A Ribat -i-Sharaf , Sabato 9 Agosto 2003

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No, non chiedevano un'esosità, come io inviperivo, i tassisti che da Saraks, all' ingresso del borgo, si offrivano di  condurmi per 5.000 rials a Ribat -i –Sharaf.

E’ che ero disinformato dalla guida Lonely Planet,  e credevo secondo quanto vi è scritto che  il caravanserraglio fosse poco distante dal villaggio, che giace immediatamente a ridosso della frontiera tra l' Iran ed il Turkmenistan.

Ed un ragazzo del posto, quando gli ho mostrato la riproduzione rimpicciolita del caravanserraglio su di una fotocopia, mi ha fuorviato ancora di più, tra la desolazione dei campi di stoppie circostanti dirottandomi verso le postazioni di confine.

Si è allora avverato, grazie al Cielo, il solo concorso fortuito di umana disponibilità, nella casualità degli incontri, che poteva consentirmi di pervenire al sito del caravanserraglio.

Allorché  agli uomini che l ì stazionavano, in prossimità della dogana, ho detto che cosa vi stessi cercando, - quando già erano trascorse le quattro del pomeriggio, ed io vagheggiavo, una volta visitato il serraglio, di potere ancora fare rientro comodamente a Mashad, in giornata, benché la città restasse ad oltre 180 chilometri di distanza,- uno di loro, un tassista,  senza volere il minimo rial mi riconduceva donde ero sopraggiunto, dove l'ultimo autobus  stava ripartendo alle 16,30 per la città, vi parlava con il conducente e lo istruiva delle mie esigenze prima di indurmi a risalire.

Che fare, a tal punto, se non affidarmi in tutto e per tutto a ciò che per il loro tramite ordiva la mia sorte, o la Sua provvidenza, e  dunque accondiscendere e riavviarsi sull' autobus verso Mashad.

 Ma di chilometri dovevano trascorrerne a ritroso almeno una sessantina, prima che mi si invitasse a scendere dall' autobus all' arrivo nel villaggio di Shorlock, nell'apprensione in me crescente,  uomo di poca fede, che  fallendo la visita del caravanserraglio la mia escursione stesse risolvendosi nel solo rientro a Mashad .

Dalla gente del villaggio, quando chiedevo lumi, venivo avviato ad una deviazione sulla destra, lungo la strada di ritorno a Sharaks, lungo la quale mi incamminavo avventurandomi ad oltranza, incurante dell' insensatezza del mio procedere verso una metà chissà quanto ancora distante, ad un'ora così inoltrata del giorno, in un luogo talmente remoto e disperso.

Ma soccorrevano il mio andare. di li a poco, dei visitatori iraniani, del caravanserraglio, che stavano raggiungendolo con il loro fuoristrada, i quali mi offrivano un passaggio prima ancora che pensassi di chiederlo, o che espressamente ne avessi a loro fatto segno .

Salivo, inquietato dal fucile di cui uno di loro era armato, in ogni modo cercando di non farlo a vedere, e facevo bene a fidarmi ciononostante della comitiva , perché solo dopo una decina di chilometri, all' incirca, il valico dell'ulteriore dosso dei valloni, gialli di stoppie, mi avrebbe offerto la vista dello spettacolo stupefacente del serraglio:

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 uno splendido fortilizio dai tramati pistaq, adagiato nella spopolata solitudine di una conca di variegati pascoli

Li ondulavano i pur tenui rilievi, soggiacenti, che si accentuavano in groppe, e tavolieri, più profilati, verso la fuga crestata dei rilievi distanti.

Mi ci addentravo, con i miei compagni di viaggio, - che di lì a poco avrei lasciato ripartire senza di me,- nella ansia , che già così facendo,  mi obbligassi a permanere in quel sito tutta la notte fino al mattino seguente: ma laddove credevo che vi fossero insediate intere famiglie, vi ero accolto dalla sola presenza di sparuti bambini. I quali mi seguivano ovunque andassi,  da quel che facevo non staccavano una sola volta lo sguardo,  con un assiduità che iniziava a darmi insieme disagio e fastidio.

Il loro ostinarsi dietro i miei passi mi alterava nella mia perlustrazione silente dei cortili, delle sale e degli ivan che vi si affacciavano, nell' indagine sotto i loro vigili occhi degli stucchi mirabili di cui erano adorni, di come vi fossero stati ripresi i motivi ornamentali più semplici che avevo riscontrato già in Sangbast - : i mattoni abbinati, intervallati da arcature inflesse in argilla cotta, - All' immagine ingrandita

le trame di intrecci più complessi, la finezza degli stucchi di viluppi floreali intersecantisi.

all' immagine di superiore qualità

E stato solo quando, spazientitomi, per il tramite della più cresciuta delle bambine sono riuscito ad imporre ai piccoli almeno una certa distanza, che avrei capito che quei bambini mi seguitavano non già perché fossero particolarmente indiscreti, o venalmente interessati, ma  perché erano i soli custodi ed i guardiani del sito.

Vi erano stati lasciati di sorveglianza dai genitori che si trovavano in Shorlock, come sono riuscito a farmi dire dalla bambina più grande,  utilizzando il dizionarietto  italiano-farsi che avevo appresso.

Quella ragazzina mi porgeva poi un registro per apporvi la firma, ed un commento, in cui esprimevo la mia felicità apprensiva in quell' ora,  in tali circostanze così  emozionanti.

Sempre ricorrendo a quel dizionarietto  prendevo nei loro riguardi ulteriore confidenza, e chiedevo alla piccola se potevo restare lì a dormire lì, quella sera, anche solo a cielo aperto.

“ Emshab… man… in-ja ..mi-tavanestam khabidan ?„

Certo, certo, annuiva a gesti.

Da una sala di cui rimanevo sulla soglia, mi giungevano i clamori ed i bagliori della televisione accesa all' interno.

Era già il volgere del tramonto, ed allora soltanto riuscivo ad uscire dal sortilegio del serraglio, a lasciare quei bambini e ad inoltrarmi lungo i crinali indorati dal sole, verso gli armenti di pecore che da alcuni pastori vi erano condotti all' ultima cibagione del giorno.all' immagine ingrandita

Ne discendevo quando il sopraggiungere di un furgone. presso il caravanserraglio, mi avvertiva che il padre dei piccoli vi era sopraggiunto.

L'uomo era ruvido nei modi, ma l' ospitalità mi era da lui accordata senza riserve, potevo pur restare nella radura ai margini del ribat da dove si allontanava, di lì a poco, lasciandomi di nuovo solo con i bambini.

Uno dei piccoli mi mostrava due assicciati disposti su delle tubature sospese, All' immagine ingrandita

su cui segretamente, senza farne parola, già presagivo che avrei avuto di che dolermi di essere destinato a dormire, finché la bambina più grande, su di una carriola, dall' interno del caravanserraglio mi ha recato una lettiera di legno che avrebbe costituito il mio vero giaciglio.

Si faceva sera senza che ancora il padre avesse fatto ritorno, e quei bambini, affidati a se stessi, seguitavano a restare a giocare, lì nella radura, interminabilmente spossandosi a rincorrersi, fin che non prendevano coperte e cuscini e si distendevano a dormire, nel retro del furgone, o sui tralicci di assi sospesi sui tubolari.

Anch'io, a tal punto, cercavo di allungarmi e di prendere sonno nel giaciglio riservatomi,- intanto che mi confortava la vista dei cani che vagolavano intorno, che mi incantava l'infinità di stelle che scintillavano splendide nel plenilunio,- e così già venivo assopendomi, a poco a poco, ... quando dal dormiveglia mi ridesta l'abbaiare dei cani, il rumore di un chioccolare di campanelli, come un gorgoglio dolce di acque metalliche, ... e mi ritrovo circondato da un armento di pecore,... che mi odoravano e rifuggivano, lambendomi.

Il padre le stava riconducendo dal pascolo con un altro suo figlio, ch'era destinato a custodirle, a differenza degli altri suoi bambini cui era affidata la custodia del ribat.

Da una botte-cisterna egli traeva l'acqua dell' abbeveraggio delle pecore in una vasca metallica, distendeva poi sul suolo una grezza tovaglia, la bambina più grande vi disponeva una pentola, ed era pronto il desinare a cui ero invitato.

Dalla pentola si poteva intingere il pane in un sugo untuoso e gustoso di carne ed ortaggi, dal quale ho prelevato con l'intingolo solo le patate che ritrovavo al fondo.

 Era poi spaccata un' anguria, e me ne veniva offerto un intero quarto, già tagliato a fette.

Si pascolavano le pecore anche in Italia? mi chiedeva il padre.

Ed io: quelle miti pecore erano allevate solo per il loro vello?

O per la lana e per la loro carne?

"Gusht, gusht",  anche per la loro carne, mi confermava l'uomo.

Da che egli mi ha lasciato perché sulle nostre palpebre prevalesse il sonno, ho cercato invano, nel corso della notte, di sortire dalla grevità del torpore pur su quel duro assicciato, che mi intormentiva le membra, per tornare a mirare l'incanto del firmamento in quell' Oriente iraniano.

Erano solo da poco passate le cinque, quando prima io, poi l'uomo,  quindi i bambini, ci siamo ritrovati di nuovo svegli.

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Il fratellino più grande è stato riavviato al pascolo con le greggi, mentr'io ho rifiutato il passaggio che il padre mi ha offerto fino a Shorlock, per restare ancora a rimirare il ribat e gli avvallamenti intorno, nel farsi dell' alba al sorgere del giorno.

Ora  il mattino già è alto e radioso, i bambini si sono rintanati nel ribat, all' immagine ingrandita

due cavalli al pascolo vi sono corsi e stazionano presso le mura, ne esce un trattore guidato da un piccolo.

 

 

Il cielo è di una celestialità assoluta, tutto intorno è silenzio e sconfinata bellezza.all'immagine ingrandita

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Risale un microbus verso il villaggio, ed io non so ancora accingermi a tale e tanto distacco.

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