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Febbraio 2016-  aprile 2016

 

 

 VENERDÌ 5 FEBBRAIO 2016

Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi



Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi

Poco prima del sinuoso ingresso nell’intrico della vecchia Khajuraho, così simile all'arroccamento tra le sue mura del suo riottoso* induismo, si apre sulla sinistra la stradicciola da intraprendere per iniziare il nostro itinerario, che costeggia l’acquitrino lacustre del Ninora Sagar. Nel suo breve tratto iniziale, un maialucolo nero che s'intrufoli nel vostro percorso lasciando le sue abituali immondizie od il liquame di scolo, delle donne alla pompa dell'acqua con accanto il loro vasellame metallico da rilavarvi, od intente ad intrecciare con la paglia dei cesti, altre che sopraggiungono tra greggi ed armenti nel clangore dei loro campanacci, con in testa un carico di sterpi o recando il loro fascio dell'erba stagionale, delle bambine che spalmino di sterco propiziatorio la soglia di casa, tra lo strombazzare di autoricksaw e di motociclette, di trattori agricoli o vagoni di trasporto, consentono di essere pienamente immersi nell' India anche a chi ci si ritrovava soltanto, mentre ergentesi sull’arginatura del bacino del talab, già si prospetta il primo dei templi della nostra peregrinazione mirabile, il tempio al dio Brahma *, come erroneamente siamo indotti a denominarlo dalle supposizioni locali. indissociabile.
Dall’alto della scalinata, ultimata la visita del tempio con la circumambulazione esterna del chaturmukkha, il bacino lacustre del Ninora talab si offre alla nostra vista sino all’opposta sponda, in cui pascolano e vanno in ammollo bufali e circolano bambini. Di fronte invece all'entrata del tempio, il vecchio villaggio ci concede a sua volta un suo brano significativo che ci anticipa la fatiscenza, sino allo sgretolio estremo, in cui ritroveremo superstiti negli ulteriori villaggi gli edifici di fango, in contrasto con il rosso fulgore dei filari di mattoni cotti in cui resistono all’usura del tempo le murature delle altre costruzioni tradizionali, tra il sovraergersi, sopravanzante, dei fabbricati più recenti, e di piani aggiuntivi, con supporti in cemento e travature metalliche.
Presentano, le case in mattoni, le forme grezze e solide che consentono le intese edilizie tra capomastri e committenti , secondo la logica architettonica, o Vastu vidya, che sovrintende il fabbricare hindu dalla notte dei tempi dei Silpashastra*, gli antichi trattati canonici che tali norme rielaborarono. Sui dossi che si avvallano tra le rovine di alcuni edifici diroccati, se non è la stagione delle piogge ci apparirà l’ altra più alta nota di colore, ocra, del paesaggio rurale, dataci dai pani di sterco stesi al sole a seccare, nel brillio dei filamenti di paglia incorporati. Ci si offra a tutta la loro vista benefica, è il loro consumo energetico, per la cottura dei cibi, il riscaldamento, o la messa in fuga degli insetti molesti, ad opera delle dense fumigazioni che ne emanano aromatiche, che salvaguarda gli alti fusti e il diramarsi degli splendidi alberi che vedremo frondeggiare tra i coltivi:
E già non c'è tregua alle nostre emozioni, Come cessano i caseggiati da cui si risalga in strada, oltre tutta l’ immondizia e la verde pastura dell’ immensa radura successiva, in cui pascono copiosi quanto stenti armenti, e bambini e ragazzi hanno la buona grazia di allestire oltre il rivolo di scolo un campo di cricket, alla vista si dona tutta quanta la grazia del tempio Javari, sullo sfondo d'incanto dei rilievi *Vindhya, mentre sulla sinistra si profila la mole del tempio Vamana.
Tornati dalla sua visita a rivedere il cielo di questo mondo, solo poche centinaia di metri di aperta radura ci separano più oltre dalla cancellata che racchiude il tempio Vamana,** dedicato anch'esso al dio Vishnu, ma nella sua incarnazione, in Vamana Trivikrama.
Lasciati alfine gli antichi templi Chandella, per disaffaticare la mente ci si può addentrare nel recinto calcinato, che tra edicole sparse, sfusi yoni e lingam e devoti Nandi in adorazione di Shiva, ospita un tempietto di Durga* ed uno di Hanuman*, come anticipano le bandiere rosse e gialle all'ingresso, e sulla soglia del tempio di lato della Devi, due leoni in pietra colorata, che minacciosi ringhiano ai bordi del cancello d'entrata. I templi riposano all'ombra eminente di piante sacrali d'alto fusto tra le quali , su un peepal ed un neem, -venerabilissime e venerate piante su cui rinvio il discorso ad una loro comparsa più fenomenale,- grandeggia un banyan, o bargad*, la cui chioma tracima la cinta muraria. E il banyan, a insegna dell India, pianta epifita che fino a farsi gigantesca cresce da un seme ch'è albergato da una pianta ospitante, fino a tal suo grado di detrimento checon le radici che emette, a guisa di tronchi, la strangola fino a farla morire. Cielo ed aria, od acqua piovana, al banyan occorrono ma non bastano, per questo si protende al suolo con i grovigli delle sue radici aree e le loro barbe soffocanti, che consentono di ravvisare i banyan inconfondibilmente
Tra le foglie lustre, ovali, dal picciolo ghiandolare ove se ne diparte la nervatura della lamina fogliare , alle estremità dei rami ne crescono a coppie i fichi rossicci, senza invece alcun loro peduncolo , ospitando ciascuno finanche ottanta vespe inoffensive . Ma tali parassiti non scoraggiano di certo a nutrirsene uccelli e scoiattoli, sicchè l'albero è preannunciato alla vista dai suoi ospiti canori che vi si affoltano, in primis i pappagalli dal piumaggio smeraldino..
(La cenere sparsa sotto il trisul, o tridente di Shiva, la quiete in cui tutto riposa all'interno del complesso, compresi il custode e l'officiante immersi nel sonno, mentre solo qualche refolo di vento può sommuovere le bandiere rosse e gialle, è la serenità del Dio tremendo che soggiace immanifesto, nel tormento mentale che qui cerchi sollievo.)
Il seguito del percorso si addentra in un breve succedersi di casolari, e rustici e stalle, ch'è di conforto alla rianimazione spirituale del tempio Vamana cui gravitano intorno,quasi che senza il loro soccorso e degli alberi che gli frondeggiano appresso, esso già fosse poco più che un caro estinto monumentale, fino a che dal fondo sterrato emerge il profilarsi dell'asfalto che ci reca sollievo. Le sue anse lasciano sulla destra una spianata dai caldi colori, tutto un intrecciarsi di piste tra le radure che ospitano nei giorni di festa giocatori di cricket, con occasionali wicket, per inoltrarsi tra i coltivi e l'addensarsi delle grandiose piante che li recingono, una moltitudine che si infittisce in lontananza, contro lo stagliarsi all'orizzonte delle alture montuose, che appaiono più ancora alla vista quali dei maestosi rilievi nelle loro alture dimesse-
Se invece si prosegue fronteggiando il tempio Vamana, ci si ritrova nella pulverulenza dello slargo di piste, che si dipartono l una dall altra per ricongiungersi insieme, nell’aridità di una vegetazione stenta ch’è di nutrimento solo a volatili saltabeccanti Spuntano massi qua e la disseminati, o singolarmente disposti circolarmente, di rocce di un colore rossastro che emergono da un suolo di una ferruginosità grigio-giallastra. il cui fulgore è avvivato dai pani di sterco che vi sono a seccare al sole tra il luminìo di steli di paglia.
Al crocevia di raccordo dei tracciati alcune piante di nim ed un bargad adombrano bianche edicole templari che reiterano i culti di Durga e di shiva, come dispiegano alla cognizione del passante i vessilli che vi frusciano al vento. Gusci di noci di cocco, i residui delle offerte di passanti.
Poi, risalita la china, si aprono le distese dei campi ai lati della stradina asfaltata cui si accede.
Fili spinati recingono i coltivi e fanno barriera. Rare le piante che si interpongono, per lo più fasci di fusti di bambu, mentre li ingentiliscono gulciatar e besaram, dei fiori, questì ultimi, che crescono ovunque come ovunque attecchirebbero donne di facili costumi,. Che il nome in hindi dei fiori- campanule connota



Tali recinzioni ininterrotte di filo spinato. che ai bordi della strada marcano invalicabilmente le proprietà terriere, precludendoci, come agli animali voraci e ai ladri endemici locali, ogni libero accesso alla fragranza di spighe e di steli, stanno a rammemorarci ad ogni istante che per quanto incantevole, nel nostro percorso non siamo felicemente regrediti o di ritorno ad alcuna età dell'oro, sia essa d' impronta greco- latina o il Krita Yuga favoloso della dottrina hindu dei cicli cosmici, in cui facile sia il sostentamento, e ignoti gli odi e gli inganni, come durante la crescita delle colture può illuderci l'incanto dei prati tra gli alberi di mahua o di neem, o il sopraggiungere nel loro clangore di lenti armenti di pecore o di possenti bufali,


di un carro agricolo trainato da buoi nella sua intelaiatura di legno,



Siamo anche qui, al più, in un'era bucolica segnata dalla storia, e ben di ferro, per quanto ciclico ne sia il decorso annuale, e più che il canto degli uccelli tra i rami, è più facile udire il pigolio dei bimbi che come per strada vi avvistano quali stranieri, vi si accostano senza remore e riguardi e vi chiedono all'istante " money, pen, chocolate", senza tanti "hello sir", o " how are you", che ben saprebbero come dire, ma non si confanno al sentire che hanno di voi.
Provate allora a ribattere che l'elemosina va chiesta rivolgendosi a chiunque sia di passaggio, sia egli indiano o forestiero, accennate all'uomo che segnato dal lavoro dei campi ride alla scena sotto immancabili baffi, " ma quello è mio padre", vi dirà schernendosi il bambinello ridanciano.
E tanto silenzio, che grava intorno, rotto solo da trattori e vagoni agricoli, da trebbiatrici o mietitrebbia che ostruiscono il passaggio, o che nei villaggi e nella loro ruralità arcana ne rende metafisici i casolari, è dato dall'esodo dei campi e dallo spopolamento, per opera dei dalit, soprattutto, che in cerca di fortuna vanno in città che qui dicono Delhi, che proprio con il concorso delle loro tribolazioni sollevano ora il capo tra le altre dell'India, quanto qui sogliono le mahua tra le piante di neem.
Ai dalit ed ai contadini sudra non sono bastate le compensazioni del discrimine di out cast con terreni forzosamente sottratti,
l'accesso alle macchine agricole è di pochi, essendo per lo più di costoso noleggio, e insieme con le leggi di mercato, e gli oligopoli multinazionali, che impongono l'esosità di sementi e concimi, qui c'è chi fa la da padrone senza sorta di repliche, su affittuari e vigilanti, sui lavoranti nei campi, con richieste di canoni, e remunerazioni minimali, che non lasciano margini di sorta oltre la sola sussistenza.
E poi l'acqua decide di tutto, che sia disponibile solo quella piovana, che sia attingibile nei pozzi o pervenga canalizzata, che arrivi a tempo o fuori stagione, con grandinate esiziali.


Ma l'occhio , così disincantato, può rimirare meglio lo splendore dei campi, della loro fertilità assicurata dalla ferrugine della terra , che non ha nulla del grigiore cinereo delle polveri di campi aridi o di cremazione, rossa come il sangue del mestruo delle divinità femminili qui ovunque onorate, specialmente per Dusshera, al termine dei nove giorni della festività della Devi, o per Shivaratri, quando nel tempio Matangesvara si celebra lo sposalizio di Shiva e di Parvati , o nel giorno primaverile o già estivo della nascita del dio Rama, omaggiandole di vasi di germogli di miglio, nelle loro manifestazioni di yogini o di sacre spose del Dio, di cui sono la stessa energia operativa.
Ed oltre i fili spinati, se non è avvenuto appena il raccolto, nei campi l'osservatore può assistere d'inverno al crescere di grano e di senape, di ceci e di piselli , di lenticchie e di sesamo nella stagione monsonica, può incantarsi al fervere del loro verde rigoglio, ingiallito dai fiori, o al compiersi della maturazione nel fulgore delle spighe, in un'aurea alonatura che s'inargenta nei pleniluni estivi.
E se così è giunto il tempo della mietitura, vedrà i campi di grano farsi distese di mannelli per opera della falce, formarsi covoni tra gli steli recisi che inaridiscono a stoppie, sollevarsi la pulverulenza della trebbiatura che separa la granella da paglia e pula. Non immagini alcuna dispersione del tutto nel vento, diventeranno aurei cumuli sospesi nelle aie e nei campi, destinati a ingrediente del sostentamento dei bufali, che se ne nutrirano lenti e placidi, al riparo dal gran sole, sotto i tettucci di canne in cui è a loro ammannito come gusha*.
E per chi voglia farsi partecipe, basta familiarizzare con un sorriso, per potersi attivare al ventilabro di un 'elica, nella separazione del seme di cece o di pisello dalla pula e dallostelo, o nell'infornata nella trebbiatrice dei mannelli di spighe di grano.
Senza che qui sia dato come altrove, nel Madhya Pradesh, per le lenticchie nere, di vederne il raccolto disteso per strada, perché la prima trebbiatura la facciano le ruote dei veicoli di passaggio.
Ma or ecco che mentre si è così intenti a pensare*, un serraglio di casipole rurali che si alzano a capanna sotto i coppi, costituite di rossi filari di mattoni imbiancati sulle soglie, tra cui spicca una parete tinteggiata di un celeste luminescente, ci riconduce ben presto alle nostri peregrinazioni archeologiche, preannunciandoci oltre la curva, sull'altro lato della strada,oltre piante meravigliose di choeula, l'apparire, sullo sfondo dei monti, delle poche e fascinose rovine del tempio Cakramath rinserrato da una cancellata.
Per chi vi sia giunto in direzione opposta, dai villaggi del circondario, è il sepolcro di Bianore che preannuncia la città imminente dell'antica Kharjuravahaka, ed è ora possibile rallentare il passo, deporre il capretto diradando le frasche. ( Virgilio, Ecloga IX).
Stanno su di un culmine roccioso i resti del Kakra Math, a seguito di un’edicola tra i campi al dio Hanuman, le asperità scabrose ergendosi a luogo di culto da che in essi sono impraticabili le coltivazioni





Lungo la via che s' intraprenda a sinistra per Bamnora,, il terreno si fa ancora più ocra, sempre più rossastro, si ammanta in campi di terra coltivata a colza che li ravviva con le sue gialle infiorescenze e a grano di un verde smagliante, se lo consentono le piogge o l irrigazione. Altrimenti i campi deserti si fanno pastura di greggi ed armenti, come già nel tratto precedente, da cui abbiamo svoltato,. suolo di prelievo e di forgiatura di laterizi, sconfinando con brulle e aride distese ammantate di arbusti, oppure in cui emergono massi e macigni e calotte rocciose, o si aprono voragini di scavo di rocce e terre rosse residuali friabili, terra della stessa terra di cui sono ignificati i mattoni dei casolari che compaiono lungo il percorso. Rari quelli imbiancati, più rustici, in cui i mattoni si combinarono con l argilla ed il fango, un aia minuscola fronteggiandoli immancabilmente con l immancabile tulsi del sacrario hindu domestico. Al di fuori di ogni orizzonte di aspettative le poche case cementizie che vi compaiono prima della svolta verso la dirittura che ci porta a fronteggiare i monti D.*, cosiddetti perchè evocano il profilo di una dentatura. ai lati una distesa arida arbustiva a perdita d’ occhio, prima che la giungla si addensi intorno ai declivi in arbusti collinari quali il teak- sagoon, o nell'esplosione primaverile di colori delle piante delle fiamme della foresta , nei loro fiori roseo-arancio-, dette altrimenti l'albero dei pappagalli o in hindi chalcha, mentre le rocce si fanno anche grigio-brunite.
Volgendosi indietro, apparirà il divallammento che si è percorso, di cui i saliscendi del percorso hannio ripercorso le ondulazioni, sino al tratto di foresta che inizia a inerpiacrsi oltre la radura arbustiva. In essa, se si è fortunati, quando l ora volge al tramonto potrànno essere avvistati pavoni che vi dispiegano la ruota, famiglie di antilopi che traversano di corsa il tratto in cui sono allo scoperto.
Ancora un compund di templi in onore di Durga e di Shiva, preceduti da un sacello dedicato al dio Hanuman, in corrispondenza di religiosi sensi tinteggiati di bianco con il tempietto alla Devi che si intravede sommatale in altura, affiancato da un tempio più minuscolo in onore di Narashimah, e si apre nella roccia ora sanguigna , ora albescente , di feldspati, e cloriti di gneiss, luminescenti, il varco alfine per Bamnora, il villaggio gemellare minore di Beni Gangi. Lo ha aperto il corso del Kudar, che appare al fondo degli avvallamenti che concludono il loro moto ondulare contro le alture seguenti.
Mirabili i ghat che vi discendono vertiginosi sotto il fronteggiare di palme, ove i langur locali trovano la loro eletta dimora.
E' Bamnora un villaggio che si assiepa in due direzioni opposte, lungo la via che ne è la dorsale ed ai lati delle viottole che se ne dipartono, assembrando case di cui poche sono quelle superstiti in terra battuta. Mista a paglia e ad erba, vi è stata conglomerata in strati successivi, seconda la tecnica costruttiva del pisé.
Caratterizza varie sue case una veranda antecedente, che poggia su pilastri o finanche colonne gemine secondo tradizione, ricorrendo il loro abbinamento nei pochi resti di edifici del passato in stile Bundela che se ne conservano.
Il villaggio non presenta che uno slargo di raccordo, ove è dato di radunarsi e sedersi, sulla piattaforma del chabutri che ne attornia il fusto, intorno al neem che in ogni villaggio indiano del circondario è la pianta ricorrente nella circostanza.
Pianta medicinale e medicamentosa in ogni sua componente, lo contraddistinguono le pallide foglioline opposite, fino a nove paia lungo lo stesso ramicello, concluse al termine da una loro consorella solitaria. Ma è il neem la farmacia oramai in disuso di ogni villaggio locale, la cui gente non stenta a vantarne proprietà terapeutiche, di ogni sorta, cui non fa più ricorso. come un tempo. Efficace regolatore campestre dell'azoto del suolo, è' in virtù dell' azadirachtin, che ne pervade i semi e che si ritrova nellì olio denominato margosa che se ne ricava, che il neem ha straordinarie virtù biopestidice ed antisettiche, antipiretiche, antistaminiche ed antifungiche, che ne spiegano l'impiego per ogni sorta di malattia epidermica e per la stessa labbra. Nei villaggi i più, oramai, soprattutto fra quanti sono più poveri,ne utilizzano solo i ramoscelli per la pulizia- interstiziale- dei denti ed in luogo del dentifricio.
Si esca sulla sinistra che si sia imboccata dal villaggiio, sul suo versante opposto rispetto a quello in cui si trova la scuola ed un tempio al dio Shiva.ed al centro della radura che ci si aprirà allo sguardo vedremo campire l orizzonte e diramarsi in tutta la sua magnificenza splendida la chioma di una pianta grandiosa di peepal.
Se Buddha ebbe l illuminazione della sua dottrina sotto una pianta di peepal, è sotto un esemplare al pari solo di questo, di questo, di questo, che senz' altro avvenne, non essendone immaginabile uno più magnifico, fu al pari di questa, di questa, di questa, di cui non è immaginabile una più magnifica arborescenza, la consorella che poté propiziarla.
E' l'eccelso Peepal una pianta di fichi sacrale, che con il banyan cui è sovente coniugata naturalmente e religiosamente, non è confondibile per le foglie con una esile lingua terminale, e per l'aderenza al fusto centrale delle sue radici pensili, nelle parvenze di sue scannellature o costolonature nerborute, mentre nel banyan calano aree e filamentose tra le fronde.
Ma laddove immagini e statue votive di divinità, filamenti sacri avvolti intorno al fusto, bandiere e fasce del tronco tinteggiate elevano a dignità di tempio vegetale la generalità degli altri peepal, questo esemplare, grandioso più di ogni altro, in Bamnora ne figura spoglio, proprio mentre due neem accanto possono accampare tale investitura sacra, adombrando un linga e la sua yoni stupefacente, in quanto appare essere una vestigia della spogliazione residua dei templi di Khajuraho, come attesta il sua pattika fregiato di gagarakas.
Poco oltre si si staglia nella sua grazia dimessa un tempio all' Energia divina della Sakti, in stile Bundhela, illegiadrito nella sua cella rettangolare da arcate lobate e dalla sovrastruzione di chattri cupolate intorno alla cupoletta centrale.
Ma bisogna usare circospezione nel deambularvi intorno, perchè si rischia di incorrere con le proprie calzature nefaste nell'area adiacente che è sacra a Babbagiu , una variante di Hanuman, che vi è venerata in conformità all impilatura di pietre di un altare quantomai celato alla vista profana dalla vegetazione ruderale.
Di ritorno al Cakra Math, oltre una cava dismessa, in cui ristà una pozza dove i bufali amano rinfrescarsi, che precede altre più ridotte e recenti che danno luogo a fabbriche locali di mattoni d'argilla, inizia il tratto più lungo del percorso che ci reca a Beni Gangi, quale meta imminente, costeggiato da idilliaci casolari ameni, i cui filari infuocati di pietre sono terra della stessa terra fulgida intorno. Essi appaiono talmente ribassati nel distendersi a schiera in una successione di soglie, da essere soverchiati dai tettucci reclini di tegole e coppi , quando sia pure di poco non si rialzano a capanna.
Accanto alle dimore si staccano i porticati raccorciati del fienilucolo e della stalletta, mentre gli accessi, tramite bancali ornati di motivi a croce, si dilatano o digradano nell'aia di raccolta degli arnesi e attrezzi e di bufali e capre, intenti a pascere all'ombra delle piante che la contornano D'inverno, al calare delle ombre dei monti, vi si vedono i fumi dei fuochi aleggiarvi sospesi nell'aria che imbruna. Via via che Beni Ganj si fa più vicino, tra fichi d'india e palme, compaiono coltivi di menta, di canna da zucchero, ed agli alberi di mahua e di nem si aggiungono l' himli, manghi, frondosi pipal. Intanto la strada s'inflette e risale lungo l'alveo del Kudhar, il cui lento decorso ristagna in uno specchio che pare immoto, si impigrisce sinuoso tra i massi del fondo senza che ne trapelino increspature.
Risalito il dosso, è già prossimo Beni Ganj, che si apre alla vista come un'apparizione, nelle sue vivide case multicolori, accese di bianco e d'azzurro, disposte su più livelli e volte in più versi, tra il digradarvi dei rilievi nel cui varco s'incunea l'abitato Meraviglioso è il contrasto tra i rossi filari dei fianchi delle case , talmente lineari da non consentirsi che qualche profilatura od una balza sporgente, ed il bianco od il celeste luminosi di cui sono tinte le facciate, a ridosso delle quali s'infoltano e diramano violacee bougaivilles, un contrasto che si fa ancora più intenso mentre si risale la via d'accesso al centro dell'abitato. Su di essa si affacciano i portici delle case a pilastri binati, e i muri si alzano arcani sempre più a vista , finché il suo percorso, addentrandoci ove la breccia si sospinge fino all'altro pendio dei rilievi, (non) ci reca allo slargo terminale, ombreggiato da consueto neem, in cui convergono incantevolmente ben cinque tra vie e viottole del nostro villaggio
A conclusione della via sta l'unica casa in argilla, finora intravedibile in Beni Gangi, morbidamente plasmata sotto le sue bianche calcinature, mentre se ci si volge a destra , ci si prospetta una via curva in cui i portici delle case si inarcano a loro volta, lasciandosi sovrastare dalle sporgenze suggestive di davanzali e terrazzi, secondo modulazioni che non potrebbero essere più difformi alle rientranze d'obbligo di atri e balconi in Chandigarh, secondo Le Corbusier, così come Le Corbusier in Chandigarh non avrebbe potuto di meno essere indiano
Sulla sinistra, due stradicciole confluiscono verso il villaggio adiacente di Bamnora, ch'è preceduto dal traversamento di un ponte sul lutulento Kudhar, sulla destra la incantevole via principale , cui pervengono le confluenze di vari percorsi, e suggestivi slarghi, tra case dai portici bassi ribassati anch'essi ad arco, si diparte verso i campi che digradano a valle, ed ha il suo seguito, oltre i campi da gioco e di feste del villaggio, i suoi mela ground, in una strada sterrata che separa i coltivi successivi dai rilievi incipienti, e dai loro boschivi, situati nell'opposta direzione. Lungo il corso della via principale è ancora possibile vedere i ruderi o i ripostigli cui sono ora ridotte le più antiche dimore di terra cruda di Beni Gangi. Le loro murature furono costruite in pisè, con il getto di argilla, ghiaia, paglia e letame quale legante dentro delle casseforme , come è ravvisabile dai filari di blocchi che si profilano lungo le loro pareti, quale tratto residuo del disarmo dellestesse casseforme. L'affianca, più in alto, la via cui dobbiamo risalire per una traversa, se vogliamo pervenire per il suo tramite al tempio di Durga.
Sorge, come quello presso il Ninora talab, all'ombra di un bargad, entro un recinto, che la accomuna a un tempietto al dio Hanuman e ad un altro shivaita, anticipato da un cippo in cui il toro Nandi ne onora il linga .
Ma è in posizione più rialzata, al termine di una breve scalinata, ed a fianco di un pendio da cui i rilievi iniziano a sopraelevarsi sul varco tra i monti Il biancore calcinato dei rifacimenti dei muri ne attutisce l'antichità originaria nel nucleo interno, ch'è remoto quale quello dei templi di Choukha, o di Achatt, nel distretto di Chattarpur, e quanto lo sono le sue proporzioni eleganti e la sua semplicità formale, costituita della sola cella senza altra copertura che una cupoletta su di un tetto piatto, mentre ne disvela l'origine antica l'ornamentazione interna della saletta della dea,che è quasi un compendio primario ed elementare dei motivi che ricorreranno con più profusione elegante a Khajuraho, il soffitto a fiore di loto, fregi di petali di loto, di triangoli , di angoli inversi listati, o " renverse hald diamonds", seconda la dicitura inglese di tale motivo delle palmette.
E la dea, sotto i bendaggi, non è un idolo fantoccio, ma una Mahishasuramardini* in forme femminili naturalistiche), intenta ad accoppare a più non posso il demone Mahisha, ovviamente emblema del male, tra altre donne sue attendenti e primordiali leogrifi rampanti .
Una coppia di giovani sposi, nelle circostanze in cui rivisito il tempio, ne effettua la pradakshina. Lui ha indosso il turbante ed i vestiti sfarzosi della cerimonia nuziale, lei, tra delle sue compagne, è condotta per mano con il volto nascosto dal sari.
E' per avere figli, tale rituale?, chiedo a dei ragazzi che mi accompagnano, aiutandomi, per farmi capire, con il gesto che dilata il mio ventre in quello di una donna gravida. Confermano sorridendo. Lo sguardo, dall'altura lieve in cui mi ritrovo, oltre un tempietto alla dea Shanti e il breve muro di cinta della deambulazione intorno al tempio di Durga, si volge, per riposarsi, alla valle sottostante in cui si è svolto il nostro percorso.
La distesa dei profili gialli dei campi, irti di steli, si perde nel folto degli alberi, che s'infittiscono fino alle alture di Rajnagar, sino all'orizzonte in cui cala il sole.
Tra di essi, invisibili, le case ed i covili in cui gli uomini e gli armenti sono di ritorno, o già al riposo, i limitari delle soglie accese, da cui le donne intente alla cena od al riordino della quiete domestica, usciranno a salutarmi(ci) sulla via del rientro.


Le parti testuali in carattere normale di dimensione 12 risalgono al 2016, 2-3 febbraio, le altre al 2014 e sono estratti dal mio testo sui templi orientali di khajuraho.
2-3 febbraio 2016


 FINZIONI INDIANE
Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un’esperienza oramai decennale dell’India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o venderti è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Kailash, come al nostro primo incontro ebbe a vendermi la fasullaggine di essere il manager dell hotel di cui era invece un addetto alle pulizie delle camere per non più di 1500 rupie mensili, fino ad oggi si è ostinato a farmi credere che fossero suoi, alla morte del padre , i due campi che queste ultime settimane mi sono ostinato a lamentarmi che per la siccità rimanessero incolti, impegnandomi a provvedere ai costi per raggiungere l’acqua in profondità, dotarci di un pompa e di un generatore a cherosene, pur di assicurarne ogni anno i raccolti, ora che con l’asfaltatura di gran parte del tratto di strada che vi perviene in Byathal, sono diventati più facilmente raggiungibili in più breve tempo.
Già mi immaginavo. Me illuso, lungo i percorsi per i campi in bicicletta tra greggi ed armenti, che a vincere su tutto diventasse nella mia vita alfine il duro lavoro invece che l amore, che nella mia esistenza stesse maturando il passaggio dalla poesia di vane evasioni delle Bucoliche a quella dell improbus labor delle Georgiche, di cui ero tornato a riprendere il libro primo, a che mi svezzasse alla “urgens egestas” dei campi, che importavano le avvisaglie sul durum genus che mi si prospettava davanti
In realtà l’asfaltatura delle strade che recano ai villaggi rurali a sud di Khajuraho ha piuttosto accorciato il tragitto verso la verità, con le gambe delle bugie, a seguito anche di quanto mi ha confidato il ragazzo di famiglia brahminica che vive a Bamnora, Atul, che mi ha raggiunto lungo la via asfaltata in questi giorni lungo la quale mi esaltava di raggiungere magnificamente il villaggio, nel quale mi ha accompagnato sino al tempio della Sakti divina. Già a novembre mi aveva rivelato che in assenza di acqua le sue colture non erano pervenute a fornire un raccolto. Ed ora? Mi mostrava , presso l immenso peepal che grandeggiava nella radura oltre il villaggio un campo lasciato incolto, per indicarmi la sorte che era toccata anche agli altri dei suoi sette campi.
E Kailash, mi sono arrovellato ieri mattina, diventando con lui scontroso, ha in me un forestiero che intende pagargli a fondo perduto l’approvvigionamento dell’acqua, la recinzione dei campi e la semina delle colture, e non si da fare nemmeno per fornirmi una risposta. Lo stesso che Mohammad, che si è attirato l ira del principal che l ha tratto fuori della classe per somministrargli una brava sberla, perché ha contraccambiato finora il mio sostegno economico alle sue frequentazioni scolastiche con esiti di poco di sopra all uno di media, un’insussistenza di qualsiasi profitto, in hindi, o in matematica, i cui termini infimi non trovano che una relativa giustificazione nella sua angosciosa situazione familiare e nella sua salute precaria.
Kailash aAnche ieri sera, per il tramite di Ajay, dopo avere mancato di propiziare il mio incontro con suo padre, voleva farmi credere che il problema fosse solo quello della gente ladra del villaggio che si porta via di tutto, la loro gelosia che non perdona, per cui, quando con Katerina ha sostato nel villaggio, vi era stato chi non aveva mancato di insinuarle che stesse in compagnia di un indiano facile a ubriacarsi.
Se così era, avremmo potuto comunque procedere con la trivellazione, e limitarci per ora alla “ bari” della recinzione dei campi, ho obbiettato. O si sarebbero portati via anche quella, quei madarchor dei suoi compaesani.?
Così, sin che oggi , dopo la mia rivisitazione dei templi, l'amico si è fatto sotto e mi è venuto insolitamente incontro nel Lassi corner, per dirmi tutta la verità, dopo che i fraintendimenti che aveva ingenerato con la sua menzogna avevano sollevato contro di lui anche sua madre.
Quei campi sono di sua nonna, in verità, che li ha ereditati alla morte del marito, e tra Kailash e quei campi si interponevano il padre e due fratelli, pur non considerando che alla sua stessa stregua potevano accampare i loro diritti su quelle terre anche suo fratello e sua sorella…
Nessun lavoro che avessimo fatto sui campi, gli ho schiarito la mente, avrebbe potuto minimamente farlo precedere nella linea di successione alla morte della nonna, e nemmeno con il conforto di una dichiarazione dell’avola che lo nominasse unico suo erede dei terreni, avrebbe potuto evitare che gliene restasse affidata solo qualche zolla…
E come è tipico della mente indiana, quando è messa alle strette, Kailash ha cominciato a divagare sulle fortune terriere di quella vecchia ottuagenaria in quella sua casipola di fango, così rattrappita e rinsecchita e sdentata e lacrimosa alla vista. Nel suo villaggio natale, oltre ai campi che le sono rimasti in Byathal, ci sono quattro appezzamenti che sarebbero di sua proprietà,non fosse che su di essi hanno messo le mani dei potenti e pericolosi raja locali.
Quando sono rientrato di li a qualche minuto da un orinatoio, c’era con Kailash un suo zio che è ora ispettore dei campi, che avrebbe contattato il suo collega che opera nella zona in cui sono segnati come di sua proprietà quelli della nonna, perché conduca intanto un’inchiesta in merito.
Poi, nella locanda del Lassi corner, Kailash si è abbandonato ai rimpianti della fortuna terriera che il nonno ha lasciato che andasse dispersa, quando ancora non c’era la diga, i campi restavano aridi e incolti, e non valeva nemmeno la pena a giudizio del nonno di pagare una rupia e cinquanta di imposte per conservarla- Quindi mi ha detto di come anche solo i miei intenti di prendersi cura di quei campi abbia messo in apprensione Vimala, che per analfabeta e incolta che sia, ha il terrore di tutto ciò che ha la parvenza di un ritorno nel villaggio di Buyathal. La gente vi è divenuta di una violenza intollerabile, tutti i giorni un drama o una rissa, i dalit perché spendono in bevande alcoliche i loro guadagni, i raja perché non mancano di provocare chi sia di passaggio sul loro cammino.
Ne avrei riparlato, delle fiction di Kailash, in ufficio con Mohammad quando mi sono ritrovato da solo, con lui, che a sua volta, più che fingere, è di per se tutta una finzione, con il suo ricercarmi di sua iniziativa giammai quando si dia solo il caso di una lezione o di un incontro, poi con il disdegnare contrito come fosse un’offesa alla sua dignità anche solo il proporgli l’acquisto, o di cibarsi, di ciò che poi vuole nella sua versione più accessoriata o che si mangia a quattro palmenti, e che è la vera ragione della sua venuta di sua iniziativa. Come era un’illudermi il decantarmi i suoi studi per cui mi richiedeva il pagamento del suo insegnante o di un eserciziario, quand’io perché attendesse alla scuola gli chiedevo che restasse a casa anziché seguirmi nelle mie passeggiate come lui era intenzionato ed a me sarebbe così tanto piaciuto- .
“Tutti , qui in India, sembra che abbiano di che creare realtà inesistenti su di sé. Tuo cugino ha detto a tuo padre di attendere due mesi prima che possa assicurargli un impiego a Ratlam. Ecco, anche lui sta forse coprendo una finzione che ha raccontato a papà, come è una una finzione tutto ciò che il cugino Bilal ha detto a tuo padre sulle opportunità che offrirebbe Khajuraho, riducendolo alla sua situazione attuale”, per cui deve tornare a vendere the perché in casa c'è solo acqua e farina.
Ci raggiungeva allora una telefonata di Kailash, che mi assicurava che per il suo pernottamento in Delhi, prima della partenza per Mosca, la camera al “ground floor” era stata già assicurata nell’albergo in cui Katerina l’aveva richiesta.
E per l indomani, se si fosse rifatta viva, si poteva provvedere a che pranzasse con noi.
“ E il costo di 100 rupie, ma poi Katerina ci ricorderà ancora”
6 febbraio 2016


Ecloga indiana XI, abbozzo
"You are like a bargad,” “sei come un banyan,” mi dice Mohammad, /
tra un seguito e l’altro, con la Laila di cui è Majdun,
dei capitoli del libro dell’amore
che in riva al talab stanno compitando le sue parole di ragazzo,
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco, il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede distanza, se è speciale.
“ E perché sarei io un banyan?”, gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero, che a insegna dell India,
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore, per lui l “oncle”,
devo farmi il guaritore ferito, che ne fu l’ infettante,
l’eccedenza stessa allora elargitaci
l’acqua amara dell’offerta della gelosia,
mentr’io m’illudevo ad un incanto dei miei anni finali
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti
“così ora eccomi Babbà Bargad", scherzo e rido con il ragazzo,
in attesa, nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa-

 

6-7 febbraio 2016


 


Frammenti di discorsi templari
 


Oltre l ingresso nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è una tale visione trascendente/ale il sopraelevarsi del tempio Lakhsmana,  sulla sua  piattaforma, sino al  pinnacolo in cui ne culmina l'ogiva del sikhara,  verso un assoluto d’origine cui essere di ritorno, che  in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici di culto interconnessi di cui il  tempio è l’epicentro, l' insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere dai quali obnubila la comprensione della sua innovatività dei canoni anche per esso vigenti, in ciò che vi si risolse e vi rimase irrisolto.

Il tempio Laksmana, in  onore di Vishnu nella sua manifestazione Vaikunta, è infatti eminente su quattro tempietti situati agli angoli  della piattaforma, con i quali forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e lo precedono un tempio in onore di Laxmi, paredra di Vishnu ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha, l incarnazione di Vishnu nel cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno.

Se da una visione frontale ci si defila ad una laterale, che ci consente di vederlo stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul lato meridionale, essendo esso volto ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio  il profilo mirabile nel suo piano ed in elevazione, e di intenderne la continuità e la sua soluzione rispetto a quella dei due templi minori, che non ne sono solo un accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella antecedente tradizione architettonica templare, cui nella sua grandiosità superiore il tempio ancora si attiene pur ampliandone e ingigantendone i termini.

In essi si ripetono infatti, integralmente,  pur se nei modi più scontati e spogliate di ogni preziosità ed incantevole  fastosità dettagliata/ minuta di dettagli, nei modi più scontati le forme consuetudinarie che vi sono convocate dei templi Pratihara,  dei i sovrani di Kannauj di cui  i Chandella  , già feudatari, erano giunti ad affermare la loro supremazia, la stessa che sui templi agli angoli della poattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi impervio, pur in una trasmissione di consegne canoniche cui seguita formalmente ad attenersi.

Quali siano tali consegne le contrappunta il controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella delle vestigia dei tempietti agli angoli,  in cui è più agevole individuarle, così come vi risultano formulate nei termini più chiari ed elementari del loro tramandarsi  divenuto scontato sotto la dinastia Pratihara. Il loro santuario, infatti, preceduto soltanto da un portico d'entrata e da un'anticamera, l uno l'ardhmandap, l'altra l'antarala,

cui in elevazione fa da basamento il solo  vedibhandha , sovrastato dal muro del jangha e dal sikhara, fra cui si interpone una varandika., è scandito da cinque proiezioni , così come il sikhara sovrastante lo è da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la formula pancharatha che ad esso presiede, tra le quali ha maggior rilievo quella centrale, il badhra, in cui si concreta in un carro cerimoniale scultoreo la pulsione  emanativa verso l'esterno del mondo  del dio interno alla cella interna del garbagriha, l utero germinale del cosmo,  della cui manifestazione radiale il tempio è un facsimile esemplare. Nelle proiezioni d'angolo o karnaratha secondo un ordinamento cardinale  codificatosi nel tempo e tutt'altro che eternitario,  ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi in Amrol, o in Dang,  le divinità protettive del tempio nelle otto direzioni principali,  mentre nelle proiezioni intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyal o sardulas,  quali simboli di forze pulsionali da domare, figurando invece nei recessi.

 .........................


 

 I  templi  Laksmana e Vishvanata , dentro il loro canone pancharata alla cui prescrittività rinviano i tempietti  in stile Pratihara che vi si conformano a regola d'arte-   del loro ordinamento panchayatana, e la scansione delle proiezioni delle pareti del santuario interno volte al deambulatrorio, esse pure pancharatha, - potevano far corrispondere al badhra centrale centrale l intera  proiezione di un balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi a due upabhadras o proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte , ma non separate, una soluzione non infrazionistica, certo, ma più consona a un tempio tri-rathas, come attesta il tempio ( coevo? )Pachali Marghat .)  ad esempio, di Khardwaha . Presumibilmente era un limite costruttivo di compromesso, più che una  condizione  semplificatoria assunta come ideale, nel'edificazione di templi più grandiosi dei coevi, in quanto i templi futuri di Khajuraho diminuiranno di mole , ma implementeranno le loro proiezioni pur in dimensioni più ridotte. E sempre Kadwaha ci può attestare che la riduzione che si persegue nel tempo non consta del numero delle proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari in guise templari, riservando chhadya e udgamas ,o toranas, alla sola  inabitazione sulle proiezioni, da focalizzare, delle statue delle divinità sulle quali  doveva essere concentrata la meditazione orante, quelle dei badhras e delle kapili del'antarala E' da supporre che l'impasse così rilevata fosse data da  un vincolo paradigmatico da trascendere, solo superando il quale si accedeva alla soluzione architettonica ideale. Tale vincolo paradigmatico era dato appunto dal modello-modulo pancharatha, ed infatti sarà con l'assunzione del modello septaratha, nel Khandarya, con tre proiezioni centrali del sikhara che trovano la loro corrispondenza nelle articolazioni del balcone-bhadra centrale, due laterali e due terminali per pratirhatas e karnas separate e distinte, che il tempio eletto a tipo esemplare della capitale religiosa dei Chandella troverà la sua attuazione perfetta. 


 

 ( l'intento  era di dotare mandapa, mahamandapa e prasad del garbagriha, di una finestra. balcone il cui sporto desse il massimo risalto alla visualizzazione  immagini delle divinità planetarie o del corteo delle saptamatrika preceduto da shiva Vidhabadra e concluss da Ganesha  , che presiede alle architetture dei templi Lakshmana, Visvanatha, Kandarya.

Ma com era possibile senza sacrificare  rathas ai lati  del balcone che funge da badhra,  in tempi in cui era  normativo il tempio pancharatha, come si riscontra nelle pareti interne del garbagriha e nei tempietti minori superstiti di tali complessi panchayatana, che prevedono ancora almeno una pratiratha per lato a fianco del badhra centrale?

Non lo fu nei templi Laksmana e Visvanatha, in cui la badhra centrale addirittura cozza contro le statue di due upabadhra, che tali dobbiamo considerare i filoni di statue con cui collude, in assenza di un recesso intermedio. Fu invece possibile nel tempio Kandharya, in virtù della sua estensione saptaratha.

Che nei templi di Khajuraho le ratha  si tendesse più ad incrementarle che a ridurle,  rispetto al numero di 5, se non inducevano a ridurle ideazioni architettoniche predominanti  che in un primo tempo  non si riusciva a far valere altrimenti, lo può attestare la loro proliferazione fino a 7 o a 9 in templi minori o piccoli come il Duladeo o il Chaturbuja.


 


 

sul  tempio Teli ka mandir

Per chi  sia un cuore dolente di quanto il bello più sublime possa essere vilipeso e negletto, poche esperienze possono commuoverlo e sommuoverlo quali quella della visita odierna e della rivisitazione del passato del Teli ka-mandir,  se lo rinconducono a come il british  degradò una tale meraviglia a magazzino od emporio, o lo portano ad assistere a come vi convengono e vanno di fretta i turisti che s'addentrano nel suo sito, i più senza degnarlo nemmeno di uno sguardo distratto dai proprio selfie o di farne lo sfondo.

Eppure è esso da annoverarsi tra i più straordinari templi hindu,  nella fascinazione arcana che ancora suscita la sua oblunga bizzarria canonica,  per quanto le disarmonie di reintegri e restauri possano averla compomessa.

 

L immensa frontale da cui ad essi si ha accesso ne è in realtà la sopraelevazione dell'anticamera, oltre la quale si eleva la grandiosità del santuario nel suo lato più lungo..

 

 

 

 Un mio piccolo manifesto politico

Domenica 7 febbraio 2016

 

 

Un mio piccolo manifesto politico cui chiedo il concorso dei miei amici in facebook se se ne condividono le linee-guida

 

Che il degrado pubblico e morale e degli orizzonti di vita del ventennio berlusconiano  abbia fatto corpo a tal punto con atavici vizi nazionali da non potere essere debellato che omeopaticamente è indubbio, ma che dovesse significare con l’avvento del renzusconismo il trasformismo del partito democratico e della vita civile nella sua trasmissione ereditaria, questo no, era lecito non attenderselo, almeno  sino a tal punto. Dalle riforme delle istituzioni  politiche e pubbliche ispirate al principio di un uomo solo al comando di ogni ente o istituzione , nella logica di una democrazia sempre più esecutiva e plebiscitaria e  sempre meno partecipativa, alla mano libera e al lasciar  fare alle oligarchie rimaste o addivenute ai vertici o al comando nella vita economica e sociale, dal job act  alla buona scuola alle nomine ai vertici, sino al populismo soft antieuropeista, tutto attesta in tal senso dell operato del governo e delle amministrazioni vigenti.

Ma così dislocandosi ,e creando una disaffezione e ostilità divenuta astensionismo maggioritario  credo che per una sinistra italiana democratica il sedicente partito democratico e l intelligenthia a lui prona abbiano agevolato il compito di delineare un ambito ad esso alternativo, in continuità con quanto di meglio il riformismo italiano, ha saputo esprimere durante i governi di Romano Prodi di cui vorrei solo indicare i termini salienti

1)La accettazione della globalizzazione come orizzonte irreversibile del vivere contemporaneo, per essere alla altezza della cui sovranazionalizzazione dei poteri tecnologico finanziari e delle trasmigrazioni di popoli e culture e religioni occorre promuovere gli Stati uniti  d’un  Europa interculturale, che  non sia ne assimilazione né sottomissione di una cultura e religione all’altra, ma fecondazione e ibridazione reciproca,.

La difesa del welfare State sarà il contributo alla globalizzazione  della civiltà materiale europea, ma con il prezzo che necessariamente richiede, la rinuncia ad ogni forma di assistenzialismo.

2) La coniugazione della difesa dell’ambiente con la crescita e lo sviluppo nelle guise della terza industriale in corso, con le sue nuove tecnologie,  risorge energetiche alternative e forme di comunicazione e di accesso e di distribuzione delle risorse, in luogo di ogni romanticismo economico e di ogni vagheggiamento reazionario  di decrescite felici, solo rinunciando ai quali il culto del piccolo e del  locale è un esercizio  virtuoso

3) Al pari di un ambientalismo che sia stile di vita e di pensiero, una democrazia liberale  che sia 3a) partecipativa e ispirata a valori morali, redistributiva delle ricchezze e delle opportunità e non ispirata solo a efficienza e efficacia oligarchico- manageriali, con il bel risultato, risaputo, che 62 nostri simili detengono una ricchezza pari a quella di oltre la metà del genere umano più povero, 3b) non violenta ma non pacifista, pronta all uso internazionalmente concordato della forza ove ogni violazione dei diritti dell’uomo e ogni genocidio o sterminio  in atto lo richieda , e non sia altrimenti possibile la difesa del più debole, 3c) ispirata all umanizzazione dell uomo e di ogni sua forma di vita, in corrispondenza con la secolarizzazione del sacro in corso,  e nella sua conversione in un messaggio di misericordia delle varie tradizioni e fedi religiose. e di pensiero,  rispetto alla quali i vari integralismi sono forme reattive di difesa, alla cui radicalizzazione  va opposta con uguale vigoria radicale  tale umanesimo integrale.



 



Ecloga indiana XI


Versione breve

“You 're like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna/ recita che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale,
e il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."

“ E perché son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa del Raj, / dell India
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
(madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un'apsara
in una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta/ vinta sorte)

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infestante,

(oh,) l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
(attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo,)
in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


versione media

“You are like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un apsara
in una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infettante,

oh,l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
fin che si fa lupo, non torna a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..

Non illum nostri possunt mutare labores,


ora in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


Versione lunga

“You are like a bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché son io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un apsara
con una smorfia di noia,
a un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,
da quanto sia già passato e trascorso dal mio nuovo arrivo

Bhai Doj in luogo della madre riconducendomi un Ashesh giovinetto,
oltre la soglia, di ritorno,
dei lumi accesi per i passi di Laxmi.
di sterco infiorata della govardhan puja.
tra gli oculi di vessilli di pavoni
le schermaglie di corpi e di bambu
nel concorso( a festa )delle danze diwari per Deepawali
fino al gremitio di sari
lungo le gradinate da cui ascendere al lingam,
Amrol, Dang, Sihonia, poi,
i templi del forte di Gwalior,
già fulgore di una felicità rimpianta,



“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “oncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che ne fu l’ infettante,

oh, l’eccedenza stessa da lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
fin che non torna egli a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”,scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..

(Non illum nostri possunt mutare labores, )

in fervida attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari

che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


MARTEDÌ 1 MARZO 2016

Cronache indiane. In Damoh, Notha, Katni, Rewa, Govindgarh
1-2
Solo verso sera giungevo infine a Damoh, per cui ero partito da Chhatarpur alle due pomeridiane, dopo oltre cinque ore stancanti di viaggio in autobus , durante i quali la monotonia rurale del territorio che si traversava era stata alleviata solo dall’amenità intermedia di ondulati declivi e dei loro divallamenti. Come in Shivpuri, mi ci ritrovavo nel oscurità di una non città apparente, dove il seguito di officine intorno all'autostazione sembrava non mettere capo che al loro seguito fino alla fine dell'agglomerato, non fosse stato per un ristorante all'angolo, al cui usciere e ad un cassiere chiedevo dell' hotel cui ero avviato. Era poco distante, sull’altro lato della via, ed in esso, di proprietà di un jain, avrei trovato un’ospitalità compita e inappuntabile: una camera immacolata e in uno stile suo proprio, differente nelle sue astrazioni moderniste da ogni altra dell'albergo, un doccia con acqua calda ad ogni ora del giorno, il pavimento del bagno in opaca pietra rugosa che mi rassicurava quanto a slittamenti e scivoloni possibili. L indomani l’addetto alla reception stesso mi fermava l' autobus per Notha, che passava proprio lì di fronte, al di la del cui abitato scendevo all altezza del tempio, che risaliva alla dinastia Kalachuri quanto all'epoca della sua edificazione, se non nei vari aspetti dello stile. Ravvisavo ed eludevo il custode della volta precedente, Sonil dall indimenticabile volto esuberante, per addentrarmi nella rivisitazione del tempio e non mancarne, come la volta precedente, per i difetti della macchina fotografica la riproduzione particolareggiata in immagini. Ancora una volta il tempio mi irretiva nelle armonie di forme e proporzioni che vi intrattenevano, mediati dal vestibolo, il santuario del tempio e la sala del mandapa antecedente.Tale vano era preceduto da un porticato, forse posteriore, che pur tuttavia non vi interferiva quanto un intruso, a differenza del sikhara raffazzonato con i giacimenti superstiti di quello originario. Arioso e luminoso il rangamandapa, i bancali esterni dei cui kaksasana sovrastavano delle nicchie dove erano insediate divinità femminili.
Lungo le pareti esterne del santuario del garbagriha esse avrebbero trovato un seguito nelle apsaras delle proiezioni intermedie del tempio pancharatha, intervallate come nei templi di Khajuraho da vyalas nei recessi, i dikpalas, di difficile identificazione, comparendomi forse fuori ordine nelle proiezioni cardinali angolari, mentre furoreggiava Chamunda tra pretas assetati di sangue, sulla kapili esterna corrispettiva all'anticamera e volta a mezzogiorno, essendo il tempio inusualmente orientato ad occidente.
La sua frenesia devastante era come una risonanza di quella di Shiva nel badhra centrale, che secondo l ispirazione del tempio a lui dedicato, aveva un pendant a tale suo campeggiare nel manifestarsi invece come Shiva Vinadhara, ossia quale suonatore di vina, nel badhra opposto, settentrionale, e quale Shiva Andakantaka, fiero uccisore del demone Andaka, in quella posteriore, dove nella sua dinamica sincretistica integratrice lo sovrastava l’immagine del dio Surya, di cui è quanto mai canonico tale retrostare , / è canonica tale posizione retrostante, volta/ volto al sorgere o al calare della sua solarità.divina.
Che il purana mandir sia ancora un tempio vivente, me lo avvalorava una coppia che sopraggiungeva al termine della mia visita, per una puja presso uno dei due sacrari guarniti degli spiedi di trisul di Shiva e calzari chiodati, che erano situati nel parco del tempio.
Sonil mi seguitava discreto a rispettosa distanza, cui mi ostinavo a tenerlo rigidamente, senza mancare egli di chiedermi se volessi del the, che accettavo solo una volta che avevo terminata la visita, senza rammemorargli che già ci eravamo visti ed incontrati. Gli chiedevo invece delle località circostanti in cui si trovassero dei monumenti e che fossi ancora in tempo a/ per visitarli, dato che il pomeriggio era ancora al suo culmine, e non intendevo trascorrerne il seguito solo per risalirne in Notha alle vestigia sparse per case, e muriccioli di cinta, o in altri luoghi di culto, degli otto templi ulteriori che vi sorgevano un tempo.
Con fervore partecipe mi diceva di Bandakpur, e dei suoi cinque antichi templi, hindu, di Kundarpur e del suo tempio jain, cui già si era riferito l’addetto alla réception dell’hotel, nell'indicarmi quali fossero a suo giudizio dei luoghi significativi da visitare, ma Sonil me ne parlava senza che le sue parole, o il loro tono, si esaltassero come gli succedeva nel parlarmi di Khodha, o Khoral, stando ai modi in cui mi avrebbe insegnato che si pronunciava il nome della località in cui erano i resti dell'altro tempio Khalachuri ch'è presente nel distretto di Damoh. Krishna Deva non aveva mancato di menzionarlo e di descriverlo sia pur sommariamente nel suo Temples of India, di cui avevo al seguito le fotocopie delle pagine del capitolo in merito: in esse, quella stessa mattina, il paragrafo che riguarda tale tempio aveva sollecitato il mio più vivo interesse, anche perché con il suo concorso Nohta non restava una meta isolata, ma veniva rientrando in un itinerario proponibile ai miei happy few.
Era in pietra, non in cemento, come il notorio tempio Jain di Kundarpur, si accalorava Sonil, e quanto ne restava del sikhara ne assicurava un’elevazione che le sue parole negavano ai tempietti di Barankpur, di antica pietra anch’essi, ma non altrettanto belli.
Mi accennava altresì a una qila, che i giorni seguenti avrei imparato essere quella di Singrampur, ma le sue parole la profilavano ancora quanto mai distante, mentre invece per raggiungere Khoral sembrava proprio che bastasse retrocedere fino al vicino villaggio di Abhana, e di li intraprendere in autobus il percorso restante, per ancora una trentina, una quarantina di chilometri facili e piani.
Lasciato Sonil, dopo averlo rimesso in contatto telefonico con Kailash, di cui ben si ricordava, ero di rientro di lì a poco in Notha, dove anziché internarmici lungo la via che reca al tempio di Ganesha e poi ad una confluenza tra due fiumi, seguitavo a procedere lungo l arteria di scorrimento del traffico tra Damoh e Jabalpur, elettrizzato dal mio vagheggiamento di tentare il cimento di raggiungere Khoral e il suo tempio Kalachuri nel pomeriggio restante. Iniziavo a chiederne prima all uno, poi all’altro conducente di autorickshaw, con l intermediazione al telefono di Kailash, quindi anche di un gruppo di giovani e di ragazzi che si raccoglieva intorno agli automezzi. C’era chi mostrava di saperne, collocando il villaggio oltre una certa Jaloni, a non più di quaranta cinque chilometri di distanza, e si cominciava a profilare la richiesta di rupie per recarmici, un importo che mi sembrava troppo alto, ed il corrispettivo inattendibile di una vaghezza di intenti degli autorichshaw-wallah, per cui rifiutavo l offerta per raccogliere forze e idee presso il negozietto di cellulari del giovine che sembrava, fra gli astanti, il più sensibile alla mia determinazione di visitare il tempio di Khoral.
Ma sembrava proprio che non mi restasse che prendere l autobus, secondo le sue parole.
Gli facevo presente, per quanto riuscivo a farmi da lui intendere, che quand’anche in autobus fossi pervenuto a Khoral, data l ora già avanzata era da escludersi che ci fossero poi ulteriori automezzi che mi consentissero un mio possibile rientro in Damoh.
Era dalla stessa Damoh che il giorno seguente avrei potuto ritentare l impresa , ma mi sarebbe costato un giorno in più di permanenza in hotel, ed era tutt’altro che scontato che di un piccolo villaggio come Khoral qualcuno all'autostazionene sapesse qualcosa,, mentre li, in Notha si erano dati anche la pena di ricercare al cellulare il custode del tempio, per saperne di più sulla sua localizzabilità.
Così restavo nell'impasse, finché il suo volto non si schiariva in una proposta: ero disposto, per 500 rupie, ad andarci con lui in motocicletta?
E come no? Mi aprivo alla sua proposta come al sole un cielo rannuvolatosi: il tempo di attendere che chiudesse il suo negozio, e che di lì a qualche minuto fosse di ritorno in motocicletta con un adulto che era un suo amico fidato, ed in direzione di Abhana eravamo già avviati verso Khoral.
2
Il sole sfolgorava i declivi d'intorno, l'aprirsi di valli al passaggio del fiume, l'animazione del traffico lungo la via che riconduceva a Damoh, lungo quella quindi per Jabalpur che si diparte da Abhana, sulla sinistra, in un irradiarsi di luce ch'era espansione di gioia, quando nell uscire da un villaggio la motocicletta passava troppo ravvicinata ad un gruppo di ragazzi di rientro da una partita di cricket, ed una loro mazza urtava duramente prima il mio ginocchio, poi quello dell'uomo seduto a me di dietro. Era costui a subire il colpo più violento, inducendo il giovane conducente, dopo che si era lasciata la strada principale per una via secondaria alla nostra destra, a sostare di lì a poco presso una fontana al limitare di una scuola, perché attutisse il traumal’acqua versatavi sopra
Io restavo muto in margine all'incidente, né sollecitando a protrarsi oltre né a fare ritorno, ma per ciò stesso atteggiandomi a che l intrapresa avesse un seguito, almeno fin che umanamente fosse possibile.
E continuavamo il nostro tragitto, mentre era bastato lasciare la via principale per quella strada che s'inoltrava sinuosa tra i campi circostanti, perché ci fossimo come addentrati in un’altra dimensione, ove la distesa dei coltivi di grano e di colza si faceva un mare di verdi steli punteggiati del giallo dei fiori, ravvicinatosi e lontanantesi sterminatamente, fino a perdersi dove si profilavano i pendii e i declivi dei più lievi rilievi collinari. E sparsi casolari e raccolti villaggi si succedevano ai lati, mentre lungo il percorso schiere di giovinette e di giovinetti procedevano di ritorno da scuola, al contempo in cui comparivano gruppi di gente locale, di donne e ragazzi, avviati in qualche pellegrinaggio con ceste multicolori appese ad un bastone dietro le spalle. ***
Ma per incantevole che fosse il tragitto, occorreva arrivare al più presto a destinazione, solo che quando, dopo oltre mezz'ora, chiedevamo di Khoral, ad una deviazione, e credevamo di essere oramai non più che ad una decina di chilometri di distanza dal suo abitato, ci si diceva che i chilometri restanti erano ancora invece ben trenta, che dopo un lungo tratto ulteriore, dei pastori cui chiedevamo conto di quanta strada ci restasse ancora da fare, ci disilludevano che fossero oramai meno di venti, al che il giovane motociclista accelerava di più la sua corsa, già sostenuta, mentre il pomeriggio già volgeva sui campi al tramonto, in una competizione con il tempo che si faceva ancora più serrata, quando pervenuti ad un villaggio in cui si incrociavano, pulverulente, le vie per Jabalpur, Damoh, Sagar, Narsinghapur, dopo che di strada ne era stata fatto un altro bel po’, più attendibilmente ci si ripeteva che altri 18 chilometri ci separavano da Khoral.
L uomo che si era offerto di accompagnarci intanto accusava al ginocchio un dolore che gli era insostenibile,, e il giovane provvedeva a che almeno gli fosse di lenimento del male una qualche pomata, che richiedeva all’addetto alla farmacia presso la quale lo accomodava.
La strada che restava ancora da compiere era stata fortunatamente asfaltata da poco, e si inoltrava scorrevole in una giungla continua, la cui boscaglia aveva termine solo al nostro arrivo nel villaggio, di pochi casolari sparsi, che credevamo che finalmente fosse Koral.
La peregrinazione non era invece ancora finita, ed il giovane alla guida della motocicletta, serbandosi strenuamente fedele al compito che si era assunto di farmi pervenire al tempio prima del calar del sole, doveva seguitare per almeno un paio di chilometri lungo una pista di cui si confondevano i tracciati e i solchi tra i campi , chiedere del purana mandir ad altri passanti ed a coloro che si approssimavano nel sobborgo successivo, prima di potere terminare la sua corsa depositandomi finalmente al cancello d’ingresso al tempio ritrovato.
Era stato avventuroso o sventato pervenirvi? Inumano o intrepidamente votato al compito che ci eravamo assunti, lasciare che ogni pieno soccorso dell'accompagnatore fosse differito solo a dopo che fossimo pervenuti in tempo a destinazione? L'impresa si era forse rivelata tanto questo che quello, era il caso di supporre, mentre mi si imponeva comunque fosse che fotografassi in tempo i vari aspetti del tempio, per non vanificare un’opera che era costata già tale dolore e tensione ai miei accompagnatori.
La perdita del mandapa aveva portato allo scoperto il portale d’accesso al santuario del tempio shivaita, e pancharatha, rendendone grandiosa la fronte antistante, ove Uma Maheshvari e Siva Nataraja apparivano al centro della trabeazione superiore, tra le filiere laterali dei navagraha planetari soggiacenti alle saptamatrikas, con Virabhadra e Ganesha ad iniziarne e concludere le danze.
Recessi a scacchiera impreziosivano il basamento inferiore ed il verandika , da cui si dipartiva un sikhara Latina senza sue repliche frattali, che si era preservato solo in parte fino al quinto piano, nei latas anteriori meno rovinati. Dentro le nicchie centrali, ancora integre , tra Surasundari e vyalas nei recessi inferiori e superiori, figuravano a sud Shiva Nataraja e ad oriente lo stesso dio quale uccisore del demone Andaka, laddove solo la kapili meridionale dell’anticamera interna preservava il proprio gruppo statuario, albergando in una nicchia Ganesha e Vighnesvari.
Ero tutto teso nei miei scatti fotografici, quando il giovane motociclista mi raggiungeva per informarmi che un’urgenza familiare era sopraggiunta, a seguito della quale senza di me, in tutta fretta, avrebbe raggiunto Nohta insieme con l uomo infortunatosi. Per il mio rientro in albergo a Damoh mi avrebbe affidato al custode del tempio, che a sua volta avrebbe provveduto a che un ragazzo locale mi facesse giungere in motocicletta sino al vicino villaggio di Tendukedha, da cui era ancora possibile prendere un pullman che mi riportasse a Damoh.
Il mio giovane conducente non mi lasciava il tempo che di ringraziarlo insieme ad suo compagno infortunatosi, e di compensarlo furtivamente almeno di mille rupie, il doppio di quelle preventivate, che coprivano solo i costi della benzina.
Ritornavo sui miei passi che era già scomparso nella sua cara presenza.
Sopraggiungeva allora un ragazzo, che accendeva uno stelo aromatico di fronte a un’immagine di Surya che sottostava a quella di Shiva Andanataka, laddove, sempre nella parete retrostante, la sovrastava in quella di Notha: così attestandomi che anche il tempio di Khodhar non è solo un reperto monumentale, ma tutt’ora un tempio vivente, come mi sinceravano i lumi interni al garbagriha.
Con il custode mi intrattenevo solo il tempo di un’altra peregrinazione intorno al tempio, di sorbirmi almeno un the in sua compagnia, prima di avviarmi in motocicletta con il ragazzo da lui assicuratomi come conducente, e di nuovo con un ulteriore passeggero retrostante, verso il centro ad una ventina di chilometri di distanza di Tendukera. da dove un autobus, sopraggiunto da Jabalpur, mi avrebbe ricondotto a Damoh che non era ancora notte.Giusto il tempo di intrattenermi con il giovane, in vena di parlarmi, che gestiva una pasticceria alla fermata degli autobus, e di venire a sapere, a buon conto, per un ritorno, che li vicino c’erano le cascate Badri.
“ A Notha quello che ci hanno detto era sbagliato, aveva detto il ragazzo in motocicletta allo sosta nel villaggio in cui si incrociava un quadrivio. Ma non avessi creduto a che di esaltato Sonil mi aveva detto del tempio di Khoral, non avessi prese per vere le sue asserite distanze chilometriche, forse che quel folle volo magnifico sarebbe stato possibile?
3
Facevo ritorno a Nohta, l’indomani, prima di prendere nel pomeriggio il treno per Katni, verso la quale mi si confermava che era vero che per lo stato disastroso delle strade non vi conducevano autobus, da parte del capufficio della biglietteria che mi aveva accolto al suo interno con una particolare cordialità calorosa, dopo che in me aveva riconosciuto l’individuo che un anno prima era sopraggiunto in bicicletta al Kolkata restaurant di Khajuraho dov’era stato in visita. Credendo che una volta fatto il biglietto restassi nella stazione in attesa del treno che vi sarebbe dovuto giungere di lì a cinque ore, finanche mi aveva fatto aprire da un addetto la sala d’aspetto. Nel frattempo volevo io invece essere di nuovo in Nohta per esprimere la mia gratitudine al giovane che si era prodigato a tal punto per farmi sopraggiungere in tempo a Kodhal, sapere dell’ emergenza che lo aveva indotto ad anticipare il rientro, accertarmi dello stato di salute del suo amico di lui più adulto che ci aveva accompagnato.
Ma già in stanza, nel ricercare sulla mappa del Madhya Pradesh dove fossimo finiti e come potessi farvi ritorno, mi aveva piuttosto irretito la singolarità della toponomastica indiana, che come a Narsinghghar fa corrispondere una Narsimhapur, per una Tebdukhera prossima a una Dehori sulla via di Jabalpur per Damoh, in cui ero stato, non fa mancare una Tendukhera con un'altra sua Dehori, nelle vicinanze, tra Jabalpur e Bhopal, prima delle ennesime Udaipura e Bareli, ladsdove era forse da ravvisare nella Rehli in cui nella mappa si incrociavano vie, la Jaloni del quadrivio in cui eravamo stati.
Il giovane era ben sorpreso e felice di rivedermi , e poteva sincerarmi che era solo lo stato febbrile della moglie che ne aveva precipitato il rientro in Nohta, quanto poi all'infortunio del suo amico si era rivelato una contusione, niente di più.
Tra i convenuti mi affidava quindi ad un giovane ragazzo di fede jain, che con altri suoi coetanei, hindu e muslim, si avviava al mio seguito nell interno del paese, alla individuazione dei vari frammenti di templi, ora un amalaka, ora un udumbara, dei fregi sparsi di modanature, per lo più di palmette, o di ardhratna, che ritrovavo inframmezzati al pietrame dei muri di cinta, assemblati in siti templari ai piedi di sacri peepal, rinvenibili nelle murature a vista dei casolari, sparsi nel cortile del tempio jain, od a fungervi da supporto ai tirthankara, di cui i ragazzi di fede jainista erano lieti di mostrarmi le moltitudini o le singolarità delle immagini raccoltevi, una volta che mi fossi levato anch’io i calzini ed esposto alla tortura della ghiaia minuta dei percorsi.
Due di loro guidavano la mia discesa poi in vista del sangam , la risalita al tempio di Ganesha e ai suoi radunati reperti, il riattraversamento del villaggio fino al bazar, nello splendore diurno seguitandomi essi giù di fretta fino alla strada principale, accaldato e assolato salendo sul primo autobus di passaggio che mi riconducesse in Damoh, dove era lo squallore e il fetore dell’autostazione, prima ancora che l’urgenza dei tempi, a sospingermene lontano per rientrare in albergo e ritirarvi i bagagli.
Sarei arrivato in Katni solo a sera , scendendo per sbaglio nella sua stazione secondaria, quella prossima all’ ospedale generale, in un clamore immerso nelle nebbie carbonifere della polluzione che gravava sulla città.
Sceglievo di farmi condurre all'hotel, dei due che avevo in lista, che era vicino alla stazione ferroviaria principale, il che mi dava modo di avere da attraversare in tuk tuk l’animatissimo bazar nel suo clamore serale, in cui mi sarei affrettato a discendere appena sistemati in stanza i bagagli.

4
Il mio lungo sonno, l indomani , mi faceva ritardare la partenza per Bahoriband, dove solo quando erano le due del pomeriggio potevo scendere dall’autobus di fronte alla Paathshala english medium school, felicemente accolto da Anand e dai suoi collaboratori, con la fresca prontezza nel riconoscerci e ricomciare a discorrere, come se fosse stato solo qualche giorno avanti che ci eravamo lasciati.
Arrivavo al momento più giusto, si compiaceva Anand, perché l’indomani sarebbe stato il function day della scuola, cui mi invitava a partecipare con immediato mio assenso.
Volevo visitare il sito delle sculture nella roccia di Sindursi? E quale problema? A differenza di quelle che le informazioni raccolte in internet mi avevo indotto a credere, Sindursi non era al di là di Rupnath, ma giusto a due passi dalla scuola, essendo Sindursi un sobborgo di Bahoriband. Quanto a Kuda, dove erano un tempio Gupta minore, forse era da identificare con un villaggio poco oltre Tigawa, suo padre certo ne era a conoscenza, e ci avrebbe fornito tutti i ragguagli occorrenti.
Prima che lui stesso potesse accompagnarmi in motocicletta a Sindursi, non essendo più in corso attività scolastiche, avremmo potuto entrambi pranzare a casa sua, verso la quale mi conduceva in motocicletta, date le ultime disposizioni ai suoi collaboratori.
L’ancor giovane Anand mi si confermava il tutto il suo carisma straordinario, per cui poteva dare ordini senza mai impartirli, come gli avrei detto l indomani, sul suo conto, ma anche una dipendenza che pareva oramai senza scampo da cellulari e tablet, con il ricorso ai quali non smetteva mai di interrompere ogni conversazione intrapresa, per contattare e venire ulteriormente contattato.
Al tablet che mi approntava, tra il dahl e la pietanza di verdure con chappati, lo interrompevo per mostragli il documento che avevo già composto, a suo tempo, sulla mia prima escursione in Marai, Bahoriband, un testo che era finito già archiviato così a fondo nella mia memoria, che mi strabiliava la sua estensione e visualizzazione dei fatti, compresa la mia adozione a mascotte o tutor della scuola di Anand. Se l indomani avessi voluto fare un discorso… mi ritraevo categoricamente, al che Anand ripiegava sull’imponenza della mia figura fisica, che avrebbe comunque impressionato bene i genitori. Gli palesavo, allora, vincendo quali renitenze avessi assentito a presenziare ad una function scolastica, dopo che per l’allestimento delle competizioni scolastiche per il republic day, e feste di classe, si era protratto per Ajay, Poorti e Mohammad un ciclo di ferie intervallate da esami che durava da un mese, esasperandomi di dover pagare più per le vacanze degli insegnanti indiani che per le loro ore di lezione, senza contare gli insegnamenti privati domestici integrativi , che erano resi necessari dalle loro stesse assenze senza sostituzione.
“ Benissimo il canto e la danza, ma anche la matematica e l’ hindi o l' inglese, come le scienze naturali o sociali, hanno pure la loro importanza…”
Sindursi, in cui era pronto poi a condurmi in motocicletta, deviando sulla destra della strada che reca a Rupnath, poi a Sihora, fino a Jabalpur, poco oltre uno degli 84 talab, di una volta, da cui Bahoriband traeva il suo nome, era la lungaggine / il dilungamento di un villaggio povero che si protraeva intorno ad una viottola di ciotoli e fango, riuscendo dalla quale la gente del luogo ci diceva che avremmo trovato il sito delle sculture rupestri. Come già tal passo lascia intendere, benché Anand fosse originario di Bahoriband e vi fosse il direttore di una scuola primaria che vi aveva fortuna , non ne sapeva nulla delle sculture rupestri di Sindursi, come a tal punto non aveva più modo di nascondermi.
E’ Bahoriband all interno del bordo di un altipiano di modesta altura, ma tanto bastava a che dalla radura tra i massi che precedeva il sito di Sindursi dove ci ritrovavamo di lì a poco, si allargasse una magnifica vista sulla valle soggiacente, sconfinata, in una scenario roccioso che evocava vicissitudini preistoriche.
Ma al termine del percorso d’accesso non ci ritrovavamo in una solitudine pleistocenica, oltre l ingresso era infatti accampato un gruppo chiassoso che più che di uomini, era composto di bambini e di donne, le quali impastavano farina accanto ad un braciere di fortuna.
Alcune di loro ci precedevano presso le sculture rupestri, a cui poggiavano la fronte di un pargolo cui era stato rasato il capo, offrendo alle divinità figurantevi puja ed incenso.
La prima scultura che visionavamo era quella di Vishnu sul serpente Shesha, che al tatto del piede ad opera di Laxmi inizia un suo risveglio da cui ha inizio un nuovo cosmo, simboleggiato dallo schiudersi di un fiore di loto dal suo ombelico, in cui era assiso Brahma creatore. Due demoni per alcuni studiosi, per altri due personificazioni in forme di purusha dei suoi poteri, si avventavano sulla sua sinistra, in tipiche fattezze facciali e movenze d’epoca Gupta. Come un’eco, la sua superficie abrasa dal tempo richiamava lo splendore magnificente del pannello di identico soggetto del tempio delle dieci apparizioni di Deoghar, un’eco che si affievoliva nell’immagine seguente di uno ieratico Vishnu, mentre subentravano tratti lignei folclorici nella Mahishasuramardini e nel belluino Narashima, in suo bell’agio appartato su in alto, di una ferocia naturale di sé spontaneamente compiaciuta.
Ananda seguitava ad appartarsi tra cellulare e tablet, mentre si appressavano dei bambini e alcune donne, per offrirci di essere parte della loro distribuzione propiziatoria di vegetali e chiappati.
Tra un richiamo al cellulare e l’altro, Anand trovava l intertempo di dirmi del suo passato di studi, in Varanasi, Delhi, Bikaner, prima di risolvere la sua vita nell’ impegno educativo nel suo luogo d’origine.
“ Un tempo, gli chiosavo, in un villaggio indiano c’era vita al grado zero. Ma ora vi è possibile svolgervi un’attività come la tua al più alto livello”
Il suo sogno attuale era di immergere tutti i bambini della sua scuola in un’infinità di libri. In merito gli avevo già detto come per il mio Chandu, nella sua Khajuraho, già ogni attività che un tempo era fisica transitasse per oramai il computer, mentr’io avrei desiderato un suo contatto vivo con le cose dei giorni.
Il tempo di ritrovarci a scuola con i suoi colleghi, a lui intorno ed al suo tablet, che sopraggiungeva l ultimo autobus per Katni.
In hotel mi sarei riassestato il più in fretta possibile, per ritrovarmi quanto prima nel suo bazar principale, tra la folla e lo sfavillio di luci e l’abbaglio di neon, ed addentrarmi con lo sguardo in quei tanti negozi senza il diaframma di vetrine, al cui interno era possibile vedere le donne sedute di fronte ai venditori di stoffe a gambe incrociate, che gliele srotolavano su dei banchi ribassati intermedi, i dibattiti delle compravendite di profumi o gioielli, di vasellame metallico o in terracotta, di spezie aromatiche o di dolciumi, di arance o mele od uva ordinate in cassette reclini, mentre le verdure erano distese su dei teli lungo lo spartitraffico da dei venditori per strada.
E via via che ci si avvicinava alla stazione ferroviaria, si infoltivano i negozietti di cellulari e di ricariche telefoniche, di gadget e pelletteria, le locande, di un solo vano, aperte all’esterno anche nell’attavolamento e nelle batterie di cucina.
Poi al ristorante dell hotel, ad uno squisito mughlai chicken avrei riservato quanto la sera prima era stato assicurato ad un prelibato chicken garlic. Per l' indomani sera ripromettendomi, con Mohammad al telefono, la goduria di un Chicken Biryani Hiderabadi.



5
Era l’autobus che stava uscendo dalla stazione quello più mattutino per Bauriband che ho inseguito in tuc tuc per esservi non oltre le dieci del mattino, come mi ero ripromesso con Anand, giacchè dopo l una del pomeriggio fin oltre le sei di sera saremmo stati coinvolti entrambi dalla function degli scolari della scuola.
Vi arrivavo, via Bilhari, anziché deviando da Sleemnabad, che lui non era ancora presente, mentre le insegnanti erano intente a ritagliare festoni e ghirlande colorate, ed accanto alla scuola grandeggiava ancora vuoto il tendone bianco a righe blu della festa imminente. Non dovevo attendere molto per vederlo sopraggiungere con il volto accigliato, e dirmi con voce atona che cosa aveva sconvolto tutto e rendeva impossibile ogni celebrazione: qualche centinaio di metri prima, entrando in Bahoriband, il benzinaio che vi aveva una pompa, un esponente locale del Bjp, la notte avanti aveva ucciso il figlio e la figlia, prima di dare la morte alla moglie ed ai suoi cani e suicidarsi, ed i parenti avevano espresso la richiesta che tutto fosse sospeso, come si era già deciso per parte sua e dei suoi collaboratori.
Più tardi, mentre in motocicletta, dopo aver consumato un pasto in casa sua, superavamo Tigawa avviandoci a l villaggio di Kuda, - avendo così tutto il tempo davanti per restare insieme l’intero pomeriggio- inoltrandoci tra i campi viridescenti di colza e di grano differivo di dirgli a quando ci fossimo ritrovati seduti nel sito del tempio Gupta, perché in India possono accadere simili tragedie, senza rivelargli che la fonte della mia conoscenza era la disperazione in cui precipitano Kallu e il padre di Mohhamad, e ciò che si ripromettono essi di fare, quando viene meno ogni possibilità presente di assicurare un futuro ai loro figli.
“ Troppi indiani, gli dicevo una volta visitato il tempio, si credono i proprietari della vita dei loro cari., ai quali sentono di essere in dovere di dare un futuro.
E quando avvertono di fallire nel compito, e sono senza più speranze, in un’ India che non consente più come un tempo di vivere di niente, pensano che ucciderli insieme con sé sia la sola via d’uscita che resta, non lasciando che nessuno sopravviva al loro fallimento e cosi credendo di azzerarlo. Per questo anche i cani dovevano fare la stessa fine del capofamiglia"
Anand mi ricordava che è così quando nessuno più crede in un aiuto sociale. Nella mia mente echeggiava alle sue parole l urlo notturno di Kailash, quando il suo grido “ Nobody help me”, esplode contro il padre e la madre, i suoi fratelli o parenti, chi sia delle sua casta, contro ogni singola persona, e singole persone, mai contro un ingiusto ordine sociale.
Intorno erano intanto un incanto i campi di grano e di colza, tra i cui steli vedevo crescere a febbraio gli stessi fiori, le veroniche, i ranuncoli, le piantaggini, che a primavera rendevano smaglianti le zolle della mia terra nativa, o ne variegavano gli steli, ed era tra la loro distesa, che due piante di mango, due tendu, ed un asoka, nella loro grandiosità arborea elevavano a sacrario solenne il recinto del tempio, una pura cubatura profilata di aggetti e con un’entrata di soli stipiti nella cella interna, senza alcun decoro, od ornamentazione, che non fossero a guisa di testate di travetti un filare di tulas, (a memoria nella dura pietra delle origini lignee del tempio hindu), proprio come in spirito ed in verità dovrebbe sorgere ogni luogo ecumenico di adorazione presente del divino
“ Così, non altrimenti, dicevo ad Anand, non come quelli di Khajuraho, costruirei oggi un tempio”
Avevamo il tempo per indugiare anche in Tigawa, nella visita del suo tempio Gupta in cui l'ornamentazione già rendeva fastosi i pilastri del portico aggiuntosi alla cella, e i vasi dell’abbondanza o i kirtimukka trovavano un primo evolversi rutilante.
C’erano altri due antichi templi ancora da vedere a dire di Anand, in riva al talab, che ora era in secca, ove si tuffava nel nuoto quand’era ragazzo, ma erano edicole Bundela edificate con materiale d’asporto, sì, esso antico, ma assai posteriore all’epoca Gupta. dei templi di Tigawa e di Kuda, oggi Hinauti.
La strada rifatta, a grandi corsie, in cui ci immettevamo di nuovo per rientrare a Bauriband e prendervi io l’autobus per Katni, Anand mi diceva che conduceva fino a Khajuraho., via Bakal, Raipura, Amangangj, Panna.
Tutte le strade pare che come a Roma, in Italia, qui nel Madhya Pradesh rechino a Khajuraho, da cui si segnala la distanza nelle solitudini d’altura del Bagelkand, come nel traffico di Gwalior ai margini della rete ferroviaria, a disdoro della stessa capitale Bhopal. Peccato, tra me mi dicevo, che poi in Khajuraho tutte le strade siano rimaste così a lungo distrutte. E che ora che esse mi recano agevolmente ai campi che Kailash mi diceva di sua spettanza, abbia scoperto che sono invece della nonna, e di spettanza trstamentaria prima ancora del padre e degli zii, e al contempo che si sia così dissolto ogni mio intento georgico.-

Cronache di Viaggio 6, 7, in Rewa, Govindgarh
Avevo dunque ragione a sentirmi insolentito da quel ragazzo che nel villaggio di Masaon mi si era messo alle costole, se un vecchio ch’era alle nostre spalle e doveva conoscerlo bene, agitava il bastone in sua direzione come se volesse romperglielo in testa, imprecando contro di lui come contro di un vero madarchor.
Trovavo davvero bello quel tempio in riva al talab? E così interessante quel suo villaggio? Se era così perché non fotografavo ogni suo edificio e casamento? Ogni bufalo e bue e pecora nei loro recinti? Anche quest’oca, sir…
Mi ricordava l imbecille di Barhut che non aveva trovato di meglio che strapazzare in me l unico visitatore che a memoria d’uomo si fosse visto venire a vedervi i pochi resti, rimastivi inasportati, di quel che fu uno stupa dei più grandiosi., quando prima ancora che un altro straniero metta piede in Masaon , evi ed eoni intercorreranno. Ma evangelicamente non contrariarmi e fare con quello sciocco ragazzo il doppio di strada, di lui servendomi per facilitare i contatti con bimbi e ragazzi che sopraggiungevano incantevoli intorno, aggirarmi tra le case senza suscitare irriguardosi commenti, era ben preferibile allo scrollarmelo di dosso a male parole. Quanto al tempio Kalachuri, il suo santuario circolare con 13 bhadras isomorfe , che prolungandosi nel portico si uniformava ad una yoni incentrata in un lingam, al di sotto di quel che restava dell ogiva del sikhara, sarebbe stato di ben maggiore risalto, in se stesso, se non di desse che non era un unicum, ma la copia meno esaltante di quello di Chandrehi, con il quale, nella sua assenza di icone, condivideva la sorte di essere l’espressione più pura del tantrismo ascetico della setta shivaita mattamayura, senza le compromissioni rappresentative statuarie dei suoi tempi edificati sotto la sovranità dei Kachcchapagata in Kadwaha, Renod, Terai, Surawaya.
Ma già dal mio arrivo in treno alla stazione di Rewa, era stato come se la realtà tutta venisse subendovi un impazzimento, o rientrasse nei cardini della sua normalità indiana: in cui i rickshaw- wallah ti si appressano intorno molesti ed esosi, gli inservienti ti entrano in camera indiscreti e invadenti, nessuno ne sa niente di niente di ciò che persegui, o peggio, ti fa credere di essere uno stupido che insiste nella ricerca di quel che non esiste che nella imbecillità della sua immaginazione fantastica
Di certo anch’io ci avevo messo assai del mio a tale piega degli eventi, nella presunzione di potermi rifare nella visita di Rewa a quel che nei suoi reports ne scrisse e descrisse il maggiore Cunningham oltre centocinquant’anni fa, magnificando uno splendido torana ritrovato in Gurgi e depositato nel suo Museo, di cui la volta precedente, quando una festività civile ne aveva precluso l’accesso, mi ricordavo bene di essere pervenuto all'entrata insieme con Kailash, e diffondendosi nel dire, inoltre, l illustre padre dell’Archaeological Survey of India, dei resti giganteschi di una statua di Parvati e Shiva sistemata in un suo parco: ne sapeva qualcosa uno dei proprietari punjabi dell hotel in cui avevo voluto essere di ritorno, e che aveva instradato sulla via di Masaon l’autorickshaw-wallah.
Ma al ritorno in hotel, altre risistemazioni della realtà in certi alvei indiani, avevano congiurato a che dovessi ripropormici solo il check out il giorno seguente: l’acqua che defluiva in bagno dal solo rubinetto del lavabo, il cameriere del ristorante che seguitava a sconsigliarmi ogni mia ordinazione per le sue troppe spezie, insistendo perché richiedessi guarda caso la pietanza di pollo più costosa, il clamore che da un fantomatico "bad men group" si levava ancora a notte fonda dai locali sotterranei, dove così si celebrava il Valentine day.
E quanto ad ogni tentativo di valermi dei servigi di Rewa, il bazar mi si sconsigliava di visitarlo, perchè quei giorni era chiuso per ragioni di ordine pubblico, e solo a svariati chilometri dall hotel, avrei trovato un atm che mi erogasse rupie.
Mi riservava l indomani lo stesso destino Govindgarh?
Per visitarne il palazzo mi si diceva di scendere dall’autobus ad un bivio che precedeva il villaggio, e di seguitare, sulla destra, per una strada ai margini della quale si addensava un interminabile parco, che il suo percorso seguitava poi a costeggiare lungo un rio d’acqua, con tante bettole che ostentavano tranci di pesce fritto invitanti, oltre le quali mi incamminavo, sempre sulla destra, lungo un viale che alfine mi portava all’entrata di quel che del palazzo rimaneva che non fosse rovina.
Una cancellata ulteriore lasciava intravedere al di la delle due inferriate templi sepolcrali , girando intorno al cui muro di cinta pervenivo alla vista ristoratrice di quel che credevo fosse un fiume incantevole, sulla cui vegetazione edenica si affacciavano i ruderi del belvedere- baradar del palazzo fantasma.
Allontanatisi due ragazzi che in quelle acque avevano fatto un bagno, discendendovi da un ghat, rimanevo lì solo e intimorito.
Per un’apertura in un portale cercavo poi l’accesso ad un cortiletto interno, da cui per una scalinata malmessa risalivo alla gronda, fiancheggiata da quella di uno spiazzo superiore, su cui mettevo piede per addentrarmi più oltre. Ma non mi si sarebbe offerto che l’adito a vuote stanze, ed alla vista , di significativo, nella sua cella della statua di un Garuda in atto di devozione di fronte al dio Vishnu di un tempio antistante.
Ripercorrevo i miei camminamenti fino all’ esterno, per ritrovarmi all’altezza del gath mentre nelle acque si stava immergendo un giovane uomo.
Risaliva a me vicino e chiedeva poche cose sul mio conto, per poi parlarmi di Govindghar, dei raja che vi avevano edificato il palazzo nel parco e di come tutto quanto fosse finito in malora, che era in quei paraggi che era stata avvistata e ritrovata la tigre bianca di Rewa, che soltanto quell' incanto vegetativo mi aveva di fatto evocato dal mio arrivo nella città.
Correggendomi in quanto al telefono avevo riportato a Kailash, con il quale l’avevo messo in comunicazione, mi diceva che per quanto quelle acque mi rammemorassero il placido fluire di un Ken river, erano quelle di un talab, che nel sole traluceva meravigliosamente.
Sopraggiungeva un’anziana ch’egli mi diceva essere sua madre, che nelle luccicanze dello specchio delle acque si immergeva in un lungo bagno.
Lo avessi atteso cinque minuti, il tempo di un suo lavacro e di una sciacquatura degli abiti, ed in motocicletta egli avrebbe potuto accompagnarmi nella vicina Mukunpur, dove una tigre bianca avrei potuto vederla per davvero, per poi recarci insieme nella Chandrehi dove gli avevo detto in precedenza che avrei voluto fare ritorno, e di cui ignorava evidentemente l'ubicazione distante
Che fosse dunque per quella tigre che supponevo impagliata in un museo, e sfumasse pure, nell improbabile, la rivisitazione del tempio di Chandrei e di quel magnifico villaggio , da cui troppa strada lungo una dorsale collinare ci separava, perché ambo le mete fossero possibili in quel che restava di quel giorno.
Seguitavo il giovane, di famiglia contadina, fino alla sua dimora ed ai suoi campi a ridosso del parco, il tempo poi di bermi il caffè che mi serviva, e in breve con lui mi ritrovavo avviato nella mia nuova avventura.
A noi si univano altri due suoi amici che si facevano poi in tre in sella ad una sola motocicletta, lungo uno di quei meravigliosi viali alberati dell'India che evocano le memorie di suoi passaggi e grandi trunks roads, finchè non ci ritrovavamo, tra la giungla, all ingresso di un parco zoologico in via d’apertura.
Era dunque una tigre bianca in carne ed ossa che mi apprestavo a vedere, per la cortesia di una gentilezza ineffabile delle guardie forestali, che ci lasciavano entrare ed accedere, precedendoli, alle aree cintate di reti in cui due tigri bianche e due tigri gialle erano in gabbia.
Potevo già sentirli i ruggiti a distanza, e al di sotto di un telo vedere profilarsi una delle due tigri bianche, imponente e felpata, di una naturale maestà regale
Una giovane guardia ci teneva intanto a distanza, poi si decideva a lasciarmi avvicinare, sentiti i suoi superiori. Ed eccola, Ragu, uscire all aperto e sfilarmi davanti, senz’alcuna ferocia nella sua assenza di sguardi.
Era la volta poi della tigre gialla, Mukul, essa sì, minacciosa ed aggressiva nel suo guatarmi istantaneo.
Mi intrattenevo quindi con le guardie ch’erano convenute alla mia uscita, firmando un registro e profondendomi nella promessa che con il mio amico ed i suoi bambini sarò di ritorno al termine delle scuole, dopo che tra il 15 ed il 30 marzo, Narendra Modi o non Narendra Modi, il parco sia stato inaugurato.
Mahendra Patel, così si chiamava il giovane, solo alla fermata dell’autobus per Rewa mi avrebbe detto di essere un ingegnere elettronico, ancora in attesa di avere in futuro una moglie ed un lavoro. Che gli telefonassi al mio arrivo in città. Ch’egli venisse a trovarmi in Khajuraho, lo sollecitavo a mia volta, se gli fosse pesata l’attesa di un nostro reincontro, che avverrà solo allorquando mi sarà possibile, con Kailash ed i nostri bambini, fare ritorno alle cascate ed alle tigri di Rewa.
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7 Resta in conclusione l epilogo di una complicanza regale. Perché in alternativa all hotel che lasciavo, il non aver potuto trovare ricetto che nel Raj Vilas di sua altezza Pushparaj, mi ha involuto nelle latebre mentali dei suoi uomini. Per i quali se un museo archeologico esiste in Rewa, comunque lo si chiami, Bagheli o Fort Museum, non può essere che quello di sua Altezza.
Dove esposti alla di male in peggio in un vano inferiore, pur sussistono sculture di pregio, quali Shiva e Parvati intenti nel gioco degli scacchi.
Così, dopo essermi perso mentalmente per le vie che nei pressi del museo del forte ne discendono nel quartiere islamico, l’indomani rientravo in hotel rabbuiato come si era annuvolato il cielo, oramai solo per fare ritorno in autobus a Khajuraho.
In un negozio nei pressi della College Road, quella che Kailash aveva ribattezzato come l Hitler road, per la presenza di un negozio fashion, quanto mai trendy, che del furher porta anche sulla saracinesca il logo dei baffetti, avevo già acquistato t-.shirts per Poorti, Ajay, Chandu ed il caro Mohammad.
Le strade del ritorno lo stesso disastro di un anno fa. Alla mia ricerca in Google, la localizzazione nel Viankar Bhawan di Rewa, del suo District Archaeological Museum inesistente.



MARTEDÌ 15 MARZO 2016

mela ground and unageing intellect
Doppia traccia


Ora stanno piangendo sulla loro sorte al mela ground , mi diceva il mio ritrovato Mohammad nel Lassi corner in cui aspettava di cibarsi del panir Paratha che gli avevo offerto con un bicchiere di sweet lassi, dolendosi i rivenditori dei banchi e degli attendamenti della fiera annuale di shivaratri, con gli addetti alle giostre, sulle ragioni dei loro magri guadagni che Mohammad sapeva cogliere insieme perfettamente . Per la pioggia che ha iniziato a cadere proprio in questi giorni e per la siccità di mesi e mesi che l’ha preceduta, per la quale i contadini privi di pozzi sono rimasti con i campi incolti e senza denaro da spendere perché i loro campi aridi sono rimasti incolti, per l incidente che è capitato, e le sue conseguenze,” Ora la polizia gira dappertutto, e non ti lascia stare insieme se sei in gruppo”. L’incidente che era capitato ero lo stupro di una bambina di neanche otto anni, figlia di uno dei venditori della fiera accorso come gli anni precedenti da un villaggio vicino a Mahoba, che è avvenuto nei pressi dell’accampamento, di notte, per opera di un ragazzo addetto alle giostre ch’era del suo stesso villaggio, secondo quanto me ne poteva dire Mohammad

Le voci che oramai fosse senza più vita si erano sovrapposte alle informazioni dei giornali che la davano invece ricoverata in situazioni critiche ma non gravi in Gwalior, ed ora Mohammad poteva confortarmi che fosse fuori pericolo di morte, benché in uno stato degli organi interni che mi accennava soltanto. Ma in assenza di notizie ulteriori sui giornali, nei notiziari, come dare credito a queste anziché alle voci che venivano intanto affliggendo al lavoro in tuc tuc l animo e la mente di Kailash, che al mio ritorno mi avrebbe detto che la stessa colletta che avevo visto intraprendere preso il lassi corner, era invece per i funerali della bambina?

 


DOMENICA 20 MARZO 2016

Chandu ed io
Quando del mio Chandu, per un travisamento, ieri mi è stato detto che per lui non c'era più posto nella prima classe delle suore, sono finito in deliquio e mi sono trascinato all esterno in guaiti di dolore; e stasera quando mi sono steso a lui accanto ed ho posato il mio braccio sulle sue spalle,lui si è girato di schiena ed è defluito istantaneamente nel sonno; ciò detto, io non sono suo padre ed il mio amore di bambino non è mio figlio. Altro di meravigliosamente grande siamo l uno per l altro.

Con quanto desiderio ed amore ieri sera ho rivisto Mohammed, di una freschezza carnale più incantevole che mai, di una luce negli occhi di cui nulla c’è ora per me di più bello, talmente è ancora intatta , per la mia integrità con lui, la confidenza fiduciosa con cui mi rivolge il suo sguardo, il ragazzo non temendo nulla di ulteriore se io lo bacio o carezzo, come mi piace talmente tanto, quando lui stesso, nel lasciarci, mi porge la giuntura tra il capo e il collo perché li io lo baci, dove la sua fragranza è già la virilità della sua prima barba…
La sua bellezza era resa ancora più radiosa dal contrasto tra il biancore della sua maglietta ed il suo incarnato scuro, una maglietta che ieri sera era contento di dirmi ch’era un regalo della sua she-girl, di nuovo egli nel mio ufficio, e su sua sollecitazione. – per questo gliene avevo lasciato in anticipo le chiavi , nel Lassi corner dove mi aveva raggiunto, rientrando nel frattempo in casa e nella mia stanza per ritirare i libri della lezione di italiano- una sua richiesta spontanea che mi era talmente gradita, dopo che per la furia impazzita della mia mente anche la pioggia che domenica come sabato l’aveva trattenuto in casa anziché venire in ufficio, era parso ancora un pretesto della sua diserzione continua delle mie lezioni.
Ed ora, tra me mi tacitavo mi chiedevo restando in silenzio nel lassi corner, era venuto a cercarmi ancora perché necessitava di un mio aiuto economico, per le lezioni di matematica che voleva protrarre oltre gli esami in corso, o già avvenuti, per essere più in grado di affrontare le difficoltà del decimo anno di studi, come mi ripeteva stamane al telefono?
Nel corso della ripresa delle lezioni, mentre alla sua vista davanti più non avevo solo la morte nel cuore, gli avrei accordato intanto anche le 60 rupie della ricarica al telefono, tra un verbo e l'altro in –ere che veniva studiando, dopo che la fugace comparsa di Imran Khan, che ci aveva detto che sarebbe tornato con libro e quaderni senza fare ritorno, mi consentiva di sfogarmi nelle mie considerazioni sprezzanti sugli indiani che una dicono, un’altra pensano, un’altra ne fanno.
“ Già, già. È così per il 99%, ma io cerco di essere diverso”
L’avrei lasciato in un bacio perché facesse ritorno ai suoi studi in vista degli esami, dell inglese i cui testi avrebbe affrontato oggi, l indomani, mentr’io , nella mia disperazione di sentirmi immortale e del sapermi mortale, con la mia fine eterna più che la mia vita residua davanti, mi sarei ritrovato la sera di nuovo alla ricerca in Hillesum di una verità più intima di accenti personali nelle mie pagine di diario. in Yeats di una mia risorta parola poetica dopo che l intera giornata l’avevo trascorsa alle prese del tempio Lakshmana quale mio “monument of unageing intellect, tenendomi alle remote distanze in cui mi ritrovavo a veleggiare, dal canto in cui fossero intenti corpi abbracciatri e carni in amore, gli uccelli tra i rami, i bimbi nei giochi, fish, flesh, or fowl.
Solo in Chandu, nella sua cara richiesta con cui mi si era addentrato in stanza di 100 rupie per la mamma perché lo accompagnasse alla fiera, avevo ritrovato il tepore fisico di una tenerezza e dolcezza zuccherine, nel suo lasciarsi avvolgere in abbracci e tempestare di baci, mentre in Kailash avrei dovuto ancora una volta restare ad assistere all ottenebramento serale in cui, forse perché è tornato all’alcool, la sua mente restava confusa involgendosi in ogni sorta di sconforto e di rancore sociale, contro le mafie di politici e ricchi tutti quanti ladri e corrotti, che non pensano al poor people, e congiuravano ora a lasciarlo senza notizie certe nei notiziari televisivi asserviti ai loro interessi, sullo stato di salute per cui trepidava della bambina stuprata giorni or sono al mela ground.
 




Siccità indiana, due poesie






Sotto un cielo che affosca ogni orizzonte,
di una luce che calcina i campi riarsi,
ch’essica il canto e lo squarcio di gole distanti,
che mai ancora, al limitare,
trascina lo zoccolo in ceppi
a pasture di stoppie,
il tuo farti l ombra di strade deserte,
ed ancor oltre l' insano tumulto,
eppure ci avvince del filo stesso
di ogni loro strappo
a ricucire insieme i nostri sudari?
Tra i morti ancora per acqua, che mai
di cui ancora trilla l’usignolo imperiale /meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è madido d’amore




Nel cielo che affosca ogni orizzonte,
di una luce che calcina i campi riarsi,
essicca il canto e lo squarcio di gole distante,
che mai ancora, i fiumi riversi cadaveri, al limitare,
trascina lo zoccolo in ceppi
a pasture di stoppie,
il tuo passo/ andare a farti l ombra di strade deserte,
la falda residua nel tracimare di fiori e foglie,
di bougainvilles sitibonde,
ed ancora oltre ogni insano tumulto,
eppure ci avvince del filo stesso
di ogni loro strappo
a ricucire insieme i nostri sudari?
Che mai, tra i morti ancora per acqua
di cui ancora trilla un canto l’usignolo meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è sporco d’amore.

/( che mai )
pure ci avvince,
oltre ogni insano tumulto.,
del filo stesso di ogni strappo
a ricucire insieme i nostri sudari,
( che,) del filo stesso di ogni loro strappo? ))
Tra i morti ancora per acqua
di cui ancora trilla un canto l’usignolo meccanico,
è inesausto il gioco , il richiamo al telefono,
il desiderio è sporco d’amore.
--------




illividiscono i talab in acque morte, i fiumi riversi cadaveri,
radi uccelli sorvolano ad un sole
implacato tra nubi
gli armenti di capre
a stenti arbusti inerpicantisi,
della falda residua falda rasentano il tracimare
in fiori e foglie di bougaivilles sitibonde,
ove tutto tace,
“opened ground “,
è un’invocazione silente di dissodati campi.

 


 


 

DOMENICA 3 APRILE 2016

in amarkantak, sohagpur

Nella luce abbagliante di un’alba di marzo incantevole, erano appena le 6 quando io e Kailash scendevamo alla linda stazione di Anuppur, per la quale puntualmente eravamo partiti la sera avanti alle 10, 20 da Satna, così attenendoci alla destinazione del nostro biglietto ferroviario benché sul treno, poco prima dell'arrivo in Anuppur,un viaggiatore ci avesse avvertito che alla futura fermata di Pendra Road ci saremmo ritrovati a una distanza ben più ravvicinata rispetto ad Amarkantak.
Confidavo nel fatto, e Kailash concordava, che essendo Anuppur il capoluogo del distretto di appartenenza di Amarkantak, mantenesse con Amarkantak dei collegamenti regolari di autobus più frequenti anche in quel primo giorno della festa di Holi, nel corso della quale abitualmente i pullmann seguitano ancora a procedere non procedono lungo le strade dell India prima di arrestarsi il giorno seguente per non essere coinvolti in schiamazzi, secondo una norma che vale inflessibilmente almeno durante il giorno seguente del o dal lancio di polveri e getti liquidi di colori. Ma quando oltre il bazar su cui svettava un gran bel minareto, raggiungevamo il semplice spiazzo in cui consisteva ch’era tutto quanto in cui consisteva l autostazione, lo trovavamo vuoto e deserto.
Non ci restava che di chiedere del prossimo treno che fosse in partenza in direzione del Chattisgarh per Prenda Road, facendo il biglietto di corsa semplice come passeggeri.
Non dovevamo che attendere, fino alle 7, 40, il treno proveniente da Haridwar e diretto a Puri, via Bilaspur, che dopo poco più di mezz’ora di viaggio ci avrebbe consentito di scendere alla stazione ferroviaria della antecedente Gurela, che tale è il nome storico di Pendra Road, il profilarsi del cui centro ci si prospettava come una quinta scenica oltre un arco d’ingresso. Ma vi si sarebbe rivelata una corsa a vuoto, la nostra in autorickshaw verso un’autostazione ancora più minuscola e ugualmente priva di autobus che quella di Anuppur.
Kailash aveva la prontezza di spirito di proporre allo stesso conducente dell’autorickshaw, quanto gli prefiguravo ch’era la sola cosa che ci restasse da fare, ossia di farci condurre da un tuc tuc o da un’autovettura fin su in Amarkantak, e per non più di 500, 600 rupie l’accordo con egli era rapidamente raggiunto Intercettavamo Restava solo da intercettare un altro viaggiatore, lungo le strada che riavviava alla stazione ferroviaria, che al conducente si diceva si era detto ugualmente intenzionato a raggiungere Amarkantak, ed eravamo già volti a destinazione nell'arioso mattino.
Vi ci dirigevamo per una scorciatoia che abbreviava il tragitto da 41 a 28 chilometri, ma a costo di inoltrarci lungo l'inerpicarsi a poco a poco di una stradicciola secondaria il cui asfalto era non più che un residuo scrostato tra ciotoli e buche, in un subbuglio che più di quanto non mi sconquassasse le interiora, rinfocolava la penosità dell'emorroide persistente di Kailash.
Attraversavamo diversi piccoli villaggi le cui case rammemoravano ancora quelle del Bagelkand, prima di ritrovarci nell'ammanto forestale, non senza che un malaugurato infanticello mi desse modo di fare esperienza che non ovunque in India la festa dei colori impazza dopo il rogo di Holika, investendomi nel volto e nei vestiti di una secchiata di colorante rosaceo.
La boscaglia che si addensava lungo le pendici che risalivamo, sui fondali di un cielo di un blu smagliante immacolato di nubi, trasmutava in primavera incipiente l'estate che giù nei fondovalle, nella remota piana dei dintorni di Khajuraho che avevamo lasciato il giorno avanti , e lungo i pendii del parco di Panna che avevamo risalito, volgeva già ad un autunno polveroso ed arido, poiché rispetto alla caduta delle foglie che vi rinsecchivano nelle giungle spoglie e tra i campi che per la siccità erano rimasti dissodati ed incolti, lungo le erte che il tuc tuc affrontava veniva prevalendo tra le nuove infiorescenze la loro ricrescita gemmea , viridiscente o vivida di tinte sanguigne ed ocracee, avvivando la luce del giorno del loro brillio smagliante, nelle piante di tendu e palash che subentravano in altura fino al farsi dominante ovunque del sal.
Nei divallamenti, casolari sparsi tra radure di verde.
In Amarkantak, districandoci tra le vie multiverse del bazar alla cui altezza il conducente ci lasciava, insolitamente ci contentavamo del primo alloggio in cui ci imbattevamo, per la spaziosità e la pulizia di camera e bagno mostratici, essendovi l'unica sistemazione che vi fosse ancora disponibile con una latrina occidentale, - altri visitatori e turisti indiani stavano intanto pervenendo in Amarkantak per le festività di Holi-, e bastava una doccia a ritemprarci, ed a che Kailash mi precedesse alacremente nel tratto di strada che avviava alla discesa verso l'udgama Narmada, il complesso di templi intorno alla sorgente del fiume sacro.
Ma erano ancora le due del pomeriggio ed il sito di culto era stato chiuso a mezzogiorno per essere riaperto oltre le quattro, così, oltre il loro calcinato biancore incamminavo Kailash verso i templi Kalachuri che si sopraelevano appresso.
Nel parco archeologico li precedevano un Narmada kund cui si fa risalire un soggiorno in Amarkantak di Sankarakarya, ed alcuni santuari postumi. La rassegna di quelli Kalachuri ne considerava inizialmente due contigui , in onore l'uno di Shiva e l'altro di Vishnu , entrambi preliminarmente con una sala mandapa racchiusa da una balaustrat e sormontata da tetto piramidale phamsana, ch'era d'accesso ai vestiboli e ai santuari dei templi. Erano essi pancharatas nelle loro proiezioni parietali come in quelle dei loro sikharas, che eccezionalmente nel secondo dei templi, quello vishnuita, erano due quanto i corrispettivi santuari garbagriha perpendicolari. Quindi era la volta di un mandapika e di un tempio ad esso di fronte che sorgevano alla loro altezza, entrambi con sovrastruzione piramidale sovra la cella del santuario, poi più oltre, in discesa, verso l'affiorare delle acque sorgive del Narmada in polle d'acqua, compariva il Pataleshvar, dalle fattezze simili a quelle dei due primi templi ma conservatesi più integre. Più in altura si profilava alfine il tempio che di tutti si sarebbe rivelato il più fascinoso e interessante, il tempio Karna, che la descrizione di Krishna Deva prefigurava come comprensivo di tre santuari, e sapta-ratha, con sette proiezioni lungo le loro mura e fascicolari dei loro rispettivi sikharas , uni e trini benché la perdita integrale del mandapa di raccordo e d'accesso, li facesse risultare l'uno separato e distinto dall'altro.
La pianta complessa degli stessi primi due templi, del Pataleshwar e del Karna, li faceva risalire a non prima del secolo XI, ovvero ai tempi del re Karna Deva, ( 1041-1073), a dispetto di quanto potevano lasciare intendere la rudimentalità d'intaglio della pietra granitica in cui erano costruiti e l'ornamentazione che escludeva statue nelle stesse nicchie dei bhadra centrali e delle kapili dei vestiboli, dove in loro vece era intagliato un rombo diamantino floreale, eccezion fatta per le edicole vuote del solo tempio shivaita, mentre quello vishnuita pur ospitava in una delle sue celle i resti di una statua del dio, sostitutiva di quella di cui era stato depredato. Si trattava in realtà dell'umiltà architettonica di uno stile "provinciale" che nell India centrale, come si diede per quello occidentale pagano della romanità imperiale lontana dall urbe e poi per quelli cristiani più popolarescamente devozionali, ebbe a coesistere con quello più sontuosamente raffinato delle capitali religiose dei regni. Al pari del configurarsi in ruvidi accenti dello stile dei templi Chandella dei dintorni di Mahoba, in Makarbai. ad esempio, od in Vyas Badhora, o nella loro remota Dudhai* esso al contempo era di complicanze meno lineari, ammettendo una pluralità di aditi o di esiti terminali, e ridotto ai minimi termini statuari od ornamentali, nell'udumbara stesso della soglia d'accesso, dove ricorrevano fluenze di volute in luogo di un mandaraka nelle fogge del loto, di devoti e gaja simha di cimenti leo-elefantini ai lati, e quant' altro, nei sakas dei fregi degli stipiti laterali, ridotti a pochi lineamenti decorativi, assenti Ganga e Yamuna e qualsiasi assistente delle divinità fluviali, nel lalata bimba della trabeazione ove in luogo della Trimurti o di Navagrahas planetari e Saptamatrikas esibiva in Amarkantak l' eleganza al più un fiore di loto inciso, in nicchie di bhadras centrali e kapili vestibolari, o piedistalli di karnas e pratirathas, che anzichè alle manifestazioni radianti del dio del tempio, od alle grazie di apsaras o alla propiziazione di dikpalas reggenti, si offrivano solo a simbolizzazioni ornamentali. Nel loro ad Amarkantak, come nelle Dudhaio Makarbai dei domini Chandella, primeggiava il rombo diamantino in guise efflorescenti , così come i pilastri nei mandapas assumevano vaghe sembianze mistilinee, di profili ottagonali evolventi in contorni circolari, al contempo in cui altri e le lesene permanevano arcaicamente badrakas, con due vasi dell'abbondanza ai termini dell'intaglio centrale.
Del complesso di templi Kalachuri di Amarkantak mi appariva particolarmente fascinosa l'austerità sacrale del tempio Karna, esaltata dalla sua pietra rossiccia muschiata di argenteo grigio verde, per la trascendenza della loro matrice hindu espressa dalle sue pure forme ascendenti, che come nel tempio shivaita di Mahua o in quello di Indor, o della setta Mattamayura in Chanderi, mi aveva evocato la stessa sacralità parietale di una pieve cattolica rurale.
Oltre la cancellata io e Kailash potevamo intanto intrvedere il volto radioso di Amarkantak, nella luminosità delle acque degli invasi che ne fronteggiavano gli edifici cremisi scolastici e religiosi, mentre sulla sommità dei rilievi circostanti ostentava la sua apparizione la mole in costruzione di un grandioso tempio jain.
Amarkantak ci sarebbe apparsa ancora più luminosa, già al tramonto, nel candore dei tempietti dell udgama Narmada tra cui io e Kailash avremmo concluso la giornata, intrattenendoci fino a tardi perchè proprio quella sera vi si sarebbe svolta la cerimonia di una maha-arti. in onore della divinità femminile del fiume.
L'indomani Amarkantak ci sarebbe riapparsa nella stessa luce abbagliante, che sfolgorava splendida sulle sue radure assolate, traluceva nelle foreste di sal, ove le piante schiumavano efflorescenze tra i brividii del verde delle foglie, non appena le sommovesse il più tenue vento, mentre tra i loro ammanti forestali il conducente di un fuoristrada ci conduceva alle vicine sorgenti del fiume Soni fino al loro ricadere giù a valle verso oriente, in opposizione al corso verso ovest della Narmada, che poi seguivamo, dopo gli slarghi di alcuni sarova, nel suo inoltrarsi quale ancora un rivolo d'acqua tra massi rocciosi, tra boscaglie radiose e gli ameni fondovalle in cui pascevano armenti, fino alla sua prima cascata tra dirupi nel Kapildhara, nel sito di congiungimento tra le catene dei monti Satpura, Vindhya, Maikal, cui faceva seguito la cascatella cui incamminandoci discendevamo più in basso . Il nome vorrebbe che schiumasse come latte, mentre autentico latte secondo il dire di alcuni visitatori provenienti dal Chattisgarh, avrebbero stillato nel primo mattutino le scaturigini che tra l'immensità delle foreste di sal, sulla via per Bilaspur, erano nei pressi del Kabir Chabutara e dell'enorme banyan bargad che protendeva poco oltre verso le pendici le sue immani radici, a commemorare il luogo dove avrebbe sostato in meditazione il grande mistico poeta.
" Impossibile", sentenziava Kailash, come si erano allontanati, alla mia domanda ironica se lo ritenesse vero, egli che la sera avanti si era unito in un battimani al canto Narmadey har che inneggiava all'energia del fiume come ad una deità femminile.
Ciò che nell'aria spirava di meraviglioso era comunque l unisono dei nostri animi/cuori, che si sarebbe ricreato anche nel May ky Bagya dove il conducente del fuoristrada ci avrebbe lasciato, un grove, un boschetto di alberi di mago e banani quali sono soliti crescere dove, come in quel sito, corsi d'acqua irrorano gli avvallamenti tra i monti, e la cui amenità avrebbe indotto la dea Narmada, il condizionale è d'obbligo, a coglierne un giorno i frutti nel giardino che componevano.
Una lenza al cui magnete abboccavano dei pesciolini di plastica, ed un pappagallo meccanico il cui sensore ne animava il canto e le ali al solo fischio e battito di mani, i regali per il nostro Chandu amatissimo che sulla via del rientro a piedi non avrei mancato di acquistare, insieme a Kallu, nel bazar del villaggio che stava riaprendo cessata ogni propaggine possibile della festa di Holi, prima del nostro rientro già l'indomani da Amarkantak, che di privativo ci aveva riservato solo il rigorismo della alimentazione vegetariana da jolies colonies de vacances o refezione dopolavoristica di hotel e ristoranti.
L’autobus su cui l indomani mattina, in un cielo ancora sfolgorante d’azzurro, lasciavamo Amarkantak alla volta di Shahdol, cui era destinato. per visitarvi il tempio Kalachuri Virateshvara nella contigua Shoagpur, una volta giunti ad Anuppur ci lasciava a piedi perché il proprietario ne aveva cambiato destinazione, e nell'autostazioncina dovevamo attendervi per quasi due ore l’arrivo di una coincidenza diretta a Shadhol, il primo treno che vi era diretto non essendo in partenza che all’una del pomeriggio.
Dopo un tragitto sonnolento io e Kailash ci ritrovavamo così in Shahdol poco dopo le due.
Ma prima di dirigerci a Shoahgpur era d'obbligo fare sosta alla stazione ferroviaria per chiedere dei treni che fossero in partenza per Satna, o solo per Katni, enon avendo avuto modo di prenotare in tempo alcuna sistemazione almeno in sleepers class, data l imprevedibilità dei tempi e dei modi in cui nel corso di Holi avremmo potuto lasciare Amrkantak, e non potevamo ritrovarci entrambi che in waiting list su un treno delle 8,20, che sarebbe giunto a Satna sette ore dopo, quand’era ancora notte.
Con lo stesso auto-conducente dello stesso autorickshaw ci avviavamo quindi alla volta di Shoaghpur, in una solarità esplosiva ancora luminosa e intensa quale quella di Amarkantak, nel blu più profondo, non senza avere fatto sosta lungo il percorso in una piccolo bar attavolato all’aperto per uno spuntino rifocillatore.
Il tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, defilato di qualche centinaio di metri dalla strada che recava a Rewa, ci è apparso di primo acchito ciò che si sarebbe confermato a una disamina più attenta, una replica postuma a tutti gli effetti di quelli di Khajuraho nirandhara , senza deambulatorio.
“ E' un tempio Duladeo” avrebbe concluso liquidatoriamente Kailash con il suo occhio di una memoria infallibile., che d'ambo i templi sembrava non apprezzare gran che nemmeno le peripezie cui sottoponevano una lady in una mithuna acrobatico, se a suo dire/ a quanto ne diceva " shes's like one chair" , una prestatrice d'opera, quanto mai fisicamente sottoposta, figurandovi adibita sottoinsù a seggiola,
In realtà, mentre i Kachchhapagata, nel Kakanmadh in Sihonia, ma non nel tempio Murayat in Kadwaha, , si erano rifatti ai templi maggiori sandhara , ovverosia con deambulatorio, di Khajuraho, (- nel tempio eretto in Sihonia, ai tempi di re Kirttiraja ( 1015-35 d. C.) , pur anche superandoli di gran lunga in grandiosità, e quando è da presumere che ancora non fosse sorto il Kandarya), . i Kalachuri avevano ripreso in Sohagpur i templi posteriori Chandella, di dimensioni minori e senza alcun ambulatorio, che ottemperavano pur su scala minore al nuovo paradigma saptaratha, così com'era era invalso in Khajuraho solo con il tempio Kandarya, a iniziare dai templi ambulatoriali hindu in grande stile. Nei templi antecedenti Lakshmana, e nel Vishwanath, solo sussidiariamente, nella parete interna del sanctum che dava sul deambulatorio di cui i templi necessitavano appunto per l occorrenza, si era adempiuto al canone, ancora pancharatha, di 5 proiezioni per il jangha come per il sikhara, per dare spazio piuttosto, sulle pareti esterne dello stesso mula prasad, alla continuazione della galleria iniziatasi lungo le pareti del primo mandapa , delle nove immagini di sette divinità planetarie più Ganesha e Durga, o delle saptamatrikas in più lo stesso Ganesha e Shiva Virabhadra.
Il tempio di Sohagpur, era quindi una conclamazione imitativa della appagatività del nuovo canone saptaratha così invalso, nei modi in cui nel Devi Jagadamba, o nei templi Chitragupta, Javari, o Vamana, Chataurbuja o Dukladeo, era stato trasposto in formato minore ma in piena osservanza esterna diretta anche lungo le pareti del jangha del santuario del tempio, sicchè alle proiezioni del madhya lata centrale, delle anurathas laterali sussidiarie, di pratirathas e di karnas del sikhara venivano a corrispondere nel jangha parietale il bhadra con ripristinata all esterno nell'edicola del rathika una manifestazione radiante del dio interno alla cella,due pratirathas ausiliarie con apsaras e un karna d'angolo per parte con i Reggenti dikpalas protettori del tempio, i salilantaras dei recessi ospitando vyalas rampanti ed erotici mithunas, quali controcanti terreni delle glorie celestiali.- rispetto all inottemperanza esteriore della norma dei templi Lakshmana, Vishvanata,e solo per certi versi risolta nel Kandarya,per cui il jangha del mulaprasad non differisce da quello del mahamandapa e ad esso si uniforma, quanto al mandapa, nell'albergare in subordine, nelle edicole dell'adhishthana, le immagini in serie di divinità planetarie o di saptamatrikas.
Nel tempio di Sohagpur, come già nel Jagadambha in Khajuraho, erano rientrate le pretese sfarzose del Laksmana, del Visvanatha, del Kandharya, di sollevare sul podio ed il plinto il tempio al suo interno, elevandone il dio e le sue manifestazioni che vi si rinvenivano ad un livello superiore a quello delle manifestazioni del divino nelle divinità planetarie navagraha o delle saptamatrikas che cosmicamente vi procedevano intorno nelle nicchie ribassate dell'adhisthana sicchè nel mandapa del Virateshvara, che la rovinosità del tempo in terremoti più che in devastazioni umane aveva fatto si che finisse conglomerato con l'ardhmandapa che lo precedeva, la balconata della finestra del transetto sorgeva allo stesso livello di kura, kumba e kalasa del podio dell'adhishtana, sopraelevandosi egualmente su bitha e pitha, zoccolo e plinto, di modesto risalto, costituiti da una prima modanatura con rilievi di petali di loto, da un pattika di volute astratte con takarikas, da un karnika con un fregio sottostante di ardharatnas triangolari, un pattika di rosette.
Le balconate erano invece costituite da un rajasena* di rombi diamantini, da un vedika di apsaras alternate a vyalas, come in Khajuraho a onore del vero non è dato di vedere, di una asanapatta di più minuscoli rombi e e coronata da dei kuthas a guisa di pidhas di tetti piramidali, del kaksasana- schienale decorato da una alternanza di phalakas e di fusti di bambu abbinati, a memoria delle origini lignee della balconizzazione di sale o transetti del tempio. Un fregio superiore di volute intersecantesi ultimava il tutto.
Tre ordini di sculture si succedevano lungo la kapili del vestibolo dell'antarala e le pareti del mulaprasad, i loro corsi albergando statue di divinità entro nicchie nell'eminenza di kapili e badhra centrale, sui pilastri* dei pratirathas e di karnas le apsaras e i dikpalas e gli astavasus , nel terzo corso guizzanti vidyadharas, mentre i recessi dei salilantaras erano alquanto miscellanei, ospitando come un dio minore effigie di Vishnu o di altre divinità, insieme con vyalas e mithunas quanto mai arditi o spinti, per lo meno acrobaticamente. Nelle nicchie principali dei bhadras campeggiavano a sud un Shiva bellamente Tripurantaka, a occidente Shiva Nataraja, a Nord una terrifica Chamunda.
Un verandika di due pattikas istoriate di volute vegetali , che precedevano ratikhas di smaglianti rombi floreali cui faceva seguito che precedevano a loro volta il loro minuscolo inserto in un frontoncino a guisa di sukanasa, era l intestazione del sikhara di stile sekhari, bello più che nello slancio ascensionale, longilineo e snello, in quello dei suoi addendi di sikarikas. Li costellavano/ aggruppavano i due urahsringas o urahmanjiari centrali, affiancati nel loro primo grado rampante da quello di uno sringa, per ogni proiezione del jangha, il penultimo duplicato da uno sringa di grado superiore, in quello penultimo, tra vyalas e apsaras, e schiuse floreali, ascendenti ancora finanche lassù.
Krishna Deva che del tempio ebbe ad occuparsi in Temples of North India, eludendone la riconsiderazione nel suo Temples of India, nella sua impeccabile sintesi descrittiva del tempio, di appena mezza paginetta soltanto, ebbe pur l'acuzie di rilevare come il sikhara sia così tall and slender, alto e slanciato, che dei due livelli di sringas o sikarikas " so attenuated in height and bulk", " the upper attached spires hardly reach half the height of the main spire " ( pg.50-51)
Amalaka, chandrika, ancora due amalasarakas, kalasa e il vijapuraka, a guisa di agruume, oltre il collo del greva il coronamento finale.
L'interno riservava l unica conferma alla pre-dizione di Kailash che il tempio fosse simile al Duladeo, presentandosi come ottagonale e volto in una pseudo-cupola , con gli sporti di resti di cariatidi apsaras , un tempo ad ogni spigolo d'ottagono
Il portale d'ingresso mancava della soglia originaria, non di certo di Ganga e Yamuna ai piedi degli stipiti, che in flessuosa tribhanga si lasciavano affiancare da attendenti e dvaparala Bhairava tremendi, uno dei due con katvanga teschiuto.
Esse fornivano il loro supporto a sei bande di sakas tutt'altro che di sola ordinanza, se nello stamba saka centrale albergavano divinità in luogo dei più consueti mithunas, tra due sakas di ganas o gandharvas musici e danzanti, preceduti all interno da una banda di eleganti roselline e una di naga intrecciati in guisa di nodi, all'esterno seguiti da un saka di fiori mandara e da un fregio dalle forme più in rilievo di pelli rinsecchite di serpenti
More insolito, al centro della trabeazione di un lalatabimba nient'affatto trimurtico, Shiva Nataraja era sfrenantesi tra Sarasvati e Ganesha, così come le loro immagini contrappuntavano la sua centralità anche all esterno, nelle kapili, mentre con al centro Ganesha in una sola fascia superiore sembravano sfilare delle chausat yogini , con Ganesha a capeggiarne la processione se era vera la sola supposizione che mi sembrava di poter raccogliere come valida dal guardiano del tempio, sempre che non si trattasse delle saptamatrikas e dei navagrahas, con Ketu e Rahu nascosti in una rientranza rispetto ai muri laterali.

Non senza avere prima sostato ad acquistare frettolosamente anche una t-shirt per Chandu, che al telefono aveva sapientemente chiesto a me un giocattolo, e a Kailash un capo di abbigliamento, a me kilona, a Kailash kaprà, senza entrambi i quali non avevo l'animo di varcare la soglia di casa e di attentarmi a farmi rivedere dal bimbo, ci saremmo ritrovati ancora in waiting listing di ritorno alla stazione di Shahdol, sul treno, su cui comunque salivamo nelle carrozze per passeggeri..
Nemmeno il tempo di sistemarmicisi, che vi avrei ritrovato un indiano non ancora attempato con cui mi ero imbattuto nel Mukunpur park, vicino a Govindgharh. Egli per prima mi aveva riconosciuto, ma con uno sguardo inquietante che avevo disconosciuto, fingendo di non sapere di alcuno zoo-safari di tigri bianche
Le buone ragioni che avevo di eluderlo le avrei appurate quando mi sono ricreduto e l’ho riavvicinato, dicendomi confuso dal suo riferimento a un safari, quando in Mukunpur mi ero solo recato in visita a delle gabbie delle tigri.
Era in realtà folle dell insanità mentale di chi pensa di sapere tutto di tutti e che negli altri ci sia sempre qualcosa che non va. Poteva dirmi nome e cognome del mio accompagnatore, l ora esatta e i minuti primi , se non i secondi del mio arrivo in Mukunpur, ma, a proposito, perché mai, io che ero uno straniero, mi trovavo a viaggiare solo in passenger class con un general ticket? E poi ero sulla direttrice più propria per arrivare a Khajuraho, dove dicevo di volermi recare? Ed il mio passaporto, il mio visto, di sicuro erano in regola?
Scendeva a Umaria, dopo che frastornato me n’ ero distaccato, non potendone più di tanto di sostenere un indiano che non sa chiedere di te senza condurre un’indagine, come non reggo che con un certo nervosismo gli indiani che non sanno chiedere senza dare ordini, o chi di loro una ne dice, un’altra ne pensa, ed un’altra ancora è invece pronto già a farne. Kailash, che avevo convocato perché confermasse al cospetto dell uomo quanto gli avevo detto sul mio conto, dalla sua discesa in Umaria ne arguiva che fosse una guida o una guardia forestale del vicino Bandhavgarh park, che degli altri passeggeri avevano arguito fosse alcolicamente su di giri, secondo la sola spiegazione che la generalità degli indiani sa fornire degli stati di esaltazione od alterazione mentale.
Non si sarebbe rivelato così penoso come ci si prospettava alla partenza il viaggio in general class, - si trattava di un treno che collegava solo due stati-, né sarebbe stata allucinante la sosta nella stazione ferroviaria di Satna fino a qualche decina di minuti prima che gli autobus fossero in partenza per Chhatarpur, o più tardi per Khajuraho.
Preferivo prendere quello per Chhatarpur che avrebbe richiesto una sosta in Bhamitha, dove mi ripromettevo di comperare kaprà, abiti anche per Poorti ed Ajay.
L’alba mattutina era di un chiarore lattiginoso che ci preannunciava il ritorno nel grigiore campestre di una Khajuraho riarsa dalla siccità, ove il verde incupiva nell’ocra dei terreni dissodati ed incolti e delle stoppie dei lasciti dei coltivi già raccolti, nei campi che avevano potuto beneficiare dell’acqua di un pozzo, tra le distese fulgide delle messi di grano non ancora mietute.
“ Tutto in Amarkantak era luminoso, ed ora tutto si è fatto cupo e grigio /fosco” All in Amarkantak was shining and now it's dark” riassumeva Kailash al nostro transito nella foresta riarsa e secca di alberi di teak- sarsoon, del pulverulento parco di Panna dove l’estate vestiva i panni di un autunno inoltrato, nell’ ammanto di foglie secche che ne rivestiva i declivi a spogliazione avvenuti degli alberi .

Ritrovandoci in Khajuraho, dopo Amarkantak, come al capo opposto del palo polare dell’Eden che vi avevamo lasciato.

( cfr il velo della veronica di Yeats.)

Kallu, my best friend…
Really?
My best ennemy if you prefer
Sulla via del rientro dal Mai ki bagya, poi all’udgama narmada
Kailash potrò esser il tuo miglior nemico, ma è da due giorni che lascio che tutto avvenga come nel modo che può farti felice. Visitati i purana mandir ho lasciato a te l ultima parola su ogni luogo dove recarci , cercando di offrirti il meglio di ogni cosa che mi è possibile qui in Amarkantak, di trarti fuori per alcuni giorni di seguito da ciò che per te è il nostro mondo di Khajuraho”




la fascinosità della pietra rossastra muschiata di grigio verde del tempio Karna
 


MARTEDÌ 12 APRILE 2016

Impuntatura omofoba
Mi ha davvero seccato l’impuntatura della giovine valente guida locale di Khajuraho quando ha negato che fosse sia pure l'unica rappresentazione di una relazione di natura omosessuale rinvenibile nei suoi templi, quella che nel Devi Jagadamba raffigura un sadu con in mano il membro del suo allievo. Ridere dell uomo che si accoppia con un cavallo, o dell orso con una lady , dire che il sesso orale lo si vede raffigurato perché è yoga tantrico, non di certo perché la fellatio possa piacere alle donne indiane, si, tale è l evidenza delle scene che si può ridurne l impatto solo reagendo regressivamente, ma una relazione di un uomo con un giovane in quel di Khajuraho, no, non è ammissibile, che vi possa succedere che vi sia anche solo rappresentata, a un anno di distanza dall omicidio di un fanciullo soffocato da un ragazzo e gettato in un pozzo perché non rivelasse che intendeva abusarne, mentre è risaputo che il denaro per un qualsiasi lapka locale viene prima del sesso del/ della partner…Domani l’immagine ingrandita della scena e ai lettori di questa pagina la sentenza, già anticipata da Krishna Deva a pagina 269 di Temples of Khajuraho

 

 

 



 

 

 

GIOVEDÌ 14 APRILE 2016

quel che sogno












Come capita spesso nelle cose di questo mondo, esse migliorano solo per acuire e rivelare meglio i limiti negativi che si ripresentano. In Khajuraho la situazione viaria è ora eccellente dopo tre anni di dissesto stradale totale, per la risistemazione e l' asfaltatura concomitante di tutte le sue vie, che avevano eclissato tutte le opportunità e le piacevolezze e comodità che offre, ma sulle loro percorrenze non ci sono più campi da raggiungere del mio amico da coltivare insieme, che al concretarsi della possibilità di pervenire più agevolmente ai terreni che mi aveva indicato di sua spettanza, egli ha dovuto alfine rivelarmi che sono della nonna, con il padre e due zii almeno in lista d'attesa, e non c’è pressoché più viaggiatore in vista che chieda o per cui valga la pena di inoltrarsi verso i suoi templi per conoscerli davvero approfonditamente .significativamente



E'davvero il tempo dell’arroganza pretenziosa dei suoi visitatori così ottimi ( speso un vero gran “ misto di capriccio, d’insolenza e vanità”, come le sorelle della Cenerentola di Rossini) e della disonestà per contrappasso di chi li raggira, con scorno mio e del mio amico indiano



Così è stato giocoforza confinarci in ambiti isolati, io nei miei viaggi sulle brevi distanze e nei loro reportages, il mio amico nelle cure domestiche e nell’uso dell’ autorickssw soprattutto per il trasporto dei nostri bambini nelle scuole migliori di Khajuraho che cerchiamo di garantire loro insieme all'insegnamento privato. Un ritiro cui è concomitante la siccità che ha prosciugato talab, canali e corsi d’acqua quali il Khudar, inducendo i contadini a lasciare incolta la generalità dei coltivi, per cui tendo a disertare la vista di una natura così riarsa e spoglia, per isolarmi nella rivisitazione dei templi.



Così’ io e Kailash al contempo in cui li deprechiamo ci facciamo forti l uno dei limiti negativi dell’altro, lui dei miei timori a spendere, essendo i costi della nostra vita comunque superiori alla mia pensione mensile, io della sua abulia o ritrosia mentale timorosa di ogni cambiamento ulteriore, e che allo stato di cose presente non sa pensare altra alternativa che il ritorno alla miseria di origine, nel villaggio natio che moglie e figli aborriscono, per acquietarci nonostante tutto nella situazione in cui ci ritroviamo, forti delle soli ragioni valide che qui in Khajuraho sono le scuole in cui è bene che per anni continuino i loro studi i nostri bambini , e che qui è il campo di ricerca cui debbo circoscrivermi se voglio ottenere risultati finanche eccelsi nelle mie investigazioni..



Come dicevo al giovane sceneggiatore di Allahabad che ho incontrato la settimana scorsa, la mia via della mia felicità è tutta lastricata di limitazioni, di tutte le accettazioni e le rinunce che ho dovuto impormi per ritrovarla nel destinarmi nei miei studi e scritti alla mia famiglia indiana, ed è malata di tutta la follia delle sensate ragioni e accampate pretese di reciprocità, recriminatorie, di cui ho dovuto sfebbrarmi per restare fedele al compito assunto quale mia vocazione terminale.



Quanto al mio sogno di felicità, glie l ho esplicitato, in tutta chiarezza: trovare chi mi sostenga, fondazione o magnati, o editori e pubblico, e potere vivere e dare di che vivere a chi abbia fede nella mia attività , grazie ai reportages dei miei viaggi con Kailash da un capo all altro dell ‘India, in una riscoperta interminabile del suo patrimonio sperduto.



 

GIOVEDÌ 14 APRILE 2016

No money for eating, con gli ospiti in casa


"Mia mamma ieri non ha mangiato perché ci fosse da mangiare per i nostri ospiti”, ponendo fine alle reticenze così Mohammad mi diceva presso casa sua di che fosse depresso, sedendo al mio fianco sul chabotri, di un bancale esterno, accanto al giovine hindu il cui capo rasato mi lasciava intendere che fosse un parente della vecchia morta la settimana scorsa e di cui Mohammad aveva assistito alla cremazione, al rizzarsi del suo cadavere mentre il fuoco lo ardeva.
Era stato grazie al giovine che aveva potuto intercettarmi con il cellulare dopo avermi intravisto di lontano che mi aggiravo presso casa sua senza dirigermici, perché, come gli spiegavo, temevo di disturbare il sonno suo e dei suoi famigliari in quell ora infuocata pomeridiana., per quanto ci tenessi tanto a rivederlo, dopo che una sua telefonata mi aveva raggiunto ieri quando era già sera inoltrata, senza che potessi rispondergli perché il suo numero telefonico restava inaccessibile.
Mi aveva telefonato perché le disgrazie si ripresentano di nuovo e tutte insieme per chi è povero come lui: aveva perso lungo la strada le 50 rupie che gli erano state date dal padre perché comperasse almeno del latte per i cinque bambini, che con tre parenti adulti, erano convenuti a casa sua per il matrimonio di un consanguineo che tra Khajuraho e Rajnagar era stato celebrato due giorni or sono, e che se ne andranno solo domani l’altro, quando egli non potrà accompagnarli che fino alla stazione nel loro rientro a Kanpur, talmente la miseria in casa la fa da padrona
E se durante questi giorni non era stato possibile più alcun contatto telefonico tra di noi,(-io credevo , adiratomi, da parte sua per disertare le lezioni in ufficio di italiano, sul cui conto tenevo così’ tanto a fargli intendere che con le mie conoscenze del patrimonio monumentale dell India sono il solo lascito a lui e ad Ajay che può per loro fare la differenza, in concorsi cui si presentano in India crores, milioni di competitori per qualche centinaio di posti) mi si era perennemente risposto che la telefonata era finita prima ancora di cominciare perché la sua sim card “expired”, aveva cessato di essere valida, ed egli non aveva neanche i soldi per acquistarne un’altra.
Così, non potendo annunciarsi prima per telefono, come gli avevo richiesto, nel timore delle sortite della gelosia di Kailash nei suoi riguardi, non si era fatto vivo di persona presso di me nonostante le circostanze, di un’ emergenza che gravava di nuovo sulla sua esistenza familiare-
” Oggi ho bevuto solo del the, mi diceva. sommesso.“No money for eating”. E quando non c’è da mangiare apri gli occhi solo per rimetterti di li a poco a dormire. Così tutto il giorno”
Né aveva energie per raggiungere il mercato, oggi che era giorno di bazar, perché gli comperassi del riso e le verdure con cui condirlo.
Io lo ascoltavo in silenzio, alla vista meravigliosa di un campo punteggiato di stoppie in cui andavan a pascere delle vacche pezzate d’ocra, sentendomi felice di una pienezza vitale nell essergli accanto e riconfortarlo, nell infinita bellezza del suo essere così dolente di dentro e sorridente di fuori., così materialmente misero e spiritualmente incantevole.
Avremmo fatto insieme un tratto di strada, fino al negozio di generi alimentari di Manjunagar, il sobborgo islamico in cui vive, ma per trovarlo ancora chiuso.
Non mi restava che dagli per strada almeno 200 rupie, con l’aggiunta di altre 60 per la sim card., perché comperasse al bazar, come il sole fosse calato e avesse ritrovato le forze, quanto potesse sfamare sé e i suoi cari e gli ospiti in casa fino alla loro partenza.
Di fianco al negozio ci siamo seduti su un altro chabotri, per dirci le ultime cose prima che lo lasciassi per recarmi con Ajay a insegnare a quest ultimo come si identificano le statue degli dei in un tempio hindu.
E’ allora emerso come la disperazione materiale possa avventare la sua mente,quanto quella del padre, in pensieri o gesti terribili, come quello che l’aveva ieri spinto a tentare di tagliarsi le vene, ad un polso su cui restava traccia di come l’avesse solcato.
Avrebbe voluto allora uccidersi, o uccidere, in una lotta contro tutti e tutto.
“ Mohammad la vita è così bella, in questo stesso istante, se anche tu come me non cedi alle esagerazioni della mente, e pensiamo a quello in ogni caso che abbiamo. Io, un uomo di sessantre anni, un giovane amico come te,  Kailash, e i nostri bambini, il mio caro Chandu, Poorti, Ajay.
Sembra incredibile che io lo dica alla mia età, dopo che ho tanto scritto e tanto scrivo senza che nessuno mi pubblichi o legga, ma credimi, l importante è darsi ancora da fare e restare in attesa.. Tutto arriva a suo tempo.”
“ Lo dice anche il Corano, che prima o poi Dio ci invia il suo angelo, e tu oggi sei quello”
Io schermendomi mimavo ironico il battito d’ali, Mohammad sorridendomi mi disegnava una corona intorno al capo.
“ E a Delhi?”
“ Finalmente me ne parli , Quando ci rincontreremo , anche stasera sera, se vuoi, andremo in agenzia per vedere quando sia possibile, già la settimana prossima.
“ Il denaro può comperare ogni cosa, ma non l’amicizia. E prima o poi finisce, mentre gli amici sono per sempre”
Non potevo che sorridere, scuotendo il capo alla sua cara retorica sentimentale, al pensiero di come l’amore per Kailash sia un affetto remoto nel fondo del mio cuore, quanta è la attenzione che devo prestare ogni giorno a non lasciarlo senza rupie, scordandomi intanto di chiedere a Mohammad , mentre lo lasciavo in un abbraccio, che mi aggiornasse al nuovo capitolo di che cosa l’amore sia per lui.


15 APRILE 2016

Tutta la miseria della gelosia

La gelosia di cui è sordido Kailash rispetto all’ aiuto che reco a Mohhammad , anche stasera ha sommosso il fondo di una sua miseria umana disgustevole. Erano già passate le sei di sera quando mi sono deciso a svegliarlo del sonno perché altrimenti non potevo trasmettere alla moglie Vimala le 2.000 rupie dell’affitto della casa, e dovevo pur ricordargli che domani, dopo le ennesime vacanze che sono state l’ennesima occasione di bagordi religiosi di giovani indiani balordi per il dì nativo del leggendario Rama, è bene che egli accompagni a scuola Chandu e che colga l occasione del suo rientro in classe per iniziare a pagare la retta scolastica di cui gli ho anticipato 4.000 rupie. E solo poco prima che rimestasse di nuovo il fondo della sua invidia rancorosa, aveva ricevuto non una, ma tre telefonate di mia madre, che avrebbero dovuto rammemorargli che c’è chi si sacrifica nel suo amore per consentirmi di essergli accanto per tutto il tempo che comporta la sua inettitudine a provvedere ai nostri cari, senza chiedermi conto di quanto io mi spenda per lui ed i nostri bambini invece che per i miei consanguinei, eppure, sentendosi virtuoso perché non è come la generalità dei suoi consimili hindu di Khajuraho, che avrebbero già fatto proprio ogni mio avere, senza che la sua intelligenza in tal senso tema alcuna mia avvedutezza e cauta intelligenza, disconoscente e ingrato ha avuto l impudenza di addebitarmi che aiuto più di lui Mohammad, che per quanto viva nella miseria più disperata, è ai suoi occhi acrimoniosi addirittura ricco, per avere un tugurio che lo imprigiona in una Khajuraho dove fa la fame con l’intera famiglia.
Ad averlo fatto traboccare era stato che poco prima mi fossi detto disposto a non lasciargli più di mille rupie per farsi santo a mie spese, in donativi alle bambine del suo villaggio per NavaDurga,
Ero stato con Mohammad e lo zio in visita ai templi così tanto, nel primo pomeriggio,.e perché il ragazzo non mi aveva invitato a pranzare a casa sua?
Inutile fargli presente che fino a domani vi ha otto ospiti per uno dei maledetti matrimoni indiani che infestano anche le famiglie islamiche, senza che i suoi avessero di che mangiare neanche per se.
“ Kailash, ( è la crudeltà dei fatti che adirato gli ho riversato addosso) Mohammad vive , insieme con la sua famiglia, come vivrebbe la nostra grazie al tuo lavoro e senza il mio aiuto”
E si, che non era un giorno, oggi, in cui volessi od avessi da addebitargli alcunché, perché si è alzato ch’erano stamane le 5, 30 per racimolare rupie con il trasporto di passeggeri in arrivo da Delhi alla stazione ferroviaria, e poi con un sightseeing che è sempre un duro cimento umano con la pitoccaggine dei turisti di ogni risma, rientrando a casa solo nel tardo pomeriggio.
Anche l’altro giorno avevo pur dovuto sanare le ferite alla sua dignità infertegli da tre turiste fiorentine che benché si consentissero di alloggiare in un hotel a 5 stelle, invece che 200 rupie per due ore fra negozi e bazar, avevano mercanteggiato solo 100 rupie per un’ora, presentandosi di ritorno comunque dopo oltre due ore, senza volerne sentire di ragioni compensative,
E fino a che non è stata l ora del suo risveglio vespertino, per oltre un’ora mi sono disteso a lui d’accanto, perché il suo affetto non soffrisse della gelosia che si è in lui reinsinuata.
Ma devo pur avere toccato qualche sua corda interiore con delle risonanze positive, perché nella mia stanza dove mi sono ritirato furente, mi ha raggiunto suggerendomi di fare al più presto i biglietti per Delhi di me, Ajay, e Mohammad, perché stanno iniziando i giorni del Kumbh mela, e la rete ferroviaria per giungere a Delhi da Jhansi è la stessa verso Ujjain dove il Kumbh mela si svolge. E quando io sono sopraggiunto nella camera dove si era messo a letto o disteso con Vimala e i tre nostri bambini e ragazzi, non ha rifiutato la mia proposta a che accetti l invito di Mohammad a consumare un chicken biryani a casa sua, di modo che tocchi, con mano, in che abituro sia ridotto con la famiglia in estrema miseria.
“ Si, se tu pagherai,per lui, visto che come tu dici non ha neanche le rupie che per questo gli servono
 



 


 

Oltre l ingresso nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è una  visione di tale sublime  trascendenza te/ale il tempio  Lakhsmana che ci appare poco oltre sulla nostra sinistra, ,  il primo dei grandi templi in uno stile architettonico  che è valso come paradigma di quello dei templi dell India centrale, ma che era del tutto eccezionale per i suoi tempi, In sua virtù in virtù del quale cui nel  cui stile architettonico il grande sovrano Yasovarman  della dinastia dei Chandella , tra il 930 e il 950 d. c. intese volle contraddistinguere l’elevazione di elevare  Khajuraho al rango di capitale religiosa del suo   regno di recente formazione, a seguito dell’affrancamento della propria signoria feudale da quella dei  sovrani  antecedenti, i Pratihara di Kannauji. Tale esito d'esordio è  già di tale sublime trascendenza nella sua sopraelevazione,  su di una  vasta piattaforma sino al  pinnacolo in cui  culmina l'ogiva del sikhara,  verso l’ assoluto d’origine cui essere di ritorno, su di una  vasta piattaforma sino al  pinnacolo in cui  culmina l'ogiva del sikhara,che  in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici di culto interconnessi di cui il  tempio è l’epicentro, l' insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere dai quali obnubila la comprensione della sua eterodossia/ innovatività dei /  rispetto ai attuativa di canoni che anche per esso restavano vigenti, in ciò che ne adempi in ultima istanza  vincoli paradigmatici od in quella esteriore ne fu inadempiente  vi si risolse nei suoi vincoli paradigmatici e vi rimase irrisolto.  attinenza a canoni di cui  esso sembra inadempiente, se ci si attiene alle sue sole vestigia esteriori.

Il tempio Laksmana, in  onore di Vishnu nella sua manifestazione Vaikunta, è infatti eminente su quattro tempietti situati agli angoli  della piattaforma, con i quali forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e lo precedono un piccolo tempio non sa più se  in onore di Laxmi, o di Garuda, ovverosia  se fosse dedicato alla consorte divina o al veicolo animale di Vishnu,  ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha, l incarnazione di Vishnu nel cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno. Gli è inoltre contiguo il tempio Matangherswara, shivaita, forse un  monumento funerario postumo in spoglie forme più arcaiche, che si presume possa essere stato eretto in onore del figlio di Yasovarman, Dangha, ed incentrato tuttora sulla venerazione del dio tramite  l’icona del suo splendido lingam..


 

Su di essi  la  mole più grandiosa del tempio Lakshmana , composta in elevazione dal basamento dell’adihshthana, dal jangha delle pareti schiuse in finestre balconate, dall intermittenza canonica delle modanature di una verandika, costuita nel Lakshmana dalle modanature  di due kapotas rettilinei l'uno ornato di rombi diamantini, l'altro di croci perforate o kunjarakshas, nelle sue elevazioni  ulteriori staglia il profilarsi dei picchi  del monte Meru, asse del mondo e dimora degli dei, così come in essi culminano le sovrastruzioni, degradanti solo  per risalire al culmine di una cima più alta, di una atrio d’accesso, l’ardhmandap,  una sala, il mandap ,  una ancora più grande con transetti, tutte aperte in una finestra balcone,  le quali precedono il santuario vero e proprio della cella del dio,  anticipato dall vestibolo dell’antarala, e   fronteggiato all esterno dall' antefissa dii un sukanasika. Tale sanctum, il garbagriha, è aggettante /articolato in tre transetti,  due laterali e uno posteriore, e  lo sormonta l'ogiva della vetta superiore del sikhara,  cui risalgono delle sue repliche minori, o sringasm, così  le sale sono sovrastate dalle piramidi a gradoni di phamsanas,  replicate e miniaturizzate a  loro volta dalle coperture  a loro volta piramidali di tanti tilakas, delle edicole elevate a tempietti sui loro fronti..

Se per assumere la necessaria  profondità di prospettiva storico-architettonica, da una visione frontale ci si defila ad una laterale, che ci consente di vedere il tempio principale  stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul lato settentrionale, essendo il Lakshmana volto ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio  il profilo mirabile  in  piano ed in elevazione, e di intenderne la continuità e la sua soluzione rispetto ai due templi   minori, che non ne sono  un semplice accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella antecedente tradizione architettonica templare, cui nella sua grandiosità superiore  gli architetti del tempio * professarono un persistente rispetto, sia pure con le licenze di un differimento attuativo dislocato all'interno  delle vestigia templari, come rimarcheremo. di seguitare ad attenersi persistere nell’attinenza , pur ampliandone e ingigantendone i termini in forme esteriori che appaiono eluderli..

In essi si ripetono infatti, integralmente,  le forme consuetudinarie di cui sono evocativi dei templi Pratihara della regione circostante ,  pur se in  modi più scontati e disadorni spogliate di ogni loro incantevole  preziosità ed incantevole  fastosità dettagliata/ minuta di dettagli, nei modi più scontati  su di essi il tempio Lakshmana svettando impervio, così come sui sovrani Pratihara di Kannauj i nuovi sovrani Chandella  , già loro feudatari, erano giunti ad affermare la loro supremazia, la stessa che sui templi agli angoli della piattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi impervio, pur in una trasmissione di consegne canoniche cui arte e potere seguitano  formalmente ad attenersi.

Quali siano tali consegne le contrappunta il controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella delle vestigia dei tempietti agli angoli,  in cui è più agevole individuarle, così come vi risultano formulate nei termini più chiari ed elementari del loro tramandarsid’obbligo sotto la dinastia Pratihara.

Essi semplicemente consistono, infatti,  del santuario del garbagriha, di un’anticamera breve, o antarala ( “ intervallo) , e di un portico d’entrata,   l ardhmandapa, mentre in elevazione  si articolano in  un basamento,l ’adisthana, nelle pareti del jangha, scandite dagli aggetti di  cinque proiezioni, dall’intermezzo delle modulazioni modanate di una verandika, che ha il suo esordio in una ghirlanda floreale, o pushpa-mala, e da un sikhara di guise  Latina., ossie senza appigli vari di proprie repliche, di sorta, nelle sue rampe ascendenti di cui si fascia, tramate come grate vegetative di archi carenati gavakshas.

Al pari di ogni parete del jangha ( o “ stinco”, un termine che ci ricorda le guise antropomorfe del tempio hindu),  il sikhara stesso è scandito da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la formula del paradigma  pancharatha che ad esso presiede, che contempla un   ratha centrale, il bhadra,  ed un pratiratha e un karna d'angolo per lato.

Tra tali proiezioni, nel sikhara  quanto nel jangha,   ha maggior rilievo quella centrale, il madhya lata superiore e il badhra  parietale, in cui si concreta in un carro cerimoniale scultoreo recante una  soltanto, o più immagini divine, la pulsione  emanativa verso l'esterno del mondo, in cui la sua potenza si manifesta,   del dio interno alla cella interna del garbagriha, la cavità dell utero germinale del cosmo,  della cui propulsione radiante il tempio è un facsimile*esemplare. La supremazia della valenza divina della immagine del badhra è avvalorata dalla nicchia in cui è installata, la cui prominenza esalta ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia dalla casa utero del tempio L’edicolarità della stessa kapili esterna del vestibolo dell’antarala la fa seconda solo al badhra, nella sua epifania, Essa fa seconda a se stessa, nella sua epifania, l’edicolarità  della Kapili  esterna del vestibolo dell’antarala, ad essa subordinando quella di ogni altra proiezione. In quelle d’angolo  sono insediate d’ordinanza d’ordinanza che siano insediate le divinità tutelari del tempio, i dikpalas, in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle proiezioni intermedie o prati-rathas, così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si delineassero surasundari In quelle d’angolo, o karna-ratha secondo un ordinamento cardinale  codificatosi nel tempo e tutt'altro che eternitario,  ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi, quali li si possono ravvisare nei templi pratihara dei remoti villaggi di Amrol Dang, ( Gwalior, Bhind Districts) ,  figurano  le divinità protettive del tempio nelle otto direzioni principali, a iniziare da Sud est Indra, indi Agni, Yama, Nirriti, Varuna, Vayus, Kubera e Isana, mentre nelle proiezioni intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyalas,  o sardulas,  quali simboli di forze pulsionali o della nostra natura animale da domare, figurando invece nei recessi. , di rango celestiale inferiore.


 


 

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Rispetto ai templi Pratihara delle regioni circostanti era invece  a quell'epoca  l’aggiornamento di una novità figurativa,( in termini invero concordatari con i templi meridionali del Rajasthan, quali quello in Jagat, e dei Kachchhapagatha in Kadwaha eo Surwaya, o dei Kalachuri in Nohtha e Maihar, or è difficile a dirsi quanto emulativi o via via vicendevolmente emulati,),  l’alternanza, che si ravvisa nei templi d’angolo panchayatana del Lakshmana ,  di ninfe celestiali nei pratirathas intermedi,  con vyalas -sardula nei recessi, come a iniziare da questi tempietti in Khajuraho diverrà canone fisso d’ogni tempio ulteriore, il più delle volte abbinando  con coppie erotiche umane i leogrifi

Ad ulteriore residua differenza rispetto ai templi Pratihara,  nei templi sussidiari del Lakshmana è  consolidata la sopraelevazione, che nei  templi suddetti ugualmente sopravanza, delle modanature della vedibandha, khura, kumbha, Kalasa, non che una kapota ulteriore, intervallata nei nostri tempietti intervallata dalla perforazione crociata di una kunjaraksha, , su di una pitha di modanature sottostanti, che a iniziare sublimememente dallo stesso Lakshmana, con esiti così splendidi e sontuosi da restarvi ineguagliati, nei templi di Khajuraho ulteriori diventeranno i due ulteriori livelli di zoccolo e plinto, su cui la vedibandha  si ergerà a podio sublime. o ancor più elevata o alla sua stessa altezza, il balcone nei suoi fregi e comparti di rajasena, vedika, asanapatta, kaksasana,  non meno sfarzosi.

Ma prima ancora di risalire da tali templi sussidiari al tempio centrale, e necessario  risalire ad essi dalla piattaforma jagathi , per intendere prima ancora che a quale  realtà superiore essi ci elevano, su quale realtà si elevino, in cui eppure il divino ci fa di sé partecipi.

E ' un autentico  perikrama deambulatorio, talmente lunga ne è la peregrinazione,  che per il devoto dell'epoca è dato supporre fosse una novità grandiosa rispetto all orizzonte delle sue aspettative, innanzitutto in quanto presentava esso stesso,  a incremento della propria altitudine, un'adhishthana alla stregua del tempio. La compongono un bittha decorato con volute e petali di loto, un jadhya kumbha fregiata di takarikas, un pattika ornata di ardharatnas, prima delle modanature caratteristiche della vedibhanda, kura, kumba, kalasa, cui fa seguito il recesso dell'antarapatta del suo gran fregio che celebra il divino nella potenza naturale animale e vitale, un kapota con takarikas e gagarakas ornamentali, un pattika  di cui tamala patra che stilizzano il fogliame del *, sono il motivo ornamentale ....

su tale adhistana spioveva  inoltre una balaustra, di cui a tratti sono ravvisabili e ricomponibili i resti, di rajasena, con immagini di vidyadharas, divinità, nagas, asceti e musici e danzanti, di  vedika abituale di pilastrini intervallati da lastre phalakas nei recessi,  gli uni , con un capitello sormontato da kuthas piramidali costituiti di tre pidhas coronati di gantha, amalaka, kalas, le altre di udgamas formati da due takarikas, asanapatta e kakshasana, con pilastrini a guisa di bambu alternati a  tabulati piani.

Lungo il recesso dell'antarapatta  la fascia di scene di vita  celebrano l'esistenza umana ed animale al culmine delle  sue intensità   Si tratta delle scene lungo la piattaforma in cui l’esistenza è  rappresentata, nella sua pienezza vitale, come certame o finanche agone di vita e morte tra umani ed animali,   nel parossismo del furore del duello mortale senza scampo quale strepitosa attività sessuale,  nella sua stessa bizzarria zoofila,  od esplosione di frenesia irresistibile  di musica e danze, nella sua enfasi, dispiegata o raccolta, di celebrazione rituale o parata o marcia od onoranza munifica. Ne sono espressione la caccia animale, di cinghiali o cervidi. la ridda tra elefanti impennantisi, il duello tra combattenti all ultimo sangue, sfilate militari o avanzate di  guerra,   nel loro  volto di gloria  di parate militari di combattenti ed animali -elefanti,  posti anche tra loro in lotta, su elefanti e cavalli e rari cammelli, ,o processioni che recano onore e donativi a guru spirituali. o maestri di musica e danze, che attendono a cerimonie matrimoniali. E' un  repertorio tragico- festoso  di scene fastose di vita ,   nel suo acme, cui attingere il divino, in prima istanza,  al colmo del suo farsi energia vitale diffusa nel mondo, ritualmente recepita e trasmessa dispiegata nel mondo, ritualmente raccolta e trasmessa..

Risalendo la piattaforma i tempietti ci volgono la loro entrata , in funzione sussidiaria del tempio, come ben dice Krishna Deva,  per  consentirci quella  prossimità alla divinità trimurtica , nelle sue manifestazioni primarie,   da cui ancora ci lascia  a distanza  la pradakshina intorno alle  vestigia esteriori, del tempio  tempio, in ciò che si offre alla nostra visualizzazione lungo le pareti del tempio,


 

Infatti la novità ulteriore che il tempio Lakshmana riservava ai fedeli , anche rispetto ad altri templi multi-yatana grandiosi come quello di Patari Badoh, era che al pari solo di un tempio minore quale quello di Urvara , non lontano da Mahoba, prospettava un'ascesa ulteriore per risalire all'ingresso del tempio centrale, che era stato sopraelevato di parecchio nel suo piano di calpestio rispetto a quello della jaghati della piattaforma, da un'adishthana di un'imponenza sontuosa e solenne quale nei templi a noi giunti dell India centrale non trova riscontri.

La costituiscono un bittha piano liscia ed uno successivo decorata di volute, un karnika, ancora un bittha ornamentato di una perlinatura e di petali di loto, un  jadya- kumba in cui ricorrono tamala-patra e takarikas, un  recesso abbellito del motivo delle croci traforate kunjarakshas, una grasa pattika, a reggere con il tempio l ordine cosmico una splendida gaja  pitha di elefanti allineati sdraiati fiancheggiati da mahauts o da coppie, Intenti a reggere il cosmo di mondo inferiore acquatico, terra e cielo,*****, un kapota recante takarikas e gagarakas *, ed il podio, alfine, di kura, kumbha con un grasa pattika per madhya bandha, kalasa, il fregio recessivo di un antarapatta che con elefanti e devoti mischia gruppi erotici e scene di vita quotidiana,  ancora due kapotas decorati di ardharatna l uno e di takarikas l altro.

Tale adishthana  inoltre vi si dispiegava ben oltre che a supporto di santuario e antarala e portico d'entrata, al più preceduto da un mandapa, come nei templi Gadarmath di Patari Badoh, o Maladevi, di gyaraspur, in quanto lo sfarzo sublime delle sue modanature erigeva  su zoccolo, plinto e podio del vedibhanda tradizionale l'incorporazione nel tempio, come un prolungamento del suo adito,  delle sale e salette di portico d'entrata, o ardh-mandapa, mandapa e mahamandapa,  in cui la partecipazione del mondano e del secolare al divino.si celebrava ad un grado ancora superiore

 quale occorre adempiere un’ascesa ulteriore, verso l interno e il santuario e la sua jangha, di cui il corridoio della deambulazione interna consente la configurazione distinta e la sua visualizzazione, nella quale soltanto , come nella  sua sovrastruzione al sommo di tutto,  il tempio Lakshamana darà compimento al proprio adempimento dei canoni pancharatha in esso paradigmatici, che  i tempietti d’angolo ci ricordano essere/ esprimono essere  il canone d’osservanza,da cui  solo esteriormente il tempio se ne distanzia nella sua novità grandiosa.

Essa consiste nell’avere incorporato nel tempio , come un prolungamento del suo adito, le sale  si celebrava la partecipazione mondana al divino,

Secolarizzazione del sacro o sacralizzazione del secolare che fosse al contempo,( come nel tempio Maladevi di Gyaraspur,) ciò che si prospettava quindi al devoto di non meno inusuale  era la parificazione del santuario e del resto del tempio non solo nel loro adhisthana , ma nelle stesse pareti di fondo o nelle  proiezioni delle loro sezioni  centrali che sull'adhishthana erano state   sopraelevate, quali finestre balcone con kaksasana spiovente, e sporte a transetto in santuario e mahamandapa.

In esse altro sfarzo glorioso abbellisce il tempio quale dimora divina., nella rajasena che in nicchie inframmezzate da pilastrini e perforati recessi, reca scolpite nicchie di atlanti e di vidhyadaras, che al pari degli elefanti lungo l'adhishtana, con le mani si sforzano di reggere l'apparato superiore, la vedika di pilastri alternati a lastre, gli uni sormontati da edicole tilakas ultimate di tre pidhas e del coronamento di ghanta, amalaka e kalasa, gli altri di udgamas fiancheggiati da vidhyadharas volanti, l'asanapatta oltre una fascia di petali di loto, il kakshasana decorato di volute


 

 Non solo così il devoto è posto all'altezza di un basamento e di balconi a spiovere che assimilavano il santuario alle sale d'accesso,  ma quale ragione primaria dell'intera predisposizione esteriore del tempio, che le quinte  fossero quelle del portico d'accesso o quelle  d'involucro intorno al garbagriha, erano sovradeterminate a  equivalere ciascuna  come( sussunte a ) fondo  di un' edicola di uno stesso ciclo, quello delle nove immagini  di Ganesha e Durga Ksemankari alla testa ed al seguito del corteo di sette delle nove divinità planetarie, non solo, ma parificando esteriormente di forma quelle del santuario e quelle del  mahamandapa, a segnalare la cui differenza interna  di funzioni permane  la contrapposizione esterna delle coperture e la sua miniaturizzazione, nel tempietto piramidale e quello concluso da un sikarika che si fronteggiano all altezza della kapili. In cui santuario e mandapa si congiungono.

Tali edicole si stagliano sull'adishtana all'altezza del podio del vedibhanda, sopraelevandosi nel loro frontone, e sono intervallate, lungo il grasa pattika che funge da madhya bandha dellla modanatura del kumbha , da nicchie minori al di sotto dei balconi e da altre di dimensioni maggiori in corrispondenza delle facce esterne delle proiezioni, su cui i frontoni degli udgama si prolungano fino a raggiungere il kapota terminale del basamento del tempio.

 L eminenza che conferisce purtuttavia risalto e rango superiore a  mahamandapa e santuario rispetto a portico d'entrata e mandapa, è  il corredo di statue assolutamente uniforme/ isomorfo che su più ordini vi affianca la proiezione del balcone nei transetti,  ma così  assimilando all esterno maha mandapa e santuario  (omologando all'esterno/ conferendo vestigia simili  a /mahamandapa e santuario)

In esse, costituendo due ordini di statue su piedistali, separate da pattike  (una pattika inferiore di vidhyadharas e un grasapattika )  e sormontate da un fregio di tamalapatras, che le separa da rilievi incorniciati di scene di festa su cui si ergono deifrontoni di udgamas difformi, ora allungati ora dilatati, nelle proiezioni pilastriformi si succedono immancabilmente un Shiva in subordine e Vishnu sovrastante, ai lati di un apasara per parte , mentre nei recessi è la volta di coppie o gruppi umani e di vyalas,. Ed è assolutamente identica la serie di proiezioni di santuario.mula prasad e di mahamandapa, con due fasci di statue a guise di upabhadra  di fianco ai balconi, in cui compaiono divinità nagas, una proiezione .d'angolo esterna  in funzione  di karna , una interna appiattita  (sollevare dal disbrigo)sul risalto della kapili in cui compaiono i celebri pannelli erotici del tempio, In  essi, **** attraverso la virtù della coppia discernente  rispetto a a quella irretita nella maya nell'ardore sensuale come chi  se ne distoglie  per appagarsi sessualmente da solo, si celebra l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al divino,  cquale la manifestano i sadhu penitenti dintorno ad Agni.

Il jangha delle pareti del santuario, in tale sua identità formale con quello del maha mandapa, eccezionalmente è così sollevato dal disbrigo della corrispondenza pancharatha delle sue proiezioni o rathas con quelle latas  del sikhara,


 

Infatti la finestra balcone che campeggia al loro centro ,  nelle pareti del santuario ha a se sussunto il badhra centrale, mentre solo l omologo di un bhadra ratikha compare nell edicola del navagraha installata sul vedibhandha anzichè com'era di norma all altezza del jangha, e tale è l' ampiezza relativa della finestra balcone ,che non riserva spazio che ad un upabadhra contigua, e  ad un solo  karna esterna vero e proprio,  sul versante interno essendo l'equivalente del karna appattita,  come s'è rilevato, a estensione e rilievo del risalto della kapili con i suoi gloriosi già magnificati pannelli  che attraverso la virtù della coppia discernente celebrano l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al divino.

Cosi, in assenza di un pratiratha, l urah manjari al centro del sikhara, esso solo in effetti pancharatha, all'esterno del tempio, nelle sue tre proiezioni centrali raccoglie la tensione ascendente del badhra rathika, del frontone della finestra balcone  e  degli upabadhras che la contornano, di  cui i due sikarikas per lato  adiacenti all urah manjari  sono il culmine in cui volgono al termine . come i due sikharikas ulteriori lo sono dei karnas.. 

Non solo, ma chi nella pradakshiuna esterna movesse dall orizzonte d'attesa di un tempi hindu tradizionale , a seguito di tale uniformazione dei janghas  di santuario a quelli  del mahamandapa -  che  nelle pareti esterne del santuario  alla scansione pancharatha del sikkhara ne faceva  corrispondere alle viste attente di un architetto shastradarhi  una al più tri-ratha, - le sue aspettattive devozionali comuni sarebbero andate deluse dal rinvenimento centrale di un'edicola alla stessa stregua, nelle sue manifestazioni numinose, di  ognuna delle altre  delle pareti del tempio, in luogo di un  bhadra ratika che fosse la emanazione radiante eminente del dio del tempio, e non avrebbe rinvenuto karna d’angolo con i dikpalas,  quali reggenti delle proprie e delle sorti del tempio.

(E da presumere che così avvenisse, perché secolarizzandolo, fosse ulteriormente graduato e accompagnato, il rapporto del fedele con il divino, nel suo farsi partecipe delle sue manifestazioni pur sempre fisiche e mondane, planetarie, dopo che sublunari.

La cortina esterna del tempio, nel suo dispiegamento parietale, è un tramite ulteriore  rispetto al divino,  che nella piattaforma è ancora involuto nella sensorailità e da essa evolventesi,  prima che oltre il podio, per una nuova rampa ascendente,  ad esso ci si possa più ancora elevare nell’accesso al tempio e alle sue pareti e ricettacoli interni, o nella comune erta visiva del vertice comune del sikhara )

Così si spiega come l'elevazione ulteriore del devoto all interno del tempio, nel Lakshmana come nel tempio antecedente ad esso più affine, il Maladaevi di Gyaraspur, dovesse contemplare ciò che non aveva assolto il tempio al suo esterno, per il tramite di una conformazione del santuario ugualmente sandara, in cui  un corridoio consentisse la circolazione deambulatoriale intorno alle pareti  u del santuario interiore, così assicurando il reintegro del tempio hindu della tradizione paradigmatica pancharatha, in un badhras per ogni parete il cui badhra rathikas albergasse delle manifestazioni del dio del tempio, pratirathas con ninfe celestiali e e karnas con i dikpalas cardinali, secondo il canone prescrittivo dei templi d'angolo  del complesso panchayatana del Lakshmana. sussidiari del suo inadempimento nel jangha esterno del tempio- e ripreso in continuità con il jangha invece del santuario all interno del tempio,  dallo slancio ascendente terminale del sikhara.

I Phamsana piramidali che lo precedono,   uno per ogni mandapa,  sono l uno la replica  dell'altro, in dimensioni crescenti con il procedere dal portico d'entrata al mahamandapa oramai  in  prossimità della sommità del sikhara e  presentano intervallati da recessi a scacchiera, più ripiani, o pidhas, da un massimo di otto a un minimo di cinque, decorati di takarikas e ai termini estremi dei quali si può cogliere un naga in devota anjali. Un pidhana phalaka in guisa d'abaco fa da supporto al loro coronamento, oltre il collo del griva, di gantha-campana, amalaka, chandrika e kalasa e vijapuraka.

Li precedono, su tutti i fronti, in particolare nei transetti, o parsva-alindas, nicchie allineate in serie e fiancheggiate dalla miniaturizzazione frattale dei tetti phamsana in edicole -tilaka, di sei pidhas e coronate anch'esse da mini-ghanta, amalaka, chandrika e kalasa, con la variante, nel mandapa, che di lato alle nicchie sono le repliche frattali dei balconi in kaksha. kuta, che reggono i pidhas e i loro pinnacoli. Su tali nicchie ove coppie di dei  in quelle centrali sono affiancate da attendenti femminili e mithunas o vyalas terminali, si sovraergono udgama ( o simha-karnas)di archi chaitya gavaksha carenati, , che da sei nei transetti, si riducono a tre e a due  nel mandapa e mukamandapa, sicchè anche i frontoni sono repliche decrescenti l uno dell'altro, ed hanno un loro corrispettivo nell'antefissa del sukanasa, ove la serie di udgama sormonta un Vishnu quadrumane ed è sovrastata dal leone con guerriero sfidante della gloria dei Chandella.

A rendersi più sfarzosi gli udgamas soprattutto  dei transetti di santuario e mahamandapa, sono vidhyadaras impigliati nelle loro circonvoluzioni superiori, makaras e sanka o sikarika nei viluppi interni.

Ove tali frontoni hanno termine nel distaccarsi dai loro udgamas degli urah sringa del sikhara, oltre un recesso che alberga nicchie di coppie divine o di terne celestiali, e dato vedere stagliarsi dei Garuda possenti , l uno barbuto , l'altro con un serpente nella sua mano sinistra, a fianco del lato occidentale dell urah-sringa a sud,  che guarda al tempio Matangheswara. nel lato meridionale ed occidentale dell urah sringa posteriore volta a occidente.


 


 

(In realtà il tempio hindu della tradizione paradigmatica pancharatha, lo ritroviamo preservato integro nelle sue scansioni parietali, e nelle proiezioni del divino che contempla in badhra e karnas dei dikpalas cardinali,   superata la sconnessione esterna  tra Sikhara conforme e Jangha altrimenti concepita, all interno, nelle pareti del jangha del santuario,  ove come nei tempi sussidiari 5 sono i rathas, quello del badhra è una duplice manifestazione vishnuita del dio del tempio, e nei karnas d’angolo sono effigiati i dikpalas cardinali.

( Sarà una sconnessione e riconnessione possibile solo nei templi sandara, che nel tempio Kandarya troverà un superamento  trascendimento o una rimarginatura  quasi completo nella assunzione di un nuovo paradigma saptaratha, che farà sempre corrispondere tre ratha del sikhara  a quelle della finestra balcone che ha preso il posto del bhadra, ma che ne contemplerà due ulteriori  per le due pratirathas sopraggiunte, insieme con delle sikarikas ulteriori a culminarle, e se destina ancora i bhadra ratikas a nuove immagini di una serialità divina volta al dio, quelle delle saptamatrikas, ripristinerà i karnas quali presidi dei dikpalas. Nei templi ulteriori di Khajuraho, il livello più alto della manifestazione del divino nelle sue emanazioni meno determinatamente concrete, che nei templi sundara di Khajuraho era stato espresso nelle sculture interne od esterne al garbagriha, lungo il corridoio della galleria, nel mahamandapa, viene di nuovo ricondotto sulle parerti esterne, ma secondo il nuovo paradigma sapratha, acquisito con il tempio Kandarya Mahadeva.

Nota esoterica  Nella fruizione del tempio hindu noi dobbiamo farci la stessa energia radiante del tempio, nelle sue forme, inspirare da esso,espirare e a nostra volta inspirare negli altri  la stessa tensione vibrante,  riassorti,  nell’espandersi nel mondo e nel fare da esso ritorno del divino)


 

Così intesa la concezione architettonica del tempio Lakshmana, è possibile la più libera fruizione della sua bellezza spirituale, nel suo avvenirismo e nei suoi arcaismi,  preavvertendo soltanto che ad ogni tentativo di sistematicizzarla filosoficamente,  magari come pur mirabilmente ha intrapreso Devangana Desai,  nella espressione architettonica del sistema tantrico vishnuita Pancharatra, al seguito del l'effige del dio Vaikunta  traslato al suo interno opporrà fino all ultimo le resistenze e di un'opera che è anche di maestranze incolte di cantiere, e  della sublimità propria dell'arte e della religione più alte , che è la virtù magnifica di far coesistere insieme  ciò che è più spirituale e più materiale, l'amore e l escremento,  l uno ad espressione dell'altro, la germinazione ancora immanifesta del Principio e del divino,  con la scimmia che svela il sesso di una ninfa intenta a contemplarsi in uno specchio., ancora lungo le  pareti del garbagriha.


 


 

L’ingresso del tempio di cui si fronteggia l'adito, ora ci si schiude in un magnifico makarana torana,  nei suoi due festoni che eruttano dalla bocca di due coccodrilli che un milite barbuto armato di spada forza ad emanare.

lungo i festoni ricorrono vidhyadaras singoli o in coppia che recano ghirlande o brandiscono spade, danzano o suonano  strumenti musicali. alle giunzioni dei festoni da bocche di kirtimyukka pendono gagarakas.

Makara torana ricorrono in khajiraho ulteriormente solo nei templi kandarya e Javari, e sono la traslazione pietrificata delle frasche o fronde ricurve che nei templi hindu lignei celebravano la transizione purificatrice dalla temporalità mondana esteriore all eternità trascendente che ci unifica al dio del tempio.


 

 Nella nicchia sovrastante del frontone anteriore del mukamandapa sarebbe dato di attenderci Vishnu , sul dorso del fedele Garuda, o quale Narayana con la consorte Laxmi.

E' invece insediato Surya, come è dato di ravvisarlo dalla sua postura rigidamente eretta. con Danda e Pingala ai lati, Usha antistante ai suoi piedi. La sua divinità solarein Khajuraho primeggia per le sue virtù simbiotiche della Trimurti ,  che ne sicretizzano i culti specifici, soprattutto nella manifestazione onnipersaviva vishnuita della Trinità indiana.

Anche solo in questo complesso è dato ritrovarlo, oltrechè nel frontone del tempio,  in esso accampato,  retrostante,  nella nicchia di sua spettanza quale navagraha ch’è affissa al transetto posteriore del santuario, nei bhadra ratikas sempre posteriori dei tempi sussidiari meridionali, nella trabeazione del lalata bimba della fronte del tempietto dei due sito nell’angolo di nord ovest adiacente al Matangheswara , sempre ad oriente, od occidente, mai ad ovest o a est

 Nella nicchia del frontone del mukamandapa volto a sud, gli attributi concomitanti di un trisula shivaita e di un lchakra vishnuita inducono a identificare il dio che vi è effigiato in Harihara, che di Vishnu e Shiva è la divinità composita.

Lo sruk, il cucchiaio dei versamenti dei sacrifici rituali  e il libro che reca la divinità insediata nella nicchia al centro del frontone contiguo del mandapa, insieme con gli attributi del rosario akshamala e della brocca del kamandalu, la contraddistin gfuono come Brahma barbuto e panciuto.

L'equilibrio tra le manifestazioni plurime della trimurti è ristabilito appieno nei frontoni opposti, ove al Brahma barbuto e pingue se ne contrappone un'immagine senza barba, e alla interpenetrazione Harihara di Shiva e Vishnu fa da pendant quella tra lo stesso Shiva e la sua consorte Parvati nelle sembianze  di Ardanarishvara,  con uno specchio femminile e il trisula maschile, l'acconciatura jata mukuta della crocchia dei capelli del dio e la tiara della dea.

La sovrastruzione…

Sottostante l’apertura del balcone e insediato nell edicola sovrapposta all’adhishthana, è Ganesha che ci invita a percorrere l’iter ruotante intorno all’asse cosmico che il tempio simboleggia nel suo originarsi dal punto sommitale ed elevarsi fino ad esso, lungo l’asse ideale che lo raccorda alla divinità del tempio nella sua cella, che i navagrahas hanno appena concluso per riprenderlo di nuovo sotto la sua guida.

Si susseguono quindi, nelle edicole all'altezza dell'adhisthana superiore , al centro delle proiezioni sfasate delle sale anteriori del tempio e dei transetti di mahamandapa e santuario, che come carri di un corteo processionale fanno ruotare intorno all'asse cosmico che simboleggia il tempio gli esseri celestiali che alloggiano, divinità insigni,  nella loro ieraticità che erano rimaste unìenigma per lo stesso Krishna Deva, finchè in Religious imagery of the Kaiuraho Temples Devangana Desai non ne ha rivelato la identità indiscutibile, con un processo indiziario che ha trovato conclusioni illuminanti altrettanto convincenti quanto corrispettive, una volta raggiunte, a ciò che era lecito attendersi, alla luce di ciò che rappresentano le divinità che nei seguenti templi Visvanath e Kandarya occupano le nicchie corrispondenti.

In essi sono le saptamatrikas, precedute da Ganesha e seguite da Shiva Virabhadra, che in innumerevoli trabeazioni dei portali d'accesso al garbagriha di templi coevi e precedenti, fronteggiano e precedono l'adito al divino.; che di meno sorprendente, e di più persuasivo, allora, che le divinità ieratiche ed enigmatiche che ci precedono ed accompagnano nel sopraelevarci alle realrà ultime, nirguna, senza delimiutazione e forma del divino, siano quelle del serial così spesso rinvenibile parallelo alle saptamatrikas nei frontespizi dei portali che preludono alla divinità interiore del garbagriha, ossia le sette divinità planetarie, eccettuati Rahu e Ketu, precedute da Ganesha e seguite da Durga Kshemankari:

Quale sia stato l indizio illuminate per la Devangana Desai, è il veicolo animale, ravvisabile a stento, che soggiace all'ultima di tali signorilità divine, un frog, un semplice ranocchio, che nel pantheon hindu non ha chi lo assuma come proprio veicolo che Sukra, il pianeta Venere, come conferma l'antariksa patta ritrovata neri pressi di Khajutaho , un tempo nel museo di Dhubela, ora dislocata lontana da dove è stata fonte rivelatrice nel museo archeologico centrale di Bhopal, che riserva appunto un ranocchio al pianeta Sukra, un' Hamsa al Brahaspati.-Giove

Poi tutti i contati sono tornati, nei rapporti tra gli altri pianeti e i loro veicoli animali o segni contraddistintivi, che in senso orario si dispongono nell ordine seguente

nella seconda edicola , oltre Ganesha, Sani , Saturno, nella terza Brihaspati , Giove, con l'oca selvatica, nella quarta Soma, la Luna, come attesta il crescente tra i capelli, nella quinta, retrostante Surya, con Ashvinikumaras ...., nella sesta Mangala, Marte, come lo identifica l'agnello posto sotto il loto che gli funge da piedistallo, nella settima Budha, Mercurio, con un elefante come veicolo, secondo quanto gli è attribuito dallìequivocità del termine sarpa, che lo designa, e che può significare tanto un elefante quanto un serpente, nell ottava Sukra, appunto, e il suo ranocchio.

………………………….

La seconda edicola apposta al mandapa raffigura la divinità planetaria di , come indicherebbe ---E' stata una scoperta di Devangana Desai .....L'indizio probante è stato...

Retrocedendo in senso orario allla prima delle divinità planetarie, si è così di ritorno all'altezza del primo mahamandapa, con cui nel pilastro che a guisa di karna  precede quello ulteriore che contorna il balcone del transetto come un upabadhra  il bhradra principale, ha inizio di nuovo  l'affollarsi statuario del tempio, in proiezioni celestiali di ninfe , intorno al riproporsi incessante del duo divino Vishnu Shiva nelle facciate frontali dei pilastri, vistose assenze esterne  quelle dei reggenti dikpalas, tale e tanta prosapie risaltando con marcato spicco su creature nagas negli spigoli d'angolo dei transetti,  in subordine inferiore, data la loro provenienza da un mondo subacqueo di Patala, sui recessi terreni di vyalas e di amorose coppie mithuna,

Fronteggiamo ora l’inizio delle rassegne statuarie nel pilastro che a guisa di karna  precede quello ulteriore che contorna il balcone del transetto come un upabadhra  il bhradra principale……

In tale pilastro è una prefigurazione dell’ordine espositivo che ci attende fino alla fine: al centro di ogni facciata di pilastro ( o lesena) Vishu sovrastante e Shiva in subordine affiancati da due apsaras per lato, mentre nei recessi figureranno mithuna di umani e vuyalas sardulas.

Negli spigoli d’angolo dei transetti  divinità nagas serpentine in anjali.

 Già la prima proiezione è felicemente illustrativa del repertorio di situazioni e pose e atteggiamenti che vedremo assumere di volta in volta alle schiere celestiali di apsaras., in particolare

Tra apsaras che scrivono lettere o si mirano nello specchio sistemandosi i riccioli renitenti dell'acconciatura, due in particolare sono rilevanti, per come inflettono ad arco la schiene mentre le loro mani si stringono dietro il dorso od il loro capo, l'una involta in sciarpe le cui pieghe ne esaltano le curvature della schiena e del seno.

Oltre ad ulteriori apsaras che si guardano nello specchio e sistemano la simanta dell acconciatura, il prosieguo ci riserverà apsaras sensuose che invece si toccano il seno magnifico, o disinvoltamente si  svestono, magari perchè insidiate da uno scorpione che ne risale le vesti,  altre   che  ugualmente intente nella cura del corpo si levano uno spino dal piede, eventualmente assistite da un barbiere 15 o che fanno defluire   l’acqua della loro chioma bagnata e fluente che raccoglie un’oca  discriminatrice tra acqua e latte, mentre ulteriori apsaras , nullafacenti,/ inoperose vinte dalla indolenza di una divina indifferenza incantevolmente sbadigliano( magnifica una di loro a sud ovest), a differenza di quelle che invece più attivamente impegnate nello sport o nelle arti , sono sorprese che giocano a palla , o che ricevono o scrivono lettere, è da presumersi di null'altro che d'amore, dipingono pareti oppure suonano, di preferenza flauti o vine.( Nella parete nord ne vedremo due intente a dipingere il muro su in alto , 19, 22, o una a suonare un flauto,21, mentre già

( nell interno apsara che reca una  lettera con caratteri incisi nel transetto sud del maha mandapa, 23,  una svestita da una scimmia e intenta con lo sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum,  in quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che cinge di un nupara la caviglia)


 

Ma non solo si affoltano statue su più ordini tra i balconi con kakshana reclini, sulle nicchie minori e sui pannelli superiori si addensano frontoni di udgamas in una frequenza che nei templi di Khajuraho non  sarà più dato di  vedere: si tratta infatti di un arcaismo di ascendenze Pratihara,  al pari dei mirabili tula di mascheroni che precedono i kapota della varandika,  che ugualmente non troveranno più riscontro nei templi di Khajuraho

La seconda edicola apposta al mandapa…

come Devangana Desai è riuscita a interpretare le immagini dei navagraha e dei pannelli erotici


 

Ai lati dei pannelli della parete sud , nel secondo ordine affiancano Vishnu un'apsara alla sua sinistra cui un inserviente gana solleva l'appiglio di un fantolino, e l'apsara alla sua destra che rappresenta la karpuramanjari di cui si è detto, da poco uscita dal bagno e di cui un'oca selvatica raccoglie l'acqua che gocciola dalla sua capigliatura, esercitando la virtù della discriminazione discernente o viveka, delle gocce d'acqua o di quelle di latte,

Essa è stata coinvolta da Devangana Desai in quanto più irretisce dell intero apparato statuario del tempio, ossia i panelli  posti all'altezza della kapili del vestibolo o antarala del tempio, che rientrano in una successione di  tre piani figurativi, il primo dei quali squisitamente erotico..

Che significazione letterale e allegorica vi coesistano e si sovrappongano,  funzione propiziatrice e di buon augurio e spiritualizzazione ascetica del rapimento dei sensi, nell unione yogica dell umano dell'atman  con il divino del Brahman che le coppie o mithina simboleggiano come secolare e sacro qui si riuniscono nel punto  più delicato dell equilibrio architettonico, ove giungono a fondersi le sale profane del mandapa e la cella del dio, come più in alto significano il contrapporsi di un sikarika e di un tilaka, la loro successione in verticale suggerisce un itinerario della mente a Dio che è inequivocabile, sempre che non si dimentichi che se ne è partecipi sempre, per la sua immanenza in ogni intensità vitale, pur se inferiore o superiore è il grado e il livello della realtà dell'essere che con  Esso ci unifica

Abbiamo una prima coppia avvinta  nel divino del piacere del Kama, affiancata da un monaco jain e da una dama che compensano la mancata unione partecipativa con l'autoerotismo, una seconda coppia che invece  nella virtuosità della legge del Dharma celebra il trascendimento dei sensi nell unione dell'anima del consorte e della sua sposa, affiancati nnon più dalla immediatezza dell'adesione sessuale alla vitama dal syo raffinamento sensuale nell'arte della musica di cui le due dame ai lati emettono i suoni, uno Yogi penitenziale che è lo stesso dio Agni, affiancati da tanti rishi che celebrano la riunione con il divino in un distacco meditativio contemplativo terminale da piacere e dovere che ancora ci facessero retaggio della mondanita,


 

La  riconduzione del loro senso al a quello allegorico del dramma di corte Prabodhachandrodaya  ( il sorgere lunare della vera conoscenza) da parte di DEvangana desai nell opera già citata alle pagine 181-189,, scritto da Krishna Misra, alla corte dei Chandella, è in realtà convincente in quanto si conforma a questo destino ascensionale più generale.

*************************************** riassumere pg.181-189

 Al pari della coppia virtuosa del pannello adiacente della Kapili, secondo un accostamento di grande acume di Devangana Desai ( pg.186), accostata nella sua discriminazione discernente alla'oca selvatica che  raccoglie le gocce d'acqua e di latte che defluiscono dalla chioma di una surasundari al bagno, sceverando le une dalle altre,    alla coppia eroticamente avvinta del pannello inferiore fa invece corrispondere l'apsara involuta nella moha della stessa illusione dei sensi ,che alla loro destra nel sistemarsi una sciarpa si tocca tra il seno e l'ascelle come la Mithyadrishti del dramma allegorico di corte Prabodha chandrodaya le cui allegorie ispirerebbero i pannelli erotici

 Le fanno seguito un apsara , dall'altro di lord Shiva, che regge un pappagallo sulla sua mano destra e con l altra vezzeggia un bambino, un  mithuna ardimentoso ed una coppia di naga, cui  succede  un'apsara che appare invece esercitare le sue virtù acrobatiche nel rimuovere uno spino dal piede destro rialzato mentre reggendosi sull'altro piede si cinge attornia il capo con la sinistra.

Le apsaras che alloggiano invece nella parete di sud ovest, oltre il balcone del garbagriha, appaiono l'una, di lato a Shiva, precedendolo sulla sua sinistra, mirabilmente avvinta nel rapimento estatico del godimento della propria natura,  estatica nel compiacersi della propria natura,  a raffronto della ninfa, dal lato opposto di tale replicarsi replicazione ( insediamento) di Shiva,  tutta la cui tensione è focalizzata sullo specchio che ne rimanda l incanto conferitogli dal suo simanta. una grazia,  la loro d'entrambe, che non è raggiunta dalla flessione arcuata  della ninfa ad essa superiore intenta  atleticamente nel gioco della palla, o dalla pudiciza con cui l'apsara ad essa contrapposta incrocia le gambe per coprire la sua nudità sessuale nell'atto stesso di svestirsi.

(Nella nicchia ...)

Lungo la parete occidentale nel versante  volto a nord ci deliziano invece la vista la surasundari che si leva una spina dal piede con il concorso di un barbiere,(...).e l'apsara che all'esterno del riproporsi di Shiva , con  una corta veste inarca il busto e protende il seno nell'atto di ricongiugere i propri  arti tronchi dietro la schiena.

Sulla parete nord è la volta di apsaras più studiose, di una ninfa intenta a dipingere un tratto di parete sovrastante, cui si susseguono, nel diaframma murario tra i balconi del santuario e del mahamandapa una coppia alle prese con una scimmia, una ninfa con un pappagallo in mano, prima del riproporsi di altre  beltà votate alla musica ed al disegno in un'apsaras intenta a l suono ed flauto e in un'altra intenta a dipingere più in alto.


 


 


 

Secondo lo stesso

Nella parete nord del secondo ciclo di pannelli, tra le apsaras che vi compaiono due intente a dipingere il muro su in alto , 19, 22, o una a suonare un flauto, una coppia si diverte con una scimmietta impertinente.

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.( Nella parete nord ne vedremo due intente a dipingere il muro su in alto , 19, 22, o una a suonare un flauto,21, mentre già

( nell interno apsara che reca una  lettera con caratteri incisi nel transetto sud del maha mandapa, 23,  una svestita da una scimmia e intenta con lo sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum,  in quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che cinge di un nupara la caviglia)


 

ricordare i due ordini di scene nelle asanapatta


 


 

Poi i templi sussidiari, quindi l interno,  forme architettoniche dei mandap e dell’antarala. portale , divinità interna,   rassegna statuaria lungo le pareti del santuario, poi lungo le pareti di mahamandapa , del deambulatorio e dei transetti.


 

nell interno apsara che reca una  lettera con caratteri incisi nel transetto sud del maha mandapa, 23,  una svestita da una scimmia e intenta con lo sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum,  in quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che cinge di un nupara la caviglia.


 


 



 


 

 

 

L’ingresso del tempio ci si schiude in un magnifico torana.,

lo sormonta

Sarebbe dato di attenderci nella nicchia sovrastante Vishnu , sul dorso del fedele Garuda, o quale Narayana con la consorte Laxmi.

E invece insediato Surya, come è dato di ravvisarlo,

che in Khajuraho primeggia per le sue virtù simbiotiche della Trimurti ,  sincretizzanti i loro culti, soprattutto nella manifestazione onnipersaviva vishnuita della Trinità indiana.

Anche solo in questo complesso è dato ritrovarlo, oltrechè nel frontone del tempio,  in esso retrostante nella nicchia di sua spettanza quale navagraha ch’è affissa al transetto posteriore del santuario, nei bhadra ratikas sempre posteriori dei tempi sussidiari meridionali, nella trabeazione del lalata bimba della fronte del tempietto dei due sito nell’angolo di nord ovest adiacente al Matangheswara , sempre ad oriente, od occidente, mai ad ovest o a est

 Ai lati le divinità di…

La sovrastruzione…

Sottostante l’apertura del balcone e insediato nell edicola sovrapposta all’adishtana, è Ganesha che ci invita a percorrere l’iter ruotante intorno all’asse cosmico che il tempio simboleggia nel suo originarsi dal punto sommitale ed elevarsi fino ad esso, lungo l’asse ideale che lo raccorda alla divinità del tempio nella sua cella, che i navagrahas hanno appena concluso per riprenderlo di nuovo sotto la sua guida.

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La seconda edicola apposta al mandapa….


 

Fronteggiamo ora l’inizio delle rassegne statuarie nel pilastro che a guisa di karna  precede quello ulteriore che contorna il balcone del transetto come un upabadhra  il bhradra principale……

In tale pilastro è una prefigurazione dell’ordine espositivo che ci attende fino alla fine: al centro di ogni facciata di pilastro ( o lesena) Vishu sovrastante e Shiva in subordine affiancati da due apsaras per lato, mentre nei recessi figureranno mithuna di umani e vuyalas sardulas.

Negli spigoli d’angolo dei transetti  divinità nagas serpentine in anjali.

 Già la prima proiezione è felicemente illustrativa del repertorio di situazioni e pose e atteggiamenti che vedremo assumere di volta in volta alle schiere celestiali di apsaras., in particolare


 

Apsaras che si guardano nello specchio e sistemano la simanta dell acconciatura, apsaras sensuose che invece si toccano ill seno magnifico,o si svestono, magari insidiate da uno scorpione,   che vinte dalla indolenza di una divina indifferenza sbadigliano( magnifica una di loro a sud ovesti, altre   che  intente nella cura del corpo si levano uno spino dal piede, magari assistite da un barbiere 15 o fanno defluire   l’acqua della loro chioma bagnata e fluente che raccoglie un’oca discriminatrice8,   altre che invece più attivamente impegnate nello sport o nelle arti giocano a palla o , scrivono lettere, dipingono o suonano. Nella parete nord ne vedremo due intente a dipingere, 19, 22, o una a suonare un flauto,21,

nell interno apsara che reca una  lettera con caratteri incisi nel transetto sud del maha mandapa, 23,  una svestita da una scimmia e intenta con lo sguardo a un cespo di mango , 2 facciata sud del sanctum,  in quella nord apsara sensitivamente intenta a toccarsii il seno mentre legge una lettera,, 12, nel transetto nord apsara che cinge di un nupara la caviglia.


 

Poi i templi sussidiari, quindi l interno forme architettoniche dei mandap e dell’antarala. portale , divinità interna,   rassegna statuaria lungo le pareti del santuario, poi lungo le pareti di mahamandapa , del deambulatorio e dei transetti.


 


 


 


 


 


 

I templi  Laksmana e Vishvanata , dentro il loro canone pancharata alla cui prescrittività rinviano i tempietti pancharata-  in stile pratihara , dell ordinamento panchayatana, e la scansione delle proiezioni delle pareti del santuario interno volte al deambulatrorio, esse pure pancharatha, - fecero  potevano far corrispondere al badhra centrale centrale l intera  proiezione di un balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi a due upabhadras o proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte , ma non separate, una soluzione non infrazionistica, certo, ma più consona a un tempio tri-rathas, come attestano i templi   coevo? )Pachali Marghat , Garhi, B del gruppo sette, ad esempio, di Khardwaha . Presumibilmente era un limite costruttivo di compromesso, più che una  condizione  semplificatoria assunta come ideale, nell'edificazione di templi più grandiosi della media dei coevi, in quanto i templi futuri di Khajuraho diminuiranno di mole , ma implementeranno le loro proiezioni pur in dimensioni più ridotte. E sempre Kadwaha ci può attestare che la riduzione che si persegue nel tempo non consta del numero delle proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari in guise templari, riservando chhadya e udgamas,,o toranas, alla sola  inabitazione sulle proiezioni, da focalizzare, delle statue delle divinità sulle quali  doveva essere concentrata la meditazione orante, quelle dei badhras e delle kapili del'antarala E' da supporre che l'impasse così rilevata fosse data da  un vincolo paradigmatico da trascendere, solo superando il quale si accedeva alla soluzione architettonica ideale. Tale vincolo paradigmatico era dato dal modello-modulo pancharatha, ed infatti sarà con l'assunzione del modello septaratha, nel khandarya, con tre proiezioni centrali del sikhara che trovano la loro corrispondenza nelle articolazioni del balcone-bhadra centrale, due laterali e due terminali per pratirhatas e karnas separate e distinte, che il tempio eletto a tipo esemplare della capitale religiosa dei Chandella troverà la sua attuazione perfetta. ( Suppongo ora invece che il jangha esterno rinviasse a quello interno quale elevazione superiore al divino e che per questo , ponendosi come risalita intermedia, rinviasse ad esso come adempimento del canone, cui non ottempera né per numero di proiezioni, né in attinenza del badhra alla divinità templare, né per la installazione dei dikpalas nelle karnarathas.


 

' l'intento  era di dotare mandapa, mahamandapa e prasad del garbagriha, di una finestra. balcone il cui sporto desse il massimo risalto alla visualizzazione  immagini delle divinità planetarie o del corteo delle saptamatrika preceduto da shiva Vidhabadra e concluso da Ganesha  , che presiede alle architetture dei templi Lakshmana, Visvanatha, Kandarya.

Ma com era possibile senza sacrificare  rathas ai lati  del balcone che funge da badhra,  in tempi in cui era  normativo il tempio pancharatha, come si riscontra nelle pareti interne del garbagriha e nei tempietti minori superstiti di tali complessi panchayatana, che prevedono ancora almeno una pratiratha per lato a fianco del badhra centrale?

Non lo fu nei templi Laksmana e Visvanatha, in cui la badhra centrale addirittura cozza contro le statue di due upabadhra, che tali dobbiamo considerare i filoni di statue con cui collude, in assenza di un recesso intermedio. Fu invece possibile nel tempio Kandharya, in virtù della sua estensione saptaratha.

Che nei templi di Khajuraho le ratha  si tendesse più ad incrementarle che a ridurle,  rispetto al numero di 5, se non inducevano a ridurle ideazioni architettoniche predominanti  che in un primo tempo  non si riusciva a far valere altrimenti, lo può attestare la loro proliferazione fino a 7 o a 9 in templi minori o piccoli come il Duladeo o il Chaturbuja.


 


 


 

Nei templi d’angolo sono imitati e innovati i templi pratihara, dei propri signori d’un tempo, la pianta è stessa, pancharatha , di portico, vestibolo, e santuario, costituito da basamento e jangha, che sormontano una varandika all’altezza di un fregio di ghirlande di fiori o pushpa-mala, e un sikkhara, accordato al santuario da cinque proiezioni d’entrambi Nelle visualizzazioni la supremazia è ugualmente accordata alla proiezione centrale del santuario e a quella della kapili , in quanto sono quelle la cui prominenza manifesta ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia dalla casa utero del tempio, rispetto alle proiezioni d’angolo in cui è d’ordinanza che siano insediate le divinità tutelari del tempio, i dikpalas, in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle proiezioni intermedie o prati-rathas, così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si delineassero surasundari

Cosi aggiornati o così aggiornando architettonicamente, i templi pratihara angolari esaltano ancor più l ancor più grandiosa novità sovraordinata del tempio centrale che a se li sussume come i Chandella i loro antichi signori, al contempo, si vedrà, in cui ne compendiano / visualizzano in compendio, quale comun denominatore, il canone che seguita a vigere e a dettarne la norma.

Coì ' ad esempio, nel tempietto d'angolo che ci fronteggia, ...............................


 

del  l’acme finale  della sua  cordigliera superiore nel pinnacolo del sikhara,   è di certo una tale visione estatica, che l’ animo di chi contempli la vista del tempio ne  è integralmente assorto e implicitamente tratto verso un assoluto d’origine e di ritorno, del cui emanarci e riassorbirci il tempio è infatti  l’evocazione , ma il solo suo assecondarla è un’astrazione che incanto può renderci avulsi dalla realtà più globale del tempio, che ne è costituiva ne fa l’epicentro di un complesso di edifici di culto interconnessi, prescindere dai quali ne obnubila la comprensione, nella sua novità sensazionale , nelle nuove questioni architettoniche postesi e affrontate nella sua edificazione, risolte e irrisolte.


 

Un solo precedente , per monumentalità templare,  il Gadarmal, che anche  il teli ka mandir


 

I tempietti ci ricordano ciò da cui il tempio si distacca ma che ne resta il canone….


 

Ora ponendoci quale punto osservativo


 

Oltre l ingresso nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è una  visione di tale sublime  trascendenza te/ale il tempio  Lakhsmana che ci appare poco oltre sulla nostra sinistra, ,  il primo dei grandi templi in uno stile architettonico del tutto eccezionale per i suoi tempi,.In sua virtù in virtù del quale cui nel  cui stile architettonico il grande sovrano Yasovarman  della dinastia dei Chandella , tra il 930 e il 950 d. c. intese volle contraddistinguere l’elevazione di elevare  Khajuraho al rango di capitale religiosa del suo   regno di recente formazione, a seguito dell’affrancamento della propria signoria feudale da quella dei  sovrani  antecedenti, i Pratihara di Kannauji. Tale esito d'esordio è  già di tale sublime trascendenza nella sua sopraelevazione,  su di una  vasta piattaforma, sino al  pinnacolo in cui  culmina l'ogiva del sikhara,  verso l’ assoluto d’origine cui essere di ritorno, che  in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici di culto interconnessi di cui il  tempio è l’epicentro, l' insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere dai quali obnubila la comprensione della sua eterodossia/ innovativitàdei /  rispetto ai canoni che anche per essorestavano vigenti, in ciò che vi si risolse nei suoi vincoli paradigmatici e vi rimase irrisolto.

Il tempio Laksmana, in  onore di Vishnu nella sua manifestazione Vaikunta, è infatti eminente su quattro tempietti situati agli angoli  della piattaforma, con i quali forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e lo precedono un piccolo tempio non sa più se  in onore di Laxmi, o di Garuda, ovverosia  se fosse dedicato alla consorte divina o al veicolo animale di Vishnu,  ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha, l incarnazione di Vishnu nel cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno. Gli è inoltre contiguo il tempio Matangherswara, shivaita, forse un  monumento funerario postumo in spoglie forme più arcaiche, che si presume possa essere stato eretto in onore del figlio di Yasovarman, Dangha, ed incentrato tuttora sulla venerazione del dio tramite  l’icona del suo splendido lingam..


 

Su di essi  la sua  mole, composta in elevazione dal basamento dell’adihshthana, dalla jangha delle pareti schiuse in finestre balconate, dall intermittenza canonica delle modanature di una verandika,  nelle sue elevazioni  ulteriori staglia il profilarsi dei picchi  del monte Meru, asse del mondo e dimora degli dei, così come in essi culminano le sovrastruzioni, degradanti solo  per risalire al culmine di una cima più alta, di una atrio d’accesso,l’ardhmandap,  una sala,i l mandap ,  una ancora più grande con transetto, tutte aperte in una finestra balcone,  che, precedono il santuario vero e proprio della cella del dio,  anticipato dall vestibolo dell’antarala  fronteggiato all esterno dall antefissa dii un sukanasika. Tale sanctum, il garbagriha, è aggettante /articolato in un transetto ed una sporgenza posteriore, e  lo sormonta l'ogiva della vetta superiore del sikhara,  cui risalgono delle sue repliche minori, o sringasm, così come sovrastano le sale le piramidi a gradoni di phamsanas,  replicate e miniaturizzate a  loro volta dalle  coperture  a loro volta piramidali di tilakas, delle edicole elevate a tempietti sui loro fronti..

Se per assumere la necessaria  profondità di prospettiva storico-architettonica, da una visione frontale ci si defila ad una laterale, che ci consente di vedere il tempio principale  stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul lato settentrionale, essendo il Lakshmana volto ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio  il profilo mirabile  in  piano ed in elevazione, e di intenderne la continuità e la sua soluzione rispetto ai due templi   minori, che non ne sono  un semplice accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella antecedente tradizione architettonica templare, cui nella sua grandiosità superiore  gli architetti del tempio * professarono un persistente rispetto sia pure con le licenze di un differimento attuativo dislocato all'interno  che rimarcheremo. di seguitare ad attenersi persistere nell’attinenza , pur ampliandone e ingigantendone i termini in forme esteriori che appaiono eluderli..

In essi si ripetono infatti, integralmente,  le forme consuetudinarie di cui sono evocativi dei templi Pratihara della regione circostante ,  pur se in  modi più scontati e disadorni spogliate di ogni loro incantevole  preziosità ed incantevole  fastosità dettagliata/ minuta di dettagli, nei modi più scontati  su di esse il tempio Lakshmana svettando impervio, così come sui sovrani Pratihara di Kannauj i nuovi sovrani Chandella  , già loro feudatari, erano giunti ad affermare la loro supremazia, la stessa che sui templi agli angoli della piattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi impervio, pur in una trasmissione di consegne canoniche cui arte e potere seguitano  formalmente ad attenersi.

Quali siano tali consegne le contrappunta il controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella delle vestigia dei tempietti agli angoli,  in cui è più agevole individuarle, così come vi risultano formulate nei termini più chiari ed elementari del loro tramandars d’obbligo sotto la dinastia Pratihara.

Essi semplicemente consistono, infatti,  del santuario del garbagriha, di un’anticamera breve, o antarala ( “ intervallo) , e di un portico d’entrata,   l ardhmandapa, ed in elevazione si articolano in  un basamento,l’adisthana, nelle pareti del jangha, scandite dagli aggetti di  cinque proiezioni, dall’intermezzo delle modulazioni modanate di una verandika, che ha il suo esordio in una ghirlanda floreale, o pushpa-mala, e da un sikhara di guise  Latina., senza appigli vari di proprie repliche di sorta, nelle rampe ascendenti di cui si fascia, tramate come grate vegetative di archi carenati gavakshas.

Al pari di ogni parete del jangha ( o “ stinco”, un termine che ci ricorda le guise antropomorfe del tempio hindu),  il sikhara stesso è scandito da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la formula del paradigma  pancharatha che ad esso presiede, che contempla un   ratha centrale, il bhadra,  un pratiratha e un karna d'angolo per lato.

Tra tali proiezioni, nel sikhara e nel jangha,   ha maggior rilievo quella centrale, il badhra  parietale, in cui si concreta in un carro cerimoniale scultoreo recante una  soltanto, o più immagini divine, la pulsione  emanativa verso l'esterno del mondo, in cui la sua potenza si manifesta,   del dio interno alla cella interna del garbagriha, la cavità dell utero germinale del cosmo,  della cui propulsione radiante il tempio è un facsimile*esemplare. La supremazia della valenza divina della immagine del badhra è avvalorata dalla nicchia in cui è installata, la cui prominenza esalta ravvicinatamene al fedele la divinità che si irradia dalla casa utero del tempio L’edicolarità della stessa kapili esterna del vestibolo dell’antarala la fa seconda solo al badhra, nella sua epifania, Essa fa seconda a se stessa, nella sua epifania, l’edicolarità  della Kapili  esterna del vestibolo dell’antarala, ad essa subordinando quella di ogni altra proiezione. In quelle d’angolo  sono insediate d’ordinanza d’ordinanza che siano insediate le divinità tutelari del tempio, i dikpalas, in corrispondenza delle otto direzioni cardinali, e nelle proiezioni intermedie o prati-rathas, così come era un dato invalso che nelle proiezioni intermedie si delineassero surasundari In quelle d’angolo, o karna-ratha secondo un ordinamento cardinale  codificatosi nel tempo e tutt'altro che eternitario,  ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi, quali li si possono ravvisare nei templi pratihara dei remoti villaggi di Amrol Dang, ( Gwalior, Bhind Districts) ,  figurano  le divinità protettive del tempio nelle otto direzioni principali, a iniziare da Sud est Indra, indi Agni, Yama, Nirriti, Varuna, Vayus, Kubera e Isana, mentre nelle proiezioni intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyalas,  o sardulas,  quali simboli di forze pulsionali o della nostra natura animale da domare, figurando invece nei recessi. , di rango celestiale inferiore.


 


 

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Rispetto ai templi Pratihara delle regioni circostanti era invece  a quell'epoca  l’aggiornamento di una novità figurativa, in termini invero concordatari con i templi meridionali del Rajasthan, quali quello in Jagat, e dei Kachchhapagatha in Kadwaha e Surwaya, o dei Kalachuri in Nohtha e Maihar, or è difficile a dirsi quanto emulativi o via via vicendevolmente emulati, l’alternanza, che si ravvisa nei templi d’angolo panchayatana del Lakshmana ,  di ninfe celestiali nei pratirathas intermedi,  con vyalas -sardula nei recessi, come a iniziare da questi tempietti in Khajuraho diverrà canone fisso d’ogni tempio ulteriore, il più delle volte abbinando  con coppie erotiche umane i leogrifi

Ad ulteriore residua differenza rispetto ai templi Pratihara,  nei templi sussidiari del Lakshmana è consolidata la sopraelevazione, che nei  templi suddetti ugualmente sopravanza, delle modanature della vedibandha, khura, kumbha, kalasa, non che una kapota ulteriore, intervallata nei nostri tempietti intervallata dalla perforazione crociata di una kunjaraksha, , su di un pitha di modanature sottostanti, che a iniziare sublimememente dallo stesso Lakshmana, con esiti così splendidi e sontuosi da restarvi ineguagliati, nei templi di Khajuraho ulteriori diventeranno i due ulteriori livelli di zoccolo e plinto, su cui il  vedibandha  si ergerà a podio sublime. o ancor più elevata o alla sua stessa altezza, il balcone nei suoi fregi e comparti di rajasena, vedika, asanapatta, kaksasana,  non meno sfarzosi.

Ma prima ancora di risalire da tali templi sussidiari al tempio centrale, e necessario  risalire ad essi dalla piattaforma jagathi , per intendere prima ancora che a quale  realtà superiore essi ci elevano, su quale realtà si elevino, in cui eppure il divino ci fa di sé partecipi.

E ' un autentico  perikrama deambulatorio, talmente lunga ne è la peregrinazione,  che per il devoto dell'epoca è dato supporre fosse una novità grandiosa rispetto all'orizzonte delle sue aspettative, innanzitutto in quanto presentava esso stesso,  a incremento della propria altitudine, un'adhishthana alla stregua del tempio. La compongono un bittha decorato con volute e petali di loto, un jadhya kumbha fregiata di takarikas, un pattika ornata di ardharatnas, prima delle modanature caratteristiche della vedibhanda, kura, kumba, kalasa, cui fa seguito il recesso dell'antarapatta del suo gran fregio che celebra il divino nella potenza naturale animale e vitale, un kapota con takarikas e gagarakas ornamentali, un pattika  di cui tamala patra che stilizzano il fogliame del *, sono il motivo ornamentale ....

su tale adhistana spioveva  inoltre una balaustra, di cui a tratti sono ravvisabili e ricomponibili i resti, di rajasena, con immagini di vidyadharas, divinità, nagas, asceti e musici e danzanti, di  vedika abituale di pilastrini intervallati da lastre phalakas nei recessi,  gli uni , con un capitello sormontato da kuthas piramidali costituiti di tre pidhas coronati di gantha, amalaka, kalas, le altre di udgamas formati da due takarikas, asanapatta e kakshasana, con pilastrini a guisa di bambu alternati a  tabulati piani.

Lungo il recesso dell'antarapatta  la fascia di scene di vita  celebrano l'esistenza umana ed animale al culmine delle  sue intensità   Si tratta delle scene lungo la piattaforma in cui l’esistenza è  rappresentata, nella sua pienezza vitale, come certame o finanche agone di vita e morte tra umani ed animali,   nel parossismo del furore del duello mortale senza scampo quale strepitosa attività sessuale,  nella sua stessa bizzarria zoofila,  od esplosione di frenesia irresistibile  di musica e danze, nella sua enfasi, dispiegata o raccolta, di celebrazione rituale o parata o marcia od onoranza munifica. Ne sono espressione la caccia animale, di cinghiali o cervidi. la ridda tra elefanti impennantisi, il duello tra combattenti all ultimo sangue, sfilate militari o avanzate di  guerra,   nel loro  volto di gloria  di parate militari di combattenti ed animali -elefanti,  posti anche tra loro in lotta, su elefanti e cavalli e rari cammelli, ,o processioni che recano onore e donativi a guru spirituali. o maestri di musica e danze, che attendono a cerimonie matrimoniali. E' un  repertorio tragico- festoso  di scene fastose di vita ,   nel suo acme, cui attingere il divino, in prima istanza,  al colmo del suo farsi energia vitale diffusa nel mondo, ritualmente recepita e trasmessa dispiegata nel mondo, ritualmente raccolta e trasmessa..

Risalendo la piattaforma i tempietti ci volgono la loro entrata , in funzione sussidiaria del tempio, come ben dice Krishna Deva,  per  consentirci quella  prossimità alla divinità trimurtica , nelle sue manifestazioni primarie,   da cui ancora ci lascia  a distanza  la pradakshina intorno alle  vestigia esteriori, del tempio  tempio, in ciò che si offre alla nostra visualizzazione lungo le pareti del tempio,


 

Infatti la novità ulteriore che il tempio Lakshmana riservava ai fedeli , anche rispetto ad altri templi multi-yatana grandiosi come quello di Patari Badoh, era che al pari solo di un tempio minore quale quello di Urvara , non lontano da Mahoba, prospettava un'ascesa ulteriore per risalire all'ingresso del tempio centrale, che era stato sopraelevato di parecchio nel suo piano di calpestio rispetto a quello della jaghati della piattaforma, da un'adishthana di un'imponenza sontuosa e solenne quale nei templi a noi giunti dell India centrale non trova riscontri.

la costuiscono un bittha liscio ed uno decorato di volute, un karnika, un bittha ancora ornamentato di una perlinatura e di petali di loto, un  jadya- kumba in cui ricorrono tamala-patra e takarikas, un  recesso abbellito del motivo delle croci traforate kunjarakshas, una grasa pattika, a reggere con il tempio l ordine cosmico una splendida gaja  pitha di elefanti allineati sdraiati fiancheggiati da mahauts o da coppie, un kapota recante takarikas e gagarakas *, ed il podio, alfine, di kura, kumbha con un grasa pattika per madhya bandha, kalasa, il fregio recessivo di un antarapatta che con elefanti e devoti mischia gruppi erotici e scene di vita quotidiana,  ancora due kapotas decorati di ardharatna l uno e di takarikas l altro.

Tale adsishthana  inoltre vi si dispiegava ben oltre che a supporto del santuario e del portico d'entrata, al più preceduto da un mandapa, come nei templi Gadarmath di Patari Badoh, o Maladevi, di Gyaraspur, in quanto lo sfarzo sublime delle sue modanature erigeva  su zoccolo, plinto e podio del vedibhanda tradizionale l'incorporazione nel tempio, come un prolungamento del suo adito,  delle sale e salette di portico d'entrata, o ardh-mandapa, mandapa e mahamandapa,  in cui la partecipazione del mondano e del secolare al divino.si celebrava ad un grado superiore

 quale occorre adempiere un’ascesa ulteriore, verso l interno e il santuario e la sua jangha, di cui il corridoio della deambulazione interna consente la configurazione distinta e la sua visualizzazione, nella quale soltanto , come nella  sua sovrastruzione al sommo di tutto,  il tempio Lakshamana darà compimento al proprio adempimento dei canoni pancharatha in esso paradigmatici, che  i tempietti d’angolo ci ricordano essere/ esprimono essere  il canone d’osservanza,da cui  solo esteriormente il tempio se ne distanzia nella sua novità grandiosa.

Essa consiste nell’avere incorporato nel tempio , come un prolungamento del suo adito, le sale  si celebrava la partecipazione mondana al divino,

Secolarizzazione del sacro o sacralizzazione del secolare che fosse al contempo,( come nel tempio Maladevi di Gyaraspur,) ciò che si prospettava quindi al devoto di non meno inusuale  era la parificazione del santuario e del resto del tempio non solo nel loro adhisthana, ma nelle stesse pareti di fondo o nelle  proiezioni delle loro sezioni  centrali che sull'adhishthana erano state   sopraelevate, quali finestre balcone con kaksasana spiovente, e sporte a transetto in santuario e mahamandapa. Non solo,  ma quale ragione primaria dell'intera predispozione esteriore del tempio, che le pareti fossero quelle del portico d'accesso o quelle  d'involucro intorno al garbagriha, erano sovradeterminate a  equivalere ciascuna  come( sussunte a ) fondo  di unì edicola di uno stesso ciclo, quello delle nove immagini  di Ganesha e Durga Ksemankari alla testa ed al seguito del corteo di sette delle nove divinità planetarie, non solo, ma parificando esteriormente di forma quelle del santuario e quelle del  mahamandapa, a segnalare la cui differenza interna  di funzioni permane  la contrapposizione esterna delle coperture e la sua miniaturizzazione, nel tempietto piramidale e quello concluso da un sikarika che si fronteggiano all altezza della kapili. In cui santuario e mandapa si congiungono.

 L eminenza che conferisce purtuttavia risalto e rango superiore a  mahamandapa e santuario rispetto a portico d'entrata e mandapa, è  il corredo di statue assolutamente uniforme/ isomorfo che su più ordini vi affianca la proiezione del balcone nei transetti,  ma così  assimilando all esterno mandapa e santuario  (omologando all'esterno/ conferendo vestigia simili  a /mahamandapa e santuario)

In esse nelle proiezioni pilastriformi si succedono immancabilmente un Shiva in subordine e Vishnu sovrastante, ai lati di un apasara per parte , mentre nei recessi è la volta di coppie o gruppi umani e di vyalas,. Ed è assolutamente identica la serie di proiezioni di santuario.mula prasad e di mahamandapa, con due fasci di statue a guise di upabhadra  di fianco ai balconi, in cui compaiono divinità nagas, una proiezione .d'angolo esterna  in funzione  di karna , una interna appiattita  (sollevare dal disbrigo)sul risalto della kapili in cui compaiono i celebri pannelli erotici del tempio, In  essi, **** attraverso la virtù della coppia discernente  rispetto a a quella irretita nella maya nell'ardore sensuale come chi  se ne distoglie  per appagarsi sessualmente da solo, si celebra l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al divino,  cquale la manifestano i sadhu penitenti dintorno ad Agni.

Il jangha delle pareti del santuario, in tale sua identità formale con quello del maha mandapa, eccezionalmente è così sollevato dal disbrigo della corrispondenza pancharatha delle sue proiezioni o rathas con quelle latas  del sikhara,


 

Infatti la finestra balcone che campeggia al loro centro ,  nelle pareti del santuario ha a se sussunto il badhra centrale, mentre solo l omologo di un bhadra ratikha compare nell edicola del navagraha installata sul vedibhandha anzichè com'era di norma all altezza del jangha, e tale è l' ampiezza relativa della finestra balcone ,che non riserva spazio che ad un upabadhra contigua, e  ad un solo  karna esterna vero e proprio,  sul versante interno essendo l'equivalente del karna appattita,  come s'è rilevato, a estensione e rilievo del risalto della kapili con i suoi gloriosi già magnificati pannelli  che attraverso la virtù della coppia discernente celebrano l’elevazione dalla partecipazione erotica a quella ascetica al divino.

Cosi, in assenza di un pratiratha, l urah manjari al centro del sikhara, esso solo in effetti pancharatha, all'esterno del tempio, nelle sue tre proiezioni centrali raccoglie la tensione ascendente del badhra rathika, del frontone della finestra balcone  e  degli upabadhras che la contornano, di  cui i due sikarikas per lato  adiacenti all urah manjari  sono il culmine in cui volgono al termine . come i due sikharikas ulteriori lo sono dei karnas.. 

Non solo, ma chi nella pradakshiuna esterna movesse dall orizzonte d'attesa di un tempi hindu tradizionale , a seguito di tale uniformazione dei janghas  di santuario a quelli  del mahamandapa -  che  nelle pareti esterne del santuario  alla scansione pancharatha del sikkhara ne faceva  corrispondere alle viste attente di un architetto shastradarhi  una al più tri-ratha, - le sue aspettattive devozionali comuni sarebbero andate deluse dal rinvenimento centrale di un'edicola alla stessa stregua, nelle sue manifestazioni numinose, di  ognuna delle altre  delle pareti del tempio, in luogo di un  bhadra ratika che fosse la emanazione radiante eminente del dio del tempio, e non avrebbe rinvenuto karna d’angolo con i dikpalas,  quali reggenti delle proprie e delle sorti del tempio.

(E da presumere che così avvenisse, perché secolarizzandolo, fosse ulteriormente graduato e accompagnato, il rapporto del fedele con il divino, nel suo farsi partecipe delle sue manifestazioni pur sempre fisiche e mondane, planetarie, dopo che sublunari.

La cortina esterna del tempio, nel suo dispiegamento parietale, è un tramite ulteriore  rispetto al divino,  che nella piattaforma è ancora involuto nella sensorailità e da essa evolventesi,  prima che oltre il podio, per una nuova rampa ascendente,  ad esso ci si possa più ancora elevare nell’accesso al tempio e alle sue pareti e ricettacoli interni, o nella comune erta visiva del vertice comune del sikhara )

Così si spiega come l'elevazione ulteriore del devoto all interno del tempio, nel Lakshmana come nel tempio antecedente ad esso più affine, il Maladaevi di Gyaraspur, dovesse contemplare ciò che non aveva assolto il tempio al suo esterno, per il tramite di una conformazione del santuario ugualmente sandara, in cui  un corridoio consentisse la circolazione deambulatoriale intorno alle pareti  u del santuario interiore, così assicurando il reintegro del tempio hindu della tradizione paradigmatica pancharatha, in un badhras per ogni parete il cui badhra rathikas albergasse delle manifestazioni del dio del tempio, pratirathas con ninfe celestiali e e karnas con i dikpalas cardinali, secondo il canone prescrittivo dei templi d'angolo  del complesso panchayatana del Lakshmana. sussidiari del suo inadempimento nel jangha esterno del tempio- e ripreso in continuità con il jangha invece del santuario all interno del tempio,  dallo slancio ascendente terminale del sikhara.

I Phamsana piramidali che lo precedono,   uno per ogni mandapa,  sono l uno la replica  dell'altro, in dimensioni crescenti con il procedere dal portico d'entrata al mahamandapa oramai  in  prossimità della sommità del sikhara e  presentano intervallati da recessi a scacchiera, più ripiani, o pidhas, da un massimo di otto a un minimo di cinque, decorati di takarikas e ai termini estremi dei quali si può cogliere un naga in devotaanjali. Un pidhana phalaka in guisa d'acaco fa da supporto al loro coronamento, oltre il collo del griva, di gantha-campana, amalaka, chandrika e kalasa e vijapuraka.

Li precedono, su tutti i fronti, in particolare nei transetti, o parsva-alindas, nicchie allineate in serie e fiancheggiate dalla miniaturizzazione frattale dei tetti phamsana in edicole -tilaka, di sei pidhas e coronate anch'esse da mini-ghanta, amalaka, chandrika e kalasa, con la variante, nel mandapa, che di lato alle nicchie sono le repliche frattali dei balconi in kaksha. kuta, che reggono i pidhas e i loro pinnacoli. Su tali nicchie ove coppie di dei  centrali sono affiancate da attendenti femminili e mithunas o vyalas terminali, si sovraergono udgama ( o simha-karnas)di archi chaitya gavaksha carenati, , che da sei nei transetti, si riducono a tre e due nel mandapa e mukamandapa, sicchè anche i frontoni sono repliche decrescenti l uno dell'altro, ed hanno un loro corrispettivo nell'antefissa del sukanasa, ove la serie di udgama sormonta un Vishnu quadrumane ed è sovrastata dal leone con guerriero sfidante della gloria dei Chandella.

A rendersi più sfarzosi gli udgamas dei transetti di santuario e mahamandapa, sono vidhyadaras impigliati nelle loro circonvoluzioni superiori, makaras e sanka o sikarika nei viluppi interni.

Ove tali frontoni hanno termine nel distaccarsi dai loro udgamas degli urah sringa del sikhara, oltre un recesso che alberga nicchie di coppie divine o di terne celestiali, e dato vedere stagliarsi dei Garuda possenti , l uno barbuto , l'altro con un serpente nella sua mano sinistra, a fianco del lato occidentale dell urah-sringa a sud,  che guarda al tempio Matangheswara. nel lato meridionale ed occidentale dell urah sringa posteriore volta a occidente.


 


 

(In realtà il tempio hindu della tradizione paradigmatica pancharatha, lo ritroviamo preservato integro nelle sue scansioni parietali, e nelle proiezioni del divino che contempla in badhra e karnas dei dikpalas cardinali,   superata la sconnessione esterna  tra Sikhara conforme e Jangha altrimenti concepita, all interno, nelle pareti del jangha del santuario,  ove come nei tempi sussidiari 5 sono i rathas, quello del badhra è una duplice manifestazione vishnuita del dio del tempio, e nei karnas d’angolo sono effigiati i dikpalas cardinali.

( Sarà una sconnessione e riconnessione possibile solo nei templi sandara, che nel tempio Kandarya troverà un superamento  trascendimento o una rimarginatura  quasi completo nella assunzione di un nuovo paradigma saptaratha, che farà sempre corrispondere tre ratha del sikhara  a quelle della finestra balcone che ha preso il posto del bhadra, ma che ne contemplerà due ulteriori  per le due pratirathas sopraggiunte, insieme con delle sikarikas ulteriori a culminarle, e se destina ancora i bhadra ratikas a nuove immagini di una serialità divina volta al dio, quelle delle saptamatrikas, ripristinerà i karnas quali presidi dei dikpalas. Nei templi ulteriori di Khajuraho, il livello più alto della manifestazione del divino nelle sue emanazioni meno determinatamente concrete, che nei templi sundara di Khajuraho era stato espresso nelle sculture interne od esterne al garbagriha, lungo il corridoio della galleria, nel mahamandapa, viene di nuovo ricondotto sulle parerti esterne, ma secondo il nuovo paradigma sapratha, acquisito con il tempio Kandarya Mahadeva.

Nota esoterica  Nella fruizione del tempio hindu noi dobbiamo farci la stessa energia radiante del tempio, nelle sue forme, inspirare da esso,espirare e a nostra volta inspirare negli altri  la stessa tensione vibrante,  riassorti,  nell’espandersi nel mondo e nel fare da esso ritorno del divino)


 

Così intesa la concezione architettonica del tempio Lakshmana, è possibile la più libera fruizione della sua bellezza spirituale, nel suo avvenirismo e nei suoi arcaismi,  preavvertendo soltanto che ad ogni tentativo di sistematicizzarla filosoficamente,  magari come pur mirabilmente ha intrapreso Devangana Desai,  nella espressione architettonica del sistema tantrico vishnuita Pancharatra, al seguito del l'effige del dio Vaikunta  traslato al suo interno opporrà fino all ultimo le resistenze e di un'opera che è anche di maestranze incolte di cantiere, e  della sublimità propria dell'arte e della religione più alte , che è la virtù magnifica di far coesistere insieme  ciò che è più spirituale e più materiale, l'amore e l escremento,  l uno ad espressione dell'altro, la germinazione ancora immanifesta del Principio e del divino,  con la scimmia che svela il sesso di una ninfa intenta a contemplarsi in uno specchio., ancora lungo le  pareti del garbagriha.


 



 


 

 


 

 

 

 

 

SABATO 23 APRILE 2016

Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore.




E Mohammad torna a ripetermi di volersi togliere la vita, Kailash di volere fare fuori tutti i nostri cari, come l uomo di Bahoriband. fece con la moglie i due figli e i cani prima di rivolgere la pistola contro se stesso, di cui sventuratamente gli ho detto i mesi scorsi.
La calamità familiare di Mohammad è ora la nonna materna che seguita a trattenersi tra loro con la sua bocca da sfamare, per i troubles in Kanpur tra hindu e muslim che vi sconsigliano il suo rientro, obbligandoli a turno a privarsi del cibo, tanto più che ora è estate, la gente non ama bere il the, e sempre di meno sono coloro che lo chiedono allo spaccio di suo padre, i cui guadagni ora oscillano al più tra le 40 e le 50 rupie al giorno.
“ Così in famiglia non sarebbe più un problema darmi da mangiare.”
Un tempo a scuola era eccellente, quando la sua famiglia non era attanagliata da tale miseria, mi ha ricordato la sua inventività di allora, ma da che la sua mente è sconvolta dallo stato disperato dei suoi cari, non riesce a focalizzarsi su ciò che studia, e per quanto gli piaccia imparare italiano e venire a lezione in ufficio, la sua mente la sera ne ricade distante.
Per aiutarmi ad aiutarlo l’ho pregato di dire della sua situazione al principal della sua scuola, che è muslim come lui, di parlarne con Kailash., che è implacabile nei suoi confronti, e nei miei riguardi, per il suo odio dei muslim che gli fa presumere che il ragazzo, infido e falso, mi cerchi pur non essendo in stato d’indigenza per abusare della mia credulità.
“ Il principal è senza cuore. Kailash ha cuore ma usa la mente, e la sua mente ora non funziona più”
Di fronte ad un reiterato rifiuto del mio aiuto economico, perché comperasse a mie spese almeno del riso, adducendomi che già lo aiutavo anche troppo per la scuola, e che sul mio aiuto ulteriore non poteva fare affidamento perché non poteva ricorrervi che fin che fossi stato presente e disponibile, gli ho ricordato ch è stato proprio Kailash, l’estate scorsa, che gli ha trasmesso il mio aiuto tramite il padre, quando la debolezza fisica per lo scarso sostentamento gli causava svenimenti.
Ma su qualsiasi partenariato possibile di Kailash ho dovuto ricredermi al rientro, quando egli non ha saputo ripropormi di meglio che le sue fantasie sterminatrici , per dare corpo a tutte le sue ritorsioni nei miei riguardi, ora che la nostra situazione è tale, come l’ha definita negli stessi termini cui era ricorso Mohammad, che ci amiamo ancora con il cuore ma non con la mente.
L ulteriore appiglio per avere ancora soltanto dei rimproveri da farmi, era che avessi mortificato con mio gran dolore Chandu, quando al rientro da Byathal in cui avevo accompagnato Ajay, l'ho sorpreso che da solo si era messo al mio computer, l’aveva acceso ed era entrato in rete, era risalito all’indirizzo del film di musica e danze che più gli piace, abcd2, any body can dance, e stava godendoselo ignoravo da quanto tempo, esaurendo di nuovo i gigabyte della mia chiavetta. Che mi fossi manifestato in ogni modo pentito con il nostro adorato bambino, per avere frustrato la bravura ardimentosa del suo avventurarsi., sul nudo pavimento intenerendomi accanto al mio idoletto ferito, non era bastato a dissuaderne la mente dalle sue rappresaglie scimmiesche, al suo intenebrarsi anche stasera , con le ombre cui cede la luce affocata dei giorni.
 


Khajuraho, 16 maggio 2016

Gentile signora C,
le scrivo da Khajuraho, di rientro da un mio breve soggiorno a Delhi, quando oramai volge al termine nella siccità imperante anche questa mia permanenza in India, per chiederle se posso trasmetterle il breve reportage del mio recente viaggio ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo, o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho voluto finora concedermi.
Credo che possa piacerle ed interessarla, in quanto, sia pure indirettamente, mi ha consentito di fare il punto con concisione sugli esiti della mia ricerca sui templi maggiori di Khajuraho, non che sull’arte templare di provincia che già avevo rintracciato nei territori qui circostanti, e che ho ritrovato in sue forme tarde in Amarkantak
Ritornando alle cose che già ci siamo detti, a suo tempo, ad iniziare dalla Begumpur Masjid, lei ha assolutamente ragione, c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione, ed in tale circostanza la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio, che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno una guida per Delhi che grazie unicamente all’uso di metrò, e di autorickshaw , consenta di visitare da soli i suoi monumenti e le recenti realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti , percorrendolo, poi il parco, il giorno che ha fatto immediatamente seguito al mio arrivo in India, vi ho rinvenuto l’itinerario migliore per raggiungere a piedi la Begumpur Masjid dalla stazione più a sud di Malviya Nagar.
Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto appassionatamente su suo prezioso consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro. Ma nel suo perseguire di ogni fenomeno la dismisura ad oltranza, l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell’ India, mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro. Di più non mi sento di dire, perché la lettura di “ Delhi” più ancora che coinvolgente, è stata per me in vero sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l’ India riserva alla mia famiglia d’adozione e di elezione. Spero solo che certuni degli intervistati abbiano confermato ciò che penso di molti indiani di mia viva conoscenza, che ciò che hanno da riservarci, in ogni caso, è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi

Varianti

Gentile signora C.,

Le scrivo brevi cose dall India, ora che inizia a volgervi al  termine  anche questa mia permanenza, chiedendole al contempo se insieme con due mie poesie che nel frattempo ho composto, posso trasmetterle in allegato l ultimo dei miei reportages,  sui pochi viaggi che da solo,  o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho  voluto finora concedermi pressocché solo all’interno del solo Madhya Pradesh.

Come capita spesso nelle cose di questo mondo,  esse migliorano solo per acutizzare acuire e rivelare meglio i limiti che ripresentano. In Khajuraho la situazione viaria è ora eccellente dopo tre anni di dissesto stradale generale, per la loro  risistemazione e asfaltatura delle vie, che avevano oscurato tutte le opportunità  e le piacevolezze e agevolazioni che offre, ma sulle loro percorrenze non c’è pressoché più viaggiatore in vista che chieda o per cui valga la pena di inoltrarsi verso i suoi templi per conoscerli davvero approfonditamente .significativamente

E davvero il tempo dell’arroganza pretenziosa  dei suoi visitatori così stupidi ottimi( speso un vero gran  “ misto di capriccio, d’insolenza e vanità”, come le sorelle della Cenerentola di Rossini) e della disonestà  corrispondente per contrappasso  di chi  li raggira, con scorno mio e del mio amico indiano

 Così è stato quasi giocoforza  confinarci  io nei miei viaggi sulle brevi distanze  e nella loro documentazione, i loro reportages, il mio amico nelle cure domestiche e nell’uso dell’ autorickssw soprattutto per il trasporto dei nostri bambini nelle scuole migliori di Khajuraho che cerchiamo di garantire loro. Un ritiro cui è concomitante la siccità che ha prosciugato talab, canali e  corsi d’acqua  quali qui il Khudar, e indotto a lasciare dissodati  incolti la generalità dei coltivi,  per cui  tendo a disertare la vista di una natura così riarsa e spoglia, benché ancora talmente  magnifica, per isolarmi nella rivisitazione dei templi.

( e se ) In tali strette mi sono   infine  riproposto di deciso a chiederle  il vaglio di un mio testo, solo dopo che ha assunto il contenuto che contraddistingue il mio  reportage di viaggio in Amarkantak, ( è) perché indirettamente- in termini in cui apposta mi sono dilungato eccessivamente,  mi ha consentito di fare il punto sulle conclusioni della mia ricerca  sui templi maggiori di Khajuraho-, non che  sull’arte di provincia che ho rintracciato nei territori circostanti, ed ho ritrovato in  Amarkantak-

I templi sandara di Khajuraho,  sono davvero straordinari, in ogni senso del termine-( K. Deva avrebbe usato il termine exceptional,) in quanto i jangha esterni dei loro santuari non ottemperano ai canoni pancharatha o saptaratha , cui si attengono invece le pareti interne della cella del garbagriha che sono visualizzabili grazie al  deambulatorio,  creato a mio avviso appunto per  consentire tale compensazione. E di tale straordinarietà, i templi nirandara posteriori di Khajuraho, di cui il tempio di Sohagpur di cui parlo nel documento è ad immagine e somiglianza, sono un riassorbimento nell’osservanza paradigmatica del canone saptaratha,  in un ordine di dimensioni che per giunta in format che pure è minore-.

( ciò forse spiega perché templi come il Jagadambi o il Duladeo  conservino un’attestazione devozionale che non è riservata ai grandi templi sandara, che nel territorio dell’india centrale godono di un solo grande precedente nel tempio Maladevi di Gyaraspur)

Quanto alla mia insistenza sulle immagini erotiche del tempio di Sohagpur, le ho riportate integralmente  perché riprongono interrogativi di cui non mi appagano le risposte finora date, e non  intendo minimamente  essere un perbenista ridanciano .perbenistico.  ed il vero io credo che possa desumersi solo dall intero, eventualmente risolvendosi una buona volta a una analisi stilistica dei vari modi di raffigurare mithuna,  relazionandovi differenti intenti rappresentativi. Una nota che ho espunto sosteneva “Nell India di ora come di allora, tutto è concorso divino ed è destinato a concorrervi, assicurando proprio ciò di cui manca, per cui  non è la raffigurazione della sessualità riproduttiva, o la presenza in scena della  donna  callipigia, straordinariamente prolifica, che recano buona fortuna, good luck o god karma, ma il capitare a sorpresa dell’ hijira transgender a o la rappresentazione  dell’accoppiamento non procreativo  o finanche per lo meno poco meno giudizioso,  come è il caso di ritenere senza per questo essere perbenisti,quello con  canidi e fin anche con orsi  selvatici, ricorrente,  sia beninteso figurativamente, non solo in Khajuraho come in Padavali   E a quel tempo ( al contempo) di certo non era così nell India soltanto,  stando a metope e doccioni di chiese romaniche come il duomo di Modena, dove l’ermafrodito campeggiava con l ittiofago ed il fanciullo e il drago o la sirena bicaudata e la ragazza con tre braccia.”


 

L’ultima volta che mi è occorso di parlarne, semplificandone i termini , allo zio elettricista in Kanpur del mio giovine amico  Mohammad, ho alluso a kama mithuna, dharma mithuna e yoga tantric mithuna, cui la sessualità dei kama mithuna era formalmente e spiritualmente elevata di grado.

Nel complesso, credo in ogni caso  che una volta esercitato fino in fondo  l’intelletto astratto nell intellezione nella comprensione precisa e non vaga   del tempio hindu, poi di fronte ad esempio a una scimmia che ti denuda  il sesso di un’apsara intenta a mirare un cespo di  mango ,anche  là dove le manifestazioni del dio dovrebbero essere ancora nirguna, non sia il caso di pretendere che sia reperibile un concetto anche per questa come per ogni altra immagine, ma che si debba dare voce al senso estetico e spirituale che non ne sente sminuita la sublimità assoluta del tempio, sia pure per  bocca di Jane la pazza dell ultimo Yeats, quando al vescovo dice che “ il bello e il sudicio sono parenti, /e al bello serve lo sporco”,  con quel che ne consegue.etc etc.


 

Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla Beganpur Masjid,  lei ha assolutamente ragione,  c’è un parco adiacente, che i miei percorsi per giungervi avevano eluso fino alla sua segnalato,  e ‘qui  la ringrazio di avermelo individuato, perché nel mio miraggio , che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno  una guida per Delhi che  consenta  di visitare da soli i suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche dell’arte dell India contemporanea,  con l uso insieme integrato di metrò e di autoricksaw, percorrendolo, il parco, *, il giorno immediatamente seguente  il mio arrivo in  India, vi ho rintracciato/ individuato l itinerario  migliore per  raggiungere a piedi  la Begunpur Masjid dalla stazione più a sud di Malva Nagar.

Purtroppo la mia mente è a scoppio ritardato  spesso si attiva in differita, e Lei mi ha parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già ritenevo da tempo  che quella arborea sia l’aspetto più meraviglioso  del paesaggio dell India,  particolarmente nel Madhya Pradesh, quanto  l ocra fulgido  dei suoi terreni e delle case dei suoi villaggi,  così come vi si mischia ad escrementi e paglia e ai manti bovini

Ma in Delhi, più che nei suoi parchi,la vegetazione  mi appare affascinante così come resiste o si diffonde rinaturalizzata?  quale   boscaglia o ammanto forestale ancora in Tuglaqabad , come lei ha allora  rilevato, colto all’istante, o lungo l itinerario che ricollega l’aeroporto di Delhi al suo centro, in Dhuala Kan *( Aerocity area) , e poco distante intorno al fascinoso issimo Sultan Ghari.

In khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente  i suoi itinerari templari con dati paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto, poichè  molte piante sono esse stesse templi primari, in quanto pepal e bargad, e mi sono avvalso di Jungles tree of central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere, anche per ampliare botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.

ancora  su quanto tra noi si è discorso,   secondo ciò che lei mi ha suggerito ho cercato prima di partire per l india  di entrare in contatto con la signora Nicoletta Celli , ma non ho ricevuto risposta. Del che mi rammarico perché l Ritornando a so esponente del Fai, e posso supporre che non  mi abbia risposto anche perché, come tale organismo, seguita a privilegiare il Rajasthan rispetto al resto dell India, quando il suo patrimonio artistico e paesaggistico è decisamente inferiore a quello di altri stati del,subcontinente, non ultimo quello del Madhya Pradesh.

Sul libro poi di Rana Dasgupta, che ho letto su suo consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro, ma  il rapporto tra i discorso soggettivo degli intervistati  e dei personaggi  e la realtà oggettiva cui sono sussulti  non sempre è adeguatamente o persuasivamente risolto. Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura più che coinvolgente,  è stata per me  sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia d’adozione e di‘elezione, che mi è così cara. Spero solo che sia vero in molti casi, che gli intervistati abbiano dimostrato ciò che penso  di molti, indiani, che ciò che hanno da riservarti,  in ogni caso comunque,  è la finzione assoluta sul proprio conto,

 Quanto alla sua storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,  non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva : perché sia pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all architettura  il suo discorso sull’arte contemporanea indiana , se è vero, come mi risulta, visto che l’architettura indiana contemporanea mi risulta è ampiamente interpretabile, quanto le altri arti, come un misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del post-moderno, tra una loro soluzione vernacolare ed una occidentale, internazionale e globalizzante?


 


 


 

In tale situazione, può ben capire quanto mi farebbe piacere e risolleverebbe almeno il senso delle cose che il testo sul mio viaggio in Amarkantak e Sohasgpur, potesse trovare almeno in lei una interessata lettrice, e grazie a lei potessi verificare quanto sia appropriato o meno l’uso del lessico del sanscrito,  rombi diamantini o ratnas in primis di cui infarcisco le descrizioni dei templi.

Consideri un omaggio le due poesie che allego che sono le sole che ho composto durante tutto questo tempo, e la cui ispirazione abbia sommosso una mia fantasia altrimenti del tutto inerte.


 


 

Richiesta di lettura del mio testo come verifica del mio uso appropriato o meno del lessico in sanscrito.


 

Gentile signora Cinzia,

le scrivo  da Khajuraho, di rientro da un breve mio viaggio  , al volgere al  termine  anche di questa mia permanenza in India, per chiederle se insieme con due mie cose poetiche che nel frattempo ho composto, posso trasmetterle in allegato il reportage del mio recente viaggio  ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo,  o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho  voluto finora concedermi, pressoché esclusivamente all’interno del Madhya Pradesh..

Credo che il contenuto che lo  contraddistingue possa piacerle e interessarla, in quanto, indirettamente,  con qualche dilungamento forse di troppo  mi ha consentito di fare il punto sugli esiti della mia ricerca  sui templi maggiori di Khajuraho-, non che  sull’arte di provincia che già avevo  rintracciato nei territori circostanti, e che ho ritrovato in  Amarkantak-

Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla Beganpur Masjid,  lei ha assolutamente ragione,  c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione,  e  la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio , che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno  una guida per Delhi che  con il ricorso  insieme a metrò e ad  autoricksaw,  consenta  di visitare da soli i suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti  dell India contemporanea,  percorrendolo, poi il parco,  il giorno immediatamente seguente  il mio arrivo in Iindia, vi ho rintracciato  l itinerario  migliore per  raggiungere a piedi  la Begunpur Masjid dalla stazione più a sud di Malvya Nagar.

Purtroppo la mia mente spesso si attiva in differita, e Lei mi ha parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già ritengo da gran tempo  che quella arborea sia l’aspetto più meraviglioso  del paesaggio dell India,  particolarmente nel Madhya Pradesh, quanto  l ocra fulgido  dei suoi terreni e delle case dei suoi villaggi,  così come vi si accordano sterco animale e  paglia e i manti bovini

Ma in Delhi, più che nei suoi parchi, la vegetazione  mi appare affascinante così come resiste o si diffonde,  rinaturalizzata,  quale   boscaglia, o ammanto forestale, ancora in Tuglaqabad , come lei ha allora  rilevato,  o in numerose altre aree quali quelle che ho intravisto lungo l itinerario che ricollega l’aeroporto di Delhi al suo centro, in  Dhaula Khuan, e poco distante intorno al fascinoso  Sultan Ghari.

In Delhi, che uno spazio verde residuo permanga intorno ai monumenti che non conservano sincretisticamente  funzioni sacre, come il Firoz Shah Qota o il Sultani Ghari, è di incidenza vitale perché sopravvivano integrati alla realtà sociale circostante,  sia esso un parco giochi  o di ricreazione per  gruppi di amici e coppie e genitori e figli, . come nei pressi felici delle tombe Wazimpur, o delle  Bare e Chota kan ka  Gumbad, o un appezzamento verde in cui ci si ritrova  per scommettere al gioco o bere alcolici  - come nel riquadro antistante la stessa Begunpur  Masjid-  se non anche per consumare stupefacenti,  come la tomba Darya Khan Lohani , o pur anche  per spidocchiamenti, come le stesse tombe Wazirpur o la Lal Gumbad, altrimenti i monumenti li ritrovi pur se restaurati in stato di assedio edilizio,  letteralmente asserragliati dai condomini circostanti,  che sembrano come  aspettarne solo la resa di una fatale caduta, ed è il caso della Kirki Masjid. o del mausoleo di Mubarak Shah, tacendo qui delle tombe e delle moschee nei parchi  veri e propri , ove come è lecito attendersi si popolano di convegni amorosi, non escluso il Purana Qila.


 

E quanto è accaduto anche a templi remoti del Madhya Pradesh, che nelle immagini che ne ho ritrovato in archivio apparivano ancora immersi nella boscaglia, come tanti dei gumbad di Delhi che una volta costellavano villaggi, e che invece alla stregua di quello di Indoor( Guna Distt.). , invero magnifico, ho faticato ad aggirare tra i casamenti e i ripostigli che vi erano sorti intorno, ispirandone anche l inferriata d’ingresso.

In Khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente  i suoi itinerari templari con dati paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto, poichè  molte piante sono esse stesse templi primari, in quanto peepal e banyan, e mi sono avvalso di Jungles tree of central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere a fondo, anche per ampliare botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.


 

Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto su suo consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro, ma  il rapporto tra i discorsi soggettivi degli intervistati  e la realtà oggettiva cui sono sussunti  non sempre è credibilmente risolto, e permane un senso di dismisura ad oltranza. Inoltre l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell India,  mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro.Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura più che coinvolgente,  è stata per me  sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia d’adozione e di‘elezione. Spero solo che  in molti casi, gli intervistati abbiano confermato ciò che penso  di molti, indiani di mia viva conoscenza,  che ciò che hanno da riservarti,  in ogni caso,  è la finzione stravolgente sul proprio conto Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un'esperienza oramai decennale dell'India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o da venderti è sopratrtutto la finzione sul proprio conto.

 Quanto alla sua storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,  non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva , che non sia di dettaglio: perché sia pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all architettura  il suo discorso sull’arte contemporanea indiana , se è vero, come mi sembra, che l’architettura indiana contemporanea è ampiamente interpretabile, quanto le altri arti, come un misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del post-moderno, tra una loro soluzione vernacolare ed una occidentale, internazionale e ora globalizzante non che delocalizzante?


 


 


 

In tale situazione, può ben capire quanto mi farebbe piacere e risolleverebbe almeno il senso delle cose che il testo sul mio viaggio in Amarkantak e Sohasgpur, potesse trovare almeno in lei una interessata lettrice, e grazie a lei potessi verificare quanto sia appropriato o meno l’uso del lessico del sanscrito,  rombi diamantini o ratnas in primis di cui infarcisco le descrizioni dei templi.

Consideri un omaggio le due poesie che allego che sono le sole che ho composto durante tutto questo tempo, e la cui ispirazione abbia sommosso una mia fantasia altrimenti del tutto inerte.


 


 

Richiesta di lettura del mio testo come verifica del mio uso appropriato o meno del lessico in sanscrito.


 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

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