In memoria di Bam

27 -29 dicembre 2003

 

E' da ieri mattina che mentre sulle emittenti televisive, sui quotidiani, vado cercando notizie ed immagini della catastrofe sismica che ha distrutto Bam, la memoria ripercorre le circostanze e le visioni ed i volti che in me riaffiorano dai giorni in cui vi sono stato, chiedendosi chi ,  e che cosa mai, in Bam possa  sopravvivere ancora anche nella sua realtà terrena .

Dove si arrestavano gli autobus, debbono restare in piedi solo le trafficate macerie, poco più, dei distributori e dei  ristoranti e dei locali di sosta intorno al rondò per Zahedan, verso il Pakistan,- lungo la strada, che in senso contrario,  avrebbe costituito la via del ritorno a Kherman.

Ad esso era giocoforza arrestarsi viaggiando sui mezzi pubblici,  gli autobus vi facevano tutti capolinea, e sarebbe occorso poi servirsi del taxi per raggiungere il centro della città immerso nell'oasi.

E quale percorso di desolazione e rovina sarà ora quell'  assolato, interminabile viale, l'Imam Komeini Street, per il quale sotto il fardello dello zaino mi ostinai a voler raggiungere invece a piedi la piazza centrale, l'Imam Komeini Square.Il suo corso,   immerso allora nel verde e nel silenzio del palmizio., si slargava nelle rotonde sulle cui aiuole ora si allineano i cadaveri estratti.

Seguitavo a percorrerlo nella mia pervicacia a rifiutare rifiutando gli  inviti  a salire dei tassisti che si accostavano,  che mi facevano cenno dall'altro lato della strada nel loro andirivieni,  ogni esortazione a desistere dal procedere a piedi, dei passanti  cui domandavo come potessi pervenire all' Imam Komeini Square, o de i negozianti e dei loro garzoni che disponevano per me una sedia perché mi ci accomodassi, prima ancora che chiedessi loro l'ulteriore bibita, -da un'erronea lettura della mappa convinto che l'Imam Komeini square non  fosse gran che distante, illuso che prima o poi sarebbe pur sopraggiunto un autobus di linea...

Sopraggiungeva invece, in senso opposto, oltre un passaggio a livello,  un flusso di fedeli che usciva da una moschea terminata la preghiera.

I più, di loro, ombre e cadaveri ora della mia memoria e della vita terrena.

Ombre e cadaveri anche chissà quanti,  di coloro con cui celiai ed ai quali chiesi ragguagli , nei locali in cui mi accomodai sfinito, e mi servii, dove L'Imam Komeini Strret terminava sulla sinistra dell' Imam Komeini Square  cui ero finalmente pervenuto- ma dalla mia memoria ,come da un naufragio, in me non riemergono che relitti insignificanti, non ricordo più nulla di tutti loro, mi rammento soltanto impressioni di luci, dei banconi e dei posti a sedere, che  non mancai di consumarvi una lattina di ciliege sciroppate, assai prelibate in Iran.

Ho pochi dubbi  che l'hotel a gestione familiare dove alloggiai, l' Ali Amiri 's legal guest house , non sia più che una maceria precipitata sulle altre,  si sopraelevava infatti come una casa torre alta e stretta, in prossimità del centro, sulla stessa dimora accanto del proprietario.

Dovetti fermare dei passanti, nelle rientranze del vicolo, perché mi aiutassero ad avvertirlo del mio arrivo., giacché  l'ufficio esterno le cui vetrate si affacciavano dalla strada , era isolato dalla casa di Ali Amiri. 

Chi mi apri? Ricordo solo  i modi con cui una ragazza si prese cura di ricevermi, il disinvolto riguardo che assunse verso lo stato impresentabile in cui ero pervenuto,  al tempo stesso in cui era meticolosa nelle prescrizioni a cui mi chiedeva di attenermi..

Ma che stanza arieggiata e che doccia immacolata,- ora è da presumere non più che rottami e detriti, vi avrei trovato su al quinto piano, oltre la soglia esterna presso  cui dovevo lasciare le scarpe, insieme con un giovane turista giapponese che alloggiava nella stanza accanto, intercomunicante per un pertugio superiore- a dispetto di quanto nella edizione ultima della Lonely Planet  sull' Iran si è sovrascritto di ignominioso sul conto della legal guest house di Ali Amir

Lavati tutti quanti i miei panni sporchi,  quando sono uscito dalla doccia sono sprofondato sul letto in un sonno letargico, da cui solo nel tardo pomeriggio potei riemergere.

La sera, visitata nella luce del tramonto l'Arg-e-Bam, avrei fatto di tutto per essere puntuale di ritorno alle 20,30, l'ora alla quale era prefissata la cena che avevo ordinato presso la guest house .  

Un giovane ed una giovane francesi che avevo incontrato alla sommità della fortezza, mi avevano dirottato verso il loro ostello, ove al riparo delle fronde delle palme delle turiste  potevano concedersi di togliersi il chador. Ma dovevo lasciare la festosa compagnia cosmopolita che per il desinare si era attavolata nel cortile ,  per cenare in compagnia solo di qualche gatto, cui porsi dei bocconi, nel cortile invece  della casa di Ali Amir. Fu sua moglie, quanto mai bella e di lui assai più giovane, che uscì a porgermi le pietanze su di di un vassoio.

Quale  mai il suo destino,  degli altri suoi figli che apparvero e presto disparvero, dei quali non mi resta che il più vago ricordo... di essi seguitarono a giungermi le voci al di là dei tendaggi ( gialli?) delle finestre,  e della soglia , dietro i quali la donna si era immediatamente ritirata: un filtro che mi precludeva ogni indiscrezione nella loro intimità familiare,  il bene più prezioso del popolo iraniano e di cui sia più geloso.

 Al confronto anche solo con lo schianto di quella casa, la frana dell' intera fortezza di Bam svanisce per me in un levarsi di polvere.

Ne vidi i giri di mura tingersi di rosa nel declinare  del tramonto, farsi l' indomani, nella luce meridiana,  calde distese ocra luminescenti del brillio della paglia. Di lassù, sospintomi sino alle postazioni della Residenza del comandante della guarnigione, la vista volgeva alle disabitate rovine sottostanti delle mederse e dei mercati, di alloggiamenti e stalle dell' antico villaggio, allo splendido palmeto circostante in cui Bam era interamente immersa, dal folto delle cui fronde rari edifici trapelavano.

Più volte sono risalito su quella sommità, sotto la fersa meridiana ritrovandomici nella solitudine estrema,  per spaziare poi con lo sguardo verso gli ultimi avamposti dei monti, ove le argille incenerivano trasmutandosi nella livida distesa del deserto, il Dash-e-Lut a perdita d'occhio.

Tornavo ogni volta , prima di riaffrontare le rampe, a ristorarmi  ed  a dissetarmi tra gli edifici  dell' antico villaggio, a rinfrescarmi all' ombra laddove nei vani interni mi consigliavano di pormi i  lavoranti che nell'afa avevano dismesso di fabbricare e di allineare i mattoni di fango della ricostruzione interminata delll' antico villaggio,  se volevo trarvi sollievo nella  aerazione dei badgir, le torri di ventilazione che vi erano state restaurate.   

L'Arg- e -Bam, sulla via delle spezie, risaliva alla notte  partica o sassanide dei tempi,  da cui l'avevano tratta i Savafidi e  nelle cui oscurità poteva definitivamente sprofondare già quando nel 1722 subì l' attacco  di popolazioni afgane, e  nel 1794 non poté trovarvi scampo l'ultimo degli Zand, Lotfalli Khan,   evitarvi la  consegna a Mohammad Agha e la resa al prevalere dei Qajar: i quali quindi ne decretarono l' atroce fine, preceduta dalla cavatura degli occhi, lo stesso supplizio che fu inflitto a 20.000 suoi seguaci. 

Ma proprio l'Arg, nel suo ineludibile destino , nella sua vulnerabilità e indifendibilità di umano presidio,   può ancora risorgere nel tempo, in quanto le medesime  tecniche trasmesse di mano in mano, di generazione in generazione, al suo ancestrale modello possono fare assumere ancora la forma riplasmata in una medesima argilla, impastata sempre con la  paglia e le foglie di palma dell' oasi,  in cui  già fu resuscitato da precedenti  catastrofi sismiche e  devastazioni belliche.

Per simboleggiare così appunto il suo ineludibile destino, la sua vulnerabilità e in difendibilità ultima  di umano presidio.

Che ricordo ancora è come quel mattino ripercorrendo la via trafficata che recava all' Arg, per rivisitarlo, prima delle botteghe dove mi deliziai dei biscotti locali alla pasta di datteri, mi ero  arrestato ad un negozio di audiovisivi e ad un altro di barbiere, colpito che al suo interno si esibissero le immagini di calciatori  europei,- Beckham , Maldini,  -prescelti non so se più la loro bravura calcistica che per la loro bellezza.

Sarebbe tuttavia dovuto intrevenire in mio favore un ragazzo di passaggio, perché il giovane addetto mi consentisse di fotografare le sue icone.

Quel ragazzo, quel barbiere,  ora tra chi è a scavare e piangere, o sotto le macerie, in una fossa comune?

Il giovane che sulla via del ritorno spopolata dall' afa, nel solo negozio che trovai aperto ed in cui prelevai dei viveri per il viaggio a Kherman, verso Yadz,   si fa vivo a dorso nudo e si riveste nella sua avvenenza, ( ma è stato così, o egli non mi apparve invece nel mattino, e non v'era forse sua madre, compiaciuta in disparte?, ed a quel negozio non tornai forse invano nel pomeriggio?) , se escludo la corsa affrettata alla guest house per ritirare i bagagli, i tassisti dall' altro lato della strada , di cui allontanandomi mi guardai bene dal farne a meno, -e la tariffa era il prezzo giusto,- è oramai l'ultimo ricordo di Bam che riesco ad estrarre dall' oblio residuo.  

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