" Se ti da fastidio, lascia che te ne tolga il grugno dalla vista", gli ha detto sua madre ghermendone il ritratto, mentre gli collocava le roselline in un vaso lì accanto sul ripiano della scrivania.

Con la sua resistenza muta egli le ha lasciato intendere che non era il caso. Come non era il caso, da parte sua, di rischiare di suscitare in lei il senso di colpa che di notte spesso lo agita, se ricorda la morte di sua nonna come fu precipitata.

C'è un tale fervore contento, ora nel loro continuo operare,

nella loro ricerca continua di qualche cosa da fare... le sterpaglie di cui liberare l'orto o il riordino del cortile, da parte del babbo, un ulteriore rammendo o la zuppa per il cane, invece sua madre, intanto che per la casa s'irradiano inascoltati i più vari programmi radiotelevisivi, i suoi vecchi, come poi si quietino, per ricadervi in torpori  e sonnolenze di dormiveglia letargici,nel mentre il giornale che stavano leggendo in poltrona ricade loro dal grembo.

Lo gremisce allora un trasporto d'amore per la loro corpulenza innocente, abbandonata nel sonno nella pesante fisicità fatiscente della loro vecchiezza; se ne scorge in uno spiraglio la mano riversa, la sua angoscia amorosa anticipandovi un rigore di morte, l'adesso presente della loro morte avvenuta, come gli accade ogni sera se solo ritardano il rientro. 

Il fetore delle carni del pasto del cane, suscitandogli il sentore del loro incarnato avanzato.

Tanto più l'angoscia l'imminenza di una catastrofe, ora che finalmente vivono  entrambi nella bonaccia, dopo quali convulsioni e  travagli angosciati, succedutisi alla morte della nonna, la loro nuova povera casa invasa ora di sole e di suoni canori, al codinzolare loro dintorno del cane affettuoso...

Ed oramai è come se la convivenza avesse immedesimati i genitori e il cane; nel viso solcato del babbo, intento a seguire una tappa del Giro, intravedendo il volto in attesa del cane quando punta ad un orizzonte lo sguardo, nei loro corpi nel sonno distesi sulla branda a esso (lui) d'accanto, commovendolo la medesima giacitura creaturale profondata nel sonno.

Vuole la fortuna che il cane non sia il loro sconforto a un figlio perduto... si dice intanto, respirando.

Ed egli trema alla loro contentezza ancor viva, come illusa di una continuazione incessante, già al loro termine (limitare) ancora  principianti come due inevitabili bambini, nell'attesa ancora, cessati i debiti ulteriori e la necessità di un lavoro, che la loro vita infine un bel giorno incominci.

E trema della precarietà della sua stessa esistenza, poichè è la precarietà della loro felicità medesima.

Egli a volte teme anche solo di arrischiarsi oltre la strada, vorrebbe permanere incorporato per sempre nel loro ambito amato, senza più mai dirigersi in un altrove del mondo, di un suo incidente temendo più che la sua fine il loro inconsolabile strazio.

Eppure il senso della loro perdita incombente non vale a discioglierne, particolarmente verso  sua madre, le manifestazioni d'affetto di cui è a loro incapace.

Così, sempre più spesso, si chiede se il suo più vivo rimpianto dopo la loro morte, non sarà quello di avere loro negato ogni espressione del suo amore in baci e in carezze.

Mentre lei almeno riversa sul cane, stringendolo al grembo, il suo bisogno di esprimersi in effusioni e trasporti.

E il cane, a passeggio, nella frescura del verde si inebria estasiato nel rivoltolarsi. Quando  i primi giorni gli è balzato in grembo perchè giocasse con lui, si è sentito insorgere l'istinto incapace di rotolarsi nell'erba con l'animale...

Così nei giorni seguenti, avvertendone quale mancamento sia la sua inettitudine ad ogni abbandono, l'inerzia di ogni commozione dell'animo, come il cane guaiva e con gli occhi frenetici puntava all'uscita, sempre più condiscendevolmente l'ha seguito nel verde all'aperto. Senza più tacersi, come le sue passeggiate in compagnia del cane siano diventate una festa dell'anima.

Ma egli è già troppo invecchiato, nonostante l'aspetto, se è in grado ogni giorno di una continua perdita senza straziarsi.  

Nel ritratto di sua nonna egli fissa lo sguardo stanco.

La ricorda ancora, dietro quei vetri, che lo vedeva passare ogni giorno senza mai entrare. Nella stanza d'ospedale la sente ancora, la sua trepida stretta, gli occhi già cecitati nel vuoto del niente...E la rivede nel giorno dell'inizio della sua morte, quando crollò in lacrime sulla poltrona, lei altera, autoritaria, del tutto impotente nei propri stessi riguardi...

Quanto più malata, tanto più inferocendo sulla nuora in astio che l'accudiva... giorno e notte convocandola in male maniere con il suo campanello... Finchè al suo rientro dall'ospedale, avvenne il rifiuto di sua madre ad assisterla oltre da lui fomentato...

Suo padre, con lei solidale, provocandosi l'odio di fratelli e sorelle congiurato a lui contro...

Come la ragione discernere ora dal torto? egli finge ancora di chiedersi, quasi che la colpa che lo rimorde al ricordo, già non fosse della risposta il riscontro indelebile.

Nel termpo poi la disperazione sconvolgente dei suoi atti, per tentare di vivere la propria natura,nell'obitorio il padre tremando di doverne riconoscere il suicida cadavere, in fondo alla voragine in cui li sospinse, quindi la loro perdita inesorabile di casa e negozio,come in una nemesi lenta delle colpe del sangue,che solo nella spoliazione di tutto si è alfine placata, lui stesso, l'erede di tutto, a insinuare il torto e a provocare il ritorcersi, come presumendosi in diritto, nell'insinuare la lama nei vincoli,nello sforzarne l'altrui repulsione al suo godimento, ora impietrito di fronte al ritratto di lei, alla sua immagine che fissa nel niente la sua impotenza senza nemmeno più un volto.

 Ora nella loro casa è caduto il silenzio.Entrambi i suoi genitori se ne sono partiti. Non possono, nonostante l'età, ancora sottrarsi a un oscuro lavoro, non riuscendo altrimenti a mantenersi e sanare i debiti residui. In sua compagnia hanno lasciato il loro cane, nella stanza accanto ora uggiolando nella penombra in cui cade la sera.Il suo respiro insiste oltre la porta.Raspando vanamente a che gli apra. E' bastato che nel tardo pomeriggio l'abbia fatto giocare per un poco fra l'erba con la palla da tennis, perchè la sua giocosità lo ricerchi ora di continuo nella casa deserta.Non se ne placa l'anelito supplice, benchè intanto si accucci oltre la porta in attesa paziente. Uscisse di stanza, lo assillerebbe reclino ai suoi piedi, o puntando smanioso alla porta d'ingresso, i grandi lucidi occhi perennemente interrogativi, sulla sua disponibilità a riprendere lo stesso gioco incessante; a un tinnire di chiavi o al ruotare della serratura pesante, scodinzolando frenetico all'accenno che la festa riprende.  Egli apre invece la finestra al respiro dei campi.Madida la fronte nella spossatezza continua. Reclina, su un altro giorno di luce e di vita mancata.

lo stessso amore dei genitori un nonnulla, un contrattempo, e già la sua infelicità s'insavidisce di incrudelire sulla loro vecchiaia inerme.

Come anche ieri, in un raptus, quando non ritrovando più la busta con il proprio anticipo, temendo senza crederlo affatto che la madre a sua insaputa l'avesse speso tutto, ne ha messo all'istante sottosopra tutti i cassetti in cui la ricercava, ritrovandosi poi a dovervi risistemare, scompaginate, le fotografie che lei vi conserva dei genitori defunti, con quelle dei figli e dei nipoti nelle circostanze felici, le poche spille

 e alcune collane, spiccioli e contanti, i suoi fazzoletti e foulards di pregio, e ricette e diagnosi di radiografie ed esami, nella costipazione di tutti i suoi mali e timori fisici,- elettrocardiogrammi e profilassi antitetaniche, gli accertamenti di tumori al seno, le verruche plantari che non hanno ceduto ai trattamenti più diversi, le gonartrosi e le osteoscleosi di ginocchi e rachide, gli esiti delle analisi chimiche di leucociti e emazie: ed è crollato costernato l'infierire cieco, riordinando commosso come un reliquiario i referti e le buste.

Poi uscendo, e vedendo quella solitudine aggirarsi intorno sal caseggiato vicino, gli si è sommosso materno il vuoto in grembo.

L'ha seguito presagendone il gesto, ma poi non è stato in grado di compiere il minimo avvicinamento, nel mentre già quello si iniettava in vena. Allora è ritornato sui suoi passi, lungo quel breve sentiero che col cane percorre ogni giorno, che la sua angoscia gli aveva ora reso un'infinita distanza.

Dalla finestra, come nelle altre sere, verso l'auditorium all'aperto dell'Istituto Tecnico, oltre i filari ora vi vede un adunarsi di giovani. Ne rombano i motori, il fumo ne circonfonde gli aspetti confusi e le voci clandestine.

Ripensa ai loro coetanei che ha giudicato in Commissione d'esame; astraendo nello scrupolo di un rigore, inquisitorio di ogni atto, ciò che in lui è implacato nel fondo.

In lui, oramai, si dice, più niente di vivo e di morto di significante.

Ed è qui che recano le tracce, nelle visceri di metropoli materne, un vermicolio nutrendovi di mani cadaveri, nell'ombra l'aperto il vuoto di fuori.

Nel mentre le tenebre calano, quando una sua vita, insepolta, vede tra loro levarsi le fiamme del Sabba.