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venerdì 27 agosto 2010

tra me e Fabio, l'ultima corrispondenza prima della partenza

Caro Fabio,

sono Odorico. Eccoti quanto mi ha detto il mio amico sulle questioni che mi hai posto, con il suo caro linguaggio di inventiva concretezza evocativa.. In India il bufalo maschio è impiegato per fecondare e come animale da traino, particolarmente per il trasporto di carichi pesanti, per i quali si fa generalmente preferire all'ox, il bue gibbuto indiano, -o zebu-, essendo più vigoroso. Si presta particolarmente per i lavori nelle risaie, data la sua predilezione per gli ambienti umidi, di cui necessita e dove ama stare in ammollo. Non è commestibile per la popolazione hindu, neanche quando muore di morte naturale, a differenza di quanto ti ho vagamente riferito. Viene allora abbandonato nella boscaglia della giungla vicino al villaggio, dove se ne nutrono gli animali. Alla sua morte i suoi resti vengono utilizzati solo dai dalit, i fuori casta intoccabili che ne conciano le pelli, ad esempio per ricavarne la membrana tesa dei tamburi, oppure se ne polverizzano le ossa per fertilizzare i campi.

I bufali vengono macellati solo nelle grandi città, e le loro carni vengono mangiate dagli indiani islamici, ai quali sovente sono spacciate come carni di montone, Ma non in tutti gli Stati sono commercializzate. Al mio amico non è mai capitato di ritrovarle in vendita nelle macellerie del suo Stato, il Madhya Pradesh.
quanto ai maiali, se ne nutre scarsamente solo la popolazione non islamica, con il distinguo che gli hindu si cibano solo dei maiali che vivono nella giungla e che non si nutrono dei loro escrementi, come quelli allevati o in circolazione presso gli abitati, di cui si nutrono i soli dalit.

Quanto al sistema pensionistico indiano, Kailash mi ha detto che eroga pensioni - “ very good, good,good pensions”, a suo dire-, solo ai lavoratori pubblici e dei grandi gruppi, con limitazioni crescenti per chi ne può usufruire.

Recentemente l'età pensionistica del pubblico impiego è stata elevata da sessanta a sessantacinque anni. Nello stato del mio amico, per i giovani insegnanti ultimamente assunti nelle scuole primarie, è previsto uno stipendio di 3.000 rupie mensili - l' equivalente di una sessantina di euro-, senza più contributi pensionistici.

Caro Fabio, riflettendoci ulteriormente, nei giorni scorsi, mi è parso che il passo del Vangelo che ricorre nella odierna messa domenicale e che ti avevo citato l ultimo giorno che a scuola ci siamo visti, quando hai prontamente avvertito l' attaccamento che pregiudica la mia salvezza spirituale, dove il Cristo afferma che “Chi vuol salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”, abbia felicemente risolto il mio sforzo di tradurti dal vivo il senso della religiosità indiana, e che esprima quanto di più profondo immedesima la spiritualità del Cristianesimo e delle fedi indiane, di induismo e buddismo

In partenza per l India ti rendo nuovamente grazie di essermi solidale in uno sforzo umano che per le limitazioni a cui mi obbliga- giacchè in India suppongo di dover vivere come un rifugiato in casa del mio amico, e che potrò impiegare le mie risorse solo per essergli di aiuto- sempre più mi appare sostenibile solo per fede e per amore .

Potrai seguirmi, spero, sul mio blog .

Felici vacanze a te ed ai tuoi cari

Odorico

Fa buon viaggio, allora, nella fede e nell'amore.
Grazie per la premura
nel rispondermi. Ti seguirò sul blog.

Ciao,
Fabio





india 11 luglio, in Khajuraho

Kajuraho, 11 luglio 2010
Nel trascorrere delle prime settimane in Khajuraho, anche in me è sopravvenuto ciò che è già intervenuto nella famiglia di Kailash, la riapparizione di Sumit in Chandu, la sua ricrescita stupefacente nella sempre più incantevole somiglianza che( sempre più) il fratellino minore manifesta con le sue dileguate sembianze, nell'aspetto fisico come nei modi di essere e di fare. Chandu ride e gioca identicamente, identicamente mi si è aperto e mi da sberle sul volto, come Sumit mi si è aggrappato al seno quando si è ritrovato tra chi invece lo spaventava.
Per quanto possa contristarmi che ciò stia succedendo,come quando ricercavo nel parco di Panna il luogo dell' ultimo pic nic che ci aveva ritrovati insieme l'estate scorsa, che l unicità di Sumit e la sua perdita siano state così riassorbite irresistibilmente, che la sua ritrovata presenza sia l'annientamento che ne è avvenuto in Chandu, se non ne è avvenuta la prodigiosa rinascita nel fratellino che gli era sopraggiunto, non posso che contribuirvi io stesso ogni giorno, sempre di più, con il prendermi cura del nostro ultimo nato ogni volta, che per sedarne l' insorgenza del pianto, me lo accosto al voltoncome il Dio di Osea portava alle sue guance Israele fanciullo (lezionario della Messa di giovedì scorso, Osea 11,1-4, 8c-9). Forse Ashesh, lo straordinario figlio della sorella di Kailash che senza nulla chiedere, od esigere, accudisce Chandu alleviando le fatiche di Vimala, l'altro giorno ha espresso la natura stupefacente della dispersione e del ritrovamento che è avvenuta nei nostri animi, quando indifferentemente ha chiamato il bambino prima con il nome di Sumit, e poi di Chandu.
Frattanto, le notizie che mi ha recato Kallu sull'andamento deludente della vendita del raccolto di lenticchie, il suo vano prodigarsi con tutta la famiglia, nel miraggio di un lucro, per imbandire le più squisite pietanze di cui sia capace agli ospiti recenti sud coreani, e farli addentrare il giorno seguente nella case e nel mondo in cui nato e in cui vive, fino a radunare e far suonare insieme, per loro che si sono sfrenati nel ballo, una banda di amici nel suo villaggio natio,(fino a far si che una banda di amici che al suo invito si è prontamente riunita nel suo villaggio natio, suonasse per loro che si sono sfrenati nel ballo,) pur essendo consapevole che non avrebbe racimolato che una miseria di rupie, hanno ribadito la vanità di ogni suo darsi da fare, di ogni nostro sforzo ed intento volto a un guadagno. ,
E la cattiva riuscita del più facile viaggio che abbiamo mai concertato, l'escursione in Gwalior con Purti ed Ajay, dal cui pernottarvi la mia sacra famiglia, nel suo nucleo ridotto, è stata esclusa perchè vi erano alloggiati più aspiranti ad un posto in banca di quanti siano coloro cui la città può offrire un posto letto, è stato il presagio di una sorte che nessun Dio sembra più benedire, nonostante la nostra preghiera e le nostre puje di ogni giorno.
E solo la luce della gratitudine con cui Kailash si attiene a ciò che gli propongo per migliorare lo stato e l' ordine della casa, per rendervi più sicura la vita dei bimbi dalle insidie che vi annidano, quali le griglie senza reticolati delle pale dei coleer in cui avrebbero potuto finire maciullate le mani di Chandu, la grazia illuminante che s'accende negli occhi di Ajay quando i metodi di insegnamento ne schiudono la mente dislessica alla comprensione dell inglese, o nelle gentilezze cui Purti finalmente si rivela sensibile nei miei riguardi , mi risollevano dallo scoramento in cui cado di fronte al disordine che ritrovo ogni giorno nella nostra casa comune, e in cui tutto sembra che sia finito o che finisca distrutto e disperso, allo sconforto che insorge fin dal loro risveglio in cui li rivedo stesi a dormire aggrovigliati dappertutto, o che mi attanaglia quando sento di cogliere l'immensità del guasto che presumo di aver recato con il mio aiuto a Kailash ed alla sua famiglia, snervandoli della forza di privazione della loro povertà di cui Ashesh, che per tutti noi si sacrifica senza nulla chiedere e pretendere, forte dello spirito di rinuncia di cui sono divenuti incapaci Kailash e i suoi cari, nella loro assuefazione a dipendere così tanto da me,è tra noi la pietra di paragone e di scandalo.

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hyderabad , venerdì 23 luglio

Hyderabad, Venerdi 26 luglio


Che tristezza, ora al mio risveglio nella stanza d'albergo di Hyderabad, ritrovarmi nella terra dei moghul bianchi con la sola copia accanto del libro omonimo di Dalrymple, in luogo della presenza fisica di Kailash, ritrovarmici di nuovo in India senza di lui.
Dopo che si era tramutato in tempesta il vento che credevo che fosse il solo frutto del concepimento del mio aiuto per lui ( Isaia, 16-19), al farsi ombra nella mia mente della luce delle terre dell' India, e che io ero divenuto nella sua casa il leone ruggente che vi stazionava cercando di divorarlo ( 1, Pietro, 5,8), se egli insisteva a trattenermici ancora, impedendomi di avventurarmi nel viaggio, il fatto che non mi rispondesse più al telefono, si è aggravato nell'indizio che l'avessi perduto per sempre, e che l'India fosse divenuto un luogo dove non avesse più senso restare e tornare, smarritovi per mia imperdonabile colpa il suo tesoro a me caro.
Tale era stata la mia profanazione del tempio dei nostri affetti familiari, della memoria vivente di Sumit, che presagivo che Kailash oramai preferisse tornare alla miserabile vita del suo villaggio, che permanere con il mio aiuto intollerabile in quella più confortevole casa.
In attesa dell'autobus per il Charminar, che gioia esultante, poi, quando ho sentito pulsare il cellulare, e alla mia felicità che si appigliava alla sua voce, come se al riudirla avessi ritrovato la ragione della mia intera esistenza, lui si è rivolto di slancio dicendosi felice di sentirmi così tanto felice, che la sua mente potesse ritrovare la sua quiete se l'aveva ritrovata la mia. Nessuna separazione poteva più renderci infelici, nel permanere in India lui a Khajuraho, io in Hyderabad, durante i pochi giorni all'anno in cui ci sarebbe stato possibile altrimenti stare insieme.
In Khajuraho, mi riferiva Kailash, durante la notte due dimore era state visitate dai ladri, che vi erano penetrati nel cortile dal terrazzo, dei cior che la polizia ora schiaffeggiava, e questa vicenda rendeva necessario che assumesse delle misure cautelari, prima che per raggiungermi in Hyderabad potesse lasciare Khajuraho, dove la sua casa non poteva restare affidata custodita solo da donne, al rientro ritardato di Vimala con Chandu, che sembra stia ora bene. Assumeva così una giustificazione postuma il fatto che non avessi prorogato la mia partenza per l Andra Pradesh, per consentirgli di accompagnarmici, tali e tanti sono i vincoli e gli imperdimenti insorti nel trattenerlo.
I contatti telefonici tra me e Kailash, assordati dal traffico anche sull'autobus che mi conduceva al Charminar, sono stati la clausola felicemente risoltasi della mia felicità in Hyderabad,ar, tra i vicoli del bazar che vi è sorto intorno, dove in una cabina di uno speziale islamico ho potuto chiarirmi meglio, lungo la via che ho intrapreso a piedi verso il forte di Golconda.
Tinteggiati di chiaro nella calcinatura, laboratori artigianali vi si succedevano a officine meccaniche, negozi e scuole e ambulatori pediatrici, tra le rovine di moschee e di tombe di santi sciiti, sin oltre il ponte sul Musi.
Le acque, che erano state fonte della vita rigogliosa della Hyderabad dei nizam, vi stagnavano nauseolente tra lavatoi e immondezzai rovistati dai porci.
Estenuato interrompevo a un certo punto il percorso a piedi, per concluderlo in autorisciò ai piedi del forte. La vista che vi godevo dal barahadar, era meravigliosa dal lato che volgeva ai serpenteggiamenti tra i declivi incolti della cinta muraria dei bastioni sottostanti, prima che ne emergessero dal passato le cupole delle tombe dei Qutub Shah, le cupole proiettate al futuro di una fantasmatica Cyberabad.
Era sorprendente come tuttora, quanto nelle memorie di Philip Meadows, raccolte da Dalrymple, di com'era Hyderabad al tempo dei nizam, la città giacesse ancora alla vista in una coltre di verde, pur se è divenuta nel frattempo una megalopoli di milioni di abitanti, ne emergevano solo alcune aggloimerazioni “ di tutte quelle strade cosi affollate di gente e stipate di abitazioni”, le arterie pulsanti di un traffico immenso di veicoli ed uomini che la sera rendeva sfolgorante delle luminarie e insegne di negozi e grandi magazzini e supermarket, , in cui mi sarei ritrovato immerso in autobus, a piedi, al mio rientro fortunato nel Troop bazar.

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le vere ragioni, Hyderabad 25 luglio

25 luglio, domenica
“ Io non vengo, perchè non posso perdere un'altra persona della mia famiglia”, il nostro Chandu, dopo Sumit, per l'inaffidabilità delle mani in cui l'avrebbe lasciato in caso di pericolo.
Finalmente, senza più infingere a se stesso di potermi raggiungere a giorni, Kailash è giunto a dirmi la verità delle cose, la perdita del cui senso, con la mia perdita del lutto per Sumit, è stata tutt'uno con la mia perdizione mentale nella sua casa. E nessun miglioramento dello stato di salute di Chandu, avrebbe potuto o potrebbe consentirgli di partire con me o di raggiungermi qui in Hyderabad.
Talmente tutto appare più precario, e a rischio, della sorte dei nostri bambini, di Chandu ancora più piccolo ed esposto, dopo la morte di Sumit,
Finalmente era consapevole delle ragioni per le quali non era differibile la mia partenza, e che con la perdita compulsiva di ogni riguardo per la sua persona e per l'accaduto che sapevo all'origine di tutto, gli aveva la mia brutalità coatta. Le ragioni economiche non c'entravano, con limpedimento reale a che possiamo viaggiare ancora insieme.
IO ero appena reduce dalla più meticolosa visita, sotto la pioggia, delle ammirevoli tombe dei Qutab Shah, e nella sua casa c'erano dei turisti francesi che s'apprestavano a mangiare pietanze italiane, della cui scarsa disponibilità di mezzi egli non voleva approfittare, per i quali da Hyderabad non potevo fare gran che.
La luce era appena mancata nella stanza dell'hotel, e solo i generatori ne consentivano la residua illuminazione. Ora compenetrato della desolazione e della precarietà ch'è nella realtà delle cose, mi accingo a lasciare Hyderabad per i templi brahmanici di Alampur, incrementando e protraendo la mia lontananza indiana da Kailash, al contempo affrettando i tempi del compimento del mio itinerario, che seguiterà poi in Palampet, Warangal,- le località monumentali dei Kakatya,- in Amaravati, in Nagarjunaconda, i siti buddisti di capitale rilevanza dell'Andra Pradesh, per non separarmi più da lui in Khajuraho, nella visita solo insieme a lui della sola meta restante della Luchnow dei nawab, fino alla mia partenza sconfortante per l' Italia.

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nei templi hindu

Mercoledì 28 luglio
Nel raggiungere il tempio di Ramappa dal punto in cui mi aveva lasciato il microbus che proveniva da Mulug, dove appariva sullo sfondo di tenui rilievi, in uno scenario incantevole di risaie e di palme- l'Orissa non è certo distante-, più che alle sue preziosità scultoree ed architettoniche mi predisponevo al senso del divino che il tempio Kakkatya potesse rivelarmi, in unità shivaita di spirito con i templi di Alampur, che ho lasciato il giorno avanti, oramai a oltre quattrocento chilometri di distanza.
…........................
I templi di Alampur li ho visitati una prima volta la domenica scorsa, nell'oscurità della sera che incombeva dopo il temporale monsonico che si era scatenato quando mi ritrovavo già in prossimità del villaggio. sull'autorisciò che vi conduceva dall incrocio in cui mi aveva lasciato l'autobus diretto a Kornul. Più che sulla spiritualità degli interni, rievocativi dei templi primevi di Ahihole, in ragione della inclusione della cella dentro la spaziosità schermata della sala del mandapa, che l'involveva come un sacello nel deambulatorio della pradakshina, mi ero soffermato sulle ornamentazioni fluttuanti e i rilievi dei pilastri, , sulle saptàmatrikas, i ganeshas e la mahishasuramardini del più semplice dei templi brahmanici, il Kumara, sui dikpalas e le figure femminili in intimità con le proli del Vishva Brahma.
Sotto la pioggia ch'era di nuovo ripresa, mi sono avviato ai templi di Brahma retrostanti- in realtà shivaiti anch'essi-, il Bala, il Garuda, lo Svarga., soffermandomi nel primo ancora aperto al culto per un'offerta rituale. Vi ero incantato dalla profusione di ori e colori, dalla salmodia dell'invocazione reiterata del nome del dio, dallo spettacolo nella sera corrusca dei sikkara che curvavano nel cielo le loro dorsali pietrose, desunta dai templi nagara del nord, sullo sfondo delle bianche torri gremite di statue variopinte dei gopura di un tempio dravidico.
Se volevo procedere oltre, dovevo levarmi le calzature e procedere a piedi nudi nei camminamenti del recinto dei templi, dove il percorso obbligato tra i templi antichi e quelli più recenti era stato mutato dal monsone in un fangoso decorrere d'acque.
Mi ci avventuravo in prossimità del Garuda Brahma, dello Svarga Brahma che appariva intralicciato tra i ponteggi e le impalcature del restauro, e già mi cimentavo , sotto la pioggia a dirotto, a fotografarne i dvarapalas, che sopraggiungevano tra l'erba maiali allo stato brado, che s'inoltravano nell'acqua che rifkluiva ai miei piedi, seguitati da branchi di capre. Il mio spirito ammirativo non defletteva tra i maiali che mi stavano intorno, più forte che l'angoscia della contaminazione in cui erano immersi i miei piedi, esaltato e tremante che la mia vitalità presente si fosse fatta tutt'una, nell'avventarmi nel rischio, con la realtà dell India nella sua paurosa natura animale, che sopraggiungeva ad adocchiarmi dal portico del tempio percolante di pioggia,nel branco di scimmie ch'era sopraggiunto...
Giungevo invece nella solarità di Palampet alle soglie recintate del tempio kakatya, ma di nuovo l'accesso al dio, intenebrato nell oscurità più profonda, era il ritrarsi dalla luce viva del giorno, per addentrarsi nella penombra crescente di portali e mandapa, fino al cospetto del linga o dell'icona sacra, differito dal vestibolo più ancora in ombra. Nella numinosità degli interni shivaiti, l'immancabile Nandi era l'eterno devoto in adorazione fedele, di fronte a Che si stagliava oltre gli stipiti della cella che lo prospettavano, emergendo invincibile, dal buio alla luce, come l'eterna origine prima, l' ingerminante unità di ogni vivente, nel suo fulgere vibrante anche nel grembo più notturno," shining more in the darkness, shining in the deepest darkness above all," come avrei tentato di dire, l'indomani, a quel banchiere locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda
emergendo invincibile dal buio alla luce come l'eterna origine prima , ingerminante unità di ogni vivente, nel suo fulgere vibrante, anche nel grembo più notturno, shining more in the darkness, shining in the deepest darkness above all, come l indomani avrei tentato di dire a quel banchiere locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda

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lunedì 30 agosto 2010

la videochiamata


" I will die, io voglio morire , se accade ancora per un altro mio bambino, per Chandu"
Che Kailash mi chiamasse vedendomi al computer,a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, nel clamore e tra le risa dei conoscenti, anzichè inibirne le parole, ieri gli dava modo di dirmi ciò che mai in mia presenza ero giunto a esprimermi del sentire del suo cuore, ciò che ( quanto) sapevo ch'egli pensava e provava, ma la cui espressione diretta mi sconvolgeva ora in ogni mia fibra in ascolto.
" Anche Sumit, prima di ciò che è successo, aveva la tosse di(come) Chandu, in questi giorni", per questo, temendo ugualmente la morte di Chandu, sentendo di non potergli sopravvivere se Chandu avesse fatto la stessa fine di Sumit, in questi giorni Kailash è corso disperato dall'uno all' altro medico, in Bamita, dallo specialista di Chhattarpur, ed era disposto anche al ricovero del bambino in ospedale, come la tosse di Chandu si è fatta insistente, al punto da risvegliare e fare piangere il piccolo, di continuo, nel corso della notte.
Ed io sapendo ogni cosa, gli ho detto che facesse di tutto, ch'ero disponibile a recargli ogni aiuto possibile e che si rendesse necessario, benchè non temessi che la malattia di Chandu fosse grave, pur avendo ben presente come anche a Sumit i medici avessero diagnosticato che si trattava soltanto di un lieve malore stagionale.
(E' come se Sumit e Chandu fossero lo stesso bambino, nella sua versione morta e in quella che ci è stato concessa una seconda volta, sicchè perdere anche Chandu sarebbe l'ulteriore tragica perdita dello stesso Sumit, l' annientamento definitivodi un irripetibile miracolo nella catastrofe, per una nostra irredimibile colpa o insufficienza.)
Ma così, in capo a neanche dieci giorni da che ho lasciato l' India, si era esaurita ogni riserva utile di quanto a Kailash avevo lasciato, rispetto all incombere delle spese per la scuola, per l'affitto di casa e negozio, e l'angoscia del cuore del mio amico, così riverberatasi nel mio, prefigura che la salute dei suoi bambini divenga un'emergenza continua, cui si dovrà sopperire ad ogni sentore di allarme con i rimedi estremi, l'abisso della tragedia che incombe sul nostro destino, giorno dopo giorno, che il mio sconforto evoca ogni volta che penso che Kailash ha ancora solo trentatre anni, così segnati( pregiudicati) dalla sventura per tutto il tempo a venire.
( Nella consapevolezza che non mi dà tregua, che benchè la sua sorte sia così addentro al mio cuore, la mia mente resta votata nei suoi riguardi all'aggressione e all'attacco, a minarne felicità e difese rispetto all' (nell')insostenibile. Kailash, adorato amico mio, termine sacro di una mia compassione infinita, mio intollerabile limite, compimento e negazione della mia libertà ultima, di tutto quanto io voglio e posso ancora fare di me stesso e della vita che ancora mi resta.)

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venerdì 3 settembre 2010

dal mio ritorno

Da quando, con il mio rientro dall India, mi sono distaccato anche dal piccolo Chandu,il mio adorato figlio adottivo, mi sono valso del distanziamento per sdoppiarlo dal fratello Sumit, il lutto per la cui perdita era stato riassorbito a tal punto dal suo rivivere in Chandu, che non lo avvertivo più come un sentimento reale. Mi era intollerabile questa seconda perdita di Sumit, che la realtà della vita avesse tanta forza da vanificarne anche il ricordo, che come un cucciolo domestico potesse a tal punto essere stato sostituito da Chandu nei miei affetti.
La gioia con cui nel Karim restaurant di Delhi gustavo ( celebravo) l'esultanza di esservi di ritorno , di riassaporarvi la cucina moghul tra il clamore degli inservienti giovani e degli uomini che ne godevano le pietanze attavolati e festanti, distolti da ogni affanno dal piacere di mangiarvi insieme cicken mughlai o moutton kebab, era stata di una tale esuberanza vitale da annichilirvi nell'estasi dello stato presente ogni mia forma di dolore possibile, ogni sentimento del mio bambino morto che evocavo invano per sentirlo ancora in me presente.
Recuperarlo, ritrovarlo nel lutto, è stato l'imperativo dei miei giorni seguenti, quando ne ho ripreso le immagini più strazianti e ne ho ottenuto le fotografie che tengo nella camera di letto. Sono la sua foto, scattata da Kailash, mentre ne ne sta a sedere, nel suo stupore attento alla realtà circostante del cortile di casa, sulla lettiera indiana insieme con il fratellino ch'era sopraggiunto, a nemmeno un mese dalla sua morte imminente, sono la foto ravvicinata in cui mi viene incontro radiante di gioia, gli occhi che gli si spalancano per la felicità( più piena ed) esultante di vivere la vita.
Cosi la pena della sofferenza del lutto si è ripresa la mia esistenza( la mia vita), ma io ho ritrovato in me Sumit, nella mia fedeltà affettiva all'inconsolabilità della sua irrimediabile perdita, finchè io permanga in questa valle di lacrime, allo strazio di ogni mancato sviluppo, nel tempo, della sua unicità distrutta nel suo primo sbocciare.

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