENZIALMENTE è greco, ebraico, romano, illuministico, ecc. ecc., ma non islamico, per esempio.

 

"Alfine anche noi da lungo tempo stiano attaccando, la guerra l'abbiamo già portata, e la stiamo ancora recando, in Afghanistan, Iraq, Libia, Pakistan, nord e centro Africa, Palestina, solo per citare qualche esempio attuale, magari sostenendo e finanziando la guerra di certi paesi arabi contro altri, come nello Yemen. Lo stesso Isis di cui auspico lo sradicamento totale e i curdi contestano confini coloniali che non reggono più".

4) Io, come milioni di altri occidentali, non ho mosso alcuna guerra. E’ che se non ti lasciano partecipare alle decisioni, è anche difficile dire no. Ma ammetto che potrei fare di più.

 

"Mi spiace, conclusivamente, ma come papa Francesco preferisco proprio parlare di aggressività implicita nel fenomeno religioso stesso, prima ancora che nei singoli, cui resta la responsabilità ultima, perchè un conto è il testo rivelato, un conto è come la ragione del cuore lo interpreta, trascegliendo ciò che più la ispira".

5) Questo per me è il punto fondamentale. Secondo me, il Vangelo aveva in sé quei germi che hanno portato all’emancipazione dell’uomo occidentale, emancipazione da restaurare, ma innegabile. Le chiedo: “Il Corano ha in sé germi dello stesso tipo?”.

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi 1) vorrei essere parte di una civiltà che non solo ammette il dissenso, ma che non lascia marginali coloro che non si riconoscono in una guida pastorale, ma ancor più mi preme che non ci siano cattolici anti-cristiani che considerino uccidibili vite nude i migranti, o individui esclusi da ogni disegno divino chi non è della loro identica fede.

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi 2)In realtà ciò che è essenziale si rivela tale e solo alla fine, solo per il singolo percorso esistenziale o culturale, non per imprimatur teologico o politico o metafisico di una reductio ad unum che fa violenza alla pluralità del reale. Lo vada a dire a Schopenhauer che il pensiero indiano non è fondamentale per la propria riflessione filosofica di intellettuale europeo. o allo stesso Nietszche., o a H. Corbin o a Guenon professi l irrilevanza del pensiero islamico per la riflessione stessa su che sia l Occidente..il pensiero stesso che lei agglomera come Occidente è in realtà irriducibile a una sua essenza, perché è costituito da tradizioni che legittimamente confliggono tra loro. Chi si considera essenzialmente illuministico può essere un sano antagonista all’ ultimo sangue del cattolicesimo o del cristianesimo, l'ebreo Spinoza fu ridotto a nuda vita dalla propria comunità ebraica, nella libera Repubblica dì Olanda, con il bando di scomunica, e pensatori di origini ebraiche come Simon Weil disprezzavano profondamente l ebraismo. L'arte delle Repubbliche marinare o della Sicilia, o dell'Andalusia o la stessa Commedia sono incomprensibile senza riferimenti all islam, etc tec. Quindi il suo essenzialismo lo rispedisco al mittente come un apparato immunitario e idiosincratico difensivo.

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi 3) e dei milioni e milioni di migranti e di afghani o pakisthani o libici o irakeni, che magari finiscono vittima di un drone solo perchè sparavano in aria durante un corteo nuziale, quanti personalmente le muovono guerra? Non abbiamo bisogno di muovere guerra per ucciderli, basta che ci rifiutiamo di pensarli o di volerli soccorrere, basta che tiriamo su i nostri muri e fili spinati " essenziali" che coltiviamo e diffondiamo le nostre chiusure..

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi Certo, dipende dai passi e filoni prescelti dalla propria ispirazione, come l'Antico Testamento è non meno aberrante in numerosi suoi passaggi del Corano E lo stesso Vangelo è sconcertante, a leggerlo sul serio. Si tratta di testi che lei può affrontare e leggere benissimo senza restarne ustionato. verificando di persona, invece di coltivare fobie culturali..

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi emancipazione dell uomo occidentale? Il cristianesimo è una religione di origine orientale divenuta mondiale, in cui l occidente geopoliticamente inteso non è più la componente principale, come l' ìslam è sempre meno una religione arabica. O l' emancipazione, il messaggio di salvezza è universale, o ciò che si persegue in termini di emancipazione dell uomo occidentale è una subordinazione ad esso della "part maudite" planetaria.

20 ottobre 2016

Tutto su mia madre, II

Questo pomeriggio di un meraviglioso autunno che filtrava il suo incanto nella cucina di mia madre con cui mi ritrovavo in Modena, ho cercato di far defluire i suoi ricordi sulla sua esistenza da bambina e da ragazza nella Corte Mantovana, che per lei sono stati gli anni di più felici memorie.

Ma la sua voce esprimeva allegria, a riguardo, solo se doveva dirmi dei nonni favolosi, nella cerchia dei famigliari, o se lei veniva diffondendosi sugli animali che la popolavano, galline, faraone, anitre, tacchini, maiali e maialini, una dozzina di vacche tutte olandesi, quelle belle pezzate, i vitelli e il toro nella stalla, una cavallina magnifica, Diana, la figlia bionda di Cicero famoso cavallo da corsa, addetta al traino del barroccio di cui erano dotati il padre e lo zio R., oltre che di carro e carretti, nel ripostiglio al di là della stalla che in tempo di guerra era di rifugio occasionale ora per tedeschi, ora per partigiani.E due somarelle " belle e snelle", la Pierina e la Leda, madre e figlia, buone per trotterellare anche per strada, che mia nonna faceva diventare lucide, tanto le strigliava, le spazzava.

“ Mi piangeva il cuore quando venivano a portare via i maialini. Li avessi visti com’erano belli, ognuno attaccato a un proprio capezzolo della scrofa. Ma mi si mandava a vigilare dopo che erano nati, perché la madre non li uccidesse presa dalle febbri del parto”

Solo esprimeva ribrezzo al ricordo di quando la incaricavano, lei ancora bambina, di ammazzare galline e faraone, tirandole per i piedi dopo averle immobilizzate con un bastone tra capo e collo, una cosa che ora le sarebbe impossibile per l orrore che le suscita, come se fosse un crimine che commettesse.

Ma il ricordo stesso della cavallina Diana, così bella, che la guardavano tutti, era per lei angustiato da quello di un compito che non era il caso che fosse stata affidato a una bambina , quando l’avevano inviata al mulino con un carico trainato dall’animale di frumento e frumentone da far macinare. Tutti se ne erano fatti meraviglia, per il fatto che avessero affidato a una bambina ancora così piccola una cavalla che poteva imbizzarrirsi, ma in famiglia solo la zia Fanny aveva riprovato che le avessero assegnato una simile incombenza.

Era sempre mia mamma che a quell’età doveva andare fino al caseificio a consegnare il latte in bidoni, per cui le era capitato un giorno che una squadra di militari tedeschi gliel avesse requisito tutto, riempiendone le proprie gavette.

E più di una volta in tempo di guerra era stata mandata in bicicletta dallo zio B. che viveva in Ostiglia, ove era guardia idraulica del Po’, a non meno di una ventina di chilometri di distanza, per consegnargli sporte di derrate alimentari che la corte forniva, insieme con il caseificio, farina, burro, formaggio, latte, uova, e che di quei tempi scarseggiavano anche in un borgo di campagna.

“ Avevo una tale paura quando dovevo traversare il ponte sul Po’ “, nel timore dell’arrivo di qualche bombardiere che lo prendesse di mira.

La sua acredine rancorosa era volta allo zio ch’era il padrone di casa, e che salvaguardandone le figlie e investendone mia madre bambina, nonostante tutte le moine di cui la vezzeggiava, come sua nipotina, era l’ispiratore di tali committenze, lo stesso soggetto che le faceva trovare puntualmente una zappa ad attenderla per quei lavori dei campi da cui lui stesso si dispensava per primo, angariando con il fratello, in mansioni agricole, la fragile moglie e la cognata nelle fatiche nella stalla – da cui a dire di mia madre uscivano “ merdose fino agli occhi”-, ma chi intimamente mia mamma sentisse che avrebbe dovuto chiamare ugualmente in causa, trapelava dai modi di cui parlava di sua madre e di suo padre.

Che gran donna sua madre, in quanto lavoratrice, come tutti dicevano in giro ; peccato che preferisse alla cura dei figli l lavoro nei campi.

I suoi fratelli minori li aveva lasciati a lei da accudire con il latte preso in farmacia, senza curarsi di conservarne del proprio

“ Preferiva piuttosto spargere letame per i campi”

“ Era un mezzo uomo, a dire il vero”

Quanto a mio nonno, se a differenza del fratello si era poi rovinato nel compiere affari, le ragioni c’erano tutte

“ Sapeva solo andare a segare i campi”

Non era dunque un caso, che una volta emigrato, si fosse rifatto una vita come giardiniere.

Né il discorso mutava tono, quando l’invitavo a dirmi dei cereali e della frutta che si coltivavano nella sua corte, e che particolarmente in questa stagione, nei campi, lungo i filari, o sulle piante o nell’aia grande, vi erano una festa per gli occhi e per il palato.

Io stesso ricordavo ancora il gran frutteto che costeggiava il viale d’ingresso, le mele squisite che fruttificava, saporite golden delicious, mele campanine, quelle che duravano di più d'inverno, buonissime da mangiare cotte, e le mele cotogne che servivano per la marmellata.

“ E le pesche? così buone, così succose…E la piantata d’uva bianca da tavola che era di fianco al frutteto d’ingresso, di uva moscato, accanto a quella d’altre qualità, una meraviglia straordinaria.. C'era in altri filari anche quella basgana, così nera , grossa, bella rotonda, …”

Solo che anche in tal caso, le veniva in mente una incombenza sgradita di cui lei bambina era stata investita: quella di sorvegliare che dei passanti per strada non si infilassero nella corte per rubare dell’ uva.

“ Cosa vuoi che stessi ad attendere all’ uva, come mi si diceva di fare… Scappavo via, io, se vedevo qualcuno “

30 ottobre 2016

Mohammad ritrovato

Stamane finalmente ho potuto ricontattare al telefono Mohammad, che solo ieri ha avuto l’avvertenza di comunicarmi, in un messaggio in facebook, il numero di cellulare al quale potevo ricercarlo, dato che l ultimo che mi aveva trasmesso, come gli ho fatto sapere in risposta, l’avevo smarrito, con il mio stesso apparecchio, sul treno che mi portava a Delhi verso il volo di rientro in Italia.

Mi diceva di essere rimasto a lungo indispettito, in quanto credeva che non l’avessi ricercato perché non lo sentivo più importante nella mia vita, il che era smentito, potevo testimoniargli, dai vari inviti affettuosi che gli avevo rivolto in facebook, perché si facesse vivo o desse un seguito ai suoi richiami, in appelli gli uni e gli altri che erano caduti tutti nel vuoto.

Mohammad era all’aperto, preso il negozio dell’amico Abbaz, quando ci siamo così finalmente risentiti, ed era tutto teso a volermi fare sapere le nuove sulla sua vita-

D’accordo con la volontà del padre continuerà a studiare solo fino alla fine del decimo anno di studio, la prossima primavera, dopo di che se ne andrà a Delhi in cerca di lavoro.

“ Ora devo pensare solo alla mia famiglia. Mio padre non ne vuol più sapere di restare in Khajuraho. I turisti sono sempre di meno e con i suoi guadagni come venditore di the porta a casa solo di che mangiare. Lui se ne andrà a lavorare in Ratlam da mio cugino, o come me in Delhi, affitteremo la nostra casa in Khajuraho, e mia madre e mia sorella andranno a vivere in appartamento a Kanpur. In Delhi penso di poter guadagnare 5.000 rupie al mese. Ora non posso non fare così. Tra tre, quattro, cinque anni , mia sorella deve essere maritata”

“ Un matrimonio costa almeno un lak, vero?

“ No, due, anche tre lak”, duecento, trecentomila rupie.

Mi era impensabile come potesse arrivare ad assicurarsi la somma con un lavoro regolare remenerato così poco

Ed a scuola? Ci andava solo qualche volta, mi confessava in tutta verità. .

“ E’ quanto mi ha confermato il principal della scuola, quando ho dovuto contattarlo per il mio visto d’impiego- gli replicavo.-. Mohammad, quest’anno hai gli esami, come puoi credere di avere buoni risultati se non vai a scuola ogni giorno?”

Il ragazzo lo sentivo incapace di propositi convincenti , in quel che in risposta si riprometteva, benché mostrasse di sapere che con il solo attestato di frequenza, e senza avere superato gli esami, anche se avesse trovato un lavoro la sua paga sarebbe stata ancora più bassa., inferiore a quella che esiti validi agli esami gli avrebbero potuto consentire di ricevere

E con Muskan?

Tutto era finito da un mese e mezzo, "ed ora lei viveva in Rajnagar. Il suo nuovo numero di telefono non glielo aveva voluto comunicare..

E tutto il vostro amore?"

Non poteva concederselo nella sua attuale situazione.

“ Se ami sei tutto concentrato nel tuo amore, sulla persona che ami, tu appartieni solo a lei, lo sai che l’amore è cieco, non vede nient’altro, mentre ora devo pensare solo alla mia famiglia. Ed ho deciso che non mi sposerò mai”

“ Anche quello per la tua famiglia è amore” un amore ritrovato, dopo che ai tempi più passionali del suo amore per Muskan, avrebbe voluto lasciarla, per il loro rifiuto di tale sua relazione, al punto di volerlo disconoscere e cacciare di casa.

“ Si tratta di amori diversi, Rico, Il mio amore per Muskan non è come il mio amore per la mia famiglia o come il mio amore per te. Rico, il denaro viene e corre via, ricchezza e povertà salgono o scendono, ma il mio amore per te è sempre lo stesso. E prima o poi voglio comperarti una Ferrari”.

Il collegamento telefonico di lì a poco s’interrompeva., mentre rifluiva ininterrotto il mio affetto per il ragazzo, quale che fosse l’attendibilità delle care parole della sua cara voce

30 ottobre 2016

Non ci si può quindi stupire se cinquant’anni dopo – in una fase di straordinaria fioritura di movimenti reazionari, di estrema destra e integralisti – vediamo ammazzare i blogger atei in Bangladesh o gli scrittori libertari in Egitto, in India e altrove”; “Sì, paura. Oggi, nel Regno Unito, a Londra: paura di essere aggrediti fisicamente, di essere assassinati”; “A Parigi ci sono giornalisti di origine algerina, che si occupano soprattutto di integralismo musulmano, che da anni vivono sotto scorta; un’attrice di teatro di origine algerina è stata aggredita in pieno giorno, hanno cercato di bruciarla viva a due passi dal teatro dove andava in scena la sua pièce, J’ai trente ans et je me cache encore pour fumer (“Ho trent’anni e ancora mi nascondo per fumare”)”: “straordinaria fioritura di movimenti reazionari, di estrema destra e integralisti” … paura a “Londra” … paura a “Parigi”: beh, forse quando scrivo di fare attenzione, non ho tutti i torti, forse non sono la reincarnazione di Hitler.

E poi certo, quei ragazzi, quelle persone che vogliono la loro libertà vanno difese ed aiutate, anche perché con i loro gesti aiutano anche noi. Aiutate da tutto l'Occidente, destra e sinistra.

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi certo, ma evitando di vivere nella mortificazione esistenziale e culturale di una paranoia coatta che fa credere a ogni paura e sospetto e con cui si conclude grottescamente l articolo, accreditando che le reazioni degli islamisti troverebbero sostegno presso la sinistra umanitaria. passo e chiudo.per più magnifiche ossessioni.in più spirabil aere.

Simone Lanzi

Simone Lanzi "Lo spirito del mondo seduto a cavallo che lo domina e lo sormonta".

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi l'aere delle virtù teologali "dov’è silenzio e tenebre

la gloria che passò."

ene, leggerò con attenzione le sue fonti. Poi si dovrà decidere, tra le mie fonti e le sue, quali sono attendibili e quali no. O è già deciso?

Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore 12:46 · Modificato

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi la mia era solo una mossa obbligata, senza più seguito vano.

Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore 13:17

Simone Lanzi

Simone Lanzi "Seguito vano"? Ha forse perso ogni speranza? (P.S. Sul libro della Salomé, non trovo il dialogo tra l'autrice e lo psichiatra, dialogo di cui lei mi parlava. Si ricorda? Non sarà per caso in un altro libro?).

Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore 13:34

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi Cristianamente sono consapevole che quel che conta nella dianoia degli orientamenti umani è la fragile e dolorosa testimonianza che si rende della propria sequela della Parola con la propria condotta e le proprie scelte di vita , tanto più se costano come a me lacrime e sangue e non costituiscono solo schermaglie via internet. Quel dialogo appartiene alla fiction de Le lacrime di Nietzsche .che le ho trasmesso.

Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore 13:54 · Modificato

Simone Lanzi

Simone Lanzi Mi spiace sentirla sofferente. Mi lasci fare una considerazione, anche se di lei so poco e niente. La sua testimonianza, dal mio punto di vista, è tutt'altro che "fragile". Lei fa tutto quello che può per aiutare il prossimo. Nelle parole e nei fatti. ... Anche le schermaglie su Internet sono importanti. Io leggo e magari, sottolineo magari, correggo i miei errori di ragionamento e comportamento, e così, magari, faranno altri. Se mi permette, ripeto che di lei so poco e niente, credo che lei pretenda troppo da se stesso. Questo le fa onore, ma più di ciò che le è umanamente possibile, che cosa potrebbe fare...

27 ottobre alle ore 14:46

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi grazie di quanto esprime nei miei confronti. Ma il legno è quello della Croce. A meno di stare in un inferno e credersi in Paradiso.

· 27 ottobre alle ore 19:49

Simone Lanzi

Simone Lanzi Lei scrive in modo ermetico. Non so se ho capito, ma proverò a rispondere, e lo farò in modo altrettanto ermetico. Quindi ... le dico che in Paradiso non ci si lamenta.

Mi piace · Rispondi · 27 ottobre alle ore 23:01

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi Il legno della Croce è quello della mia navigazione, nei termini agostiniani in cui se ne è già parlato. Ho quindi ripreso delle considerazioni di Simone Weil. sull'inferno dei paradisi mondani in cui le vite cieche trovano la loro contentezza in surrogati del Paradiso reale, mancando la felicità che è data da esso soltanto. Ma esso non è mai di questo mondo, per questo l'anelito ad esso è intriso sempre di sofferenza, nel nesso indissociabile tra la Gloria e la Croce. L'inferno è il poco o nulla che si è riusciti o ci si è appagati di essere, in termini di amore.

· 28 ottobre alle ore 0:03 ·

Simone Lanzi

Simone Lanzi Tutto stupendo, tutto estremamente interessante. Tutto. La ringrazio di cuore ... Ma insisto. Noi siamo esseri umani, liberi, certo, ma pur sempre umani. Non è forse umano essere mancante e quindi, più che commettere delle mancanze, non poter, ontologicamente, far di più? ... Ancora. Non è forse umano sbagliare? Non è forse umano commettere il peggiore dei crimini? Non è forse umano, dopo averlo commesso, non pentirsi? ... Dio, creandoci, non sa da sempre tutto ciò? Come può un Dio essere toccato da un'azione umana, per quanto aberrante? ... Non giustifico, non cado in nessun relativismo. Ma le cose sono complesse, al limite della contraddizione ... E se la verità si nascondesse nella contraddizione? ... La verità ...

28 ottobre alle ore 1:43

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi direi che ci sono diversi livelli o gradi di perfezione nell'attuazione della natura umana , dal matricidio di Nerone al sacrificio della propria vita per salvare quella di altri di Salvo d'Acquisto, o di padre Kolbe, e che Paradiso ed Inferno è figurare per sempre il compimento dell idea di uomo che si è adempiuto nel corso di questa esistenza. Che poi l'amore sia più forte della morte perchè è tenuto ad essere più forte delle pulsioni omicide di cui è gravido è un altro discorso imprescindibile.

· 28 ottobre alle ore 2:42 ·

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi grazie a mia volta, dei suoi apprezzamenti delle posizioni che ho espresso. detto teologicamente, non c'è peccato che non possa essere perdonato. Non c'è situazione che precluda un perfezionamento ulteriore. L'inferno è l'identità eterna che di noi configuriamo non sbagliando o peccando, ma rifiutando di emendarci, l'elevazione possibile, trovando già nei beni di questo mondo la nostra vita bella ideale. Con Mancuso sono per il patripassianesimo. Dio non è l'Assoluto, la creazione l'ha coinvolto nella luce e nelle tenebre del mondo.

“seguito vano." avevo già scritto, che tradotto significa senza farmi illusioni che servisse a qualcosa darle alcun seguito. Quod erat demonstrandum. Q.e.d. E mi saluti De Sade.

Mi piace · Rispondi · 28 ottobre alle ore 3:40 · Modificato

Simone Lanzi

Simone Lanzi Addirittura De Sade. Se vuole le saluto anche il Conte Dracula. (Sto sorridendo) ... Ho dato un'occhiata al documento di MSF, da loro mi aspettavo di più, a livello scientifico, intendo. Per esempio: se danno una cifra o una percentuale che indichino con precisione la fonte, così che noi si possa verificare e meglio giudicare.

· 28 ottobre alle ore 20:20

Odorico Bergamaschi

Odorico Bergamaschi Premesso che con il Divin Marchese de Sade sono in ottimi, squisiti rapporti, e che se lui non ci fosse mai stato un de Sade si sarebbe pur dovuto inventarlo, nel rammemorarglielo mi riferivo a queste - asserzioni di un suo post " Non è forse umano commettere il peggiore dei crimini? Non è forse umano, dopo averlo commesso, non pentirsi? ." Come vede cerco di valermi di ciò che il mio interlocutore mi dice.

28 ottobre alle ore 20:44 ·

Simone Lanzi

Simone Lanzi Confermo quello che ho scritto, tutto quanto. L'importante è che quelle asserzioni, che lei ha appena ricordato, siano collocate nel loro contesto ... mistico. (Lou Salomé, a proposito di Nietzsche, accosta la mistica alla felicità del contrasto).

· 28 ottobre alle ore 21:28

Odorico Bergamaschi

30 Ottobre 2016

utto su mia madre III

La volta scorsa, nel parlarmi della famiglia in cui si era ritrovata a vivere dopo avere sposato mio padre, un criterio di discernimento univoco, nel discorrerne, per mia madre veniva inflessibilmente separando i suoi cognati buoni da quelli cattivi: fratelli o sorelle di mio padre, e i relativi coniugi, per lei assumevano anche da morti, pressoché tutti, parvenze positive o negative a seconda che in vita avessero fatto capo alla casa madre di mia nonna per apportarvi od asportarvi di tutto, mia madre a servirli e riverirli per ogni evenienza , mentre mia nonna le grugniva contro ad ogni sua minima richiesta. che tentasse di avanzare.

Così la zia *, pace all’anima sua, era ancora invisa a mia madre perché inviava d’estate il figliolo più grande sprovvisto di tutto, cosicché glielo rivestissimo da capo a piedi prima che facesse ritorno.. Era la stessa zia, sia sempre in gloria, che quando con mia sorella e mia madre anch’io mi ero presentato a casa sua, non aveva di certo fatto buon viso a cattiva sorte, ma piuttosto aveva fatto di tutto perché rientrassi a casa nostra con mezzi di fortuna.

E lo zio *, era ancor vivo in una memoria di mia madre verso di lui impietosa nonostante la sua recente morte, solo per tutte le volte che aveva invitato dei suoi amici a farsi tagliare un salame e aprire bottiglie di vino a casa di mia nonna, gozzovigliando a sue spese con gran lavoro in cucina e di repulisti di mia madre.

Gran donna invece la zia *, che non mancava mai di capitare senza qualche vestitino ch’era una meraviglia per mia sorella, o qualche maglioncino bellissimo per me, di cui si riforniva presso il negozio di capi di abbigliamento di cui disponeva il figlio.

Mio zio, suo marito, se a sua volta era davvero un uomo sul cui conto non c’era di che dire, era per averle più volte detto, in gran confidenza, “ Ma che ce ne facciamo di tutta questa roba? Venti, trenta chili di mele…”, imbarazzato da tutti i generi alimentari, formaggio, olio, salumi, ogni ben di Dio, di cui mia nonna assicurava il carico sulla sua auto svuotandone il negozio, per omaggiarne della regalia mia zia sua figlia.

E’ una visione delle proprie relazioni di parentela, quella di mia madre così sincerata, che per grama che possa parere, è di certo meno desolante della realtà di quanto non intercorra tra i suoi figli, tra i quali è patologico pur anche il parlarsi, tale è il timore, nei servigi resi a mia madre, di quello che l uno può chiedere all’altro, o il rancore che insorge per il rifiuto variamente frapposto, ciascuno presumendo che la propria vita sia la più asservita o generosa.

31  ottobre 2017

Dalle interviste a mia mamma in via di trascrizione

Sul fascismo

Mi ricordo ancora della radio su una finestra dell’osteria, in Malcantone, quando la voce di Mussolini ha dichiarato la guerra. La gente di sotto, sbalordita, “ C’è la guerra, c’è la guerra…”. Che vuoi, ero una bambina, avrò avuto allora nove anni, ma in quel momento ho avuto il senso che avesse paura, che non ne fosse esaltata. …Il fascismo ho imparato a conoscerlo andando a scuola, da quel quadro di Mussolini sopra la cattedra, poi il quadro del re ed in mezzo il crocifisso. Tutte le mattine in piedi prima le preghiere, poi la canzone patriottica. Ci facevano sempre fare ginnastica una mezz’oretta, ed io ne ero contenta perché uscivamo fuori. Per non dire degli esercizi ginnici, a sfilare per la piazza, davanti alla scuola, con la gonnellina nera, la camicettina bianca, con il distintivo della Gil, Giovane italiana del Littorio. Erano divertenti le sfilate, ci mettevano tutte in fila, con le nostre maestre al fianco, e via che si andava….” Un due, un due, avanti march, destr, sinistr, saluto al duce…

Che vuoi che andassi a pensare che fosse a sfondo fascista o non fascista.

Allora erano tutti inquadrati. Ce n’erano pochi che si dissociassero da quella idea li, le maestre poi… La maestra Giannina era fascista fino alla punta dei capelli. Il fascismo e le sue sfilate facevano parte dei programmi della scuola.

 

1 novembre 2016

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Sempre dalle interviste a mia madre che vengo trascrivendo

L'alimentazione in tempo di guerra

In tempo di guerra cambiava il modo alimentarsi per voi che avevate la campagna ? C’erano per voi delle restrizioni?

Si cercava di ripiegare con le cose che si facevano in casa, e lo stesso c’erano delle restrizioni La carne di manzo era tesserata, la andavamo a comperare solo il sabato e la mangiavamo una sola volta la settimana. Ma con la macellazione dei maiali che d'inverno si faceva in casa c’erano i cotechini, i salami, gli zampetti, la soppressata, la stessa testa del maiale privata delle ossa e messa sott'olio, le ossa poste sotto sale in una camera fresca per essere usate nel fare il brodo. Alla festa così mangiavi il tuo cotechino con le verze o le patate, e con i cotechini si andava avanti fin quasi d'estate. . Era così che si cercava di economizzare le carni di manzo e la roba che erano tesserate. Mangiavamo molte uova perché avevamo le galline, mi mandavano anche a venderne al mercato di Concordia, poi quando le galline non facevano più uova una alla volta venivano uccise, e con i loro quarti e con le ossa di maiale che buono che era il brodo che si faceva. Il formaggio era quello del casello dove portavamo il latte, ne prendevamo due, tre chili, alla volta, e delle volte portavamo a casa anche una o due forme intere., di quelle che non erano vendute perché avevano dei difetti. proprio piccoli. Patire la fame mai, ma perché .cercavamo di utilizzare tutte le cose che potevamo fare in casa, il formaggio e il burro del casello dove portavamo il latte, senza dover ricorrere ai mercati come si fa adesso

.Quello che si andava a comperare nelle botteghe era il minimo, il riso e la pasta, che mi ricordi, ma come il pane anche la pasta il più delle volte la facevi in casa, facevi molta sfoglia, i bigoli e i maccheroni con il torchio, facevi la pasta trita, facevi le tagliatelle, insomma in casa veniva fatto quasi tutto.

Delle gran frittate, dei grandi intingoli la sera, i “ pucin”, … avevi i pollastri, li accoppavi , e con le rigaglie, i magoni, i fegati e le ali, facevi gli intingoli di carni e patate.

La terra a saperla usare ti dava tutto, e l orto era una bottega, (con i suoi spartiti) di insalata bianca, insalata verde, prezzemolo, sedano, pomodori, peperoni, radicchi, verze, zucche, patate...

Insomma, nonostante la guerra chi aveva la terra allora non stava male, c’era il casello, c’erano i capponi, le galline, le faraone, patire la fame mai, che mi ricordi

6 novembre 2016

Da parte di Beppe  Grillo si è detto o  blaterato di un pazzesco Vaffa lanciato contro l’establishment americano, e il suo politically correct, con l elezione di un miliardario evasore e bancarottiere qual’è Donald Trump a quarantacinquesimo presidente degli  Stati Uniti di America, alla cui poltrona del Tesoro già si sfidano banche d'affari. Ai trumpisti e neotrumpisti così sintonizzati in ascolto, specialmente a quelli che sussistono fra le file pentastellate, vorrei sommessamente far presente che è un colossale Vaffa scagliato anche contro l’antirazzismo e l’antisessismo e l’universalità dei principi della civiltà liberale, che pur ha raccolto nella pur esecrabile Hillary Clinton la maggioranza del voto popolare americano. Inoltre vorrei non di meno ricordare che tale vaffa non è stato emesso solo dai più disperati e dimenticati d’ America, i forgotten di cui ha detto bene il neo presidente, e che nel Partito democratico americano o in quelli europei e italiani di centro sinistra e di sinistra, chiusi in bolle mediatiche come le loro Leopolde, non ritrovano più rappresentanza, ma che tale Vaffa è stato truonato con voce ben più potente dalla old economy del petrolio e del carbone che vuole sabotare gli accordi di Parigi sulla riduzione dell’ inquinamento ambientale, a detrimento delle energie rinnovabili, dalle industrie delle armi contrarie a qualsiasi limitazione del loro uso e favorevoli alla loro introduzione nelle stesse scuole, in chiese e pubblici uffici, dalle case farmaceutiche americane  ostili  alla riforma sanitaria dell’ Obama care che ne calmiera  il lievitare dei profitti, dai capitani d’industria americani che hanno tutto da guadagnare dalla elevazione di barriere doganali e protezionistiche, a danno ad esempio della Brembo che opera in Messico, non che dai rigurgiti del Ku Klux Klan e dei movimenti razzisti e sessisti, ferventemente devoti e tardopatriarcali, che vogliono trasformare in una miscela esplosiva neoschiavista e indecentemente maschilista il melting pot multietnico americano. A tali entusiasti vorrei infine rammemorare, sommessamente, che gli auguri più calorosi a Trump sono stati espressi da autocrati quali Putin, Erdogan, Al Sisi, dei colossi dai piedi d’argilla ai quali se si lascia spazio e campo, alle frontiere orientali di Unione europea e Nato e in Medioriente, in lotta ed in combutta non meno di quanto si dipingessero essere i Clinton con Iran e Arabia Saudita, l' una contro l’altra armata, è dubbio che ne traggano giovamento le nostre istanze di sicurezza e la nostra economia, non che l’ umanizzazione della nostra civiltà .

12  novembre 2016 ( apparso sulla Gazzetta  di Mantova)

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Ed ora, amico mio,

Che qui invecchio solitario e nel freddo

Tra  i cumuli intorno di parole nei libri

Senza più la certezza di ricongiungerci,

un giorno,

Dove  di nuovo come la sera cala  su giochi ed attese

Il gelo del tuo attaccamento incubi che gelosa follia

 

Il residuo calore che avventura ancora  i miei anni

Oltre  l’attendere qui solo la  la morte nel passare dei giorni

Ora è  che amore  di te crepito, mio caro,

Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo

Per quanto tu in me confidi

 Benché di me tutto tu sappia.

 

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto

Che la gabbia di stenti  è il suo imprigionarsi,

Che disperando di ritrovarci

La mia veglia cerca solo l’addormentarsi. e il morire 

Nel sogno di te.

 

 

 

Varianti

 

Ed ora, amico mio,

Che qui invecchio solitario e nel freddo

Tra  i cumuli intorno di parole nei libri

Senza più alcuna certezza di ricongiungerci, un giorno,

Dove  di nuovo come la sera cala  su giochi ed attese

Il gelo del tuo attaccamento anneri la gelosa follia

 

Il residuo calore che avventura ancora  i miei anni

Oltre  l’attendere qui solo la  la morte nel passare dei giorni

Ora è  che amore  di te mi alimenta, mio caro,

Per quanto so che sei perduto se perdi il mio aiuto

Per quanto tu in me confidi

E mi affidi i tuoi figli

 Benché di me tutto tu sappia.

 

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto

Che la gabbia di stenti  è il suo imprigionarsi,

Che disperando di ritrovarci

La mia veglia cerca solo l’addormentarsi. e il morire 

Nel sogno di te

 

.Ed ora, amico mio,

che qui invecchio solitario e nel freddo

Tra  i cumuli giacimenti  intorno di parole nei libri

Senza (che) più alcuna certezza ( mi rianimi )

di ricongiungerci un giorno

Dove  di nuovo come la sera cala  su giochi ed attese

Il gelo del tuo attaccamento anneri /intenebri la si intenebri in gelosa follia

 

Il residuo calore che avventura ancora  i miei anni

Oltre  l’attendere qui solo la  morte nel passare dei giorni

Ora è  che amore  di te mi alimenta,  mio caro,

Per quanto so che sei perduto se perdi il mio appiglio

Per quanto tu in me confidi benché di me

tutto tu sappia.

 

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto

Che la gabbia di stenti  è il suo imprigionarsi,

Che disperando di ritrovarci

La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il morire

nel sogno di te

 

 

Sono di nuovo passate le 17, 30 , senza che mi sia pervenuto  neanche un messaggio di conferma o diniego della concessione del visto. Ed in me continua l’angoscia che ne trae un sospiro di sollievo,  perché  ho eluso per un altro giorno l’impatto con la negazione del visto che mi avrebbe costretto a  una resa dei conti con  le pulsioni estreme della mia depressione.

Ma non è che ogni giorno mi trovi così sospeso tra la vita e la morte perché io scalpiti di ritrovarmi in India: il disavanzo economico pauroso del mio sostegno a Kailash  e l’inettitudine sua e di Ajay che incupiscono ogni prospettarsi di un futuro in comune, gli stati letali  del mio protrarmi in India,  gli ultimi mesi, senza potere più sconfinare da Khajuraho e concedermi niente,  guatato dalla gelosia di Kailash nei soli scampoli di gioia  che fuori delle mura della sua casa ritrovavo nel solo rivedermi con Mohammad , ( pure tra tanta costernazione mentale, mentre quant’era bello, Dio mio, ritrovarci tutti insieme la sera, nella meraviglia radiante da Chandu, Poorti ed Ajay intenti nei compiti),  il finire tra i templi di Khajuraho  di nuovo ogni giorno  per forza di inedia e per il completamento o l’ approfondimento dei miei studi inerti, ripercorrendo interminabili filari inespressivi di statue di Shiva o di Vishnu,   senz’altro in loco in cui potessi ricreare  la mente fuori dei miei libri e delle mie divagazioni  in internet, - tutto il peso di tali miei trascorsi recenti rallenta ogni mio intento di farvi ritorno, non fosse la nostalgia di riabbracciare tutta la tenerezza in cui si rammollisce ogni inaffettività di Kailash, Ajay, Poorti e del mio adorato Chandu, come tutta la  calorosità fisica del mio lazzerone Mohammad ,  nel suo sventuratissimo, miserabilissimo splendore.

Ciò che  mi fa disperare e mi toglie la vita è piuttosto l’ idea che per un inghippo burocratico io non possa mai più rimettere  piede in India e ritrovarmi con loro, di non potervi più riprendere sul campo e allargarvi le mie insostituibili ricerche archeologiche, in siti e monumenti su cui ricade solo l’oblio e l’ incuria, o lo schifo  ributtante  di un degrado turistico che è il  vilipendio per denaro della loro bellezza spirituale, nello sconforto che le sole certezze cui posso appigliarmi, sono che raggiungendo invece il Nepal posso convocarvi tutti quanti loro, sia pure per pochi giorni soltanto, o il dato giudiziario che anche le proscrizioni delle black list conoscono un termine, di non più di  tre anni.. Che per me sarebbero di attesa in una solitudine  orrida.. Come l’altra notte, quando mi sono ritrovato ad un altro giorno di meno tra me e la morte, lontano da loro e isolato da tutto, nella mia camera da letto come già in un mio loculo, e le case e le vie di fronte mi erano solo uno  slargo funerario senza più battito di vita.  Solo in stanza con il mio respiro animale.

17 novembre 2016

Sono di nuovo passate le 17, 30 , senza che mi sia pervenuto  neanche un messaggio di conferma o diniego della concessione del visto. Ed in me continua l’angoscia che  ne trae un sospiro di sollievo,  perché  ho eluso per un altro giorno l’impatto con la negazione del visto che mi avrebbe costretto a  una resa dei conti con  le pulsioni estreme della mia depressione.

Ma non è che ogni giorno mi trovi così sospeso tra la vita e la morte perché io scalpiti di ritrovarmi in India: il disavanzo economico pauroso del mio sostegno a Kailash  e l’inettitudine sua e di Ajay che incupiscono ogni prospettarsi di un futuro in comune, gli stati letali  del mio protrarmi in India,  gli ultimi mesi, senza potere più sconfinare da Khajuraho e concedermi niente,  guatato dalla gelosia di Kailash nei soli scampoli di gioia  che fuori delle mura della sua casa ritrovavo nel solo rivedermi con Mohammad , ( pure tra tanta costernazione mentale, mentre quant’era bello, Dio mio, ritrovarci tutti insieme la sera, nella meraviglia radiante da Chandu, Poorti ed Ajay intenti nei compiti),  il finire tra i templi di Khajuraho  di nuovo ogni giorno  per forza di inedia e per il completamento o l’ approfondimento dei miei studi, ripercorrendo interminabili filari inespressivi di statue di Shiva o di Vishnu,   senz’altro in loco in cui potessi ricreare  la mente fuori dei miei libri e delle mie divagazioni  in internet, - tutto il peso di tali miei trascorsi recenti rallenta ogni mio intento di farvi ritorno, non fosse la nostalgia di riabbracciare tutta la tenerezza in cui si rammollisce ogni inaffettività di Kailash, Ajay, Poorti e del mio adorato Chandu, come tutta la  calorosità fisica del mio lazzerone Mohammad ,  nel suo sventuratissimo, miserabilissimo splendore.

Ciò che  mi fa disperare e mi toglie la vita è piuttosto l’ idea che per un inghippo burocratico io non possa mai più rimettere  piede in India e ritrovarmi con loro, di non potervi più riprendere sul campo e allargarvi le mie insostituibili ricerche archeologiche, in siti e monumenti su cui ricade solo l’oblio e l’ incuria, o lo schifo  ributtante  di un degrado turistico che è il  vilipendio per denaro della loro bellezza spirituale, nello sconforto che le sole certezze cui posso appigliarmi, sono che raggiungendo invece il Nepal posso convocarvi tutti quanti i miei cari, sia pure per pochi giorni soltanto, o il dato giudiziario che anche le proscrizioni delle black list conoscono un termine, di non più di  tre anni.Che per me sarebbero di attesa in una solitudine  orrida.. Come l’altra notte, quando mi sono ritrovato ad un altro giorno di meno tra me e la morte, lontano da loro e isolato da tutto, nella mia camera da letto come già in un mio loculo, e le case e le vie di fronte mi erano solo uno  slargo funerario senza più battito di vita.  Solo in stanza con il mio respiro animale.

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New currency

 

 

Oggi con Kailash al telefono mi sono intrattenuto a lungo sulle  traversie che lo coinvolgono .a seguito della messa fuori corso in India  delle banconote di 1000 e di 500 rupie,  per contrastare sia la contraffazione che la corruzione e le contrattazioni in nero. Finora hanno provocato il caos,  code interminabili davanti alle banche, la situazione generale di famiglie che non possono più comprare e di  negozi che non vendono. Ma a quanto Kailash me ne ha detto, a fronte di tali e tanti disagi ogni giorno cambiano le disposizioni sulle new currencies, su quante  banconote di nuovo taglio si possono ritirare in banca in luogo di quelle che si sono depositate e che vengono  ritirate dalla circolazione,  così  le difficoltà ora vanno  alleviandosi, e tali misure volute da Modi stanno trovando il suo convinto  consenso.Mentre i primi giorni matrimoni o spese  agricole erano impossibilitati dalle misure iniziali disposizioni più elastiche consentono per sovvenirvi di superare la soglia del massimale di 24. 000 rupie prelevabili per settimana,  ne vengono rilasciate 25.000 se si  richiedono  per comperare  urvarak,   concimi o fertilizzanti, o  50.000 se occorrono  perchè si è uomini di affari, elevando il prelievo consentito fino a 250.000 rupie se si tratta di spese matrimoniali, La gente per lo più deposita ora di giorno in banca  le banconote  fuori corso, e fa  la fila di notte per  ritirare dai bancomat quelle appena  entrate in circolazione, nei nuovi tagli di 500 e di 2.000 rupie . Chi  poi deposita  somme già in sé cospicue,  50.000 rupie alla volta, per esempio ma  per importi inferiori a 300 000 rupie,  l' importo da cui inizia la tassabilità dell’ammontare, deve  farlo trasmettendo il proprio codice bancario,  di modo che l’assommarsi sia tassabile quando si supera la soglia delle 300.000 rupie. In tale  stato delle cose oggi solo dopo tre, quattro ore di fila egli ha  potuto depositare 4.000 rupie,  mentre in casa ne dispone di altrettante, e la restante vecchia valuta ha già potuto utilizzarla per pagare  la bolletta della luce.

Iniziava a dirmene e udivo intanto  con quella di Poorti  nelle altre stanze la voce di Chandu,  che  ho fatto chiamare al telefono perché ci salutassimo e gli dicessi quanto mi è caro.

Poi si è passati a parlare dei mancati affari del negozio, delle spese scolastiche di Poorti e Ajay di cui gli ho chiesto di farmi fare il rendiconto dal principal, per ultimarne a dicembre il pagamento. Ed il suo pensiero è corso a colui alle cui spese scolastiche non avrei provveduto.

“ E Mohammad?”

Me ne ha chiesto con tale umano delicato riguardo, che non gli ho taciuto che due settimane or sono siamo rientrati in contatto, solo dopo che il ragazzo aveva avuto l 'avvertenza di comunicarmi in  facebook il suo ultimo numero di telefono, che avevo smarrito con il mio cellulare nel mio viaggio in treno per  Delhi alla partenza dall’ India.

Poi  si erano persi i nostri contatti, perché Mohammad  non disponeva nemmeno di che effettuare  una ricarica della sim card

“ Ma se le batterie sono cariche, può ricevere ugualmente, sempre che lui sia nel Madhya Pradesh”, mi replicava la lucidità implacabile di Kailash.

Del ragazzo gli facevo comunque sapere che secondo le intenzioni di suo padre studierà solo fine alla fine della classe in corso, la decima, dopo di che  sarà avviato al lavoro in Delhi.

 

Poi si perdevano nei nostri discorsi i riferimenti al ragazzo, nella mia urgenza sciagurata di far sapere tutto al consolato indiano della situazione in cui verso, pur di strappare il visto che ci ricongiunga.

 

17 novembre 2016

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"Meno spendo, e più risparmio, più a lungo posso darti aiuto, e di più posso lasciarti quando io ti lasci morendo"" Less I spend, more I save money, more for a long time I can Help You , and leave You money when I die,", così al telefono sintetizzavo a Kailash la sola natura delle mie preoccupazioni economiche, che mi fa restio a spendere oltre il minimo indispensabile, a concedermi alcunché di più. Avevamo già lungamente discorso del mancato ottenimento del visto a tutt’oggi, ad oltre 67 giorni da che al mio arrivo stesso in Italia ho inoltrato la richiesta, cercando una spiegazione alle ragioni dell’ultima risposta fornitami dall’ open sourcing center " Egregio sig. B., buon pomeriggio,

Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.

Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario.

Con i nostri cordiali saluti”

Kailash supponeva che le autorità consolari indiane volessero lasciare passare tre mesi prima della conversione della mancata concessione di un visto lavorativo in un visto turistico, io propendevo a credere, ed ancor più credo tuttora, che invece abbiano intrapreso un ‘indagine sulle mie attività in India durante tutti questi anni, e che restino in attesa di riscontri, - come altrimenti si spiega , che almeno al momento, il colloquio con il sig. Console Generale non risulti necessario?-, e tentavo di farci coraggio ripetendogli che tale sospensiva è vero che non è un si, ma è pur vero che non è neanche un no, e che se avessero già potuto decidersi in tal senso non starebbero ancora aspettando oltre due mesi per pronunciarsi.

Così si fa difficile anche che io possa essere in India a gennaio, se potrò più farvi ritorno, comunque al mio rientro avevo già messo in conto di passare quest’anno il Natale (qui) con i miei familiari, il che dava una luce di conforto a Kailash, un motivo per farsi una ragione del mio protrarmi in Italia.

“ Così, se per Natale sei con la mamma, tua sorella, tuo fratello, tuo nipote, non è un problema se (ora) non sei ancora qui “, in Khajuraho dove comunque gli arriva ogni giorno da migliaia di chilometri di distanza la mia parola di sostegno, per telefono è come se fossi con lui, e tra noi non ci sono dissensi e scontri come accade puntualmente quando siamo insieme

“ Si, ma quando eri qui tu pensavi alla casa, alla salute dei nostri bambini, alla loro scuola, mentre io ero al mercato e me ne stavo via..

" Eri tu che davi a Chandu dasko rupees, ricordi, una o più volte, ora sono io che devo dargliele".

Mi faceva ora davvero piacere che me lo dicesse, gli ribattevo ridendo, perché quando ero a Khajuraho, gli ho ricordato, mi rimproverava sempre di non fare niente per loro, di non provvedere e di lasciarli sempre senza rupie, di spendermi solo per un altro...

“ Ma dicevo così quando tra noi c’erano “ drama

Gli suggerivo di supplire alla mia mancanza facendosi aiutare da Poorti ed Ajay, la bambina poteva indicargli tutto ciò che venisse a mancare in casa di occorrente, Ajay poteva fargli sapere se la sorella e Chandu avessero bisogno di quaderni o di altro materiale per la scuola, e quanto alla salute dei bambini, che fortunatamente è buona, si recasse per ogni disturbo dal dottor Kare, il medico che è divenuto anche di sua fiducia.

E quanto a denaro, ne disponeva a sufficienza, nonostante l’attuale caos in India del cambio in corso delle vecchie banconote di cui era diffusa la contraffazione con i nuovi tagli delle 500 e 2000 rupie? Almeno ne aveva abbastanza fino a venerdì, quando potrò inviargli un nuovo importo?

Il solo vero problema era la farina di grano che cominciava a scarseggiare, ne restano ancora venti chili, e possono bastare solo fino alla prossima settimana, poichè la famiglia ne consuma ogni giorno un chilo e mezzo per impastare chappati. Occorreva anche riso, che piace a Poorti e Chandu, e gli è difficile ora assicurarlo loro ogni giorno, ma come rilevavo a Kailash ne occorre una quantità assai minore che quella che deve usare di farina, potranno bastare per ora alcuni pacchi,

invece dei “ bori” o sacchi per 890 rupie di 25 , 20 o 10 chili, a seconda della qualità del riso. E quanto a me? Quanto veniva a costarmi la mia vita da solo in Italia, in più di quella in India associata con loro? Dicevo di farcela con 10 euro al giorno, salvo le spese per recarmi una volta la settimana da mia madre, quelle in aumento per acqua, luce, gas, ora che ne faccio effettivo consumo. Non cambiava gran che rispetto a quando ero in India, a fare lievitare i costi della mia vita sarebbero eventuali viaggi, come accadeva anche in India quando li intraprendevo. Ma confido, se mai farò ritorno, di potermi ripetere negli stessi viaggi all’interno del solo Madhya Pradesh, sperimentando le comodità che offre la nuova linea ferroviaria che collega Khajuraho con Chhatarpur, Tikamgarh, Lalitpur, e con i grandi centri d’arte di Deogarh, Chanderi, con le piccole Khajuraho che furono un tempo Dudhai, Chandpur, che vorrei tornare a rivedere con Kailash che non vi è mai stato, progettando nuovi itinerari con i fantasmatici visitatori che siano suoi fantasmatici clienti, che da Lalitpur potrebbero proseguire in tempi abbreviatisi per Vidisha, Sanchi, la stessa Bhopal, il Sud dell'India in ogni direzione. Ma Kailash mi aveva già detto che le incrementate possibilità di raggiungere Khajuraho in treno erano state azzerate dal tragico incidente ferroviario che ieri è avvenuto presso Kanpur, facendo fino a tuttora 147 vittime il cui novero è destinato a salire, talmente sono gravi certuni dei 150 feriti. Almeno per un mese la paura di viaggiare in treno avrebbe diradato i turisti indiani che del treno si servono nei loro viaggi. Ma più che la quantità di morti e feriti, ieri a lasciarlo sconvolto, come avvertivo dal tono dimesso della sua voce , era stata la vista dei bambini rimasti orfani, che gridavano senza nemmeno riuscire ancora a parlare, una figlia di sei anni e mezzo, un suo fratellino di un anno e mezzo, un’altra bimba di due anni e mezzo.

La mente, mentre me ne parlava, correva all'immagine di altre piccole vittime della sventura che la televisione il giorno avanti aveva seguitato a riproporre, i neonati che in Aleppo est che le infermiere in lacrime avevano dovuto estrarre concitatamente dalle incubatrici , tra i crolli di muri e di calcinacci, che sollevavano polvere, degli ultimi ospedali ancora funzionanti che i bombardamenti russi e dei governativi di Assad avevano del tutto distrutto.

Kailash, nell’aggiornarmi i dati di morti e feriti dell’ incidente ferroviario nei pressi di Kanpur, mi ha informato che anche le traversie della demonetizzazione hanno fatto le loro vittime, tra i vecchi deperiti che dalle due e le tre del mattino fino a sera tardi erano rimasti in fila di fronte alle banche, tra i padri cui era venuto meno il denaro per sposare le figlie e che si erano suicidati. Ed è tornato a dirmi di quanti hanno incenerito le banconote che stanno uscendo di circolazione oppure le hanno disperse nel Gange o nel liquame lurido di canali e scoli, perché era denaro sporco , accumulato magari per evasione o corruzione, di cui sarebbe stato loro richiesto di certificare la provenienza.

Alti erano poi nel lasciarci i nostri cuori, quanto grande restava la nostra angoscia di non poterci più rivedere, se non nel Nepal dove Kailash mi raggiunga con i nostri cari.

21 novembre 2011

 

 

 Al consolato indiano di Mumbay

Mantova 21 novembre 2016

 

 

Gentile interlocutore/ interlocutrice

Mi chiamo Odorico Bergamaschi, sono un ex insegnante di Lettere, ora in pensione, dell’età di  64 anni, e vi scrivo dall’Italia non sapendo a chi altrimenti rivolgermi per segnalare che il Consolato indiano generale di  Milano sta trattenendo oramai da oltre 60 giorni, 67 per la precisione, il mio passaporto che ho  inoltrato alla loro autorità  il 14 settembre 2016 , il giorno stesso del mio rientro dall’ India,  per ottenere una quinta volta il visto di impiego come insegnante di Italiano presso una scuola privata di Khajuraho, M. P.

Solo al termine della terza settimana, attraverso l’open sourcing center cui mi ero rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi era già valsa il visto di impiego. Al che, per il tramite del mio amico Indiano Kailash Sen, la cui famiglia  sto aiutando da oltre dieci anni in ogni modo che mi sia possibile,  ho ottenuto un documento aggiuntivo del principal della scuola, che indicava anche le fasce orarie, i contenuti e le finalità dell’ insegnamento, e mi inibiva ogni suo esercizio che non fosse nell’ambito dell’Istituto.  In un primo tempo era parsa al Console un’ integrazione soddisfacente, mentre dopo una settimana  anche tale annesso contrattuale è parso insufficiente, Al che mi sono dichiarato disponibile a che  il visto richiesto, per il cui ottenimento avevo già pagato l’ importo, almeno  mi fosse convertito in visto turistico, impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo surrettiziamente per insegnare, bensì per ricongiungermi con la famiglia indiana che mi è cara, rivisitando l' India alla luce dei miei  interessi e delle mie ricerche investigative del suo patrimonio artistico. Sono trascorse altre due settimane e a tutt’oggi il funzionario si manifesta indeciso, e non è stata recepita la mia disponibilità a fornire di persona ogni chiarimento allo stesso od al console in persona. Tale condotta,  nel suo protrarsi, la vivo sotto il profilo legale come lesiva dei miei diritti civili, giacché seguita ad espropriarmi da due mesi del mio diritto di espatrio nei Paesi che richiedono l’esibizione del passaporto, ed in quanto limita  da oltre un mese e mezzo  la mia libertà di movimento nel mio paese di appartenenza, qui in Italia Dai primi di ottobre  non posso preventivare nulla per il mio futuro,  restando confinato nel mio domicilio domestico in attesa di risposte  per poterle fornire a mia volta alle autorità consolari, per sollecitare di continuo una soluzione auspicabilmente positiva , siccome dispongo per i miei contatti solo di un telefono fisso e del mio computer.

L’ultima risposta che ho ricevuto dall’ open sourcing center è stata  la seguente

Egregio sig. Bergamaschi,

buon pomeriggio,

 Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.

Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario.

Con i nostri cordiali saluti.

 A  rendere la situazione di una sofferenza unica è che mi sento  costretto a subire tale stato di cose  perché temo altrimenti di perdere ogni possibilità di rientro in India per sempre o almeno per anni, dove la famiglia indiana che mi è cara  è tutta la mia vita,  e richiede il mio sostegno e il  mio accompagnamento da vicino.

 

Ciò che solo vi chiedo, alla luce di tutto ciò,  è come interpretiate tale  sospensiva, - le autorità consolari indiane restano forse  in attesa di riscontri sulle mie attività in India negli anni trascorsi?-,  e se potete darmi qualche indicazione su come possa affrontare tale stato di cose, intanto che resto remissivamente in attesa dello sblocco di una  situazione  che pare consegnata solo all’inappellabilità delle autorità consolari indiane.

Con i miei più cordiali saluti

Odorico Bergamaschi

46100 Mantova

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all' outsourcing center di Milano

Gentili interlocutori

Sono Bergamaschi Odorico,  e torno a farmi vivo di nuovo, di necessità-

 

a) Stando così ancora le cose, qualora le autorità indiane del Consolato di Milano  a oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia documentazione non si fossero ancora decise a  negarmi qualsiasi visto, vi prego di riconfermare loro la mia disponibilità ad incontrarmi con esse, per ogni eventuale chiarimento, quali quelli che può fornire loro l’andamento del mio conto corrente presso l' Unicredit,  il solo di cui sia titolare, oltre ad un altro apertomi dalla Canara Bank, in India, che è rimasto finora inutilizzato perché l'Agenzia non dispone dell’ Iban per il trasferimento di valuta da tale  mio conto corrente in Italia.  Dall' estratto del mio conto corrente presso l Unicredit risulta inequivocabilmente che da quando ho prolungato la mia permanenza in India, ossia dal 2012,   mi spendo solo in perdita per la famiglia indiana che mi è cara e per la valorizzazione del patrimonio indiano attraverso i miei viaggi e la loro documentazione. Qualora possa ugualmente servire, posso inviare la certificazione quanto ai miei averi e fonti di reddito, che consistono nella mia pensione, nella buonuscita della liquidazione e di quanto mi resta della quota che mi è spettata all’atto della vendita della casa di mio padre defunto. Sono non di meno disposto a dichiarare legalmente la mia situazione patrimoniale, dalla quale emerge  che non ho neanche una prima casa di mia proprietà, in Italia o altrove, vivendo in  affitto in un appartamento, in Mantova, dove ora non  accendo neanche il riscaldamento per economizzare e trasmettere il mio aiuto di cui abbisognano ai miei cari congiunti indiani, e che non ho nemmeno alcuna automobile o motociclo , secondo quanto può attestare l’Ufficio di motorizzazione, non usufruendo di altri mezzi di locomozione che alcune biciclette, una sola delle quali mi è  utilizzabile. Inoltre posso farmi inviare, per comunicargliela, la certificazione da parte del Christian hospital di Chhatarpur ( Madhya Pradesh), che il mio amico indiano, che non può contare su altro aiuto sostanziale che il mio,  è affetto da turbe mentali irreversibili,  di cui ho fatto finora  ciò che sta diventandomi insostenibile  per evitarne in India le esplosioni croniche  di fronte ai figli, trattenendo per me quanto io provo al permanere di tale situazione.

b) Quanto all’eventualità che possa insegnare  italiano in Khajuraho senza disporre del visto, posso far loro presente, direttamente, o per il vostro tramite, quanto sia del tutto  inconcepibile, perché il principal della scuola non me lo consentirebbe assolutamente, poiché la cosa l’esporrebbe alla denuncia  ed ai rischi di perdere la licenza  per cui gestisce la scuola, né io potrei consentirmelo in proprio, dato che  costituirebbe  un deficit invece che una fonte di un qualsiasi ricavo, visto l’indisponibilità degli stessi studenti indiani non indigenti a corrispondere ad un insegnante straniero anche solo il costo delle fotocopie. Né sarei ancora particolarmente motivato,  visto l’ uso che gli indiani locali fanno dell’ italiano che abbiano appreso con i visitatori miei connazionali., nei confronti dei quali ho almeno insegnato ad usare le formule di cortesia.

Cordiali saluti

Odorico Bergamaschi

 

Gentili interlocutori

Sono Bergamaschi Odorico

Pur nel confermarne il contenuto, vi prego per delicatezza di soprassedere alla mia e-mail precedente che ieri vi ho inviato sul tardi, dato che il permanere della situazione in cui verso riguardo all'ottenimento del visto, mi ha dettato nella sua estensione maggiore cose che non era forse il caso di comunicare, pur di garantire alle autorità del Consolato che in India non ho oscuri traffici o loschi affari da cui tragga lucro , bensì mi preme solo il benessere delle persone che vi ho care.

Ma stando così ancora le cose, qualora ad oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia richiesta e dei documenti ad essa allegati  le autorità del Consolato indiano di Milano non si fossero ancora decise a negarmi qualsiasi visto, vi prego anche nella presente lettera di riconfermare loro la mia disponibilità ad incontrarci di persona per ogni chiarimento che sia indispensabile..

Quanto poi all’eventualità che io possa insegnare italiano in Khajuraho senza disporre del relativo visto d'impiego, qui riasserisco, perché possa essere fatto a loro presente, sempre che sia il caso, direttamente per parte mia, o per il vostro tramite, che la cosa non può accadere: il principal della scuola non me lo consentirebbe, in alcun modo, poiché ciò l’esporrebbe a denunce ed al rischio di perdere la licenza per la quale gestisce l'istituto, in un ambiente, quale quello di Khajuraho, in cui gelosie e rivalità di certo non scarseggiano e si sono già espresse a riguardo, tanto più che egli è islamico, né l'insegnamento dell italiano io avrei interesse a consentirmelo in proprio,   dato che tale mia attività avverrebbe solo in deficit, per l’indisponibilità già acclarata degli stessi studenti indiani che non siano indigenti a corrispondere anche solo il costo delle fotocopie. Nemmeno sarei ancora particolarmente motivato ad insegnare, considerato l’ uso dell’ italiano che gli indiani locali fanno con i visitatori miei connazionali, nei confronti dei quali ho almeno insegnato ad impiegare le formule di cortesia.

.

Con i miei più cordiali saluti

Odorico Bergamaschi

 

 

Credono che sia un impostore, un trafficante sotto mentite spoglie, non uno studioso e uno scrittore,  di cui tutto può essere messo in discussione tranne la serietà e l umano rigore, che in India  si spende in perdita  per le persone che vi sostiene e per la salvaguardia del suo patrimonio artistico, che vi ha la sua vita che gli è tolta  se non vi può più mettere piede.

21 novembre 2016

Tutto su mia madre V

Discorrendo dei vestiti infantili di una volta.

" E i vestiti di una volta, quando eri bambina?"

Erano un paltoncino, il vestito più leggero d’estate, un vestito più pesante d’inverno. Si cercava di economizzare, un paletot ti durava molti anni, e le mode non cambiavano come adesso. Era lo stesso con le scarpe. Mi ricordo che mi hanno preso da bambina un paio di scarpe e non ti so dire quanta roba ci hanno messo in fondo. Mi sono durate quattro, cinque anni. Solo che quando mi sono andate bene erano già tutte rotte. Un modo di ragionare miserevole, ma questo si faceva. Lo stesso era per i vestiti, con tre scale d’orlo, e quanto crescevi li allungavano, li allungavano, che i vestiti erano già rotti ma l'orlo di sotto era ancora buono. Un paletot,- avevo 10, 11 anni-, mi ricordo che per allungarlo in alto e farmelo andare ancora bene, l’hanno tagliato di sopra e ci hanno messo un carré in pelo nero di astrakan. Ma io figurati come mi sentivo...I vestiti li facevano belli comodi, si pensava che era giusto fare così, facevano tutti così, e così si andava avanti

Un vestito d’estate, uno d’autunno, un paio di scarpe d’estate, uno d’inverno…in più i sandali, gli zoccoli, quel paio o due, al massimo.

I “ supei” erano sottilini, con il loro tacchettino, e quand’eravamo in autunno ti servivano per evitare la smalta che c’era nelle corti di campagna,. Gli zoccoli erano dei bei zoccolini, sotto di legno, con di sopra la loro mascherina fatta di cuoio, erano duri però, erano fatti per metterteli d’inverno, ci mettevi allora dentro un paio di calze di lana e tu andavi, ed andavi bene, perché giravi nella smalta, c’era la neve. C’era più neve una volta che adesso. Io non so perché ma mi ricordo tutti gli inverni con la neve “

“E andavi a piedi nudi? “"Proprio lo desideravi. Non vedevi l'ora che venissero i primi soli per buttare via le scarpe e andare a piedi nudi, E com’ero contenta…. Per le strade di campagna c' erano vetri, c’era di tutto, ma io mai che mi sia tagliata, E sì che sono stata una che è andata per un bel po’ a piedi nudi.”.

26 novembre 2016

……………………………………………..

 

If You do honestly

 

 

Da Mumbay, con il volo della Jet Air ways in Auraganbad  doveva essere già arrivato Umberto,  il cliente italiano del Bapuculturaltours , quando solo dopo le 2,30  ho avuto l’avvertenza di telefonare a Kailash, e come egli  poteva ben confermarmi. Mi ero ricordato solo allora che quando in Italia erano le due pomeridiane in India erano già le 6,30 pomeridiane, ad atterraggio avvenuto già da un’ora , sempre che tutto fosse avvenuto regolarmente,

Al gentile Umberto Kailash aveva già avuto modo anche di parlargli  e di salutarlo al telefono, servendosi  del cellulare  dell’autista Abhishek, ma  quando gli aveva chiesto di passargli il conducente per comunicargli alcune avvertenze, Umberto si era opposto a che Abishek  ne fosse disturbato nella sua guida, esprimendo un rifiuto che per Kailash aveva assunto immediatamente il valore di una volontà categorica cui io e lui avremmo dovuto assolutamente conformarci, al punto che si riservava di richiamare  l’autista solo quando in India fossero già state le nove di sera, e fosse una certezza assoluta che intanto che Mr Umberto . riposava in hotel, l’Abhishek  assolutamente non potesse essere alla guida.

Intanto io dovevo correre quanto prima ad inviargli denaro, di Venerdi 25 novembre, scarseggiavano farina e riso, il cambio di currency rendeva in India ancora oltremodo difficile assicurarsi valuta, e l’amico voleva  provvedere quanto prima ad acquistare un maglioncino per Poorti e Chandu, dato che cominciava in  Khajuraho  a fare freddo.

Quel pomeriggio in cui la nebbia si era diradata in un grigiore novembrino volevo inoltre concludere/ terminare la revisione interminabile del mio reportages sul mio ultimo bellissimo viaggio che abbia potuto compiere nel Madhya Pradesh,  nel cui corso d’opera restavo alle prese con quanto andava reso più perspicuo e leggibile della descrizione interminabile del Kuraiya Bir e dei templi iain di Deogarh.

Questa la trama  delle mia attività reali che intercorrevanol’altro  ieri  tra me e l’India, mentre in me era oramai un convincimento assodato che da oramai 70 giorni le autorità del Consolato negasse di accordarmi il visto perchè  determinate solo dal più vago  sospetto, e da nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa dall’India di ciò che non arriverà mai loro mai perché  non potrà mai esservi raccolto, ossia dei riscontri di una qualsiasi attività illecita in cui sia coinvolto e che si nasconda nella mia richiesta di un visto di impiego per insegnare  italiano.

Ad  averne indotto il funzionario o il Console a dubitare dei miei intenti era forse la pessima reputazione di cui a ragione gode in tal senso Khajuraho, che può aver fatto loro supporre che anche la scuola che mi aveva rinnovato il contratto di insegnamento dell Italiano rientrasse tra quelle  implicare nel raggiro, a danno di turisti, delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti,  i cui tenutari sguinzagliano a tal scopo  gli stessi  bambini e i lapkas per procacciarle,    mentre io da che risiedo in India uso e spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale per valere  forme opposte  di accoglienza e di conoscenza ed esperienza dell India, nelle mie relazioni umane e negli studi e ricerche che mi impegnano tuttora giorno e notte e  ben rinvenibili in internet

Avessero potuto anche solo avere un’idea, le autorità consolari, di quanti clienti si è perso il mio amico Kailash  come conducente di autorickshaw, per avere detto le cose come stavano a turisti che preferivano lasciarsi abbindolare da  ogni genere di allettatore  o procacciatore o seduttore del posto, e che cosa gli costa avvertire  che  non possiamo ricongiungerci perché si dubita  che sia in combutta con una realtà  contro cui in India ho speso immiserendomi  la mia esistenza durante tutto il periodo in cui vi ho vissuto!

Kailash, così ammirevole e caro,  per come si è  messo al seguito  di  una mia “ good way” che trova contro tutti e di tutto, del quale al contempo, al rientro dall’effettuazione del trasferimento del contante , mi addolorava che dovesse indurmi a dirgli che avrebbe aspettato invano che gliene inviassi dell’altro, finchè non si fosse deciso una buona volta a  contattarmi con una videochiamata, che mi consentisse finalmente di rivederlo insieme con Chandu, Poorti ed Ajay, di cui debbo contentarmi solo di risentire le voci che mi salutano al telefono.

Rimessomi poi di nuovo al computer, entro il tardo pomeriggio avrei avuto modo di concludere anche la riscrittura dei miei pochi accenni già formulati alle meravigliose grotte buddhiste di Deogarh , per quanto la interrompessi e nell’altra mia più delusa attesa seguitassi invano a contattare l open visa centre di Milano, per saperne di più, secondo i suoi addetti,  sulle ragioni a tal punto della sospensione ulteriore del visto, poiché ogni comunicazione da parte loro era stata ugualmente sospesa.

We have to wait. We  have to wait without becoming hungry. With  Indian Autorithy   You  have to wait, ieri mi avrebbe  soggiunto Kailash, if you do  honestly

27 novembre 2016

 

Alla Signora Cinzia P.

 

Gentile Signora Cinzia,

sono Odorico,

 e  le scrivo ora dall Italia,  dove dall’ India sono rientrato oltre due mesi or sono dall India.

Spero di ritrovarla in una situazione che la veda felice nei suoi affetti e che sia di  luminosa  ricerca. Da che ci siamo scritti,  per quanto mi concerne,  ho impiegato il mio tempo in Khajuraho che non fosse afflitto dall’insorgenza della mia depressione, nel seguito delle mie ricerche sui suoi grandi templi occidentali. I miei sforzi per  far aprire in affitto un negozietto di articoli  artigianali al mio amico Kailash, che gli assicurasse se non qualche ricavo almeno un po’ di conforto mentale, intanto mi hanno  lasciato il tempo solo per due brevi viaggi in  Delhi, dove  ho sperimentato alcuni nuovi itinerari con epicentro nelle stazioni della metropolitana di Ina market e di Green Park , che raccordassero la visita  di antichi gumbad e masjid all’avanscoperta  di  edifici  rilevanti dell’architettura indiana moderna e contemporanea. In essi  ho cercato di assimilarmi il più possibile ad un navigatore satellitare, perché l espressione di trasalimenti o patemi o  ubbie o paturnie non togliesse peso alla valenza oggettiva di considerazioni e rilievi.

A giugno, se si eccettuano i templi maggiori di Khajuraho, di  Ajaygarh e di Kalinjar, e pochi altri, avevo comunque completato la mia ricerca su tutti i templi hindu  , Gupta,  Pratihara, Kalachuri, Chandella, Kachchhapagata che sono rinvenibili nel Madhya Pradesh, il cui corpus può rinvenire in rete, facendosi almeno un’idea dell estensione da esso raggiunto, al seguente indirizzo www.odoricoamico.it/india sconosciuta/index ove è situato insieme a quant’altro ho scritto sul patrimonio artistico dell india.

 

Al mio rientro  durante il periodo settembrino mi sono letto i grandi libri di Khuswant Singh che lei mi aveva giustamente caldeggiato, Delhi e Un treno per il Pakistan, quest’ultimo pressoché perfetto Ho poi rielaborato alcuni dei miei scritti di viaggio attenendomi a quanto lei mi aveva giustamente consigliato di fare, estrapolandone  le esorbitanze soggettive del mio spirito itinerante, che in vari casi ho debitamente rimosso,  e facendole rientrare in testi distinti rispetto a quelli in cui ho incluso le descrizioni  più tecnificate e dettagliate di templi hindu o di altri  monumenti.

Sono intervenuto in  particolare sui testi su Udayagiri, Gyaraspur, e sul circuito buddista che s’incentra in  Sanchi, Sonari, Satdhara, perché interessavano  un viaggiatore italiano che si è rivolto al Bapuculturaltours del mio amico Kailash.

Le allego gli apprezzamenti che ne ha tratto anche in termini di leggibilità,  un giudizio a me favorevole  che è stato agevolato anche dal fatto che vi parlavo di stupa e di grotte scolpite,  la cui illustrazione non  è estenuante come può esserla quella  di un tempio hindu

Se non ho potuto fare altro e se ora avverto l incombenza di scriverle quanto segue , è in massima parte per  la situazione come  di sospensione tra la vita e la morte  che mi ha condannato a vivere qui in Italia il Consolato Indiano di Milano, da che il giorno stesso del mio rientro ho trasmesso loro la richiesta del rinnovo del mio visto di impiego come insegnate di italiano preso una scuola di Khajuraho, la stessa che frequentano i bimbi più grandi della mia famiglia indiana, senza che da allora,  ad oltre settanta giorni dalla sua presentazione, si siano ancora pronunciati se accoglierla o respingerla . Trattengono ancora con gli allegati  il mio stesso passaporto, e con il mio diritto di espatrio fuori della C. E, hanno confiscato la mia liberta di muovermi in Italia,  dove senza potere più preventivare nulla per il mio futuro, nel timore che mi assilla di non poter rimettere più piede in India e  ritrovarmi  con coloro che sono la mia vita, resto confinato in casa inutilmente  in attesa  che al telefono fisso, od al computer, mi si annunci un evolversi  della situazione che io seguito invano a sollecitare. Senza che mi siano date più  risposta o mi si consenta di fornirle, in un incontro con il console per ogni chiarimento ch’egli richieda.

Anche in ragione di ciò, di cui posso parlarle più ampiamente in una lettera seguente solo se lei me lo consente, quanto agli scritti sul patrimonio dell india di cui le dicevo, ora il mio assillo principale  non è incrementarli con nuove ricerche e nuovi reportages ma assicurare con il loro perfezionamento /miglioramento che non vada perduto ciò che in essi ho raggiunto, la loro trasmissibilità ed  ereditarietà culturale,   per la quale le chiedo se sa dirmi come possa io provvedere.

Con i miei più cordiali ed amichevoli saluti

Odorico Bergamaschi

 

 

Solo al termine della terza settimana, attraverso l’open sourcing center cui mi ero rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi era già valsa il visto di impiego .Non bastava una lettera di assunzione, hanno accennato addirittura ad un certificato, di quelli che necessitano di un “vakil”, Al che, per il tramite del mio amico Indiano Kailash ho ottenuto un documento aggiuntivo del principal della scuola, che generosamente mi è stato da egli concesso solo  superando le più comprensibili resistenze e paure. In esso erano indicate anche le fasce orarie, i contenuti e le finalità dell’ insegnamento,  le misure per evitare ogni discriminazione economica nell’accesso al corso,   mi  inibivo ogni suo esercizio, “ paid or not paid”,  che non fosse nell’ambito dell’Istituto e delle ore di lezioni concordate.  In un primo tempo era parsa al Console un’ integrazione del tutto soddisfacente, mentre dopo una settimana  anche tale annesso contrattuale è risultato insufficiente, Al che mi sono dichiarato disponibile a che  il visto richiesto, per il cui ottenimento avevo già pagato l’ importo, almeno  mi fosse convertito in visto turistico, impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo surrettiziamente per insegnare, bensì per ricongiungermi e stare insieme con la mia famiglia indiana d’adozione,  rivisitando l' India alla luce dei miei  interessi e delle mie ricerche investigative del suo patrimonio artistico. L’ultima replica che ho ricevuto dall’ open sourcing center è stata  la seguente

Egregio sig. Bergamaschi,

buon pomeriggio,

 Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.

Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario.

Con i nostri cordiali saluti.”

 

Al che oggi ho risposto in tali termini, che le dicono ciò che ora ne penso delle ragioni del persistere di tale situazione , e  quanto sia ancora effettivamente in grado di affrontarla con la mia nuda mente

 

“Gentili interlocutori,

 Sono ora convinto  che le autorità del Consolato indiano di Milano da oramai 70 giorni stiano trattenendo con la documentazione allegata il mio passaporto senza potermi negare al tempo stesso un visto,  perché in forza del solo sospetto, e di nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa dall’India di ciò che non arriverà mai a loro i perché  mai potrà esservi raccolto, ossia dei riscontri di una qualsiasi attività illecita in cui io risulti coinvolto e che si nasconda nella mia richiesta di un visto di impiego per insegnare  Italiano.

So quanto Khajuraho dove risiedevo in India gode in tal senso e a ragione di pessima reputazione, solo che nei suoi pregi e difetti la scuola che mi ha rinnovato il contratto lavorativo  non ha minimamente a che fare con il  raggiro delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti che vi sono estorte ai turisti,  i cui tenutari sguinzagliano a tal scopo  gli stessi  bambini che ne sono scolari e i "lapkas" per procacciarle,  mentre io da quando risiedo in India spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale per farvi valere  forme opposte  di accoglienza, di conoscenza ed esperienza del suo immenso patrimonio culturale ed umano, nelle mie relazioni personali e negli studi e nelle ricerche che mi impegnano tuttora giorno e notte ( ben rinvenibili in internet)

Sapeste  quanti clienti si è perso il mio amico Kailash , come conducente di autorickshaw, per avere detto come stavano le cose ai turisti che preferivano lasciarsi raggirare  da  ogni tipo di allettante procacciatore e seduttore locale, e che cosa gli costa il fatto  che  non possiamo ricongiungerci perché si dubita  che sia in combutta con una realtà  contro cui in India, coinvolgendolo nelle mie scelte intransigenti, ho speso immiserendomi  la mia esistenza durante tutto il periodo in cui vi ho vissuto!

 

P. S.( Se degli stranieri, per lo più perché irretiti, recano aiuti ad un certo genere di scuole lo fanno dal loro  paese di origine, e quanto più vi restano, raccogliendovi  aiuti e fondi, non di certo  prolungando quanto più a lungo possibile la permanenza in India con un  visto di impiego).

 

( Mi riservo in una futura e-mail di farvi sapere  chi e  che cosa mi attende ancora invano in India,  e tutte le sacrosante ragioni implicite e connesse per le quali avevo richiesto a suo tempo il  visto di impiego)……

 

 

( In tutta sincerità, ai margini di tale mail,  le confido che non è a fini di lucro lecito o illecito che ho chiesto il visto d’impiego per insegnare italiano, è assurdo farci anche solo un pensiero, ( in Khajuraho il principio più condiviso quanto a uno straniero è che niente di ciò che gli spetta gli va dato, e tutto ciò che è possibile prendergli  gli va tolto) ,  ma  perché  c’è  in India chi  aspetta che finisca di insegnargli, perché insegnare  mi piace e mi è di contrasto alla depressione, perché se la durata  del visto per insegnare è di un anno  posso restare per un periodo così a lungo con i miei cari indiani ed economizzare quanto ai costi dei viaggi di andata e ritorno ,  infine perché sono di fatto half indian , per tutto ciò che nella gioia e nel dolore- la morte di un  figlio- ho condiviso con la mia famiglia indiana, e ambisco al riguardo e al rispetto che il connesso residential permit mi conferisce, in quanto a) mi evita di essere discriminato  come straniero nel pagamento dei biglietti d’ingresso ai siti monumentali,  per i quali come residente temporaneo  mi  sarebbe richiesta  invece la tariffa indiana,  che è un quindicesimo  di quella che devono pagare gli “ altri”, come stava scritto all’ingresso dei templi occidentali di Khajuraho, b) ed  a me ed al mio amico eviterei le attenzioni interessate che la  polizia locale riserva ai semplici turisti.)

 

 

 

Grazie gentile Cinzia dell’ascolto. E mi scusi se mi sono dilungato su questa questione per me così dolorosa, su una realtà che comunque ci accomuna tanto, ma le ho scritto anche per trovare la forza da infondere al mio amico  di non soccombere  alla angoscia in cui tale situazione ci ha gettato.

 

 

 

 

Con i miei più  amichevoli saluti

Ed augurandole  le più belle cose

Odorico Bergamaschi

 

27 novembre 2016

 

TUTTO SU MIA MADRE VI

I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole

RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA

“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”

“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.

Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi

D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone tra le più anziane che cantavano storie e si accontentavano per questo di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano con il loro cestino, si mettevano in gruppo e aggiustavano i panni che portavano, attaccavano le pezze o rifacevano l culi delle braghe, perchè di giorno non avevano il tempo di farlo, i cantafavole arrivavano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora ci siamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e ci si rimaneva, anche le donne, ad ascoltare storie fino alle dieci, dieci e mezzo, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano su anche loro.

La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,, per la condensa, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma anche se era veramente freddo!

Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa .,, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.

Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungergli quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".

Era tutta gente di piazza, tutta povera gente , che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"

Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".

Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.

C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.

C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.

C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano".

 

TUTTO SU MIA MADRE VI

I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole

RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA

“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”

“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.

Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi

D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone le più anziane che venivano nelle stalle, cantavano le favole e si accontentavano di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano lì con il loro cestino, si mettevano in gruppo, aggiustavano i panni che portavano, rifacevano l culi delle braghe o mettevano le pezze, perchè di giorno non avevano tempo di farlo, i cantafavole venivano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora veniamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e si stava nella stalla fino a dieci ore, dieci e mezzo, anche le donne, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano s su anche loro.

La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma era veramente freddo!

Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa ( e tutto),, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.

Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza, aveva un legno con una punta, e diceva di volerlo venire a ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungere quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".

Era tutta gente di piazza, gente povera, erano tutti gente povera, che non lo poteva mica ammazzare il maiale, ma quella sera arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, chi dava loro un cotechino, chi una coteca..., la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva anche nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"

Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".

Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.

C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.

C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.

C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano

 

29 novembre 2016

Dio mio, Padre mio,

delle mie contrite ossa in così tanto freddo,

tutta la mia anima si gioca in questa mia lettera,

la mia vita in ogni suo rigo che ha appena inteso l'amico

è nell'attenzione dell'amore che ne detta

una revisione ulteriore

la tua sola parola che non mi sia lettera morta,

nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,

l'errore minimo che sia fatale al nostro ricongiungimento.

Sia esso una visita, non un risiedere,

un soccorso, non un sostegno continuo,

siano al più gente a te cara.

coloro per cui ti fai così povero e afflitto ad ogni evenienza.

tu non sei il Babbà del tuo amatissimo Chandu,

la cui assenza strazia ogni tuo istante al solo ricordo,

in tanto dolore, di una separazione irrisolta,

che nel sale di una vita che ti prova e ti tempra

ti riesumi che sono essi

a te un Suo dono,

ti ridistilli ogni meraviglia dell India ,

l'incanto, che quando là v'eri,

il suo tremendo, senza più scampo,

ti soffocava in un nodo a cui appenderti in stanza,

finchè non chiuda la richiesta

ciò che non può non erompere da ogni vincolo posto

“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa in the last resort

because in India there is my life, the treasure of my mind and of my hearth”.

 

4 dicembre 2016

Tra le nebbie in cui esala il mio fiato

 

 

 

Tra le nebbie in cui esala il mio fiato

Anche dal pentolino che qui ebolle

Vedo levarsi quel fil di fumo,

Ed io sempre più mi sento

Una Cio- Cio- San votata al suo harakiri

Si nega il console all’appello,

Si nega al telefono anche il mio piccolo Iddio,

Incolleritosi nella ricerca in lacrime

Di un perduto bottone,

E l’amico che intenta ? di che gli è possibile

Perch'io possa almeno rivederli in videochiamata,

Di che può sedarmi (Sedandomi ) uno strazio, irriso,

Che non trova più appigli

Alla chiamata del vuoto.

 

9 dicembre 2012

 

 

Quel poco, nella mia casa morta,

che smuovo od uso a stento, ad ogni ora che passa,

vi ristà perché al presente, come fosse ancor vero,

tutto sia pronto per una partenza che a loro ritorni,

 

lasciando le valigie non ancora disfatte

con ancora dentro che riportarvi,

niente ancora da farsi

cui allora mi tocchi mettere mano,

quando, come non sarà mai più,

mi sfinisca nel poter chiudere alle spalle infine ogni porta

per andarli a raggiungere da questa solitudine immensa,

 

mentre non lasciando così indietro niente che di sudicio avanzi

quel che appronti, lo sai,

che è un addio che non sarà per quei cieli.

 

9 dicembre 2016

 

Se penso a quanto tempo resterai lontano,”

“Mamma, l’ho snebbiata, è da vedere se e quando potrò mai partire..

Per ora non lo posso più”

Nel primo pomeriggio Kailash, Poorti e Chandu mi erano finalmente riapparsi in videoconferenza, per la mia esultanza gioiosa di ritrovarmi davanti il mio piccolino amatissimo, che smorfie e boccacce rendevano ancora più incantevole.

Poorti, più che mai bella, e quanto mai affettuosa, avrebbe voluto che mi aggirassi ad illustrarle tutta quanta la mia casa, il che mi era precluso dal cavo della connessione in rete.

Kailash era smagrito e alacre di una irrequieta allegria, che gli impediva di sostare su qualsiasi discorso, fossero il timore che Chandu ha della propria insegnante, che gli impedisce a di accostarsi a lei come gli altri scolari, fosse la demonetazione che angustia tuttora l India dalle cordigliere himalayane fino a Kanya Kumari, per cui ora si succedono arresti su arresti di accaparratori delle nuove banconote, di speculatorii al cambio tra “black money” e “white money”, e bilioni di rupie finiscono al rogo o nelle acque gangetiche o di altri corsi fluviali e canali e rivoli dell’India, perché le mazzette in valuta fuori corso dei proventi della corruzione non siano tassate del 200%, al loro deposito ingiustificato.

Era un amico ben diverso da quello sconsolato dalla nullità dei guadagni del nuovo negozio, che dei clienti di cui restava in vana attesa mi diceva, oramai tempo fa, che invero “ sono come la morte. Non sai mai quando arrivano”

L’altro ieri aveva dovuto cimentarsi con la crudeltà di rito dei pochi turisti che si soffermano a scrutare il suo negozietto, solo per demolirne i pregi con la osservazione consueta che è povero di lavori artigianali esposti “ You have less material than the other dealers ”, tornando a ripetergli immancabilmente

“ I have (a) small shop, la replica di Kailash, but what I have inside nobody have”-

( “Ho un piccolo negozio, ma quello che ci ho, non l’ha nessun altro").

Ed ora nel pieno della notte mi allerto al tonfo del cuore, domani, al più dopodomani, se il Console non vorrà degnarsi nemmeno di darmi risposta, per il colloquio chiarificatore che gli ho chiesto, già una settimana fa, al fine di ottenere quel tourist visa che potrebbe risistemare ogni cosa.

(Mentre ancora a quest’ora l’oltresenso di tutto quello che faccio muovendomi per la casa e risistemandovi ogni oggetto, resta il riordino di ogni cosa perché tutto sia pronto per una nuova partenza, e non v’è passo che vi compia o attività che qui intraprenda, che non sia l’aggirarmi e il darmi da fare per questo in quella terra d’esilio che mi è divenuta la mia terra di nascita)

 

11 dicembre 2016

 

 

Ed ora, amico mio,

Che qui invecchio solitario e nel freddo

Tra  (i) cumuli intorno di parole nei libri

Senza che a farmi compagnia sia più la certezza

Di ricongiungerci  ancora

Di nuovo insieme dove come  cala  la sera su giochi ed attese

Il gelo del tuo attaccamento incubi/ingeneri

 La tua  gelosa follia

 

Il residuo calore che avventura ancora  i miei anni

Oltre l’attendere qui solo la  la morte nel passare dei giorni

Ora in me è  l’amore che in me  di te crepita, mio caro,

Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo,

Per quanto tu in me confidi benché di me

Tutto tu sappia.

 

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto

Che la gabbia di stenti  è il suo imprigionarsi,

Che disperando di ritrovarci

La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il morire 

Nel sogno di te.

13 dicembre 2016

Tutto su mia madre VII

Il lavarsi e il lavare di una volta nelle case di campagna

"Una volta le case di campagna non erano come quelle di adesso, che hanno le piastrelle e i rivestimenti. Le case di campagna erano grezze, c’erano le pietre normali, e ci portavi dentro la smalta, un po’ di tutto. Normalmente davi un’acquata ai pavimenti prima di spazzarli, quando c’era solo la polvere, che così non si alzava, ma quando pioveva era un disastro, dovevi proprio raschiarci in casa.

Una volta alla settimana ungevi le sedie, pulivi i vetri, facevi tutti i mestieri di sopra. Li facevi solo una volta alla settimana perché dovevi andare in campagna, e da questo lavoro nei campi e nella stalla eri sempre occupata. Sempre una volta alla settimana lavavi i panni e venivano pulite le scarpe, senza stirare tutto come adesso, stiravi le camicie delle feste, quelle sì, così come si faceva pulizia ai vestiti delle feste, ma per i miei genitori e i miei zii erano uno, due, al più, uno per l’estate, uno per l'inverno.

Si lavava tutto a mano, con la cenere, era la cenere allora il detersivo, quella più bella che si ricavava dal focolare, la tiravi fuori, la setacciavi, la mettevi in un lattone, la lasciavi deporre nell’acqua che bolliva in una stagnata, poi ci mettevi dentro tutti i tuoi panni, prima di lavarli una seconda volta in una mastellina con acqua più tiepida e di buttarci sopra la liscivia, per poi risciacquarli per due volte. Gli abiti diventavano così belli puliti e profumati.

Era usato anche il cloro della candeggina come detersivo, per levare le macchie resistenti dei panni bianchi, ad esempio di una tovaglia macchiata di vino, di frutta, e il procedimento era sempre a mano,

O con la cenere o con la candeggina i panni si lavavano normalmente fuori , di lunedì, e se era freddo, o se pioveva, si lavavano in cantina o in una stanza a parte, non in cucina. Erano proprio vite dure, quelle.

Quando poi si dovevano fare le “bugade” era un macello, un massacro. Si facevano una, due volte all’anno, di decine e decine di lenzuola e federe, la donna si doveva allora alzare la mattina presto, alle quattro e mezza, le cinque, per più giorni di fila. Prima si faceva bollire l’acqua, poi nell’acqua si buttava la cenere, veniva poi preso un telo fitto come colatoio, che non lasciasse passare la cenere, e l’acqua filtrata con la cenere veniva versata sui panni che erano dentro una tinozza. La procedura era ripetuta almeno un'altra volta, e i panni venivano lasciati a bagno almeno una notte, prima di andare a sciacquare al fiume tutta quella biancheria, in due, o tre donne, con un carretto, un cavallo, le soioeule, le panche, le assi grosse. Durante le “ bugade” seguitavi a usare per giorni la cenere, in acqua e liscivia, e la cenere ti bruciava, al punto che finivi che avevi le mani scorticate. Per stenderla ad asciugare, poi tutta quella biancheria, ci volevano le soghe grandi e piccole, per distendee i panni da una pianta all’altra di interi filari. Un macello, un massacro. Poi sono venute le lavatrici. Lascia però che ti dica che i panni come li lavavamo una volta restavano più puliti. Le sciacquature che si facevano una volta non lasciavano quella polverina che resta nei letti e nei materassi, del risciacquo della lavatrice con i detersivi.

Quando poi avevi da lavare le stoviglie, come tiravi giù la pentola del brodo mettevi su una pentola dell’acqua, o usavi l’acqua calda della vasca della stufa., vuotavi la tua acqua nella bacinella, ci mettevi una brancata sempre di cenere o di farina gialla, vi lavavi le tue pentole, i tuoi tondi, e venivano pulitissimi. Era salute anche quella.

Per lavarsi non c’erano né shampoo, né dopo shampoo, né balsamo, ti lavavi con acqua e cenere e basta. Macchè sapone, acqua e aceto per il risciacquo dei capelli. E venivano lucidi e lisci come seta.

Il bagno lo si faceva d’inverno alla fine della settimana nella stalla, ah, le vacche con il loro bel fiato caldo, c’era un tiepido, un tiepido…vi portavi una soieuola piena d’acqua, i tuoi panni puliti a cavallo di una panca, poi puzzavano di stalla, ma te li mettevi che erano belli puliti

Facevi il tuo bagno nella tua soioeula, con la tua acqua, ti mettevi addosso i tuoi panni, ti intortigliavi bene, e via di gran corsa verso casa, dove d’inverno ti mettevi nel tuo letto scaldato con il prete e con le braci.

15 dicembre 2016

 

In quella santa notte dell’Oriente

 

 

Una volta, di Natale

Ripropongo questo stralcio delle memorie che ho raccolto di mia madre

" A onzar al sproc",

 

"La stalla era una manna durante l'inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,,per la condensa, che dentro c'era caldo, e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, anche se era veramente freddo!

Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa...A volte venivano anche in due a contare le storie, venivano anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano si facevano vedere anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.

Poi sempre d'inverno, dieci, dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo significava che dovevi ungergli quel legno con qualcosa, che tu dessi a loro del maiale, delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".

Era tutta gente di piazza, tutta povera gente, dei cameranti, che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e così arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"

Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente"

24 dicembre 2016

Il dono tanto agognato

 

Come tra Voi l'amico Simone Lanzi mi ha augurato, posso sperare che il dono tanto agognato sia arrivato. Presso il Consolato indiano mi si è assicurato che trascorsi due mesi da che il visto di impiego mi è stato negato, dal 5 gennaio mi sarà possibile inoltrare la richiesta di quello turistico, e a fine gennaio, o nelle prime settimane di febbraio, potrò prendere il volo per l India e riunirmi con le persone che vi amo. Il caos ancora in corso della demonetizzazione che mi renderebbe quantomai difficoltoso assicurarmi ed assicurare il contante in rupie non mi fa certo scalpitare di impazienza perché tutto si risolva al più presto, e Kailash mi attende con animo rasserenato e tranquillo, anche in virtù della forza d'animo con cui ho saputo fronteggiare il mio sconforto angosciato senza trasmetterglielo quando gli telefonavo. Che il Natale che torno a rivivere con mia madre e tra i miei in Italia possa sedare la mia apprensione persistente, senza che debba urtare nella loro incomprensione , o indiscrezione, di quanto mi costa ciò che qui a tremare al freddo non è più solo una scelta di vita. " Giacchè Ti fece amor/ povero ancora"

24 dicembre 2016

Ed ora, amico mio

( versione ultimamente riveduta e corretta )

Ed ora, amico mio,

Che qui invecchio solitario e nel freddo

Tra cumuli intorno di parole nei libri

Senza che a farmi compagnia sia più la certezza

Di ricongiungerci ancora,

Di nuovo insieme dove come cala la sera su ricordi ed attese

Il gelo del tuo attaccamento ingeneri

La tua gelosa follia

Il residuo calore che avventura ancora i miei anni,

Oltre l’attendere qui solo la la morte nel passare dei giorni,

Ora in me è l’amore che di te crepita, mio caro,

Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo,

Per quanto tu in me confidi benché di me

Tutto tu sappia,

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto

Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,

Che disperando di ritrovarci

La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il morire

Nel sogno di te.

Novembre-Dicembre 2016

A Capodanno ( Capodanno indiano)

L’ultimo dell’anno ho rivisto ancora una volta in videochiamata Chandu, Poorti, Ajay, Kailash , meravigliosamente belli nei lineamenti ravvivati dal freddo. Chandu era di una allegria che sopravanzava straripante le poche cose che aveva da dirmi, Poorti irradiava ancora più gioia nel riscoprirmi così affettuoso e tenero nei suoi riguardi di bambina in boccio. Con Ajay mi sono intrattenuto prima che gli altri arrivassero e dopo che se ne sono andati, cercando di prospettargli un futuro prossimo, nella prosecuzione degli studi presso la sua scuola fino al dodicesimo anno, per poi seguitarli all’Università di Chhatarpur, in concomitanza con la sua apertura a tutti gli effetti. Con Kailash ho ripreso i soliti discorsi , sull’animazione a Capodanno di Khajuraho, che la faceva affollata di turisti, soprattutto indiani, come nelle ricorrenze dell’Amausia o della stessa Shivaratri, macchine parcheggiate ovunque lungo le vie dei templi, e per egli, senza l' incombenza per le vacanze di portare a scuola Chandu e Poorti e di ricondurli a casa, affidando il negozietto ad Ajay , si prospettava l'opportunità di raggranellare centinaia di rupie con qualche giro turistico in cui recasse ai templi minori o alla stazione ferroviaria visitatori indiani del più diverso tenore, i due signori di Jaipur che avevano finanche richiesto le sue generalità, perché fosse il conducente anche di certi loro amici quando fossero sopraggiunti in Khajuraho, una coppia, marito e moglie, di Bhopal, tutt’altro che in vena di elargizioni, tre signore di Kolkata che benché fossero arrivate da Delhi solo di pomeriggio con il treno che avrebbe dovuto pervenire di primo mattino, si attardavano per strada per reperire un autorickshaw il cui noleggio fosse più economico di quelli i cui conducenti si erano offerti l' uno di seguito all’altro di accompagnarle.

Il freddo tagliente induceva Kailash a rientrare a casa al più presto dall' internet center, per non pregiudicare la salute di un Chandu ancora convalescente, che mi aveva preannunciato come si fosse scurito di pelle per un’infezione contratta e per essere stato sottratto per giorni al freddo dell’acqua e di lavarsi in cortile, ma prima di riportare a casa Poorti e Chandu non avrebbe mancato di recarsi nella vicina pasticceria in cui abitualmente ordinavo le torte per i compleanni e le ricorrenze speciali, per acquistarne una al cioccolato che allietasse il Capodanno dei bimbi.

Cessato il clamore della loro apparizione in videochiamata, il loro squarcio di vita, benché l'ora fosse già tarda ho fatto il numero di telefono di Mohammad, più per una prassi di rito, che perché immaginassi o sperassi che potesse rispondermi, ed invece il ragazzo l ho ritrovato al telefono. L’affetto dirompente che ci unisce ci faceva presenti l uno all’altro più che se ci vedessimo in linea , e i nostri discorsi fluivano l uno dall altro come se si intrecciassero con i nostri sguardi. Mohammad mi ribadiva che Muskan oramai da due mesi l’aveva lasciata, senza che alcuna sofferenza fosse tacitata dalle sue parole. La sua situazione familiare me la prefigurava secondo gli intenti che proiettava nel padre, preannunciandomi che sarebbero rimasti a Khajuraho fino ad aprile, e che al mio ritorno avrei potuto trovarlo li fino ad allora, quando finirà per lui con gli esami di stato il decimo anno scolastico, poi la casa sarebbe stata affittata e lui e la mamma e la sorella avrebbero preso la via di Kanpur, per andare a stare nella casa grande della nonna, mentre il padre sarebbe andato in cerca di lavoro nel Gujarat , da quelle parti. Ma tutto sarebbe stato messo in discussione , se il padre avesse trovato un lavoro remunerativo in Khajuraho.

“ La vita è davvero difficile Mohammad”

“Si deve sopravvivere” mi sospirava il ragazzo.

Ma il peso più  immane che gravava sul loro futuro familiare, più ancora che l'onere della

sussistenza,  era il matrimonio futuro della sorella, in là nel tempo di ancora un quinquennio, ai cui costi di almeno 250.000 rupie il padre non sapeva da solo come far fronte, disponendo di un  guadagno giornaliero al più di 200 rupie come venditore di the,  con il quale  non  riusciva a provvedere che a stento alle necessità familiari di ogni giorno .

“ Devo dirti quello che davvero penso, Mohammad? La cosa più terribile è che nei matrimoni indiani diventino un tale problema la dote e le nozze, i loro costi, il dar da mangiare a degli invitati, mentre non ci si dà pensiero che una figlia possa essere felice con il suo sposo," “ Ma se non le dai una dote , e la sposi povera, il marito poi la maltratta, la picchia, non la vuole più, la rimanda indietro dalla sua famiglia…

 

Le mie solite raccomandazioni vane che con la fine delle vacanze di Natale riprendesse la scuola, si sovrapponevano al seguito possibile di tale discorso, e come al solito sortivano solo l'effetto di provocare la fine del suo collegamento, con la giustificazione consueta che le batterie del suo cellulare si stavano scaricando

“ E’ geloso di te e di me…non vuole lasciarci parlare ancora”, i termini scherzosi del suo commiato.

 

3 gennaio 2017

 

 

 

 

 

 

 

 

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