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Ancora su Puska

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In quel pomeriggio di settembre in cui ero da lei, mia madre aveva voluto che raccontassi di nuovo all' anziana signora, ch'era sopraggiunta, come avessi salvato dal randagismo la cagnolina meravigliosa di quella fotografia, che vi giocava con una palla variopinta tra il verde del balcone della pensione in cui era stata accolta.

" Quei balordi, così come fra le aiuole ora le facevano festa, avrebbero potuto liberarsene in uno sfogo crudele...

E tornavo a ripetere della cagnolina che avevo rinvenuto in  Zahle, la città del Libano, come fosse stata lasciata fuori dell' uscio nella prima casa cristiana cui mi ero rivolto, al cui interno io soltanto ero stato accolto. 

Ero poi stato io a tenerla fuori dell' uscio, al rientro  in quella pensione di un' altra famiglia di credenti cristiani, fra le cui mura, dopo due giorni, invece lei era già la piccola Puska che godeva dell' affetto di tutti..."

Sì, ero già stato al lago, le ho detto, e vi avevo ritrovato, alquanto cresciuta, una soltanto delle proli che vi si erano stanziate.

Ma con che gioia, in prima fila, tra gli anitroccoli già grandi avevo ritrovato ancor viva l' anitra claudicante, e l' avevo rivista che mi si rivolgeva confidando nella mia accortezza, perché le spargessi del mais senza che lei dovesse muoversi da dove si era sistemata con tanta fatica, per  contenderlo alle altre anitre che sopraggiungesero e la prevaricasero.

E poiché parlavamo di animali, delle tortore che non accorrono più al suo balcone, della docilità infinitamente remissiva del nostro cane comune oramai invecchiato, io per ovviare ad una debolezza narrativa della "petite histoire de ma mère et de sa chatte", nel passo in cui lei, la madre, non provvede a sterilizzare la gatta che seguita a concepire gattini, e si affida di nuovo a chi del vicinato per lei li sopprima, mi sono ricordato di chiederle se allora si sapeva che si potesse procedere altrimenti.

" Allora, - ed erano neanche due decenni fa-, si pensava che prendersi in tal modo cura degli animali fosse da signori, si agiva sbrigativamente con le bestie.

Fu già un intervento straordinario, per quei tempi, che quando una nostra bella gatta soriana ebbe una gamba rotta da un' auto che l'aveva investita mentre traversava la strada, il veterinario del paese ne abbia ingessato l'arto come a un cristiano. " Vedrai, mi aveva detto, che ritornerà sana e vispa  come prima". E infatti, così era stato...

Solo che lui non ha potuto farci niente quando una seconda volta è rimasta travolta da un'auto che le ha spezzato la schiena.

Ma era ancora più terribile di quanto non potessi immaginare, quel che le capitava di vedere quando le toccava di far sopprimere dei gattini di una nuova covata.

Il vicino di casa, al quale affidava il compito, il più delle volte non li portava ad annegare lontano, sollevava la copertura della vasca biologica ch'era in comune e ve li gettava dentro.

Solo che l' incrostarsi in superficie degli escrementi impediva che i micini andassero a fondo, e lei se vi fosse passata accanto, come non le riusciva di evitare , doveva sentirli per giorni e giorni miagolare ancora, fino a che il lamento non si fosse spento con la loro esistenza.

Sopravviveva invece ancora il suo rimorso, come mi era caro che  fosse, che una vigile consapevolezza le ispirasse tali accenti di sensibilità, per la sorte che gli uomini riservano agli altri animali del nostro atomo opaco del male, nel tono con cui mi seguitava a parlare delle pratiche orrende  in cui aveva sorpreso intento ancora quel nostro vicino d'un tempo, quando alcune settimane fa è passata a trovarlo ad un suo ritorno nel nostro paese, per i problemi di locazione della nostra casa che vi abbiamo affittato.

In un suo scantinato quell'uomo stava spennando parecchi  piccioni, estratti da un frigo che ne era ripieno.

Alla domanda che mia madre gli aveva rivolto su come avesse fatto a catturarne così tanti, " oh, è quanto mai semplice",  si era schernito, bastava disporre all' aperto una gabbia per pulcini ripiena di granturco e con l'opercolo aperto,  al "korag", aspettando senza essere visti che si riempisse di piccioni prima di richiuderla e di sterminarli.

"Sbatterà poi loro il capo contro qualche stipite, per fare prima..."

Era così.

E così lui seguitava a fare perché  anche ora, che è benestante, seguita ad agire come lo aveva indotto a fare l'estrema povertà in cui è nato e cresciuto, quand' era costretto ad elemosinare e a cacciare gli animali per sfamarsi.

Figurarsi che dopo ogni raccolta ortofrutticola va ancora nei campi delle industrie agroalimentari del circondariato, per ripulirli di quanto vi sia rimasto sul terreno o sugli alberi.

Lui le aveva chiesto se piuttosto ne voleva alcuni da portare a casa, di quei piccioni spennati, quando si era mostrata sconcertata da quello a cui lo aveva visto intento.

 Avessi tenuto conto, per parte mia, che nonostante tutto lei non aveva rifiutato quell' offerta, quando l'indomani mattina, poco prima di lasciarla, ho sorpreso uno scarafaggio che fuoriusciva da un buco presso uno stipite della porta di una cucina e non gliel'ho taciuto.

Ho cercato di destreggiarmi, con un pezzo di carta, per carpirvi dentro l'animale, senza schiacciarlo, e di lì,  tra le piante del balcone, per poi riaffidarlo ad un suo destino di sopravvivenza all' esterno.

Ma nella sua vitalità imprendibile ne è guizzato via, scendendo veloce, nel rifuggirmi lungo il pavimento che fronteggia la cucina .

Dove mia madre, che assisteva alla scena, istantaneamente l'ha sorpreso e schiacciato,  con la brutalità del piede sotto la ciabatta.

" Credi che non fossi capace di farlo anch'io ?" sono state le sole parole del mio livido stupore, prima di negarle ogni altra possibilità di discorso e di andarmene via immediatamente 

(No,) lei comunque stese pur certa, anche per questo che ha fatto, che non avrebbe messo metterà mai piede nella mia casa, per disporne, se era  al solo scopo per il quale le interessa venirvi, perché gliela lasci per padroneggiarla nel farvi pulizia.

Che allora ne sarebbe, dei ragni di cui mi limito a rimuovere le tele, o degli insetti che con lo strofinaccio ho cura di non schiacciare quando lo passo sui pavimenti?

Ed in me che ne è, ancora, dell' affetto umano che soggiace a quello per il mondo innocente degli altri animali?  

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Di un piccione che non ho potuto salvare

             I

Sciolti i lacci,

fin dentro la tua carne

a martoriarti,

la tua pupilla

languendo a rivederci

nel Suo seno.

II

No, tu inerme,

 svanendo a dileguarti

nel Suo Niente!

In forma originaria di haiku

La tua pupilla

languendo a rivederci

nel Suo seno.

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